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R. GEN.15580 / 2017 Dispositivo n. TRIBUNALE DI ROMA 3^ Sez. Lavoro(1^ grado)- Viale Giulio Cesare,54 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice designato, Dott. Mariaelena FALATO nella causa TRA - XXXXXX elettivamente domiciliato in via Farini, 2 Latina; rappresentato e difeso dagli Avv.ti MUZIO ANNALISA,MARCHIONNE GIANLUCA (MRCGLC73T23E472Q) e Katiuscia Mancini come da mandato in atti - - -parte ricorrente - E - YYYYYYY SRL elettivamente domiciliata in VIA G. CAMOZZI N. 1 00195 ROMA presso l Avv.to ANGELILLO ALBINO che la rappresenta e difende come da mandato in atti -

-parte resistente- All udienza del 23/03/2018 ha pronunciato la seguente sentenza: Dispositivo Dichiara inammissibile la domanda. Compensa le spese tra le parti. Roma, 23/03/2018 IL GIUDICE Dott.ssa Mariaelena Falato SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso ritualmente notificato XXXXXX XXXXX ha adito il Tribunale del lavoro di Roma e premesso che ha prestato attività lavorativa presso la resistente dal 10.11. 2011 con inquadramento nel livello Quadro B contratto collettivo di settore; che in data 13 maggio 2013 ha sottoscritto verbale di conciliazione in sede sindacale con la resistente a seguito del quale è stata confermata la prosecuzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal 10/5/2013 in qualità di direttore di albergo /quadro A; che tuttavia, pur essendo stato assunto come direttore di albergo, si è occupato di attività diverse ( ad esempio rispondere al telefono, dare informazioni turistiche ai clienti, fare ordini alla lavanderia eccetera ); che nel corso del rapporto di lavoro il ricorrente è stato inoltre esposto all atteggiamento ostile dei vertici della società resistente tant è che in data 31/3/2012 è stato colto da malore al termine dell attività lavorativa e si è recato presso l azienda ospedaliera Asl di Latina ove gli è stato riscontrato uno stato ansioso; che inoltre in data 11/7/2015, mentre si occupava dell allestimento del giardino della struttura per la celebrazione di un matrimonio, è caduto ed è stato trasportato d urgenza in ospedale; che in data 2/5/2016 gli è stata consegnata a mano lettera di contestazione disciplinare in quanto in data 22/4/2016 non avrebbe registrato la carta di credito di un cliente; che intanto lo stato di salute del ricorrente ha subito ulteriori peggioramenti riscontrati anche da strutture pubbliche; che in data 14/10/2016 è stato licenziato per superamento del periodo di comporto di malattia ; che in data 19/10/2016 ha impugnato detto licenziamento; argomentato, in diritto, la illegittimità del licenziamento subito in quanto le assenze dal lavoro per malattia non possono essere computate nel periodo di comporto se riconducibili a condotta del datore di lavoro; rilevato come sia stato sottoposto ad un demansionamento che gli ha causato un danno alla salute - ha chiesto accertarsi e dichiararsi l illegittimità del recesso del 14 ottobre 2016 e,per l effetto, annullarsi lo stesso

e condannarsi parte resistente alla immediata riassunzione in servizio o al pagamento del risarcimento del danno; accertarsi e dichiararsi inoltre che la condotta di parte resistente è stata illegittimamente ingiusta e discriminatoria e, per l effetto, condannarsi parte convenuta al pagamento del risarcimento del danno esistenziale, biologico e morale quantificato in euro 100.000,00. Ritualmente costituitasi in giudizio, parte resistente ha preliminarmente eccepito la decadenza ex articolo 32 legge numero 183 del 2010 per non aver parte ricorrente tempestivamente provveduto ad impugnare il licenziamento del 14/10/2016 e, nel merito, ha contestato il fondamento della domanda di cui ha chiesto il rigetto. Autorizzate le parti al deposito di note difensive, all udienza del 23/3/2018 il Giudice ha deciso la causa come da separato dispositivo di cui si è data lettura in pubblica udienza. MOTIVAZIONI DELLA DECISIONE La domanda va dichiarata inammissibile.. L eccezione di decadenza ex articolo 32 legge 183 del 2010 è fondata. Premesso, in fatto, che il licenziamento di cui è causa è stato comminato in data 14.10.2016, si rileva in diritto - che l articolo 32 della legge 183 del 2010, al primo comma, ha disposto-in sostituzione dei primi due commi dell articolo 6 della legge 604 del 66 - che il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta e che detta impugnazione diviene inefficace se non è seguita dal deposito del ricorso giudiziario nel termine di 270 giorni ( divenuti 180 a seguito della l. 92/2012). Al quarto comma, ha disposto che le disposizioni di cui all articolo 6 della legge 604 del 66 si applicano anche: d) in ogni altro caso in cui, compresa l ipotesi prevista dall articolo 27 del decreto legislativo 276/2003, si chieda la costituzione o l accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto.

