Relazione delle attività svolte



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Transcript:

Università degli Studi Roma Tre Dipartimento di Ingegneria Civile Laurea Magistrale in Ingegneria Civile per la Protezione dai Rischi Naturali A.A. 2014/2015 Relazione delle attività svolte ( altre attività art.10. co.5 let. d/e) METODI PER L ESTRAZIONE DEL RETICOLO IDROGRAFICO IMPLEMENTATI NEL SOFTWARE GIS udig Studente: Gianluca Persichini Tutor: Prof.ssa Elena Volpi Matricola: 428812

Sommario Premessa... 1 1. GIS... 2 1.1 Introduzione ai sistemi informativi territoriali... 2 1.2 Utilizzo dei dati... 3 1.2.1 Campi... 3 1.2.2 Entità... 5 2. udig... 5 2.1 Introduzione... 5 2.2 JGrasstools e Horton Machine... 6 3. Procedura per l estrazione del reticolo idrografico... 7 3.1 Introduzione... 7 3.2 Pitfiller... 8 3.3 FlowDirection... 9 3.4 DrainDir... 10 3.5 Slope... 13 3.6 Curvatures... 13 3.7 TC (TopographicClasses)... 16 3.8 ExtractNetwork... 18 3.8.1 Soglia sull area contribuente... 18 3.8.2 Soglia area contribuente - pendenza... 18 3.8.3 Soglia area contribuente - pendenza classe topografica... 19 4. Conclusioni... 21 Bibliografia... 22 Sitografia... 22

Premessa La seguente relazione descrive le attività effettuate ai fini dello svolgimento della tesi di laurea, con particolare riferimento all acquisizione di ulteriori conoscenze informatiche. Tali attività sono previste dll art. 10, co. 5 let. d/e e considerate equivalenti al tirocinio; lo svolgimento delle attività di seguito illustrate è stato approvato dal Consiglio del Collegio Didattico a Ottobre 2015 ai fini del riconoscimento di 3 CFU per un numero di ore non inferiore a 75. Le attività si sono svolte nel periodo 05/09/2015-05/10/2015 presso il Laboratorio Computazionale di Costruzioni Idrauliche e Marittime dell Università degli Studi Roma Tre, con l obiettivo di approfondire le conoscenza sulle modalità di estrazione del reticolo idrografico a partire da dati territoriali attraverso l uso del software GIS open source udig. Questo può essere utilizzato per operazioni di base su dati georeferenziati ed integrato con applicazioni per l estrazione delle informazioni geomorfologiche utili per gli studi idrologici e idraulici, in particolare ai fini della difesa idraulica del territorio. Nella presente relazione si descrive in dettaglio il motore modellistico di udig, JGrasstools, che costituisce il contenuto dello Spatial Toolbox; questa estensione, attraverso le HortonMachine, permette di integrare all'interno di udig funzionalità caratteristiche nel campo dell'analisi geomorfologica e statistica di dati a partire da un modello DEM, come per esempio la distribuzione dei versanti e della rete, le aree contribuenti e la funzione di ampiezza. 1

1. GIS 1.1 Introduzione ai sistemi informativi territoriali I GIS (Geographic Information Systems) sono sistemi informativi dedicati allo studio ed alla gestione di dati geografici, cioè l insieme di strumenti per acquisire, estrarre, elaborare, archiviare e rappresentare dati spaziali del mondo reale (Burrough 1986) o anche l insieme di procedure basate sull uso di sistemi informatici, usate per archiviare ed elaborare dati georeferenziati (Aronoff 1989). Per georeferenziazione si intende l'attribuzione ad un dato di un'informazione relativa alla sua collocazione geografica espressa rispetto in un particolare sistema geodetico di riferimento (datum). La georeferenziazione è applicata nei sistemi GIS ad ogni elemento presente: singoli pixel di raster, elementi vettoriali quali punti, linee o poligoni e persino annotazioni. I GIS consentono di sovrapporre differenti livelli di informazione relativi ad un'area e quindi di ottenere una migliore comprensione dei processi che la interessano e dei fattori che la caratterizzano e costituiscono (Figura 1.1). Figura 1.1: sovrapposizione dei livelli di informazione Sviluppati originariamente in Canada, si sono diffusi negli ultimi dieci anni in tutto il mondo e vengono utilizzati soprattutto dalle amministrazioni pubbliche come strumenti essenziali per la panificazione urbanistica e la gestione e pianificazione delle risorse ambientali, nonché nel campo 2

