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Rivista scientifica di Diritto Processuale Civile ISSN 2281-8693 Pubblicazione del 12.1.2018 La Nuova Procedura Civile, 1, 2018 Editrice Comitato scientifico: Simone ALECCI (Magistrato) - Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza)- Mauro BOVE (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) Tiziana CARADONIO (Magistrato) - Costanzo Mario CEA (Magistrato, Presidente di sezione) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Caterina CHIARAVALLOTI (Presidente di Tribunale) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) Mirella DELIA (Magistrato) - Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Paolo DI MARZIO (Consigliere Suprema Corte di Cassazione) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Consigliere presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) Francesco FIMMANO (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) Mariacarla GIORGETTI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA (Magistrato) - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) Roberto MARTINO (Professore ordinario di diritto processuale civile, Preside Facoltà Giurisprudenza) Francesca PROIETTI (Magistrato) Serafino RUSCICA (Consigliere parlamentare presso il Senato della Repubblica) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO (Presidente di sezione, Suprema Corte di Cassazione) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato dell Ufficio del Massimario della Corte Suprema di Cassazione) Antonella STILO (Magistrato, Presidente di sezione) Antonio URICCHIO (Professore ordinario di diritto tributario, Magnifico Rettore) - Antonio VALITUTTI (Presidente di Sezione presso la Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato, componente laico C.S.M.). Prova e presunzioni Allorquando la prova addotta sia costituita da presunzioni, le quali anche da sole possono formare il convincimento del giudice del merito, rientra nei compiti di quest'ultimo il giudizio circa l'idoneità degli elementi presuntivi a consentire inferenze che ne discendano secondo il criterio dell'"id quod prelumque accidit", essendo il relativo apprezzamento sottratto al controllo in sede di legittimità, se sorretto da motivazione immune da vizi logici o giuridici e, in particolare, ispirato al principio secondo il quale i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi, soggetti ad una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno dì questi, pur senza omettere un apprezzamento così frazionato, al fine di vagliare preventivamente la rilevanza dei vari indizi e di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto articolato e globale. Cassazione civile, Sez. lavoro, sentenza del 13.12.2017, n. 29956 omissis

1. Con il primo motivo si deduce violazione e o falsa applicazione di norme di contratto collettivo nazionale di lavoro ravvisate nell'art. 25 del c.c.n.l. per i dipendenti delle imprese edili artigiane e delle piccole e medie imprese industriali edili ed affini anche con riferimento all'art. 9 del contratto territoriale provinciale di lavoro, posto che i giudici di merito avevano formulato i quesiti rivolti al consulente tecnico d'ufficio sulla base di un errore di definizione, consistente nella inesatta differenziazione dell' indennità di trasporto rispetto all'indennità di trasferta, che aveva indotto a ritenere come sinonimi le due definizioni e non distinti i relativi emolumenti. 2. Con il secondo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione dell'art. 2729 c.c. e omessa motivazione sul punto decisivo dell'efficacia probatoria dei cd. rapportini che erano del tutto privi di attendibilità attesa la natura di mera contabilità interna non avvalorata da riconoscimento alcuno da parte del datore di lavoro. 3. Con il terzo motivo si denuncia ulteriore vizio di motivazione derivante dalla mancata rilevazione dei numerosi errori riscontrati nel verbale ispettivo del Servizio lavoro che pure erano stati tempestivamente eccepiti dalle società. In particolare, si evidenzia che l'accertamento compiuto in sede ispettiva, al fine di ricostruire i tempi di percorrenza per ricostruire gli importi di indennità di trasporto corrisposte ai dipendenti, era stato viziato da incongruità derivanti dall'utilizzo di un sistema di divisione delle ore in centesimi anzichè in sessantesimi, dalla erronea indicazione e computo dei tempi di viaggio e dei pasti, nonchè dalla mancata considerazione della tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati per gli spostamenti che avevano avuto incidenza nel determinare i tempi di percorrenza. 4. Va disattesa l'eccezione di inammissibilità del controricorso proposto dall'inail che risulta avviato alla notifica in data 31 maggio 2012, nel rispetto dei termini indicati dall'art. 370 c.p.c., posto che il ricorso fu notificato il 4 maggio 2012 ed il termine di scadenza del relativo deposito in cancelleria va individuato nel 24 maggio 2012. 5. I motivi risultano connessi dall'unicità del tema di fondo che li sostiene, ispirato alla sostanziale critica della tecnica motivazionale adottata dalla Corte d'appello di Trento che ha confermato integralmente la sentenza di primo grado a sua volta correlata alla c.t.u. contabile espletata in quel grado. 6. Va rimarcato che la corte territoriale, per quanto in questa sede ancora di interesse, ha esaminato le impugnazioni proposte dalle odierne ricorrenti avverso le sentenze non definitive e definitive del Tribunale giudice del lavoro di Trento che avevano respinto i ricorsi proposti avverso i verbali nn. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) del servizio ispettivo del lavoro della Provincia Autonoma di Trento che, rideterminando la base imponibile contributiva attraverso la considerazione di lavoro straordinario non regolarmente contabilizzato, aveva prodotto l'emissione da parte dell'inail dei certificati di variazione del 12 e del 25 agosto 2008.

