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P Scuola di Architettura e Società Corso di laurea magistrale in Archiettura Progetto e tutela del patrimonio costruito Progetto di conservazione del castello Botta Adorno di Castelletto di Branduzzo Relatore : prof. Lorenzo DE STEFANI Co-Relatore : arch. Francesco Paolo CHIECA geom. Ferruccio DILDA Tesi di laurea di: MARINA ROMANO matr. 814735 Anno Accademico 2014/2015

INDICE Capitolo 1 - Metodologie di rilievo affrontato co 1.2 - Il rilievo fotogrammetrico Capitolo 2 - Il degrado 2.1 - Cos è il degrado? 2.2 - Le cause dell alterazione e del degrado Capitolo 3 - Raccomandazione Normal 1/88 Capitolo 4 - Bibliografi a 1 1 3 5 5 7 12 22

Capitolo 1 LE METODOLOGIE DI RILIEVO AFFRONTATO 1.1 Il rilievo topografico Per la realizzazione del progetto di conservazione, si è scelto di utilizzare il rilievo topografico unito a quello fotogrammetrico, vista la vastità degli elementi architettonici da riprodurre e la loro complessità formale. La strumentazione per la campagna di rilievo topografico si compone di teodoliti, distanziometri, stazioni totali, mire, prismi, treppiedi, supporti manuali ed automatici, per la registrazione dei dati e molti altri accessori, a cui si aggiungono eventuali software di elaborazione e restituzione dei dati. Siamo di fronte ad un attrezzatura specialistica la cui disponibilità è ridotta tendenzialmente a studi e professionisti che si occupano specificatamente di questo tipo di rilievo; in quanto la strumentazione necessaria richiede uno sforzo economico notevole. Fig. 1 Strumento del rilievo topografico: stazione totale. 1

La figura del rilevatore topografico necessita di livelli di formazione elevati, che in parte sono assicurati dalla preparazione scolastica del geometra, perfezionata durante i corsi universitari nel campo dell architettura e dell ingegneria civile, cui deve aggiungersi una prolungata fase di tirocinio per acquisire la necessaria esperienza operativa. Ulteriori specializzazioni sono richieste quando la topografia si pone al servizio dell architettura, poiché i problemi posti dal suo rilievo sono di natura in parte differente a quelli posti dal rilievo topografico del territorio. Per quel che riguarda le grandezze, la topografia prevede l acquisizione di due diversi tipi d grandezze, angoli e distanze, poiché da tale combinazione dipende la determinazione della posizione nello spazio di punti degli edifici che non possono essere fisicamente raggiungibili, ma che possono essere raggiunti da un raggio visuale e traguardati mediante un mezzo di collimazione quale, ad esempio, il cannocchiale del teodolite. Gli strumenti topografici misurano essenzialmente angoli, con precisioni variabili, mentre le misure di distanze sono affidate a distanziometri a raggi infrarossi o laser, utilizzati separatamente o congiuntamente, come nel caso specifico realizzato, alla stazione topografica, ottenendo così una stazione totale. Per poter operare un rilievo topografico, l unico requisito necessario, è che esso sia visibile e quindi raggiungibile mediante un raggio ottico che parte dal centro dello strumento di misura e colpisce il bersaglio: la visibiltà quindi deve essere valutata in relazione alla posizione dello strumento. Le misure topografiche, solo in casi molto semplici possono essere restituite direttamente in forma grafica. Di norma, sono necessarie le elaborazioni proprio del calcolo topografico e, ove possibile, la compensazione rigorosa delle misure acquisite e ciò presuppone la disponibilità di un software dedicato e di un adeguato supporto informatico. In topografia, la fase di campagna, richiede tempi notevolmente più lunghi rispetto a quelli necessari all elaborazione e restituzione dei dati. Il prolungarsi della fase di campagna risente, dei tempi necessari al continuo spostamento delle attrezzature, pesanti e poco maneggevoli, nelle varie postazioni previste dal progetto di rilievo. Dal momento in cui lo strumento è posto in stazione, ovvero è posto nella posizione corretta a garantire l acquisizione delle misure angolari, l esecuzione delle letture avviene piuttosto rapidamente, determinata unicamente dalla quantità di punti da rilevare. 2