della ricerca per la possibilità di accedere ad informazioni diverse correlate dalla posizione nello spazio. La loro diffusione deriva principalmente dalla grande capacità di salvare, recuperare, analizzare, modellare e mappare grandi aree attraverso un volume di dati spaziali molto grande. 1.2 Utilizzo dei dati I dati geografici possono essere messi in relazione tra di loro, organizzati in strutture ed organizzati secondo le esigenze. In generale come dati si possono importare: elementi grafici (punti, linee, aree); immagini; dati attributi associati agli elementi precedenti. I dati spaziali sono tradizionalmente divisi in due classi: raster e vettoriale. 1.2.1 Campi I campi sono rappresentativi di fenomeni continui quasi ovunque nel dominio di definizione (ad esempio temperatura, pressione, quote). Figura 1.2: esempio di DTM Sono rappresentati in forma discreta con matrici regolari di attributi (modelli matriciali o raster georeferenziato), reti irregolari di triangoli (modello TIN) oppure con curve di livello. Ai fini dell analisi idrologica, ma non solo, risulta fondamentale la disponibilità di un DTM (Digital Elevation Model) o di un DEM (Digital Terrain Model), due immagini raster contenenti le quote del terreno (Figura 1.2). 3

Il DEM rappresenta le quote di una superficie particolare, se si utilizza DEM si deve sempre specificare la superficie di riferimento mentre il DTM rappresenta le quote della superficie terrestre, ovvero del terreno. Il DTM è un caso particolare di DEM dove la superficie che si rappresenta è quella della terra. Entrambi descrivono una superficie continua attraverso un numero finito di punti tridimensionali nello spazio (x, y, z). Questi punti, irregolari, vengono normalmente messi su un grigliato regolare (di solito quadrato, con la stessa ampiezza in direzione x ed y) utilizzando diverse tecniche di interpolazione (kriging, spline, minimi quadrati etc.). Ogni tripletta rappresenta in questo modo un'area, ovvero un quadrato della griglia a cui appartiene che viene chiamato cella o pixel. I formati più diffusi dei file raster sono: TIFF (Tagged Image File Format); GIF (Graphics Interchange Format); JPEG (Joint Photographic Experts Group); ASCII (American Standard Code for Information Interchange). Per rendere utilizzabili questi formati raster all'interno di uno strumento GIS è necessario georeferenziarli accoppiandoli con un file.prj, contenente le informazioni legate al sistema di coordinate ed alla proiezione dei dati. Di particolare interesse sono i files ASCII, i quali verranno utilizzati in questo lavoro come base per l estrazione del reticolo idrografico. Questi file, identificati dall estensione.asc, si presentano come in Figura 1.3 a). a) b) Figura 1.3: a) struttura di un file ASCII, b) rappresentazione grafica di un file ASCII 4

