I_I11.e EXPO2015 e la geografia



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Transcript:

PoliCulturaExpoMilano2015 I_I11.e EXPO2015 e la geografia Versione estesa Paolo Paolini, HOC-LAB (DEIB, Politecnico di Milano, IT), da una intervista a Prof. Colin Sage Docente di Geografia presso l'university College of Cork, Irlanda D01: Può dare una definizione di "Geografia", specialmente in rapporto a EXPO2015? Ritengo che la Geografia sia una disciplina estremamente importante per il mondo - la Geografia ha la possibilità di offrire un approccio più olistico, più completo, mettendo insieme la nostra comprensione delle società umane e una varietà di questioni e considerazioni ambientali. Per questo la Geografia è adatta ad offrire il suo supporto a EXPO2015. La maggior parte della gente immagina ancora i geografi come degli strani personaggi che passano il tempo a disegnare mappe. La geografia moderna invece è qualcosa di molto diverso. Si può definire come lo studio della società umana nel mondo fisico, e un tentativo di comprendere il modo in cui gli esseri umani si procurano il necessario per vivere nel contesto di un ambiente più vasto. In altre parole la geografia studia l'interazione degli esseri umani con il mondo fisico. Le mappe, ovviamente, sono ancora un modo utile di rappresentare il modo in cui occupiamo lo spazio, trasformiamo lo spazio, usiamo lo spazio, eccetera. Lo spazio quindi è essenziale per il geografo, allo stesso modo in cui si potrebbe dire che il tempo è essenziale per lo storico. I geografi passano molto tempo a pensare allo spazio, al modo in cui ci organizziamo spazialmente, sia come individui che come società, e al modo in cui organizziamo il mondo. D02: In che rapporto sta la sua personale linea di ricerca con le tematiche di EXPO2015? Sono sempre stato interessato all'agricoltura e al cibo. Ho trascorso i miei studi di dottorato a lavorare sulle Ande in Bolivia (Fig.1), studiando le occupazioni delle persone in quell'ambiente, così difficile per la produzione di cibo. Ho lavorato anche in Messico (Fig.2) e Indonesia (Fig.3) e ho trovato molto interessante osservare come la gente dei bassipiani delle foreste pluviali si procura di che vivere anche questi sono ambienti molto difficili per la produzione di cibo. Ora mi occupo invece di problematiche globali, relative al cibo e all'ambiente. Ho pubblicato un libro nel 2012, intitolato "Ambiente e cibo", che esplora il modo in cui noi, in relazione all'ambiente, prestiamo molta più attenzione al modo in cui oggi produciamo gli alimenti. Alcune delle questioni messe a tema da EXPO2015 (sicurezza in termini di cibo, sostenibilità, ecc.) sono centrali rispetto ai miei interessi di ricerca. Penso che dobbiamo veramente fermarci a riflettere su come proseguire in futuro con la produzione di cibo, specialmente in un mondo che cambia, in cui il clima si sta riscaldando, le nostre risorse incontrano dei limiti e la popolazione continua a crescere. D03: Qual è, al momento, la relazione tra l'attività di produzione (e consumo) del cibo e l'ambiente? Le variabili importanti sono la tecnologia e la produttività. Per esempio, pensiamo all'amazzonia in Brasile. Gli esseri umani hanno abitato la foresta amazzonica per molti millenni, raccogliendo cibo secondo i loro bisogni, ma senza disturbare realmente la foresta. La caccia e la raccolta di frutti dagli alberi sono un'attività molto diversa dal tagliare gli alberi per coltivare la terra! Dall'inizio degli anni Cinquanta abbiamo perso vaste aree di foresta pluviale per coltivare prodotti agricoli, specialmente soia. E il cibo non viene prodotto per nutrire le popolazioni locali, ma per essere trasportato in altre zone; tra l altro la soia in realtà è una delle componenti fondamentali dei mangimi per animali, quindi la PoliCulturaExpoMilano2015 I11 EXPO2015 e la geografia Colin Sage (Irlanda) Pag. 1

