di Judith Hanson Lasater

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Transcript:

LE perle DI Lo yoga ti fa bene in otto passi, scopri tutte le tecniche per raggiungere pace e serenità di Judith Hanson Lasater 1

Indice Lo yoga ti libera dalla confusione... p. 2 Yama - La moderazione... p. 3 Niyama - Il rispetto... p. 4 Asana - Il corpo... p. 4 Pranayama - Il respiro... p. 4 Pratyahara - Il ritiro dei sensi... p. 5 Dharana, Dhyana e Samadhi - La consapevolezza... p. 5 Trova altri utili articoli sul nostro sito www.yogajournal.it L a pratica dello yoga si concentra sugli aspetti pratici per fermare lo stato di confusione mentale ed è volta alla costruzione della consapevolezza e riconciliarsi con propria vera natura. In altre parole, lo yoga è la pratica di essere il proprio Sè vero, eterno, con la S maiuscola. Ripetiamo questa pratica, ogni giorno, ancora e ancora, per ricucire lentamente insieme la mente, il corpo, il respiro e lo spirito. Nel tempo impareremo che le sensazioni e le emozioni vanno e vengono proprio come le mode. Acquisiremo familiarità con i pensieri che guidano le nostre azioni, quelli buoni come quelli cattivi. Arriveremo a conoscerci meglio: la mente è un processo, non un oggetto. Acquisiremo uno stato emotivo e di serenità in cui avremo sempre una possibilità di scelta su ciò che pensiamo, una scelta che ci permette di agire in modo capace e di essere felici e appagati con ciò che abbiamo, qui ed ora. Non è una religione, è uno stile di vita e una risorsa a cui poter attingere sempre, in qualsiasi parte del mondo tu ti trovi e in qualsiasi periodo della tua vita. Gli otto passi dello yoga Sono tanti gli stili di yoga che si possono scegliere oggigiorno per trovare il proprio percorso. Quasi tutti hanno radici nella filosofia che viene sinteticamente illustrata nello Yoga Sutra, un testo che si ritiene sia stato scritto attorno al 200 a. C.. Si tratta di un testo breve, di appena 195 versi concisi, o sutra, ma in esso Patañjali (mistico indiano che ha raccolto e sintetizzato le filosofie induiste e buddhiste maturate nei secoli precedenti) ha creato una mappa logica per l uso delle tecniche dello yoga per raggiungere l'armonia. Offre un percorso chiaro: otto passaggi, o membra, come vengono chiamati, per la liberazione dalla confusione mentale. 2

gli otto passi dello yoga ➊ Yama: Moderazione Ahimsa: Non fare del male Satya: Verità Asteya: Non rubare Brahmacharya: Moderazione sessuale Aparigraha: Non essere avidi ➋ Niyama: Rispetto Saucha: Purezza Santosha: Appagamento Tapas: Disciplina Svadhyaya: Studio del sè Ishvara pranidhana: Devozione ➌ Asana: Posizioni del corpo ➍ Pranayama: Lavoro sul respiro ➎ Pratyahara: Ritiro dai sensi ➏ Dharana: Concentrazione ➐ Dhyana: Meditazione ➑ Samadhi: Unione Yama: L etica dello yoga Oggigiorno la prima cosa che probabilmente imparerai sono gli asana, ma è interessante notare che il cammino di Patañjali non inizia con la pratica fisica ma con gli yama, i principi etici che stanno alla base dell intera pratica dello yoga: ahimsa (non fare del male), satya (verità), asteya (non rubare), brahmacharya (moderazione sessuale) e aparigraha (non essere avidi). La parola yama significa moderare, e questa idea spesso sorprende alcuni studenti di yoga, perchè tendiamo ad associare lo yoga con l apertura e l espansione. Specialmente sul piano fisico dove riuscire ad eseguire posizioni complicate tende ad essere la misura della propria capacità di movimento. Sembra quasi un controsenso che la pratica classica dello yoga debba iniziare con la moderazione. Ma se vogliamo diventare studenti di yoga dobbiamo prima capire cosa significa moderare le nostre azioni nel mondo. Se non diventiamo consapevoli delle nostre interazioni sociali più ampie e osservabili, non possiamo sperare di cambiare gli aspetti più nascosti della nostra mente e del nostro corpo. È importante notare che la filosofia dello yoga non è moralista: al contrario, essa è estremamente 3

