LA DONAZIONE DEL FEUDO DI SELLITANO



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LA DONAZIONE DEL FEUDO DI SELLITANO Il documento più importante per chiarire perché un ramo della Famiglia fiorentina dei Cavalcanti è radicato in Calabria dal 300 è la assegnazione angioina del feudo di Sellitano a Filippo. Prima di leggere il testo è doveroso un riepilogo dei fatti che avevano portato i d Angiò a regnare sul Regno di Sicilia e poi su quello di Napoli, e degli intrighi di corte fino al 1363 anno in cui la regina Giovanna I concesse il feudo di Sellitano a Filippo Cavalcanti. Il papa Urbano IV nel 1263, intimorito dalle mire del re di Sicilia Manfredi, che aspirava a diventare re di tutta l Italia, incominciò a trattare con Carlo d Angiò, fratello del re di Francia, per convincerlo ad un azione militare in sua protezione. Nel 1265 venne eletto papa Clemente IV che finalmente persuase Carlo ad intervenire con la promessa di prendere il posto di re di Sicilia dello scomunicato Manfredi. Vinta la battaglia di Benevento (1266) Carlo diventò re e, non fidandosi dei baroni napoletani che avevano tradito Manfredi, cominciò a circondarsi di uomini d arme, commercianti e banchieri in prevalenza Toscani. Il Papa nominò Carlo anche paciere di Toscana, terra che era ancora percorsa da lotte tra guelfi e ghibellini. Questa mossa ebbe come risultato di portare quasi tutta la regione e il resto d Italia in mano guelfa, inoltre i guelfi fiorentini, per consolidare il loro partito, offrirono la signoria della loro città per 10 anni a Carlo, che impegnato in Sicilia inviò il Conte di Monfort con 800 cavalieri. Gli ultimi Ghibellini si raccolsero attorno a Corradino di Svevia, nipote di Manfredi. Ma il tentativo di Corradino di vincere le forze guelfe di Carlo si spense nella battaglia di Tagliacozzo (1268), così come si spense la sua giovane vita troncata qualche tempo dopo in una pubblica esecuzione a Napoli. In molte di queste battaglie Uberto di Pazzo Cavalcanti partecipò come Capitano nelle fila di Carlo d Angiò. Carlo d Angiò, che aveva spostato la capitale del Regno da Palermo a Napoli, iniziò una politica di pesanti prelievi fiscali ed estromissione dei nobili locali a scapito degli stranieri Toscani e Lombardi, queste scelte alimentarono il malcontento soprattutto in Sicilia dove sfociarono nella rivolta dei Vespri, con la conseguente cacciata degli angioini dall isola (1282). Ma la Sicilia, che aspirava all autonomia comunale, cadde invece sotto il dominio degli Aragonesi. Carlo I tentò di riorganizzarsi per riconquistare l isola, ma nel 1285, suo figlio Carlo lo Zoppo fu sconfitto in una importante battaglia navale contro gli aragonesi, a largo di Castellammare di Stabia, e cadde loro prigioniero. Il re morì a Foggia qualche mese dopo. Il suo figlio ed erede Carlo lo Zoppo rimase in mano aragonese fino al 1288. Solo con l intercessione del Papa e con giuramenti di non belligeranza Carlo II fu liberato e divenne il nuovo re di Napoli. Ma non rispettando i giuramenti, da cui fu sciolto proprio dal Papa, e incurante di tre suoi figli ostaggio in mano aragonese ricominciò le guerre per il possesso della Sicilia che durarono fino al 1302 (pace di Caltabellota). Carlo II morì nel 1309 e gli successe il figlio Roberto. Il nuovo re non era senza esperienza, era già stato nel 1305 a capo della Lega Toscana con il mandato di riappacificare i guelfi neri e i guelfi bianchi, impropriamente confusi con i ghibellini. Diventato sovrano di Napoli continuò a combattere per molti anni i residui focolai di ghibellinismo in Italia: da Genova alla Romagna, dove fu nominato vicario del Papa, dalla Toscana al Piemonte. In tutte queste battaglie si avvalse sempre dei suoi fedeli Capitani Toscani. Giannozzo di Uberto Cavalcanti fu sempre tra questi. Roberto che aveva sempre accompagnato le sue campagne militari con oculate scelte politiche, e per questo era detto il Saggio, dedicò gli ultimi anni della sua vita a preparare alla