Sostiene parte ricorrente che l impugnativa stragiudiziale del licenziamento è del 26.10.2016 e che il ricorso giudiziario è stato depositato in data 21.4.2017 ( laddove il 180^ giorno scadeva il 24.4.2017). Deduce dal canto suo parte resistente che la lettera di impugnazione del licenziamento è datata 19.10.2016 e che pertanto il ricorso giudiziario, del 21.4.2017, è stato depositato il 184 ^ giorno dall impugnativa stragiudiziale. Sarebbe dunque tardiva, con conseguente decadenza di parte ricorrente dalla relativa azione. Il punto è che parte ricorrente ha effettuato l impugnazione di cui sopra avvalendosi del servizio postale privato: parte resistente deduce, al riguardo, che detto servizio non fornisce data certa. Premesso che il termine per l impugnazione del licenziamento in via giudiziale si conta a partire dall atto extragiudiziale, e non dalla fine dei 60 giorni entro i quali è possibile l impugnazione extragiudiziale ( cfr. Corte di Cassazione con sentenza 5717 del 20 marzo 2015), si ricorda che il d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261, emanato in attuazione della direttiva 97/67/CE ha liberalizzato i servizi postali consentendo alle imprese private che abbiano ottenuto apposita licenza dall Amministrazione (art. 5, comma 1, d.lgs. cit.), di svolgere l attività di fornitore di un servizio postale. Lo stesso corpo normativo ha peraltro previsto che per esigenze di ordine pubblico siano affidati in via esclusiva al fornitore del servizio universale, e cioè all organismo che fornisce l intero servizio postale su tutto il territorio nazionale oggi Poste Italiane s.p.a. soltanto i servizi inerenti le notificazioni o le comunicazioni di atti a mezzo posta, connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, e successive modificazioni (art. 4, lett. a), d.lgs. cit.). Tale, nuovo sistema si affianca a quello formatosi quando il servizio postale era espletato in via esclusiva dallo Stato tramite sue aziende (artt. 1 e 3 d.p.r. 29.3.1973, n. 156-Codice Postale) e le persone addette ai servizi postali erano considerate pubblici ufficiali ovvero incaricati di pubblico servizio, secondo le funzioni loro affidate (art. 12 Codice postale) : in tal caso la timbratura eseguita in un pubblico ufficio deve considerarsi equivalente ad un attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita (Cass. 1 ottobre 1999, n. 10873; Cass. 23 aprile 2003, n. 6472; Cass. 14 giugno 2007, n. 13912; Cass. 28 maggio 2012, n. 8438). Deduce parte ricorrente la totale equipollenza tra i due sistemi. Obietta, dal canto suo parte resistente che il nuovo sistema non è idoneo a fornire data certa.

L assunto di parte resistente è corretto e conforme a recenti sentenze della cassazione cui si fa richiamo. In particolare si richiama C. 26778/2016 la quale ha sostenuto che tutti i fornitori di servizi postali attualmente possono eseguire invii postali, cioè curare la trasmissione della corrispondenza fatta eccezione per gli atti giudiziari -, ma l eventuale timbro datario apposto sul plico consegnato dal mittente non può valere a rendere certa la data di ricezione, trattandosi di una attività d impresa resa da un soggetto privato, il cui personale dipendente non risulta munito di poteri pubblicistici di certificazione della data di ricezione della corrispondenza trattata. In sostanza, in tale sede la Corte ha ritenuto che il timbro datario apposto su talune lettere da una società privata, che aveva curato l inoltro della corrispondenza fra il ricorrente e un terzo, fosse inidoneo a dimostrare, ai sensi del primo comma dell art. 2704 c.c., la certezza della data di formazioni di tali atti ( in quel caso si trattava di atti nei confronti del curatore fallimentare) Il principio appena esposto è conforme a C. n. 7156/2016 nonché a quanto espresso da Commissione Tributaria di Bari con sentenza n. 1150 del 10 maggio 2016 : anche in tale sede è stato ritenuto che la notifica fatta con l addetto di una posta privata non ha lo stesso valore di quella fatta con il postino di Poste Italiane. Ciò in quanto solo Poste italiane è un pubblico ufficiale e, in quanto tale, in grado di attestare, con valore di piena prova, la consegna della lettera e la relativa data. In conclusione, solo le dichiarazioni riportate nell avviso di ricevimento della raccomandata di Poste Italiane sono assistite da quella che si chiama pubblica fede, una prova cioè privilegiata, che non può essere contestata dal destinatario della raccomandata se non col particolare procedimento della querela di falso. Al contrario, il dipendente di una società che svolge un servizio di posta privato non è un pubblico ufficiale e, pertanto, non può attribuire alle sue dichiarazioni di consegna della busta alcun valore di prova privilegiata: egli, in particolare, non è in grado di attestare la data di spedizione di una raccomandata, di un ricorso tributario, e non può certificare se l impugnazione di un provvedimento fiscale sia stata proposta nei termini di legge. Alla luce di tutto quanto sopra esposto non si ritiene di condividere quanto esposto da cassazione penale n. 2886/2014 ( richiamata dal ricorrente) la quale ha ritenuto ammissibile la presentazione di un atto di impugnazione a mezzo di raccomandata spedita tramite servizio di recapito privato, non rientrando tale servizio tra quelli

riservati in via esclusiva a Poste Italiane dalla norma dell art. 4 del d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261. Tra i servizi che ancora oggi sono riservati in via esclusiva a Poste Italiane, infatti, non rientra più quello del servizio di spedizione con raccomandata dell atto di impugnazione di cui all art. 583 c.p.p.. Spese di lite compensate alla luce della delicatezza della materia trattata. Roma, 23.3.2018 IL GIUDICE