pragmatica. Patañjali non ci dice che se mentiamo, rubiamo, siamo avidi, abbiamo molti partner sessuali allo stesso tempo, o siamo violenti, allora siamo cattivi : l insegnamento è che se scegliamo di agire in questi modi, soffriremo di più. Non potremo dare una fine alla nostra sofferenza se siamo noi a crearla attorno a noi. Sembra dirci: se devi, ruba, ma non ti renderà felice. La scelta è tua. Niyama: Il rispetto come stile di vita Il secondo passo nel cammino yogi comprende i niyama, cinque regole o pratiche da perseguire attivamente. Il primo niyama è saucha (la purezza) che non indica solo l ordine delle nostre case, del nostro corpo e degli spazi per la pratica, ma anche la scelta consapevole di agire con intenzioni pure durante la pratica e nel resto del nostro tempo. Il secondo niyama è santosha (appagamento). Sembra strano che ci venga chiesto di esercitare l appagamento. Non dovrebbe essere qualcosa che arriva quando ci sono le condizioni giuste? No: l appagamento descritto da Patañjali non ha nulla a che fare con le circostanze esterne, ma piuttosto è indicato come la volontà di essere in pace con qualunque cosa esista, anche con il fatto che nel momento presente non si sia appagati. Il niyama successivo è tapas (disciplina). Per arrivare al nostro obiettivo dobbiamo essere coerenti nella nostra pratica. La coerenza è una delle cose che riflettono più chiaramente lo spirito della disciplina. Svadhyaya (lo studio del sè) richiede di passare del tempo a riflettere sul nostro attaccamento ai nostri pensieri e a quanto crediamo in essi, in modo da capire quanto spesso essi ci impediscano di raggiungere una profonda connessione al nostro vero Io. Significa anche studiare la filosofia dello yoga o contemplare gli insegnamenti più profondi; ad esempio, leggere questo articolo è un modo di esercitare svadhyaya. Per ultimo c è Ishvara pranidhana (devozione), un po difficile da descrivere. Abbraccia il concetto di abbandonare sia i frutti che le difficoltà della nostra vita e delle nostre pratiche donandole al Divino (l ideale spirituale che ciascuno di noi ha). Esercitare Ishvara pranidhana significa ricordare che non siamo noi a comandare: siamo solo umani. Asana: Creare agio nel corpo Per molti occidentali, il punto d inizio è la pratica fisica, quella che Patañjali chiama asana (posizione). Secondo Patañjali, la nostra postura, specificamente quella per la meditazione, dovrebbe essere stabile confortevole. Non parla di nessuna delle posizioni che vengono solitamente eseguite in una lezione di yoga (queste sono descritte in altri testi, come l Hatha Yoga Pradipika). Per Patañjali il concetto chiave è che il praticante di yoga dovrebbe vivere e muoversi in modo tale da rendere il corpo uno strumento capace per ulteriori studi e meditazione. C è però molto di più negli asana che la semplice creazione e mantenimento di una posizione ferma in piedi o seduti. Un asana è una cosa concreta, e come tale offre un modo diretto di apprendere come concentrare la mente. Dirigere l attenzione al respiro e a diverse parti del corpo, come le ossa, i muscoli e gli organi, ci insegna a concentrare la nostra consapevolezza. Ad esempio, quando eseguiamo un piegamento in avanti, l allungamento forte nei tendini ci fa concentrare sul retro delle cosce. Questo processo di continua attenzione ad un punto specifico allena la mente in modo simile a quando si allena un cucciolo vivace. Pranayama: Imbrigliare la forza vitale Dopo i primi tre passi - gli yama, niyama e asana - viene pranayama, il lavoro yogi sul respiro. Il respiro e la consapevolezza sono innegabilmente legati. Quando siamo arrabbiati o addolorati, la nostra famiglia o i nostri amici ci dicono di fare qualche respiro profondo. Sanno che quei respiri hanno un effetto potentemente calmante. Tanto è profondo 4