successione al trono la nipote Giovanna, figlia di suo figlio Carlo morto in guerra. La decisione di fare succedere una donna sul regno di Napoli era molto impegnativa e per consolidare la sua scelta Roberto aveva fatto sposare Giovanna, ancora bambina (6 anni), al cugino Andrea figlio del re d Ungheria Carlo Roberto d Angiò. La forzata unione non era riuscita e Giovanna, alla morte di Roberto (1343), diventata regina mostrò di preferire al marito un altro suo cugino Luigi d Angiò- Taranto. Nel 1345, mentre si trovava nel castello ad Aversa, Andrea d Ungheria fu assassinato. Luigi, fratello di Andrea, che era re d Ungheria, con mire espansionistiche mascherate da vendetta verso la cognata, decise di intervenire con un potente esercito nel regno di Napoli. Giovanna nel frattempo si era risposata con Luigi d Angiò-Taranto. Pochi mesi dopo, l esercito di Luigi d Ungheria attraversò l Italia e arrivò senza colpo ferire fino a Benevento. Le armate di Giovanna dovevano arrestarlo a Capua, ma ancora una volta i baroni napoletani invece di combattere offrirono all invasore le chiavi della città di Napoli. Gli unici rimasti fedeli a Giovanna furono i Toscani con Nicolò Acciaioli già da molti anni banchiere e consigliere della famiglia d Angiò-Taranto e i fratelli Amerigo e Filippo Cavalcanti che aiutarono la regina ad imbarcarsi per la Provenza da dove raggiunse Avignone dove fu accolta dal Papa. Luigi aveva conquistato Napoli capitale del Regno, ma dové subito rientrare in Ungheria anche per evitare la peste che, forse proprio le soldataglie ungheresi avevano portato e diffuso in Italia. Il dispotico governo dei reggenti ungheresi fece ribellare i baroni napoletani che cacciarono i pochi soldati rimasti a Napoli e richiamarono sul trono Giovanna. La regina e il marito Luigi d Angiò-Taranto, non fidandosi dei nobili napoletani, riorganizzarono il loro esercito. Jacopo, Giovanni detto Paffiera e Amerigo, tutti dei Cavalcanti, erano Capitani di questo schieramento. La riconquista dei territori della Puglia fu molto lunga e dura. Jacopo Cavalcanti impegnato nella difesa del castello di Corneto fu catturato e impiccato (1349). Vinti definitivamente gli ungheresi, negli anni dal 1352 al 1362 Giovanna e Luigi ebbero un periodo di relativa tranquillità. Molto del merito della vittoria fu di Nicolò Acciaioli che fu dai sovrani nominato Gran Siniscalco del Regno. Con lui al potere aumentò il numero degli stranieri nei posti chiave a Napoli e ai Toscani vennero riservati i ruoli più importanti. Angelo Acciaioli, vescovo di Firenze e parente di Nicolò, assunse la carica di Cancelliere del Regno. Amerigo Cavalcanti fu nominato Ciambellano di Corte e poi Giustiziere di Val di Crati e Terra Giordana (plenipotenziario regio del territorio che oggi è la provincia di Cosenza). Neri Cavalcanti fu nominato Luogotenente regio di Salerno. Giovanni Cavalcanti ottenne delle terre nel Giustizierato di Mazara in Sicilia. Mainardo Cavalcanti, grande amico di Giovanni Boccaccio, fu designato come Marescalco del Regno e suo fratello Salice ricoprì importanti incarichi pubblici a Napoli. Anche Filippo Cavalcanti, fratello di Amerigo, fu scelto per ricoprire l incarico di Ciambellano di Corte. Ma nel 1362 morì Luigi di Taranto e la regina Giovanna non rimase molto tempo vedova. Il 16 maggio del 1363 si sposò per la terza volta con Giacomo di Maiorca, lasciando scontenti i cugini ed ex cognati d Angiò-Taranto. Probabilmente Nicolò Acciaioli rimase ancora fedele ai Taranto e perse prestigio a corte e con lui molti dei Toscani. È in questo scenario politico e in questo momento, precisamente il 31 agosto del 1363 che Filippo ricevette il feudo di Sellitano. Forse, come dice il documento, si voleva premiare con un vitalizio feudale chi era stato molto fedele alla stessa regina per venti anni; oppure la sovrana con questa donazione pagava dei debiti contratti con i Cavalcanti, che l avevano aiutata in momenti difficili, e come ricordiamo erano legati alla banca degli Acciaioli. Il momento della donazione (successiva alla morte di Luigi di Taranto e al matrimonio di Giovanna con Giacomo di Maiorca) farebbe pensare che con questo feudo si voleva allontanare dalla corte uno dei personaggi fedele all Acciaioli, ma il documento parla di Filippo fiorentino e abitante di Cosenza, quindi era già avvenuto il suo spostamento in Calabria. Era comunque un periodo di cambiamenti e i Toscani non erano più graditi come nel decennio precedente, tanto che Amerigo, fratello di Filippo, aveva scelto di rientrare a Firenze dopo essere stato Giustiziere di Val di Crati e Terra Giordana nel 1352.

