www.ildirittoamministrativo.it NOTA A CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE PENALI SENTENZA 9 luglio 2015, n. 29316



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NOTA A CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE PENALI SENTENZA 9 luglio 2015, n. 29316 Sui risvolti applicativi dell incostituzionalità della legge Fini Giovanardi A cura di SARA VARAZI Con la sentenza 26 febbraio 2015 n. 29316 le Sezioni Unite hanno stabilito che A seguito della dichiarazione d'incostituzionalità del D.L. n. 272 del 2005, artt 4 bis e 4 vicies-ter come modificato dalla L. n.49 del 2006 pronunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 32 del 2014, deve escludersi la rilevanza penale delle condotte che, poste in essere a partire dall'entrata in vigore di detta legge e fino all'entrata in vigore del DL n. 36 del 2014, abbiano avuto ad oggetto sostanze stupefacenti incluse nelle tabelle solo successivamente all'entrata in vigore del D.P.R n. 309 del 1990, nel testo novellato dalla richiamata L. n 49 del 2006. Tale pronuncia si inserisce nel novero delle numerose sentenze della Corte di Cassazione che di recente sono state chiamate ad intervenire in seguito alla dichiarazione di incostituzionalità della legge 21 febbraio 2006, n.49, c.d. legge Fini-Giovanardi, avvenuta con la sentenza del 25 febbraio 2014 n. 32 della Corte Cost., al fine di chiarirne le ricadute sulla disciplina positiva. La normativa caducata e le ragioni di incostituzionalità Gli artt. 4 bis e 4 vicies ter del Decreto Legge 30 dicembre 2005, n. 271 convertito con modificazioni con legge n. 49/2006, come noto, avevano modificato l art. 73 del T.U. stupefacenti (D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) unificando il trattamento sanzionatorio delle condotte illecite aventi ad oggetto diverse tipologie di sostanza stupefacente. Al fine del così detto processo di parificazione delle droghe pesanti e leggere erano, inoltre, state modificate le tabelle ministeriali di riferimento, riducendone il numero a due e collocando nella prima tutte le sostanze stupefacenti e psicotrope, nella seconda tutti i medicinali contenenti tali sostanze. 1

La Corte Costituzionale ha ritenuto le norme in esame costituzionalmente illegittime, in quanto introdotte in sede di conversione del decreto-legge ma del tutto carenti dell indefettibile requisito della connessione logico-funzionale con le originali disposizioni del decreto legge convertito. In particolare, la Corte ha evidenziato come in relazione a provvedimenti governativi ab origine a contenuto plurimo, come quello di specie, è strettamente necessario che ogni disposizione introdotta in sede di conversione sia strettamente collegata ad uno dei contenuti già disciplinati dal decreto legge o, quantomeno, alla ratio dominante del provvedimento originario considerato nel suo complesso. Suddetto collegamento non sarebbe ravvisabile con alcuna delle disposizioni del decreto legge convertito il quale, fra le diverse aree tematiche di riferimento, atteneva al tema degli stupefacenti solamente sotto un profilo molto specifico, ossia quello del recupero dei tossico dipendenti detenuti (art. 4 del decreto legge), del tutto estraneo ad un intervento di natura sostanziale, tra l altro particolarmente incisivo come quello operato. Secondo la Consulta, in particolare Una tale penetrante e incisiva riforma, coinvolgente delicate scelte di natura politica, giuridica e scientifica, avrebbe richiesto un adeguato dibattito parlamentare, possibile ove si fossero seguite le ordinarie procedure di formazione della legge, ex art. 72 Cost. Tale circostanza, dunque, si traduce in una aperta violazione dell art. 77 Cost., il quale disciplina modalità e presupposti per il corretto esercizio del potere legislativo di conversione, imponendo la caducazione della normativa impugnata. Nel dichiarare l incostituzionalità della legge n.49 del 2006, inoltre, la