deforestazione in Amazzonia non aiuta a migliorare l'alimentazione della gente locale, ma a nutrire noi che mangiamo carne. Un esempio simile si ha nel sud-est asiatico, dove la deforestazione ha lo scopo di alimentare la produzione di olio di palma, che viene usato come alimento, ma anche come "biocarburante" (un carburante che può sostituire i derivati del petrolio). Anche in questo caso la deforestazione non ha lo scopo di migliorare la qualità dell'alimentazione delle popolazioni locali, ma di permettere a noi di mangiare carne o rifornire le nostre automobili. L'agricoltura ha iniziato a modificare l'ambiente moltissimo tempo fa: le terre venivano liberate da alberi o sassi per fare posto alle coltivazioni e alla produzione di cibo. Ora siamo più consapevoli del fatto che dobbiamo impegnarci per proteggere le poche aree di "ambiente naturale" rimaste. Le foreste pluviali dei Tropici, per esempio, hanno una funzione importante in termini di moderazione del clima, assorbimento di anidride carbonica e biodiversità: sono aree dalla biodiversità incredibilmente ricca. Eliminare queste foreste comporterebbe una perdita enorme in termini di biodiversità. D04: In che rapporto sta l'agricoltura con la biodiversità? L'agricoltura ha una relazione difficile con la biodiversità. Fin dall'inizio gli agricoltori hanno selezionato le specie "utili" (di verdura, frutta e animali) alle spese di quelle considerate "inutili" o "pericolose". Dopo molti secoli e il progresso della tecnica, il risultato è che la biodiversità nell'agricoltura moderna è estremamente ridotta, e questo è un elemento molto preoccupante. Pochi si rendono conto che il 90% di tutti i nostri bisogni alimentari è soddisfatto da 30 specie coltivabili. E soltanto 4 - riso, grano, mais e patate - forniscono più della metà del fabbisogno alimentare mondiale. Quindi tutto il nostro cibo dipende da un numero molto limitato di specie, e tre cereali - riso, grano e mais - sono certamente dominanti. Mi sembra dunque che corriamo il rischio di essere vulnerabili a tutta una serie di problemi possibili, se per esempio una malattia del grano si diffondesse senza darci il tempo necessario per sviluppare nuove varietà di grano resistenti a questa malattia. Dalle origini dell'agricoltura, le piante usate per l'alimentazione umana nel tempo raggiungono le decine di migliaia. Oggi però abbiamo ridotto questo numero a un gruppo di specie molto ridotto. D'altra parte, espandere la biodiversità nel consumo di cibo non è un'impresa facile, perché occorre agire su vari punti della filiera produttiva: la coltivazione (assicurarsi che si usino più specie), la trasformazione, la distribuzione (offrire più scelte sul mercato), fino al comportamento dei consumatori (convincerli a richiedere e apprezzare una più ampia varietà di specie). Oggi un supermercato offre in media 4 o 5 varietà di mele, quando nel mondo le specie esistenti sono centinaia. Queste altre varietà (alcune delle quali si trovavano ancora sul mercato fino a poco tempo fa) non sono considerate commercialmente interessanti o sufficientemente produttive. D05: Come considera l'alimentazione di oggi confrontata a quella delle generazioni precedenti? So bene che molti sostengono che oggi si mangi molto meglio che in passato. Il mio parere è che, al contrario, non mangiamo meglio: mangiamo di più, ma molto peggio che in passato. Sappiamo che la nostra alimentazione è peggiorata perché oltre alla fame dobbiamo combattere anche l'obesità, soprattutto nei Paesi ricchi. 1.5 miliardi di persone nel mondo sono in sovrappeso o obese. In Irlanda il 60% degli uomini è considerato gravemente in sovrappeso. Abbiamo ormai da diversi anni una crisi di obesità e sovrappeso in varie parti del mondo. I colleghi nutrizionisti sono molto preoccupati dal modo in cui stiamo trasformando il nostro corpo. Sappiamo anche da dati clinici che esiste una correlazione tra un'alimentazione sbagliata e un aumento nell'incidenza di malattie cardiovascolari, diabete del secondo tipo e una varietà di altri problemi di salute. Il Messico, ad esempio, spende il 15% del suo budget sanitario per trattare il diabete del secondo tipo, e questo avviene perché il Messico ha il tasso più alto di consumo pro capite di Coca Cola in tutto il mondo. In media ogni messicano beve due volte la quantità di Coca Cola che si beve in media negli Stati Uniti. PoliCulturaExpoMilano2015 I11 EXPO2015 e la geografia Colin Sage (Irlanda) Pag. 2