Questo tipo di file contiene un intestazione che permette di georeferenziare correttamente la griglia rappresentata dalla matrice ASCII, indicando: numero di righe (NROWS) e colonne (NCOLS) della matrice ASCII; coordinate geografiche del vertice della griglia posto all estremità S.O. (XLLCORNER, YLLCORNER); dimensione delle celle quadrate, in metri (CELLSIZE); valore con cui identificare i no-data (NODATA_VALUE), cioè i punti di griglia in cui vi è la mancanza di dati. 1.2.2 Entità A questa categoria appartengono oggetti discreti e discontinui, delimitati spazialmente da confini ben precisi ed eventualmente caratterizzati da specifici attributi (ad esempio edifici, aree amministrative, rete viaria). In ambito GIS le entità vengono usualmente rappresentate mediante modelli vettoriali, eventualmente topologici, cui vengono associate opportune tabelle di attributi. Il formato vettoriale più utilizzato è lo Shapefile realizzato con l'unione di numerosi file tra i quali risultano essenziali:.shp, contenente le informazioni legate alla forma delle feature (oggetti grafici);.shx, contenente l'indice di posizione delle feature;.dbf, contenente gli attributi collegati alle feature;.prj, contenente le informazioni legate al sistema di riferimento. 2. udig 2.1 Introduzione udig è un software GIS open source in linguaggio Java costruito sulla piattaforma Eclipse Rich Client. Prodotto dalla società canadese Refraction Research, è attualmente sviluppato da una comunità internazionale di contribuenti e può essere utilizzato per operazioni di base su dati georeferenziati oppure integrato con applicazioni, come JGrasstools, che permettono di effettuare l analisi dei dati digitali del terreno e di ottenere informazioni di carattere idraulico e idrologico sul file di interesse attraverso le Horton Machine, che verranno presentate più avanti. Una delle caratteristiche più appetibili di udig è la sua interfaccia user friendly, di fatti l acronimo udig sta per User friendly Desktop Internet Gis, e cioè: 5

User friedly: fornisce un ambiente grafico familiare per gli utenti; Dsesktop located: funziona come un thick client (indipendente dal server centrale) in modo naturale su Windows, Mac OS/X e Linux; Internet oriented: utilizza servizi standard geospaziali sul web; GIS ready: fornisce il framework su cui possono essere implementate funzionalità analiticamente complesse, e gradualmente incorporare queste funzionalità nelle principali applicazioni. 2.1 JGrasstools e Horton Machine JGrasstools è una libreria open source sviluppata in java da HydroloGIS (che si occupa del suo coordinamento) e dal CUDAM (Centro Universitario per la Difesa Idrogeologica nell Ambiente Montano) dell'università di Trento, ed è dedicata in maniera particolare all analisi idrologica e geomorfologica. I Jgrasstools costituiscono il motore modellistico di udig e possono essere istallati come plugin di udig, semplicemente caricando le librerie (scaricabili gratuitamente) nello Spatial Toolbox del programma. Tra le librerie disponibili di particolare interesse sono le routines della Horton Machine per l analisi dei dati digitali del terreno e dei modelli idrologici, di cui si farà largamente uso. Queste routines permettono, oltre alla manipolazione del DEM, un ampio approfondimento delle caratteristiche idrologiche di un bacino come per esempio la distribuzione dei versanti e della rete, le aree contribuenti e la funzione di ampiezza attraverso l implementazione di codici Java. I comandi delle HortonMachine possono così essere suddivisi in 7 categorie, come è possibile vedere in Figura 2.1: 1. Manipolazione dei DEM (Dem Manipulation); 2. Analisi del reticolo idrografico (Netwok); 3. Statistics (Statistiche); 4. Analisi relative al bacino (Hydro Geomorphology); 5. Attributi del bacino (Geomorphology); 6. Indici idro geomorfologici (Basin); 7. Analisi dei versanti (Hillslope) 6

Figura 2.1: routines delle Horton Machine all interno dello Spatial Toolbox di udig. 3. Procedura per l estrazione del reticolo idrografico 3.1 Introduzione Le analisi quantitative implementate nelle Horton Machine sono condotte a partire da attributi geometrici primari come ad esempio elevazione, pendenza, area e curvature, ricavabili sempre attraverso strumenti contenuti nelle Horton Machine. Per ricavare il reticolo idrografico infatti, si dovranno ricavare preliminarmente gli elementi primari sopra citati, ma non solo. Nello specifico si provvederà a riempire i punti depressi contenuti nel DEM originale (comando Pitfiller), quindi si ricaveranno le direzioni di drenaggio (FlowDirection e DrainDir) che associate alle aree contribuenti, alla pendenza e alla curvatura consentiranno di estrarre il reticolo idrografico (ExtractNetwork) scegliendo tra tre possibili metodologie. A titolo di esempio, le procedure per l estrazione del reticolo idrografico sono state applicate al DEM fornito come trial da udig, rappresentante la regione di Spearfish, South Dakota, USA. Una volta caricato il file, semplicemente trascinandolo nella finestra Layers View, nella Map Editor comparirà il file raster per il quale viene associata una scala di colori che rappresenta in forma grafica i dati di elevazione contenuti nel DEM (Figura 2.2). 7