Corte Costituzionale ha espressamente sancito la reviviscenza della disciplina precedente, ossia della legge 26 giugno 1990, n. 162, c.d. legge Iervolino Vassalli, in quanto mai validamente abrogata, rimettendo al giudice comune il compito di individuare quali altre norme dovessero intendersi travolte dalla pronuncia di incostituzionalità in quanto presupponenti quella caducata. La normativa di risulta dopo la dichiarazione di incostituzionalità Come sopra accennato, in seguito alla dichiarazione di incostituzionalità, si è avuta una vera e propria reviviscenza della disciplina precedente, ossia quella prevista dalla legge Iervolino Vassalli. 2

La stessa prevede un sistema tabellare composto da sei diverse tabelle, mediante le quali vengono differenziate le sostanze in grado di produrre effetti sul sistema nervoso centrale e creare dipendenza (c.d. droghe pesanti) e le sostanze caratterizzate da un livello inferiore di dipendenza (c.d. droghe leggere), prevedendo un trattamento sanzionatorio significativamente diversificato. Si tratta, dunque, di un sistema radicalmente diverso rispetto a quello disegnato dalla disciplina dichiarata incostituzionale, che aveva del tutto parificato il regime sanzionatorio a prescindere dal tipo di sostanza. Tale reviviscenza di un trattamento sanzionatorio significativamente più favorevole in relazione alle c.d. droghe leggere, così come il travolgimento di tutti gli interventi legislativi successivi a quello del 2006, ha creato un vulnus di disciplina nonché tutta una serie di problemi di diritto intertemporale, imponendo all interprete il compito di individuare la disciplina applicabile ai fatti compiuti dal momento dell entrata in vigore della normativa del 2006 sino alla sua abrogazione, in applicazione dei principi di cui all art. 2 c.p., tematica di cui la Suprema Corte si è occupata in più occasioni. Si tenga in particolare conto, per quanto di interesse al fine del commento della pronuncia in esame, che le tabelle ripristinate in seguito all intervento della Corte Costituzionale se di certo contenevano tutte le sostanze progressivamente inserite fino all intervento del 2006, non potevano contenere tutte quelle, invece, introdotte con interventi legislativi successivi alla legge Fini Giovanardi. Al fine di colmare questa frattura nella disciplina degli stupefacenti è intervenuto il legislatore con il decreto legge 20 marzo 2014, n. 36, convertito con legge 16 maggio 2014 n. 79, il quale ha introdotto un sistema tabellare composto da quattro tabelle, al fine di ripristinare il regime sanzionatorio per tutte le sostanze raggruppate, attraverso progressivi provvedimenti di aggiornamento, nelle tabelle caducate dalla Consulta. In particolare sono state previste quattro tabelle, coerenti con l impianto sanzionatorio della legge Iervolino Vassalli, ed è stata introdotta una quinta tabella riguardante i medicinali. In suddette tabelle sono state inserite la maggior parte delle sostanze introdotte successivamente al 2006 da provvedimenti amministrativi di applicazione. Questa complessa stratificazione normativa pone una serie di questioni ed in particolare, oggetto della pronuncia in esame, impone di interrogarsi sulla rilevanza penale delle condotte aventi 3

ad oggetto sostanze non previste nel sistema tabellare ante 2006 e reintrodotte solamente con l intervento del 2014, come ad esempio il nandrolone. Ciò, alla luce del consolidato principio, sancito dalla Corte di Cassazione, in forza del quale non hanno rilevanza penale le condotte aventi ad oggetto sostanze non incluse nel catalogo tabellare, in quanto, nel nostro ordinamento, vige una nozione legale di sostanza stupefacente. Sul punto l ordinanza di remissione della questione alle Sezioni Unite, da conto degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali. Le posizioni di dottrina e giurisprudenza a confronto Secondo un primo orientamento permarrebbe la rilevanza