1.2 Il rilievo fotogrammetrico Per il rilievo fotogrammetrico l attrezzatura è costituita da camere fotografiche metriche, semimetriche o non metriche, da utilizzare durante la campagna di rilevamento, e da apparati di restituzione che vanno dai semplici elaborati architettonici dotati degli opportuni software di registrazione e di elaborazione dei dati. Nel caso di sistemi fotogrammetrici semplificati, quali ad esempio il raddrizzamento di immagini digitali, a complessi sistemi di stereo restituzione analitica, composti da elaborati architettonici interfacciati con uno stereocomparatore, strumento di altissima precisione in grado di eseguire direttamente le misure sulle lastre fotografiche dei modelli utilizzati per le riprese di campagna. La specializzazione in campo fotogrammetrico, può essere acquisita a livello universitario, pur essendo necessario affiancare alla preparazione teorica una prolungata fase di tirocinio sul campo. Esistono fasi di lavoro che possono essere separate ed affidate ad operatori distinti, raggiungendo livelli di professionalità molto elevati. La figura del resti turista, cioè colui che esegue le collimazioni stereoscopiche, producendo le restituzioni fotogrammetriche, rientra nella tipologia dell operatore specializzato. Fig. 2 Posa in stazione del laser scanner pe la restituzione della facciata esterna. 3

La campagna di rilievo fotogrammetrico non prevede l acquisizione di misure, poiché questa operazione viene rimandata ad un secondo momento. Nessuna grandezza è quindi osservata direttamente, ma tutte sono contenute all interno del modello ottico che riproduce l oggetto, con tutte le sue caratteristiche, anche e soprattutto metriche. Tale rilievo, essendo basato sull impiego di immagini fotografiche, la sua applicabilità dipende unicamente dalla possibilità di fotografare l oggetto del rilievo. Le modalità secondo cui devono essere realizzati gli scatti, non sono libere ed arbitrarie. Maggiore autonomia ed elasticità sono ammesse per i metodi semplificati, quali il raddrizzamento, mentre criteri più rigorosi e rigidi sono alla base dei procedimenti classici stereoscopici. Queste condizioni sono fortemente influenzate dal contesto, soprattutto negli spazi esterni; in ogni caso, le probabilità che un oggetto sia fotografabile sono in genere maggiori rispetto a quelle di poterlo toccare direttamente per rilevarlo con sistemi longimetrici. In fotogrammetria, il percorso che consente di estrarre, dalla semplice foto o dalle coppie di fotogrammi ( presa fotogrammetrica o modello stereoscopico ), i dati metrici necessari alla descrizione dell edificio, esplicitandoli in restituzioni grafiche o numeriche, è più o meno complesso, in relazione al tipo di applicazione prevista. Nei procedimenti semplificati, quali il raddrizzamento semplice o mosaicato, le elaborazioni sono piuttosto elementari e facilmente apprendibili, mentre nei sistemi fotogrammetrici classici e stereoscopici, le fasi cosiddette di orientamento dei modelli, ovvero quelle necessaria a determinare le relazioni che intercorrono tra le differenti posizioni di scatto e tra esse, e con l oggetto, richiedono tempi prolungati ed elevati livelli di preparazione. Nel metodo fotogrammetrico vi è un elevato squilibrio tra la fase di campagna e la fase di elaborazione e restituzione dei dati. La fase di campagna, che consiste nell esecuzione degli scatti fotografici dei modelli stereoscopici o delle immagini da raddrizzare con il metodo semplificato, di per sé richiede tempi rapidi. Ad allungare il processo, concorrono quei fattori che riguardano le difficoltà di operare nelle posizioni idonee alla ripresa. E importante ricordare che, ogni rilievo fotogrammetrico, è affiancato da una fase topografica per la determinazione dei punti di appoggio delle prese, che, in genere, sono punti naturali chiaramente individuabili sulle superfici oppure, costituiti da segnali artificiali che devono essere preventivamente appoggiati sull oggetto, per comparire successivamente nei fotogrammi ed essere riconoscibili in fase di restituzione. 4

