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Photo Ma.Ma. Edition Minusio

Copyright 2007 Photo Ma.Ma. Edition Casella postale 1615 6648 Minusio / Ticino - Svizzera ISBN 978-88-902810-0-6 e-mail: photomama@tiomail.ch http://xoomer.alice.it/manuelamazzi Le immagini di copertina sono opera dell autrice / ritratti di uomo a matita e pastello

Manuela Mazzi Un gigolo in doppiopetto Reportage narrativo

REPORTAGE NARRATIVO 5 Premessa dell autrice UNA STORIA VERA Il romanzo Un gigolo in doppiopetto ripercorre una storia realmente accaduta attraverso una sorta di reportage narrativo. Per motivi di privacy e per salvaguardare i protagonisti che si sono davvero trovati coinvolti in questa delicata vicenda, ho creato per loro identità, ruoli e caratteri diversi da quelli reali, seppure simili a quelli dei personaggi autentici. Con un tocco di fantasia ho reso irriconoscibili determinati luoghi, ma senza mai allontanarmi troppo dalla verità. Altresì ho colorito alcuni avvenimenti, cercando di immedesimarmi nel protagonista attraverso i suoi stessi racconti. Fonte originale della storia è, infatti, un gigolo per sbaglio, il cui nome nel romanzo è stato cambiato in Massimo, detto Max. A riprova dell autenticità della storia, in appendice pubblico l articolo apparso sull inserto lombardo de Il Giornale e riportato nello spazio riservato alla cronaca del Canton Ticino nell agosto del 2003. Questo romanzo completa l articolo dove, per motivi di spazio e ovvi limiti di decenza, non è stato possibile inserire piccanti aneddoti sulle avventure e sulle esperienze che Max si è trovato ad affrontare. Si segnala che il contenuto di questo libro è a tratti esplicito.

Un uomo verrà certamente, fra molti anni, in una calma sera d estate, a chiedermi come si può vivere una vita straordinaria. E io gli risponderò certamente con queste parole: Rendendo abituali le azioni e le sensazioni straordinarie e facendo rare le sensazioni e le azioni ordinarie. Giovanni Papini, Il tragico quotidiano

UN GIGOLO IN DOPPIOPETTO

11 UN GIGOLO IN DOPPIOPETTO Primo capitolo Oggi Fine estate 2001 Sporco dentro M immergo nell acqua del bagno, calda e schiumosa, cercando di rilassarmi. Ansie, tensioni, paure, ricordi ingombrano i miei pensieri tormentati e opachi. Sulla pelle il tepore rassicurante della spugna umida e insaponata. Vorrei riuscire a scrostarmi questo schifo che mi sento addosso, uno sporco invisibile. Ma non c è getto d acqua scrosciante, morbido o duro, caldo o freddo, cheto o spumeggiante, limpido o lurido, che riesca a lavare via ciò che ha oltrepassato il mio corpo insinuandosi nel mio io più profondo: è come se questa macchia putrida avesse intaccato il mio karma. Sento le energie abbandonarmi, ancora risucchiate in quel vortice di pensieri che stento a riordinare. Realizzo di trovarmi in un loop tanto allucinante quanto logorante. La squallida sensazione di sudiciume annienta anche quella poca volontà di reagire che potrebbe essermi rimasta in corpo. Perdere il rispetto per se stessi è terrificante, ma lo è ancor di più non trovare le energie per recuperarlo. Ho come l impressione di essere uno di quei pannolini da neonati, quelli che fanno vedere nelle pubblicità. Pare che assorbano l inverosimile trattenendolo grazie a fori fatti a imbuto: entra ogni cosa e non esce più niente, nemmeno se li strizzi. Utile per una mamma alle prese con un piccolo piscialletto, ma un vero tormento per me. È l idea del non ritorno che mi annienta, mi aliena, mi annichilisce.