Elevazione (m.s.l.m.) Figura 2.2: quote terreno del DEM originale. 3.2 Pitfiller I DEM contengono quasi sempre depressioni che disturbano il percorso del flusso, generate sia per errori nei dati o a causa del landscape gridding. Un pit è definito come un punto o set di punti adiacenti circondati da celle che hanno maggiore elevazione. Mark (1988) notò che, ad una scala orizzontale di 10 metri o più, fosse o depressioni accentuate sono rare nella naturale topografia del territorio, ristrette a paricolari ambienti come quelli glaciali o carsici. L obiettivo di questo primo step è quindi quello di creare un depitted DEM, in cui il valore della cella contenente la depressione viene aumentato al valore di elevazione più basso che si può trovare nelle celle costituenti l intorno della stessa (Figura 2.3). In questo modo ogni cella del nuovo DEM potrà essere parte per lo meno di un percorso monotono decrescente e le direzioni di drenaggio vengono definite in ogni punto della griglia. Figura 2.3: esempio di procedura di riempimento dei pits. 8

Naturalmente vi possono essere anche depressioni naturali e in questo caso si dovrebbe trovare una rappresentazione delle direzioni di drenaggio tenendo in considerazione anche possibili laghi o stagni, procedura ancora non implementata in udig. Il comando pitfiller, che troviamo all inteno della categoria Dem Manipulation e che lavora con la logica appena descritta, richiede in input il file contenente le elevazioni del terreno (DEM originale) e restituisce come output la matrice delle elevazioni corrette (depitted DEM). Il dem risultante viene quindi visualizzato all interno del Layers View adottando la stessa scala di colori utilizzata per il DEM originale (non viene riportato in figura poiché le differenze a livello grafico sono impercettibili alla scala in cui si lavora). 3.3 FlowDirection Una volta ottenuto il DEM ripulito dai pits si procede alla determinazione della matrice delle cosiddette flow directions (o drainage directions). Le direzioni di drenaggio definiscono come l acqua si muove sulla superficie del terreno in relazione alla topografia della regione in analisi. Questa operazione ha importanti implicazioni nel calcolo delle aree drenate e altre quantità richieste per la descrizione di un sistema di drenaggio. Il metodo più semplice per specificare una flow direction, che per ogni cella rappresenta la direzione verso cui l acqua uscirà per dirigersi in una delle 8 celle che la circondano, è il cosiddetto metodo D8 (deterministic eight node) proposto da J. O Challagan & D. M. Mark (1984). Questo, implementato attaverso il comando FlowDirection nella categoria Geomorphology, assegna per ogni cella la direzione di drenaggio (verso le celle adiacenti e diagonali, con numeri che vanno da 1 a 8 partendo da est in senso anti orario) secondo la direzione della massima pendenza discendente (differenza di quota/distanza). Figura 3.1: struttura dell algoritmo D8. 9

Nel caso in cui due direzioni direzioni avessere la stessa pendenza, viene assegnata come direzione di drenaggio la prima in senso antiorario a partire da est. Dunque, data in input la matrice delle elevazioni ottenuta con pitfiller si ottiene in output la matrice contenente le direzioni di drenaggio (Figura 3.2). Dir. drenaggio Figura 3.2: mappa delle flow direction. Tuttavia l approccio D8 consiste in un algoritmo monodimensionale che consente il flusso da una cella ad una sola delle otto celle vicine separate di π/4 rad (nel caso di celle quadrate) e che tende quindi a produrre flusso in linee parallele lungo direzioni preferenziali, non permettendo così di riprodurre in maniera accurata il deflusso naturale. Infatti, poiché il flusso si puo accumulare in una cella da più celle di monte ma può fuoriuscire solo verso una singola cella, questo metodo può modellare la convergenza di un flusso nelle vallate ma non la divergenza del flusso in aree con crinali. 3.4 DrainDir Il classico metodo D8 può essere significativamente migliorato senza l introduzione di metodi che simulano direzioni di drenaggio multiple, usati in più recenti formulazioni. 10