Capitolo 2 IL DEGRADO 2.1 Cos è il degrado? Il degrado è una modificazione dannosa del materiale che implica necessariamente un peggioramento delle sue caratteristiche sotto il profilo conservativo; per formazione e sviluppo esso è legato a processi naturali (definizione tratta dalle Raccomandazioni Normal n. 1/88). Se non si agisce sulle cause che hanno determinato i fenomeni che affliggono una fabbrica, si rischia, nella migliore delle ipotesi, di spendere inutilmente soldi poiché, a distanza di poco tempo, esse quasi certamente più pericolose di prima. Occorre quindi studiare gli effetti di tali fenomeni e processi, per risalire anzitutto alle loro cause, e solo dopo aver agito su di esse, per eliminarle o attenuarle per quanto possibile, si potrà cercare di porre rimedio ai loro effetti, annullarli o in alcuni casi, decidere di non procedere oltre. Un altra ragione per studiare i fenomeni e i processi di degrado, a partire dalle loro manifestazioni visibili, è la possibilità di mettere in atto strategie di buona manutenzione e prevenzione rispetto all insorgere di futuri problemi di maggiore entità. Spesso i termini degrado ( o degradazione) e alterazione, sono erroneamente utilizzati come sinonimi. Le Raccomandazioni Normal 1/88, definiscono l alterazione come una modificazione del materiale che non implica necessariamente un peggioramento delle sue caratteristiche sotto il profilo conservativo, mentre la degradazione si accompagna sempre ad una riduzione progressiva della sua resistenza. Secondo tale definizione, ad esempio, è da intendersi alterazione il cambiamento del colore dell ardesia e di alcuni calcari comaschi e bergamaschi per effetto dell ossidazione delle sostanze carboniose in essi contenute, il viraggio di alcune tinte e la variazione di colore su molti materiali per effetto dell irraggiamento solare. In questi casi infatti la resistenza del materiale non è cambiata, ma ne sono mutati solo alcuni parametri che influenzano esclusivamente la percezione visiva. Occorre fare attenzione a non identificare o a limitare l alterazione con l alterazione cromatica. Talvolta essa stessa può portare ad un deterioramento della resistenza del materiale e pertanto in questo caso, dovrà essere classificata come degradazione. Un esempio di tale situazione è quella del marmo di Candoglia con la quale è realizzato il Duomo di Milano, la pirite ( solfuro di ferro di colore giallo cinereo chiaro) che esso contiene, per effetto dell ossidazione, si trasforma in ossido di ferro ( colore rosso); questo si incunea tra i grani del marmo e lungo le fessure già esistenti al suo interno, facendo assumere 5

all area interessata un intensa colorazione rossastra e se il fenomeno è di particolare intensità può portare alla disgregazione del materiale. Anche altri fenomeni possono essere considerati alterazioni, in quanto il loro manifestarsi non comporta un effettivo peggioramento del materiale sotto il profilo delle sue caratteristiche fisiche. Alcune patine biologiche, ad esempio, di per se non arrecano danno, l unico inconveniente può essere un certo disturbo visivo e sono quindi da considerarsi alterazioni, almeno secondo l eccezione che ne danno le Raccomandazioni Normal. Un errore che sovente si commette nella fase analitica e diagnostica riguarda lo scolorimento della tinta rilevabile su alcuni prospetti particolarmente esposti. Questo tipo di degrado, di per se non è da considerarsi alterazione cromatica. In questo caso è più idoneo parlare di erosione superficiale dal momento che la variazione superficiale del colore che si registra, infatti, è legata solo al minor numero di pigmenti presenti, poiché parte di quelli originari sono stati asportati dall acqua, abradendola meccanicamente ed esercitando forse anche azioni di tipo chimico e fisico. L analisi del degrado, con il riconoscimento e la valutazione dei diversi fenomeni è in ogni caso una delle componenti essenziali del restauro architettonico e della manutenzione edilizia in genere, proprio in vista del recupero delle caratteristiche di resistenza dei materiali e, in senso lato, anche dell edificio che da questi materiali è costituito. Per quanto riguarda l alterazione, invece, non sarà di per se necessaria alcuna operazione nel corso del restauro; un eventuale intervento o meno dipenderà quindi dalla linea di pensiero seguita dal restauratore. Tuttavia, proprio perché talvolta questo fenomeno può incidere anche in maniera particolarmente evidente sarà bene che l architetto, già nella fase di costruzione dell edificio, tenga conto di questo particolare aspetto nella scelta dei materiali. E bene chiarire che i fenomeni di degradazione/alterazione derivano da azioni involontarie a processi di tipo naturale. Sono considerati fenomeni di degrado tuttavia anche quelli causati dall uomo, anche in modo indiretto ed involontario a seguito dei processi di usura, per incendi o analoghi eventi. Dall altro lato, in alcuni casi, vi è una precisa volontà, che non può essere considerata come manifestazione o conseguenza di un processo o di un fenomeno di degrado, ed è quello di scegliere liberamente di apportare dei segni ( graffici vandalici) sull oggetto architettonico. Un caso differente è quello che prevede l azione volontaria dell uomo di manomissioni: un rappezzo mal eseguito, una superfettazione ecc. Il termine di degrado, in questi casi non è appropriato, in quanto sarà elemento d interesse nell analisi stratigrafica, in quanto testimone di un operazione eseguita in passato. L equivoco che spesso emerge tra degrado vero e proprio ed effetto degradante, d altra parte, può derivare da alcune discutibili operazioni presenti, in parte, nella stessa lettura specialistica. Il Normal stesso, ad esempio, può portare ad alcune errate interpretazioni quando com 6