12 UN GIGOLO IN DOPPIOPETTO Provo ancora a incanalare i pensieri fuori dal dedalo per sgomberare la mia mente e ritrovare la lucidità. Per un attimo, finalmente, un po di relax. Mi costringo ad allentare anche la tensione delle gambe allungandole. Ma la verità è che vorrei rimanere tutta la notte rannicchiato in un angolo, chiuso in me stesso, abbracciato alle mie ginocchia. Cerco di distendere la cervicale lasciando scivolare il collo sul bordo della vasca. Il freddo dell inanimata, pallida ceramica mi intirizzisce, oltre alla pelle, tutti i muscoli e sembra scuotere i pochi pensieri rimasti. Tiro un forte respiro, ma l aria non arriva ai polmoni: rimane strozzata in gola per un nodo che ne ostruisce il passaggio. Non ce la faccio più. È troppo difficile. Lotto ancora per qualche istante contro me stesso poi però mi viene voglia di dar di stomaco. Provo un altra volta a prendere una boccata di aria, ma Nudo e infreddolito schizzo fuori dalla vasca, e nel tentativo di aggrapparmi per sollevarmi, strappo maldestramente la tenda da bagno con i pesciolini blu e rossi. Acqua ovunque. Non avrei voluto bagnare il tappeto. A stento, nella corsa, cerco di non scivolare. Raggiungo infreddolito il gabinetto chinandomi sulla tazza appena in tempo per non vomitarmi sulle mani, strette con forza sulla bocca per tapparla. Ultimo vano sforzo di controllo. Non si fa attendere il conclusivo strappo allo stomaco già rivoltato come un calzino sudicio. Trovo simbolico il ripulirmi le labbra con la carta igienica. Prima di tirare l acqua fisso ancora un attimo quella schifezza, parte di me, che galleggia come i resti di un naufragio in un mare di lerciume pronto a finire il lavoro inghiottendo anche i rimasugli di una vita. Per un attimo penso con sollievo al fatto di essermene liberato. È convulso il roteare del pantano che rimescola il tutto prima di farlo scomparire negli abissi di un cesso. Bastasse uno sciacquone per risolvere i miei problemi Ritorno nella stanza da bagno. Guarda te se ci si deve ridurre in questo stato. M è passata anche la voglia di stare in ammollo. Tolgo il tappo per svuotare la vasca. Se solo potessi

REPORTAGE NARRATIVO 13 essere inghiottito anch io dallo scarico e finire lontano da qui, in fondo a quello stesso mare di detriti e di rifiuti. Quello, forse, sarebbe il mio posto. Di nuovo inginocchiato con i gomiti appoggiati sul bordo e la testa sprofondata tra le mani, rimango a fissare l acqua che scende e scorre via, come le ultime gocce che scendono dai capelli e rigano la schiena facendomi rabbrividire. Forse comincio a stare un po meglio. Mi alzo. Calibro il miscelatore della doccia sull acqua tiepida: devo almeno sciacquarmi di dosso la schiuma e il sapone ormai secchi. In piedi, in mezzo alla vasca, mi sento solo e vulnerabile. La tristezza di essere caduto così in basso mi allontana le forze. Mi ripiego sfinito su me stesso nell angolo del muro sotto gli spruzzi. Per la prima volta, dopo tanto tempo, sento riaffiorare una sopita fragilità: scoppio a piangere come un bambino impaurito e in cerca d aiuto che so di non poter chiedere a nessuno. Allungo un braccio fino a chiudere il rubinetto che luccica sotto il riflesso del neon sopra la specchiera. Rimango ancora un po accasciato cercando di non pensare a nulla. Devo assolutamente reagire, rialzarmi, riprendermi da questo incubo che abita la mia realtà. Ho persino perso il senso del tempo. Dev essere tardissimo, le prime ore del mattino, e fra poco devo andare a lavorare. Ma la mente fugge, correndo verso un passato ancora troppo recente