In particolare il comando DrainDir, che possiamo trovare sempre nella categoria Geomorphology, consente di calcolare le direzioni di drenaggio minimizzando la deviazione dal flusso reale andando a correggere la matrice delle direzioni di drenaggio appena ricavata. Tale deviazione è calcolata in udig usando i metodi proposti da Orlandini et al. (2003), che vanno ad implementare la formulazione proposta da Tarboton (1997) conosciuta come TDDs (Theoretical Drainage Directions). In questi metodi la singola direzione di drenaggio per ciascuna cella del DEM è selezionata tra otto possibili direzioni considerando la deviazione angolare (D8 LAD) o la deviazione trasversale (D8 LTD) che sussiste tra la direzione teorica di drenaggio (gradiente) e le direzioni cardinali o diagonali permesse dall algoritmo D8. Questa deviazione è calcolata sia a scala computazionale locale (Figura 3.3) che lungo il percorso di drenaggio proveniente da monte attraverso l uso del parametro λ. Figura 3.3: direzioni di drenaggio per una generica cella (0). In rossoè indicata la direzione del gradiente, in verde la stima lineare della deviazione e in rosa la stima angolare della stessa. Nel caso del metodo D8 LAD, utilizzato in questa dimostrazione, per la k-esima cella lungo un dato percorso di drenaggio le deviazioni cumulate tra due possibili direzioni tra le otto sono date da: 11

se allora la direzione di drenaggio punterà verso la direzione 1, altrimenti punterà verso la direzione 2. Il parametro rappresenta il segno (positivo o negativo) dato alle singole direzioni e λ è un parametro che varia tra 0 e 1; se il contatore della deviazione non ha memoria della deviazione registrata nella cella di monte e il metodo D8 LAD è equivalente al metodo D8 classico, viceversa se la deviazione viene interamente immagazzinata in memoria. Dato in input il file contenente la matrice delle elevazioni e la matrice contenente le vecchie direzioni di drenaggio, fissato e scelto il metodo D8 LAD, il progamma ci restituisce la matrice contenente le nuove direzioni di drenaggio (anche in questo caso non viene visualizzato il risultato poiché le differenze a livello grafico sono impercettibili) e la matrice contenente l area totale contribuente calcolata con le nuove direzioni di drenaggio (Figura 3.4). L area totale contribuente per ciascuna cella, cioè la proiezione planare dell area afferente a un generico punto nel bacino, è data da: dove è l area cumulata proveniente dalla cella j-esima che drena nella cella i-esima e è l area della cella i-esima. Area (m 2 ) Figura 3.4: mappa delle total contributing areas. 12

3.5 Slope Il comando Slope della categoria Geomorphology consente di ricavare la stima della pendenza in ogni cella a partire dalle matrici delle elevazioni e delle direzioni di drenaggio. Slope calcola la differenza di quota tra ogni pixel e quello adiacente immediatamente a valle. Successivamente divide questa grandezza per la dimensione del pixel, oppure della sua diagonale, a seconda della posizione reciproca dei due pixel considerati. Il valore restituito, che rappresenta la tangente dell angolo, è il valore più grande tra quelli ottenuti e viene selezionato come pendenza di quella cella nella matrice. La visualizzazione della matrice è riportata in Figura 3.5. Pendenza Figura 3.4: mappa delle slopes. 3.6 Curvatures Le curvature, elemento di interesse per l identificazione del reticolo idrografico, rappresentano la deviazione del vettore gradiente per unità di lunghezza lungo particolari curve tracciate sulla superficie in esame. Il comando Curvatures, contenuto sempre nella categoria Geomorphology, consente di calcolare a partire dalla matrice delle elevazioni: 13