prende nella voce patina anche il caso di alterazioni anche indotte artificialmente ( patina artificiale). In alcuni testi inoltre, la manutenzione precedente o la esposizione critica sono elencate insieme a forme di degrado, mettendo sullo stesso piano gli effetti o i segni del degrado e le loro cause, e le condizioni al contorno. 2.2 Le cause dell alterazione e del degrado Una causa di degrado dipende strettamente dagli agenti di degrado che svolgono particolari azioni, ma è altresì legata al tipo di materiale sul quale essa agisce. Per una buona comprensione delle cause di degrado è importante conoscere: la struttura e le caratteristiche fisiche e chimiche del materiale su cui agisce la causa; il tipo di lavorazione e la messa in opera del materiale; il contesto ambientale; gli agenti di degrado in gioco e i meccanismi che li innescano. Inoltre è importante operare una distinzione tra cause, dividendole in cause attuali e cause pregresse. La causa attuale è quella che, nel momento in cui si fa l analisi, è ancora presenta e attiva. E il caso di una parete degradata per effetto del dilavamento dell acqua piovana pur sempre esposta alla pioggia battente. Per causa pregressa si intende una causa che è stata all origine di un certo tipo di degrado, ma che al momento dell analisi non è più attiva perché è già stata rimossa o si è esaurita da sé, anche se i danni persistono sull elemento architettonico. Chiaramente nei confronti della causa attuale, l obbiettivo principale dell intervento di recupero, deve essere la rimozione della causa di degrado, ed in secondo luogo, la risoluzione dell effetto di questa. Altro fattore importante è capire la frequenza con la quale una specifica causa di degrado agisce, anche nel caso di causa attiva, o sulla quantità di volte in cui ha agito, nel caso di una causa pregressa. Un esempio di causa continua è la lenta erosione che un fiume esercita sui pilastri di un ponte, ma nel caso in cui il fiume sia stato deviato nel passato da una diga, essa si pone in esame del manufatto degradato, come causa pregressa. Una causa isolata può essere costituita, ad esempio, dalla rottura di un impianto. Se l impianto è rotto e sta provocando un danno alla costruzione si tratta di una causa attiva isolata, sulla quale occorre intervenire al più presto. Se all opposto, il problema è già stato risolto e ne permangono solo gli effetti, si potrà agire su di esse direttamente. Un esempio infine di una causa ciclica è rappresentato dall umidità di risalita nelle murature di un edificio provocata dalla periodiche variazioni di potenza di una falda sotterranea. 7

La distinzione tra cause continue, isolate o cicliche non deriva dal fatto che esista una relazione tra tipo di causa e progressione del danno, ma dal fatto che, la maggiore pericolosità di una causa di degrado deriva da un osservazione non corretta, che comporterà un errato progetto di conservazione. Le cause dipendono dall agente ma soprattutto dalla risposta del materiale. Si rende necessaria in questo modo una ulteriore distinzione tra cause ordinarie e cause straordinarie di degrado. Quest ultima categoria mette in relazione l agente con il materiale e con le scelte di progetto. Quella ordinaria è una causa di degrado di cui si era a conoscenza all atto della costruzione e alla quale, in quello stesso momento, si è cercato di porre rimedio. Essa agisce in modo lento e progressivo. Quella straordinaria di degrado è una causa non prevista e non prevedibile, all atto della costruzione. Per arrestare una causa straordinaria di degrado e riparare il danno da essa provocato, si dovrebbe attivare un intervento d urgenza. In realtà, le cause di degrado, non sono quasi mai uniche ed isolate; per questo si preferisce parlare di concause in relazione ai diversi fenomeni e processi di degrado dei materiali. Ogni causa può essere la somma, o il risultato dell interazione, di più azioni di degrado: tutto questo aumenta la variabilità dei casi e ne rende più difficile l analisi. Emergono, in questo modo, dei casi emblematici in cui n agente, può avere cause ed effetti differenti; i principali sono: l acqua, il più importante degli agenti di degrado, può esercitare azioni di natura fisica ( effetto emolliente ) e chimica ( come catalizzatore di molte reazioni chimiche ); ma i danni maggiori che essa provoca, si registrano dopo la sua evaporazione, quando i sali tendono a ri-cristallizzare nei pori del materiale ( indebolendolo) o delle sue superfici ( deturpandolo); i degradi provocati dai sali solubili che aumentano per effetto dell inquinamento, ma i loro effetti più devastanti sono legati all impiego di materiali quali il cemento, in molti interventi manutentivi o addirittura di restauro; la porosità degli strati superficiali dei materiali, caratteristica che può aiutare l indebolimento della struttura del materiali causando asportazioni grazie all azione meccanica, ad esempio, della pioggia battente o dal vento; i componenti del guano, depositato su un manufatto lapideo agiscono, in quanto acidi, aggredendo chimicamente la pietra e,come veri e propri fertilizzanti, favoriscono la crescita di organismi viventi che, a loro volta, porteranno ulteriore degrado; il vento, oltre ad indurre un azione battente e meccanica delle piogge, agisce per abrasione, favorisce l evaporazione dell acqua presente negli strati superficiale dei materiali, determinando la cristallizzazione interna dei sali; mancanze e distacchi che possono derivare da diverse cause e processi. I meccanismi di alterazione e degrado sono originati da cause, generalmente esterne all edificio cause estrinseche, che sono di fatti sempre presente in qualche misura, e che talvolta si appoggiano a debolezze proprie della costruzione cause intrinseche. 8