penale delle condotte aventi ad oggetto sostanze droganti inserite in seguito all intervento del legislatore del 2006 caducato dalla Consulta. Tale assunto si fonda sulla considerazione per cui il sistema di inserimento delle sostanze nelle tabelle non sarebbe stato inciso in modo significativo dalla legge del 2006. Dunque, non potrebbe dirsi che i progressivi provvedimenti di inserimento presupponessero la vigenza delle norme dichiarate incostituzionali, essendo gli stessi fondati su criteri di classificazione previsti anche dalla disciplina previgente. Questi, dunque, non dovrebbero intendersi in alcun modo travolti dalla pronuncia di incostituzionalità. Al fine, poi, di temperare l evidente effetto pregiudizievole per il reo, derivante dalla perdurante rilevanza penale delle condotte, tale teoria suggerisce di considerare queste nuove sostanze (ossia quelle previste dopo il 2006 e reinserite nel 2014) come droghe leggere. Tale ricostruzione è stata, tuttavia, fortemente criticata dalla dottrina la quale ha evidenziato come essa sia debitrice di un approccio sostanzialistico nell individuazione delle conseguenze della dichiarazione di incostituzionalità, in contrasto con l impostazione adottata dalla pronuncia della stessa della Consulta la quale ha optato, a tale fine, per un criterio formale. Secondo un altra impostazione occorrerebbe valorizzare la scelta del legislatore che in sede di redazione del Decreto Legge n. 36 del 2014, all art. 2, aveva stabilito che gli atti amministrativi (di inserimento delle sostanze droganti nel sistema tabellare) continuano ad avere effetto. Anche 4

se tale scelta non è stata confermata in sede di conversione, in quanto sostituita con riprendono ad avere effetto, permetterebbe, comunque, di ricostruire l intenzione del legislatore nel senso di introdurre una disciplina retroattiva. Facoltà, questa, che il legislatore avrebbe in quanto non in contrasto con il fondamentale principio di retroattività della legge penale, bensì unicamente deroga al principio di retroattività degli effetti della dichiarazione di incostituzionalità, di cui all art. 30, quarto comma, legge n. 87 del 1953. Secondo questa ricostruzione, in sostanza, occorrerebbe interrogarsi sull ammissibilità di una deroga al principio della retroattività della lex mitior, in particolare in caso di dichiarazione di incostituzionalità, laddove ciò si renda necessario al fine di un corretto bilanciamento con altri principi di rango costituzionale. La risposta a tale quesito dovrebbe essere di senso positivo. Tenendo a mente la nota tematica in ordine al rango del principio della retroattività della lex mitior, anche alla luce del suo nuovo inquadramento convenzionale (il rimando è alla nota vicenda Scoppola c Italia e alla possibilità di individuare quale referente convenzionale del principio in esame l art. 7 CEDU), lo stesso non potrebbe tutt ora ritenersi equiparato al principio di irretroattività della legge incriminatrice, in particolare in punto di inderogabilità. Ne discenderebbe, dunque, il residuare di uno spazio per il legislatore al fine di prevedere disposizioni, come dovrebbe intendersi quella di cui all art. 2 DL 36/2014, idonee a derogare alla retroattività degli effetti in mitior, laddove ciò sia essenziale al fine di tutelare altri interessi di rilevanza costituzionale (si veda, in argomento le note sentenze della Corte Cost. n. 393/2006 e n.72/2008 aventi ad oggetto la legittimità costituzionale della legge 5 dicembre 2005, n. 251, c.d. legge ex Cirielli). Secondo un ultimo orientamento, la caducazione del sistema tabellare introdotto nel 2006 avrebbe dato vita a una serie di abolitiones criminis rispetto alle sostanze introdotte per la prima volta con la legge dichiarata incostituzionale. Corollario di ciò sarebbe il doveroso intervento tanto sui processi in corso quanto su quelli già decisi con sentenza passata in giudicato in applicazione dell art. 2 comma 4 c.p. e 673 c.p.p. Il reinserimento delle sostanze mediante l intervento del legislatore del 2014, sarebbe, difatti, destinato ad operare unicamente pro futuro ostando ad una diversa soluzione il fondamentale principio di irretroattività della legge penale incriminatrice, il quale oltre a trovare fondamento nella 5