la Curvatura Longitudinale (Profile o Longitudinal), che rappresenta la deviazione del gradiente andando da valle verso monte seguendo l inviluppo dei gradienti. È negativa se il gradiente aumenta; la Curvatura Piana (Planar), che si ottiene sezionando la superficie con un piano parallelo al piano (x,y) ed è la variazione dei vettori tangenti alle linee di livello passanti per il punto in esame. Misura la convergenza (se > 0) o la divergenza (se < 0) del flusso; la Curvatura Tangenziale (Tangential o Normal), determinata sulla curva di intersezione tra un piano perpendicolare alla direzione del gradiente e tangente alle linee di livello nel punto considerato. Curvatura tangente e piana sono tra loro proporzionali e la loro distribuzione spaziale è la stessa. Le visualizzazioni delle matrici ottenute sono riportate in Figura 3.5 a), b) e c). Curvatura l. Figura 3.5 a): mappa delle longitudinal curvatures. 14

Curvatura p. Figura 3.5 b): mappa delle planar curvatures. Curvatura t. Figura 3.5 c): mappa delle tangential curvatures. 15

3.7 TC (TopographicClasses) Il comando TC, contenuto nella categoria Hillslopes, permette di attribuire ad ogni pixel una delle 9 cassi topografiche ottenute con l intersezione dei tre tipi di curvature longitudinali e planari (Figura 3.6). 10, sito planare - parallelo 20, sito convesso - parallelo 30, sito concavo - parallelo 40, sito planare - divergente 50, sito convesso - divergente 60, sito concavo - divergente 70, sito planare - convergente 80, sito convesso - convergente 90, sito concavo - convergente Figura 3.6: figure, nomi identificativi e corrispondenti valori per le 9 classi topografiche. A partire da queste nove classi il programma fa una riclassificazione della mappa raggruppando tali classi nelle tre categorie di siti concavi, convessi e planari, identificati con i numeri: 15, sito concavo, unione delle classi 30, 70 e 90 25, sito planare, corrispondente alla classe 10 35 convesso, unione delle restanti classi Questo comando richiede l imposizione di un valore soglia sulla curvatura longitudinale e su quella normale per definire la condizione di planarità (i siti che presentano una curvatura minore in valore assoluto della soglia vengono considerati planari). Le matrici risultanti sono visualizzate in figura 3.7 a) e b) nella pagina successiva. 16

Classi Figura 3.7 a): mappa delle classi topografiche TC9. Classi Figura 3.7 a): mappa delle classi topografiche aggregate TC3. 17

3.8 ExtractNetwork Conclusi i passaggi precedenti si hanno tutti gli elementi per la determinazione del reticolo idrografico (individuazione del channel). Il comando ExtractNetwork, contenuto nella categoria Network, consente quindi l individuazione delle celle di canale che compongono il reticolo idrografico tramite l imposizione di tre tipologie di soglie, che permettono la distinzione tra celle di canale e celle di versante. Ai punti appartenenti ai canali è assegnato valore 2, mentre a tutti gli altri punti è assegnato no value, cioè nessun valore. Per tutte e tre le tipologie di estrazione del reticolo il comando ExtrectNetwork richiede come input la matrice delle direzioni di drenaggio e la matrice delle aree contribuenti, aggiungendo ulteriori file a seconda del metodo di soglia scelto. 3.8.1 Soglia sull area contribuente Questo metodo (mode 0) prevede l imposizione di un valore di soglia basato sulle sole aree contribuenti e dunque non è richiesto l inserimento in input di ulteriori file, ma esclusivamente il valore della soglia. Solo i pixel con area contribuente maggiore della soglia danno luogo alla formazione di canali, cioè sono celle in cui è verificata la condizione:, dove è l area contribuente della i-esima cella Dopo aver individuato i punti di formazione dei canali, con una di queste tre soglie, la rete viene costruita considerando tutti gli altri punti posti a quote minori. La rete di drenaggio ottenuta con è riportata in Figura 3.8. Questo è sicuramente il metodo più semplice ma anche quello più rozzo. Da sottolineare come all aumentare della soglia diminuisca la densità della rete di drenaggio e come la soglia stessa dipenda sempre, come per gli altri metodi, dalla dimensione dei pixel e dagli attributi topografici del bacino. 3.8.2 Soglia area contribuente - pendenza Questo metodo (mode 1) prende in considerazione una soglia data dal prodotto tra area contribuente e pendenza per una data cella, equivalente ad una stima del valore di sforzo tangenziale sulla superficie del terreno. In input è richiesta quindi anche la matrice delle pendenze (slopes) e l esponente che si intende assegnare all area contribuente, nonché il valore di soglia. Sono canalizzate le celle per la quale vale la condizione: 18