Partendo dalle ultime citate, le cause intrinseche possono comprendere: l errata scelta del sito, come ad esempio la possibilità che si verifichino frane, smottamenti, esondazioni ecc..; possibili errori di progettazione nelle opere statiche, nelle impermeabilizzazioni, nelle canalizzazioni, nella scelta dei materiali, impiantistiche inadatte, l uso ecc..; errori legati al cantiere, alla qualità dei materiali e alle tecnologie costruttive, originati da ignoranza, incomprensione ecc Uno degli errori più comuni di posa in opera, responsabile di degradi consistenti è dovuto ad errati accostamenti di materiali e alla loro incompatibilità reciproca. Ad esempio, l utilizzo di malte ricche di sali solubili, di per se sbagliato, risulta particolarmente pericoloso qualora sia abbinato ad una muratura in mattoni, perché può dare origine ad intensi fenomeni di alveolizzazione e ad efflorescenze saline. L incompatibilità tra materiali si ha quando vengono posti a contatto due o più materiali che hanno reazioni chimico fisiche profondamente diverse tra loro e rispetto agli agenti esterni. Le cause estrinseche di degrado possono essere ricondotte a fattori di origine naturale, quali gli agenti climatici e meteorologici, l aggressione biologica ecc. Questi interventi dall esterno sono legati ad una particolare vulnerabilità dell edificio. Dal punto di vista climatico e meteorologico gli ambienti caldo-umidi sono comunque i più dannosi, in quanto attivano più facilmente i processi di alterazione chimica e la crescita di microrganismi. L acqua è certamente l agente più importante nel causare il degrado di un edificio, sia a livello fisico che chimico. E il principale motore di meccanismi quale la gelività e la cristallizzazione dei sali, essendo il principale solvente che si trova in natura, è catalizzatore di molti processi di degrado chimico e rende possibile la crescita di organismi biologici che provocano degrado. L acqua è presente negli edifici sotto forma di umidità ( infiltrazioni, condensa, risalita capillare, umidità di costruzione, igroscopicità dei materiali impiegati ). Le infiltrazioni possono dipendere da: acque piovane battenti, scorrenti o stagnanti, che possono penetrare per capillarità nei materiali; acque stagnanti o circolanti nel sottosuolo, che possono risalire tramite l eventuale porosità capillare del materiale; acque depositate per condensa, che possono penetrare per capillarità; acque disperse da impianti vari. E importante ricordare che ogni eventuale discontinuità presente nell edificio può consentire la raccolta, la penetrazione ed il ristagno dell acqua. Gli effetti delle infiltrazioni sono in ogni caso analoghi, almeno in parte, a quelli dovuti alla risalita capillare ( macchie, crescita di microorganismi, danneggiamento provocato dalla gelività e cristallizzazione, ed efflorescenze ), ma hanno una distribuzione differente, localizzata. 9