7. La Corte territoriale ha fondato la decisione di conferma della sentenza di primo grado sul presupposto che il Tribunale, avendo esattamente individuato la differenza tra la nozione contrattuale collettiva di indennità di trasporto e di indennità di trasferta, aveva correttamente ritenuto che laddove vi fosse incertezza sul titolo della erogazione si dovesse dare rilevanza alle dichiarazioni dei testi secondo cui le ore di viaggio necessarie a raggiungere i cantieri, sia in andata che in ritorno, erano state tenute distinte da quelle di effettivo lavoro e, quindi, non registrate nei libri presenze ma indicate separatamente in busta paga e regolarmente pagate. A tal fine, con ragionamento ritenuto plausibile dalla Corte territoriale, si è ritenuto di risalire alla reale misura delle ore di lavoro espletate attraverso la corrispondenza tra somme erogate ai dipendenti (a titolo di indennità di trasporto) e costo delle ore lavorate. Su tali premesse, dunque, è stato effettuato il riscontro contabile che ha condotto all'accertamento della base contributiva posta a fondamento dei certificati di variazione di premio contestati. 8. Da quanto sopra esposto si evince che le questioni affrontate dalla sentenza impugnata non hanno in alcun modo riguardato problematiche interpretative riguardanti i contenuti degli istituti contrattuali collettivi denominati indennità di trasferta ed indennità di trasporto, nè tale processo logico era necessario per affrontare le questioni devolute in giudizio, aventi ad oggetto esclusivamente l'accertamento delle ore effettivamente lavorate. 9. Dunque, il primo motivo risulta inammissibile perchè estraneo al reale contenuto della motivazione che ha, sul piano meramente empirico della reale significatività dell'imputazione degli emolumenti classificati come indennità di trasporto, ritenuto che in realtà tali imputazioni mascherassero erogazioni retributive relative a lavoro straordinario non contabilizzato come tale (sulla necessaria riferibilità al decisum del motivo di ricorso per cassazione, vds. Cass. n. 4036/2011; 17125/2007). 10. Il secondo motivo è infondato. In primo luogo, infatti, va disatteso il rilievo, proposto unitamente al vizio di motivazione, relativo ad una asserita violazione dell'art. 2729 c.c., posto che la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che la documentazione informale rinvenuta in sede ispettiva, costituita dai cd. rapportini, potesse assumere il valore di elemento indiziario in ordine alla durata dell'orario di lavoro da utilizzare, peraltro, in correlazione con le ulteriori indicazioni presenti sulle buste paga alla voce corrispondente all'indennità di trasporto, oltre che alla luce delle dichiarazioni ritenute confessorie dei legali rappresentanti delle società interessate. 11. Risulta, quindi, osservato il principio espresso da questa Corte di legittimità (vd. Cass. 12002/2017; 26022/2011) secondo cui allorquando la prova addotta sia costituita da presunzioni, le quali anche da sole possono formare il convincimento del giudice del merito, rientra nei compiti di quest'ultimo il giudizio circa l'idoneità degli elementi presuntivi a consentire inferenze che ne discendano secondo il criterio dell'"id quod prelumque accidit", essendo il relativo apprezzamento sottratto al controllo in sede di legittimità, se sorretto da motivazione immune da vizi logici o giuridici e, in particolare, ispirato al principio secondo il quale i requisiti della gravità, della precisione e della

concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi, soggetti ad una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno dì questi, pur senza omettere un apprezzamento così frazionato, al fine di vagliare preventivamente la rilevanza dei vari indizi e di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto articolato e globale. 12. Il ragionamento seguito dalla sentenza impugnata, inoltre, proprio in quanto plausibile e coerente con il vaglio delle emergenze istruttorie sopra indicate, non è censurabile neanche sotto l'ulteriore motivo del vizio di motivazione. Infatti, il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (vd. Cass. 6288/2011; 27162/2009). 13. Anche il terzo motivo è infondato. Tale motivo si fonda sulla circostanza che la sentenza sia stata motivata in modo carente in ordine agli errori compiuti in sede di accertamento ispettivo e sui riepiloghi divenuti base dell'imponibile contributivo, segnalati diffusamente dalle parti ricorrenti. Sostengono le ricorrenti che sia il Tribunale che la Corte d'appello di Trento avrebbero omesso di valutare gli errori di calcolo nella determinazione delle somme e le incongruenze nel calcolo stesso in quanto i tempi di percorrenza erano stati individuati dividendo le ore in centesimi anzichè in sessantesimi,i tempi di viaggio erano stati calcolati in modo inesatto come quelli per i pasti e non erano stati considerate le diverse tipologie di mezzi di trasporto utilizzati per gli spostamenti ed i fattori esterni ambientali e di traffico che avrebbero potuto condizionare i tempi di percorrenza. 14. Nel caso di specie, come si evince dalla lettura della sentenza impugnata, la Corte territoriale si è preoccupata di esaminare le doglianze contenute nei relativi motivi d'appello ed, in particolare - alla pagina 12 della sentenza- dà atto che seppure in sede di elaborazione della consulenza tecnica si era riscontrata una certa criticità nell'individuazione della formula necessaria a tradurre l'indennità di trasporto in ore di lavoro, una volta trovata la stessa formula, il calcolo sì era mostrato fattibile e plausibile. Inoltre, nei successivi snodi della motivazione la Corte territoriale mostra di aver avuto ben presente ciascuno dei motivi d'appello ed ai medesimi risponde con puntuale richiamo alla parte della relazione tecnica d'ufficio che aveva, a propria volta, disatteso i quaranta punti sollevati dalla relazione di parte e confermando l'attendibilità dei criteri di calcolo utilizzati dal consulente d'ufficio.

15. Nessun vizio di motivazione può, dunque, ravvisarsi nella sentenza impugnata, posto che le critiche all'attività ispettiva, riprodotte dalle ricorrenti in tutte le fasi del processo, sono state esaminate in sede di consulenza tecnica d'ufficio e la relativa discussione risulta indicata specificamente dalla Corte territoriale seppure per relationem. 16. Tralasciando, dunque, in questa sede di legittimità, ogni valutazione sull'apprezzamento concreto delle circostanze ritenute rilevanti in quanto di stretta ed esclusiva pertinenza del giudice di merito, è, dunque, stato pienamente osservato il principio secondo cui il medesimo giudice del merito non è tenuto a fornire un'argomentata e dettagliata motivazione là dove aderisca alle elaborazioni del consulente ed esse non siano state contestate in modo specifico dalle parti, mentre, ove siano state sollevate censure dettagliate e non generiche, ha l'obbligo di fornire una precisa risposta argomentativa correlata alle specifiche critiche sollevate, corredando con una più puntuale motivazione la propria scelta di aderire alle conclusioni del consulente d'ufficio (Cass. 12703/2015). 17. In definitiva, dunque, il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo. pqm La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del quindici per cento, ad Euro 200,00 per esborsi ed alle spese accessorie. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 luglio 2017. Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2017