, dove ed sono area contribuentee pendenza della cella i-esima Questo è sicuramente un metodo più affidabile in termini di veridicità dei risultati rispetto al precedente. La visualizzazione del reticolo, avendo posto con una soglia pari a, è riportata in Figura 3.9. 3.8.3 Soglia area contribuente pendenza classe topografica Quest ultimo metodo (mode 2) è analogo al precedente e si basa sempre sull imposizione di una soglia area-pendenza ma, rispetto a quest ultimo, il valore di soglia viene verificato solo in quelle celle che sono risultate essere siti convergenti. Dunque in quest ultimo metodo, più raffinato, dovremmo dare in input la matrice contenente le tre classi topografiche aggregate precedentemente ricavata. Imponendo la stessa soglia del metodo precedenti si ottiene il reticolo idrografico riportato in Figura 3.10. Di seguito sono riportate le visualizzazioni del reticolo idrografico sopra richiamate. Figura 3.8: mappa del reticolo idrografico ottenuto con soglia sull area contribuente. 19

Figura 3.9: mappa del reticolo idrografico ottenuto con soglia area contribuente - pendenza. Figura 3.10: mappa del reticolo idrografico ottenuto con soglia area contribuente pendenza classe topografica. 20

4. Conclusioni L acquisizione dei file di output ottenuti da udig con i procedimenti fino a qui illustrati costituisce il lavoro di base nell ambito della tesi di Laurea Magistrale in corso di svolgimento. L'identificazione della rete di drenaggio permanente permette infatti di definire l'estensione relativa del versante e i processi di canale in un bacino idrografico che, a loro volta, hanno importanti influenze sulla risposta idrologica del bacino stesso. In particolare, una volta ottenuta la matrice contenente il reticolo idrografico per un dato bacino, si possono condurre statistiche sui versanti drenati dalle celle canalizzate. Ad esempio si possono calcolare media e deviazione standard delle lunghezze che l acqua percorre sul versante prima di raggiungere una cella del channel, o ancora il percorso che la stessa compie lungo la rete, a partire da una data cella di canale, fino di arrivare alla sezione di chiusura (outlet). Tutto ciò può essere fatto sia a scala di cella, che di versante, che di bacino. Le diverse metodologie di estrazione del reticolo idrografico, date dalla possibilità di imporre tre soglie diverse per l individuazione delle celle canalizzate, consentono inoltre di operare confronti sulle statistiche ottenute all interno del bacino stesso imponendo, ad esempio, valori soglia diversi per una stessa tipologia di soglia o confrontare i risultati ottenuti variando quest ultima. 21

Bibliografia Bras R. Tarboton D. and Rodriguez-Iturbe I. The analysis of river basins and channel networks using digital terrain data. Cambridge mass., Ralph M. Parsons Lab, M.I.T., Tech. Rep. no. 326, 1988. Jenson S.K. Applications of hydrologic information automatically extracted from digital elevation models. Hydrological processes, 5:31 44, 1991. Rigon R., Ghesla E., Tiso C. & Cozzini A., Cozzini The HORTON machine: a system for DEM analysis : the reference manual. Trento: Università di Trento. Dipartimento di ingegneria civile e ambientale, May 2006. - p. viii, 136, ISBN 10:88-8443-147-6. S. Orlandini, G. Moretti, M. Franchini, B. Aldighieri, and B. Testa. Path-based methods for the determination of nondipersive drainage directions in grid-based digital elevations models. Water Resour. Res., 39(6):1144, june 2003. DOI10.1029/2002WR001639. Sitografia http://udig.refractions.net/ http://www.slideshare.net/slidesidrologia/p-horton-machine 22