Il fenomeno dell umidità di condensa è molto importante perché il modo in cui agisce produce effetti molto dannosi: tale umidità bagna, rimanendo in superficie, i materiali più impermeabili ( metalli, ceramica, vetro ecc..) ma penetra, nei materiali assorbenti ( laterizi, intonaco ) Per il fenomeno della capillarità si ha la risalita dal sottosuolo dell acqua proveniente da falde freatiche sotterranee o da acque disperse. La presenza negli elementi costruttivi di un edificio di umidità per risalita capillare è legata al tipo di materiale con cui sono costituiti e, infatti, è massima nei laterizi. Se l immissione dell acqua nelle fondazioni è continua, la sua risalita può raggiungere i 4-5 m da terra. Oltre non può salire, ma a questa altezza deposita in superficie tutti i sali che aveva portato in soluzione. Questi ultimi, ridepositati all esterno, causano danni di lieve entità, soprattutto estetici. Se però l evaporazione dell acqua avviene in maniera veloce i sali cristallizzano non solo fuori, ma anche dentro al muro, disgregandolo. Questo fenomeno dà luogo ad esfoliazioni e distacchi. Evidente è anche il ruolo sia meccanico che chimico svolto dalla pioggia, con creazione di rivoli e conseguentemente erosioni, carbonatazioni ecc L effetto meccanico è più significativo quando la precipitazione avviene sotto forma di neve, che si accumula sulle coperture apportando una sollecitazione meccanica su di esse e sulla struttura sottostante. Come già evidenziato, gli interventi antropici volti a trasformare un manufatto edilizio, non possono essere considerati come fenomeno o fonte di degrado. L azione antropica può manifestarsi in modo accidentale come a seguito di incendi, eventi bellici, o anche dell incuria e della mancanza di manutenzione ed in questi casi, possono essere considerati cause antropiche di degrado. Può essere considerata causa antropica anche un errata, mancata o insufficiente manutenzione. Un altro tipo di cause antropiche riguarda l usura, che può intaccare ad esempio le pedate di una scala marmorea, così come di cause antropiche si può parlare a proposito dei danni causati dall inquinamento atmosferico, dal traffico automobilistico ecc.. I trasporti a motore, il riscaldamento, l attività industriale costituiscono le principali fonti di inquinamento artificiale. Dal punto di vista chimico, possiamo identificare i seguenti componenti dell inquinamento : anidride carbonica: a contatto con l acqua si trasforma in acido carbonico, in grado di produrre un alterazione dei materiali lapidei e metallici; i residui di idrocarburi incombusti : sono tra i maggiori delle croste nere dei materiali a base calcarea; anidride solforosa e anidride solforica: presenti naturalmente nell atmosfera in quantità ridottissime, raggiungono concentrazioni rischiose a causa dell inquinamento o possono combinarsi con l acqua o con l ossigeno dell atmosfera e formare acido solforoso e solforico.. I meccanismi di alterazione per solfatazione e ossidazione interessano i materiali più diffusi, da quelli lapidei, a composizione calcarea o silicea, ai metalli, fino 10

a quelli più resistenti all attacco chimico, come il vetro e le ceramiche; cloruri: presenti soprattutto in ambiente marino, ma anche prodotti da scarichi industriali, partecipano all azione corrosiva sia intervenendo nella dissoluzione chimica del materiale, sia nella disgregazione meccanica attraverso la cristallizzazione; azoto: gli ossidi di azoto possono trasformarsi, in presenza di acqua, in acido nitrico, il cui effetto non è ancora stato messo chiaramente in relazione con gli effetti del degrado ma si ritiene che produca un azione corrosiva sui materiali calcarei e sui silicati. 11

Capitolo 3 Raccomandazione Normal 1/88 Dopo aver fatto chiarezza nei rapporti tra agenti e i loro effetti sugli elementi andanti a costituire il manufatto architettonico, si procede analizzando nel dettaglio le manifestazioni del degrado attraverso la Raccomandazione Normal 1/88. Per una più semplice individuazione dei fenomeni di degrado dei materiali lapidei costituenti le superfici esterne degli edifici, e sono stati messi in relazione i seguenti elementi: le alterazioni e le degradazioni individuate dalle Raccomandazioni Normal 1/88. Alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei: lessico ; la loro descrizione desunta dalle suddette Raccomandazioni; le principale cause dei fenomeni descritti; la riproduzione fotografica del fenomeno descritto. ALTERAZIONE CROMATICA Alterazione che si manifesta attraverso la variazione di uno o più parametri che definiscono il colore: la tinta, chiarezza, saturazione. Può manifestarsi con morfologie diverse a seconda delle condizioni e può riferirsi a zona ampie o localizzate. biodeteriogeni; inquinanti atmosferici; radiazioni solari; affioramento di macchie; assorbimento differenziato del supporto; emersione del pigmento in fase di decoesione e successivo dilavamento della superficie. 12

ALVEOLIZZAZIONE Degradazione che si manifesta con la formazione di cavità di forma e dimensioni variabili. Gli alveoli sono spesso interconnessi e hanno distribuzione non uniforme. Nel caso perticolare in cui il fenomeno si sviluppa essenzialmente in profondità con andamento a diverticoli si può usare il termine alveolizzazione a cariatura. movimento dell acqua all interno del substrato; azione disgregatrice esercitata dalla pressioni di cristallizzazione dei sali all interno dei pori del materiale lapideo; dilavamento; correnti eoliche, con conseguente rapida evaporazione delle superfici. CONCREZIONE Deposito compatto generalmente formato da elementi di estensione limitata, sviluppato preferenzialmente in una sola direzione non coincidente con la superficie lapidea. Talora può assumere formestalattitica o stalagmitica infiltrazione d acqua; presenza di croste nere; presenza di umidità protratta nel tempo. 13