disciplina ordinaria (art. 2 c.p.) è sancito tanto a livello costituzionale art. 25, secondo comma, Cost., quanto a livello sovrannazionale art. 7 CEDU. La correttezza di tale impostazione, inoltre, sarebbe corroborata dalla scelta di legislatore di modificare in sede di conversione la formulazione dell art. 2 D.L. n. 36, in forza del quale gli atti amministrativi (di inserimento delle sostanze droganti nel sistema tabellare) riprendono ad avere effetto, e non continuano ad avere effetto così come stabilito in prima formulazione. Tale cambiamento starebbe proprio a sottolineare l intenzione del legislatore di non adottare una disciplina avente effetto retroattivo che vada a saldarsi con quella precedente, bensì una avente nuovo corso dal momento dell adozione. La scelta delle Sezioni Unite L argomentare della pronuncia delle Sezioni Unite in esame muove dalla risoluzione del quesito in ordine all effettiva caducazione dei provvedimenti amministrativi attuativi in seguito alla declaratoria di incostituzionalità della legge del 2006. Rispondendo, così, all invito rivolto dalla Corte Costituzionale al giudice comune, di individuare le norme positive travolte in via riflessa dalla pronuncia di incostituzionalità, in ragione della loro dipendenza dalla normativa formalmente caducata. La risposta è positiva. Secondo la Corte, difatti, le tabelle, così come i provvedimenti amministrativi modificatori delle stesse, sono fonti sub-primarie integratrici del precetto penale, secondo il modello della norma penale in bianco, ed hanno l essenziale funzione di individuare l oggetto materiale del reato, trovandosi, dunque, in un rapporto di inscindibile interdipendenza con la normativa primaria cui danno attuazione. Con gli atti amministrativi si contribuisce a definire l area del penalmente rilevante secondo un meccanismo la cui conformità al principio di riserva di legge è stata costantemente ribadita dalla giurisprudenza costituzionale, stante la sussistenza della necessità di rapido e continuo adattamento della normativa in tema di stupefacenti. Ne discende che, da un lato, fintanto che una sostanza non sia esplicitamente introdotta nella tabella l utilizzazione della stessa non ha alcuna rilevanza penale, dall altro che il provvedimento amministrativo di inserimento trova il proprio fondamento e la propria ragion d essere nella normativa di direzione primaria cui da attuazione. 6

Se lo stretto inscindibile e biunivoco legame fra la legge e atti amministrativi di attuazione permette, nella prospettiva sopra indicata, di ritenere rispettato il principio di legalità, ne discende logicamente che la sopravvivenza degli stessi alla norma di carattere direttivo che ne costituisce il presupposto, costituirebbe una palese violazione del principio stesso. Ciò, secondo la Corte, risulta ancora più evidente guardando a come i criteri per l individuazione delle sostanze da inserire nelle tabelle, di cui agli artt. 13 e 14 DPR 309/90 nelle loro varie formulazioni, siano stati profondamente incisi e modificati dai successivi interventi normativi, sia per quanto riguarda l individuazione delle sostanze, che per quanto riguarda le procedure volte all individuazione dei principi droganti, nonché dei soggetti pubblici chiamati ad operare le necessarie valutazioni. Non è dunque ravvisabile, come da alcuni sostenuto, una qualche connessione e attinenza fra i provvedimenti amministrativi adottati in seguito alla disciplina del 2006 e le direttive proprie della originaria disciplina di cui alla legge Iervolino Vassalli. Ne deriva che, in armonia con i consolidati principi in