l effetto del respiro sul corpo e sul cervello, che molti insegnanti danno più importanza al pranayama che agli asana. Attraverso il respiro riusciamo ad accedere direttamente al sistema nervoso parasimpatico che controlla l abilità del corpo di riposare e digerire (l opposto del sistema nervoso simpatico che controlla la risposta di fuga o combattimento ). Rallentare il respiro in maniera percettibile influisce sulle onde cerebrali producendo uno stato di tranquillità, meno reattivo alle fluttuazioni interne ed esterne. Pratyahara: Ritirare i sensi Nella pratica del quarto passo, pratyahara (ritiro dai sensi) spostiamo consapevolmente la nostra attenzione da ciò che ci comunicano i sensi. Sul materassino da yoga iniziamo chiudendo gli occhi, escludendo il continuo flusso di stimolazione visiva. Poi lavoriamo per ridurre la nostra reattività a qualunque stimolazione sensoriale. In uno stato di pratyahara potremmo ancora sentire ed avvertire stimoli, ma i suoni e le sensazioni che arrivano alla mente dal sistema nervoso non disturbano o distraggono la mente. Impariamo che la consapevolezza non è la stessa cosa dei segnali sensoriali, che vanno e vengono e sono per loro stessa natura transitori. Judith Hanson Lasater insegna yoga dal 1971. è fondatrice di Yoga Journal ed è autrice di otto libri, compreso "Relax and Renew: Restful Yoga for Stressful Times". Dharana, Dhyana e Samadhi: L'unione della consapevolezza Gli ultimi tre passi, dharana (concentrazione), dhyana (meditazione) e samadhi (unione) sono presentati da Patañjali in modo da sottolineare la loro connessione. L abilità di stare seduti fermi e mantenere concentrata la mente su una cosa è dharana, la concentrazione. Quando quella concentrazione diventa continua e ininterrotta diventa dhyana, o meditazione. Quindi, la meditazione non è da intendersi come un processo di andare altrove con la mente: al contrario, lo stato della meditazione è lo stato dell essere radicalmente nel presente, qui ed ora. Solo in questo stato di presenza pura possiamo raggiungere samadhi, la realizzazione del Sè che è lo scopo ultimo dello yoga. Lo yoga nel suo insieme Spesso impariamo gli otto passi uno ad uno, ma è utile ricordare che ogni passo sul cammino è una parte di un tutto integro, più simile ad un ologramma che ad una strada lineare. Una volta apprese, le membra devono essere praticate e vissute insieme. Se riusciamo a tessere insieme con successo tutte le otto membra nelle nostre pratiche e nella vita, come insegna Patañjali, saremo più felici e soffriremo meno, ma ci servono tutte. Gli ultimi tre passi sono radicati nei primi cinque; senza la consapevolezza delle proprie azioni nel mondo, l esercizio della stabilità nella postura e nel respiro, e la capacità di ritirarsi dalle stimolazioni dei sensi, la mente non può diventare il terreno adatto per arrivare allo stato di unione. È un paradosso che questo stato non sia qualcosa di straordinario ma che sia davvero disponibile a chiunque, sempre. Tutti gli esseri umani hanno, a volte, dei momenti di illuminazione, momenti in cui tutto diventa chiaro e la sofferenza scorre via lasciando che l amore abbia il sopravvento. La pratica dello yoga è semplicemente uno dei migliori strumenti che abbiamo per aiutarci a vivere più spesso in questo stato. Ti è piaciuta questa Perla di Yoga Journal? Visita il nostro sito www.yogajournal.it per tanti altri utili articoli e approfondimenti interessanti. 5