CROSTA Strato superficiale di alterazione del materiale lapideo o dei prodotti utilizzati per eventuali trattamenti. Di spessore variabile, è duro, fragile e distinguibile dalle parti sottostanti per le caratteristiche morfologiche e, spesso, per il colore. Può distaccarsi anche spontaneamente dal substrato che, in genere, si presenta disgregato e/o pulverulento. azione di microorganismi e di inquinanti; ossidazione; circolazione d aria scarsa o assente; residui della combustione di oli derivanti dal petrolio. DEFORMAZIONE Variazione della sagoma che interessa l intero spessore del materiale e che si manifesta soprattutto in elementi nastriformi. dilatazioni termiche da radiazioni solari. DEGRADAZIONE DIFFERENZIALE Degradazione da porre in rapporto ad eterogeneità di composizione o di struttura del materiale, tale quindi da evidenziarne gli originali motivi tessiturali o strutturali. ruscellamento delle acque meteoriche; azione meccanica e chimica da parte degli agenti atmosferici. 14

DEPOSITO SUPERFICIALE Accumulo di materiali estranei di varia natura, quali, ad esempio, polvere, terriccio, guano ecc... Ha spessore variabile e, generalmete, scarsa coerenza e aderenza al materiale sottostante. esposizione, scabrosità e deformazione della superficie; impiego di prodotti vernicianti; inquinanti atmosferici. DISGREGAZIONE Decoesione caratterizzata da distacco di granuli o cristalli sotto minime sollecitazioni meccaniche. biodeteriogeni; radici di piante superiori; infiltrazione d acqua, risalita capillare; reazione tra i materiali edilizi e atmosfera. DISTACCO Soluzione di continuità tra strati superficiali del materiale, sia tra loro che rispetto al substrato: prelude in genere alla caduta degli strati stessi. Il termine si usa in particolare per gli intonaci e i mosaici. Nel caso di materiali lapidei naturali le parti distaccate assumono spesso forme specifiche in funzione delle caratteristiche strutturali e tessiturali, e si preferiscono allora voci quali crosta, scagliatura, esfoliazione. fenomeni di umidità ascendente; formazione di ghiaccio negli strati più superficiali; perdite localizzate degli impianti di smaltimento e/o di convogliamento delle acque; 15

consistente presenza di formazioni saline, efflorescenze; soluzioni di continuità conseguenti alla presenza di fessurazioni e/o di lesioni strutturali; dilatazioni differenziali tra materiali di supporto e finitura; soluzioni di continuità conseguenti agli stress termici in prossimità dell innesto di elementi metallici; impiego di prodotti vernicianti pellicolanti su supporti tradizionali; errori di posa in oper ed utilizzo di sabbie o malte poco idonee. EFFLORESCENZA Formazione di sostanze, generalmente di colore biancastro e di aspetto cristallino, pulverulento e filamentoso sulla superficie del manufatto. Nel caso di efflorescenze saline, la cristallizzazione può avvenire anche all interno del materiale provocando spesso il distacco delle parti più superficiali: il fenomeno prende allora il nome di cripto efflorescenza o sub-efflorescenza. umidità di risalita capillare, da condensazione, da perdite localizzate da impienti; ruscellamento delle acque meteoriche; presenza di solfati; azione del vento che accellera l evaporazione superficiale dell acqua; sostanze aggiunte in trattamenti restaurativi; degrado di interfaccia tra laterizi e malte. EROSIONE Asportazione di materiale dalla superficie dovuta a processi di natura diversa. Quando sono note la cause di degrado, possono essere utilizzati anche termini come erosione per abrasione o erosione per corrasione ( cause meccaniche ), erosione per corrosione (cause chimiche e biologiche ), erosione per usura ( cause antropiche ). erosione meccanica da pioggia battente; erosione per abrasione degli strati corticali provocata dal vento; aggressione chimica da inquinanti; formazione di ghiaccio negli strati più superficiali. 16

ESFOLIAZIONE Degradazione che si manifesta con distacco, spesso seguito da caduta, di uno o più strati superficiali subparalleli fra loro ( sfoglie ). movimento dell acqua all interno del substrato; azione di microrganismi; applicazione di prodotti vernicianti pellicolanti su supporti tradizionali; nei laterizi, presenza di carbonato di calcio. FRATTURAZIONE O FESSURAZIONE Degradazione che si manifesta con la formazione di soluzioni di continuità nel materiale e che può implicare lo spostamento reciproco delle parti. cicli di gelo e disgelo; dissesto dell apparato murario di supporto; incompatibilità di tipo fisico-meccanico tra supporto e finitura; dilatazioni differenziali tra materiali di supporto e finitura; degrado di interfaccio tra laterizi e malte; nei laterizi presenza di carbonato di calcio. INCROSTAZIONE Deposito stratiforme, compatto e generalmente aderente al substrato, comporto da sostanze inorganiche o da strutture di natura biologica. biodeteriogeni. 17