tema di riserva di legge, gli atti amministrativi attuativi di una norma primaria caducata per illegittimità costituzionale, devono considerarsi travolti dal medesimo giudizio, in forza dell inscindibile legame di presupposizione che li lega alla stessa. La Corte, dopo aver dato conto dell incoerenza e lacunosità del dato normativo, in particolare in riferimento alla disciplina dei medicinali, ed aver acclarato la rilevanza penale delle condotte aventi ad oggetto gli stessi medicinali solo se contenenti i principi di cui alle tradizionali tabelle delle sostanze psicotrope, si interroga sull applicazione intertemporale del nuovo sistema tabellare introdotto nel 2014. In particolare, stabilito che rispetto alle sostanze introdotte dalla normativa del 2006 e dagli atti amministrativi successivi si è avuta un abolitio criminis in ragione della caducazione dei relativi provvedimenti di inserimento, ci si è chiesti se la reintroduzione con l intervento del 2014, costituisca o meno nuova incriminazione, e dunque possa o meno avere portata retroattiva. Rispetto a quella teoria di cui si è sopra dato conto, per cui la normativa del 2014 dovrebbe intendersi come deroga al principio della retroattività della lex mitior la Corte osserva quanto segue. Pur vero che il principio in questione è derogabile, nel caso di specie la dichiarazione di incostituzionalità non ha comportato la reviviscenza di una lex mitior, ma la vera e propria 7

ablazione dei provvedimenti adottati in vigenza della disciplina del 2006, con ciò facendo venir meno l oggetto materiale del reato e quindi il nucleo essenziale dello stesso. Il fatto che l abrogazione sia frutto della dichiarazione di incostituzionalità, i cui effetti sono disciplinati dalla legge n.87 del 1953, e non di un abrogazione legislativa esplicita, ai fini della risoluzione della questione in esame non ha alcuna rilevanza. L assoluta equiparazione del fenomeno in punto di effetti è resa palese, fra l altro, dalla disciplina comune di cui all art. 673 c.p.p. Nel caso di specie, dunque, non si ha una successione di leggi penali nel tempo con introduzione o reviviscenza di una lex mitior, ma vera e propria abrogazione delle fattispecie aventi ad oggetto le sostanze introdotte nelle tabelle in vigore della disciplina del 2006, con conseguente necessità di applicare la disciplina di cui all art. 2 c.p. e 673 c.p.p. Ne discende che il reinserimento delle sostanze ad opera del legislatore del 2014 comporta una nuova incriminazione, la quale, in armonia col disposto di cui all art. 25 Cost., non può in alcun caso essere applicata retroattivamente. Perde, in questa prospettiva, alcun pregio il dibattito in ordine alla portata della scelta lessicale in ordine al riprendono o continuano ad avere effetto, effettuata dal legislatore. In considerazione dell assoluta inderogabilità del principio di irretroattività della legge penale, così come disegnato tanto dall art. 25 Cost. quanto dall art. 7 CEDU nella lettura datane dalla Corte EDU, non può che ritenersi l inapplicabilità della nuova disciplina introdotta nel 2014 ai fatti commessi anteriormente all entrata in vigore della stessa. In conclusione, dunque, a fronte della dichiarazione di incostituzionalità della legge n. 49 del 2006, da cui sia discesa la caducazione di tutti i provvedimenti amministrativi di inserimento di sostanze droganti e dunque l abrogazione delle rispettive fattispecie incriminatrici, si avrà l irrilevanza penale delle condotte tenute dal momento di entrata in vigore della disciplina caducata, con conseguente applicazione del disposto di cui all art. 673 c.p.p. Laddove, poi, come nel caso in esame, la fattispecie sia reintrodotta ad opera del legislatore, mediante il reinserimento nelle tabelle della sostanza psicotropa, si avrà una nuova incriminazione, la quale, in armonia con i principi costituzionali e convenzionali potrà trovare applicazione solamente pro futuro. 8