Il documento originale della assegnazione del feudo doveva essere contenuto nell Archivio di Stato di Napoli nei Registri della Cancelleria Angioina, ma purtroppo non è più possibile visionarlo. Durante la seconda guerra mondiale, per metterli al sicuro dai bombardamenti, i 378 volumi, nei quali erano trascritti tutti gli atti dei Sovrani Angioini, assieme a quanto di più prezioso e antico era nell A.S.N. e in molti altri Archivi di Stato e Musei, venne trasferito presso la Villa Montesano di San Paolo Belsito a Nola (31.606 tra volumi e fasci di documenti e 54.372 pergamene). Il 30 settembre del 1943 i tedeschi bruciarono intenzionalmente la Villa con tutta la preziosissima raccolta. Uno degli episodi più tristi per la cultura mondiale. La copia che abbiamo a disposizione è estratta dal volume: Informazione di ragione e di fatto nella causa fiorentina d'immissione per l'illustrissimo ed eccellentissimo sig. marchese D. Saverio Cavalcanti barone di Sartano contro l'illustrissimo e reverendiss. sig. priore Francesco Maria Mancini In Firenze l'anno MDCCXXXIV Nella Stamperia di S.A.R per li Tartini, e Franchi con licenza de' superiori Per questa fonte è necessaria una spiegazione. Nel 1727 morì in Firenze Alessandro Niccolò di Andrea Cavalcanti l ultimo Cavalcanti maschi di questa città. uesti lasciò erede Urbano Cattani figlio di Alessandra Cavalcanti (forse una nipote?) con l'obbligo di assumere, entro sei mesi, il suo nome cognome e l'arme. Doveva chiamarsi quindi Alessandro Cavalcanti senza mistura di cognomi. Urbano non rinnegò il suo nome e cognome, ma aggiunse al suo il cognome quello dei Cavalcanti. Iniziarono subito cause per annullare il testamento e tornare agli eredi legittimi con ricerche di parentele ormai lontanissime. Abbiamo notizia di almeno due di questi processi. Il primo è di Lucio Cavalcanti Barone di Buonvicino contro i Cattani, il secondo è di Saverio Cavalcanti Barone di Sartano contro il Priore Francesco Maria Mancini. Il libro che contiene la trascrizione è quindi una perizia di parte per sostenere la tesi della parentela dei Cavalcanti calabresi con quelli fiorentini, di questo processo. La natura dell atto mi ha reso sospettoso sulla sua autenticità, ma la figura che rilascia il documento (Logoteta e Protonotaro), le figurea dei Maestri Rationalibus della Magna Curia (qualcosa come funzionari della Corte dei Conti), l anno 1363 (era morto da poco Luigi di Taranto, Giovanna aveva appena sposato Giacomo di Maiorca ed era in corso un rinnovo a Corte) e soprattutto il luogo dove è stato rilasciato mi hanno fatto protendere per un documento autentico. Un documento apocrifo sarebbe avrebbe avuto sicuramente la firma della Regina e sarebbe stato certamente rilasciato a Napoli. Inoltre il luogo è Castellammare di Stabia e precisamente il Castello, in alto sul mare, alle pendici del Monte Faito. Un luogo dove i sovrani angioini amavano rifugiarsi o per rilassarsi o per isolarsi e sfuggire così alle malarie delle pestilenze e di altre malattie, che in quegli anni si susseguivano nella città di Napoli. Nel Decamerone nella decima giornata la novella sesta è ambientata proprio a Castellammare nella casa di un ghibellino fiorentino che abitava vicino alla reggia di Casasana (così era chiamata questa residenza reale) che è onorato di ospitare a cena il re guelfo Carlo I. Questo luogo è rimasto nei secoli una residenza reale di svago. I Borboni costruirono vicino all antico Castello Angioino una amata casa per la caccia che chiamarono Quisisana. Nome che attualmente viene utilizzato per la zona.

Datum in Casasana prope Castrum maris de Stabia Il castello angioino di Castellammare di Stabia a Quisisana. Altra domanda importante è: dov è Sellitano? I Cavalcanti che ottennero il feudo sono diventati dopo alcuni anni signori di Sartano, per cui per molto tempo ho creduto che fosse proprio da identificarsi con Sartano, anche perché il tenimento di Bisignano di cui parla il documento ha identificato per secoli un territorio molto più vasto di quello dell attuale Comune. Oggi dico che Sellitano potrebbe essere un territorio pianeggiante in destra Crati, e non in sinistra come è Sartano, proprio nell attuale comune di Bisignano. In una contrada oggi chiamata Sellitti. Il Feudo che era appartenuto a Michele Maniaci di Bisignano era passato alla sua morte alla figlia Jacobella e, alla morte di questa, era ritornato alla Regia Curia per mancanza di suoi discendenti ed era, nel 1363, nella disponibilità della regina per essere riassegnato.