LACUNA Caduta e pardita di parti di un dipinto murale, con messa in luce degli strati di intonaco più interni o del supporto. molte differenti cause di varia natura possono fortare alla conseguenza della forma di degrado che si manifesta con una lacuna. MACCHIA Alterazione che si manifesta con pigmentazione accidentale e localizzata della superficie; è correlata alla presenza di materiale estraneo al substrato ( ruggine, sali di rame, sostanze inorganiche, vernici ). biodeteriogeni; ossidezione di elementi metallici; atti di vandalismo. MANCANZA Caduta e perdita di parti. Il termine si usa quando tale forma di degradazione non è descrivibile con altre voci del lessico. fenomeni di umidità ascendente; perdite localizzate degli impianti di smaltimento e/o di convogliamento delle acque; consistente presenza di formazioni saline; soluzioni di continuità conseguenti alla presenza di fessurazioni e/o di lesioni strutturali; soluzioni di continuità conseguenti agli stress termici in prossimità dell innesto di elementi metallici errori di posa in opera e utilizzo di sabbie o malte poco idonee. 18

PATINA Alterazione strettamente limitata a quelle modificazioni naturali delle superfici dei materiali non collegabili a manifesti fenomeni di degradazione e percepibili come una variazione del colore originario del materiale. Nel caso di variazioni indotte artificialmente si usa il termine patina artificiale. PATINA BIOLOGICA Strato sottile, morbido ed omogeneo, aderente alla superficie e di evidente natura biologica, di colore variabile, per lo più verde. La patina biologica è costituita prevalentemente da microrganiscmi cui possono aderire polvere, terriccio ecc.. azioni di microrganismi autotrofi; presenza di umidità o acqua; caratteristiche morfologiche del substrato ( scabrosità, asperità, rientranze..). PELLICOLA Strato superficiale di sostanze coerenti fra loro ed estranee al materiale lapideo. Ha spessore molto ridotto e può staccarsi dal substrato, che in genere si presenta integro. trattamento protettivo del materiale lapideo, e a sua volta soggetto a degrado per ossidazione e contrazione in ragione delle sostanze impiegate. 19

PITTING Degradazione puntiforme che si manifesta attraverso la formazione di fori ciechi, numerosi e ravvicinati. I fori hanno forma tendenzialmente cilindrica con diametro massimo di pochi millimetri. Tale degrado interessa principalmente le pietre calcaree, in particolare i marmi. POLVERIZZAZIONE Decoesione che si manifesta con la caduta spontanea del materiale sotto forma di polvere o granuli. azioni di microrganismi. PRESENZA DI VEGETAZIONE Locuzione impiegata quando vi sono licheni, muschi e piante. accumuli di umidità; attacco di organismi autotrofi. 20

RIGONFIAMENTO Sollevamento superficiale e localizzato del materiale, che assume forme e consistenza variabili. dilatazioni differenziali tra materiali di supporto e finitura; formazione di ghiaccio negli strati più superficiali. SCAGLIATURA Degradazione che si manifesta col distacco totale o parziale di parti ( scaglie ) spesso in corrispondenza di soluzioni di continuità del materiale originario. Le scaglie, costituite generalmente da materiale in apparenza inalterato, hano forma irregolare e spessore consistente e disomogeneo. Al di sotto possono essere presenti afflorescenze o patine biologiche. esposizione agli agenti atmosferici; presenza di umidità nella muratura. 21

C BIBLIOGRAFIA Musso S. F., Recupero e restauro degli edifi ci storici. Guida pratica al rilievo e alla diagnostica, EPC Libri, Roma, 2004. Guarisco G., Architetture lombarde dimenticate: studi per il riuso, Ed. Alinea, Firenze, 1994. Carbonara G., Trattato di restauro architettonico, Ed. UTET, Torino, 2003. Zevi L., Il manuale del restauro architettonico, Gruppo Mancuso Editore, Roma, 2007. Augelli F., Ceccarelli R, Germani M. P., Trevisan E., Progetto di conservazione e riuso della villa di Branduzzo, tesi di laurea, Politecnico di Milano, Architettura, indirizzo Tutela e recupero del patrimonio storico - architettonico, a. a. 1988/1989, rel. M. Boriani. 22