In generale al giorno d'oggi molti cibi sono ricchi di sale, grassi saturi e zuccheri: questo è molto dannoso per la salute: quindi non è vero che mangiamo meglio. D06: Che cosa pensa della filiera produttiva del cibo, in generale? Penso che nel mondo ci sia qualcosa che non va, qualcosa di storto nella catena di produzione del cibo. Alcuni studiosi sostengono che dobbiamo aumentare la produzione alimentare del 70% entro il 2050. Perché? Sappiamo che al momento produciamo cibo a sufficienza per sfamare 10 miliardi di persone. Il sistema cibo attualmente getta via oltre un terzo di tutto il cibo prodotto! Il comportamento dei consumatori è in parte responsabile, perché spesso le persone gettano via cibo perfettamente commestibile. Ma non è questo il problema principale. La maggior parte del cibo viene buttata all'inizio del ciclo di produzione: non viene nemmeno raccolta dai campi. Molti agricoltori infatti sono in grado di vendere i propri prodotti (alle industrie di trasformazione alimentare o alla grande distribuzione) solo se questi passano una serie di severi controlli in termini di forma e colore e dimensioni e aspetto. Esistono quindi considerazioni estetiche molto stringenti riguardo agli alimenti prodotti. E così buttiamo via (prima ancora che esca dalle fattorie) una porzione molto significativa del cibo prodotto. In Gran Bretagna, per esempio, gli agricoltori producono grandi quantità di carote. Per venderle ai supermercati, devono farle passare attraverso un sistema di controlli per accertare che esse siano della misura, forma e dimensione giusta; non possono essere storte in alcun modo, non devono essere verdi nella parte alta e ovviamente non devono essere presenti malattie, parassiti o moscerini. E così enormi quantità di carote vengono buttate: qualcosa come il 40% di tutto il cibo prodotto per certe specie viene scartato già a livello dell'azienda agricola. È un problema molto serio, che è necessario affrontare. D07: Conosce altre cause dello spreco di cibo? Un altro fattore importante che determina notevole spreco di alimenti è il concetto di "data di scadenza". In Europa abbiamo regolamenti molto stringenti, che impongono etichette del tipo "consumare preferibilmente entro xxx", o "scade il xxx"(fig.4). Queste date sono messe per proteggere il consumatore, ma possiamo dire senza ombra di dubbio che sono troppo severe, perché spesso il cibo resta perfettamente commestibile anche dopo la data di scadenza. Inoltre, molti consumatori buttano via il cibo anche prima, appena la data di scadenza inizia ad avvicinarsi. Il problema è particolarmente grave per le etichette del tipo "consumarsi preferibilmente entro xxx"(fig.5): superare questa data non implica alcuna conseguenza di tipo microbiologico. Non indica quando l'alimento va a male, ma serve soltanto per controllare quando è stato prodotto e quando si trova nelle condizioni migliori per essere consumato. Noi buttiamo via grandi quantità di cibo quando inizia ad avvicinarsi alla data entro cui deve essere "preferibilmente consumato". So che l'unione Europea è preoccupata dalla quantità di cibi sprecati generata da quelle date sulle etichette. A Bruxelles (sede del Parlamento Europeo) si sta già prendendo in considerazione una riforma dei regolamenti. Le politiche pubbliche quindi possono influenzare il miglioramento del sistema cibo e ridurre gli sprechi. D08: Che cosa pensa della qualità degli alimenti? Pensa che i "cibi biologici" siano la strada da seguire? L'agricoltura biologica è un problema dibattuto. Secondo alcuni è la soluzione migliore a una serie di problemi; invece altri sono fortemente avversi al cibo biologico: ritengono che non offra alcun miglioramento in termini di qualità degli elementi nutritivi. Innanzitutto dovremmo considerare che l'agricoltura biologica riflette (o meglio, dovrebbe riflettere) un modo diverso di coltivare la terra; i buoni agricoltori biologici si preoccupano della qualità del terreno e fanno in modo che il terreno buono produca cibo sano, pieno di elementi nutritivi e così via. Nell'agricoltura intensiva invece il suolo viene sostenuto usando soltanto i macro-nutrienti (azoto, fosforo e potassio), mentre i micronutrienti (come il manganese, lo zinco ecc.) sono carenti. Alcune ricerche fanno pensare che certi problemi di salute siano causati proprio da mancanza o carenza di micronutrienti. PoliCulturaExpoMilano2015 I11 EXPO2015 e la geografia Colin Sage (Irlanda) Pag. 3

Nel complesso non credo che l'agricoltura biologica sia 'la' soluzione a tutti i problemi. Penso che offra un modello di come trattare il suolo in modo più naturale, diminuendo ad esempio l'uso di energia e di sostanze chimiche. Alcuni consumatori desiderano acquistare alimenti "prodotti in maniera sostenibile" e l'agricoltura biologica fornisce una risposta a questo bisogno. D09: Che cosa pensa del cibo a "kilometro zero"? L'espressione cibo a kilometro zero non si può prendere alla lettera: è necessario trasportare il cibo prima del consumo e nel Regno Unito ad esempio vogliamo mangiare arance anche se non le produciamo. È comunque un'espressione utile, perché veicola un concetto importante: dovremmo sapere da dove proviene il cibo e allo stesso tempo dovremmo incoraggiare gli agricoltori locali a produrre alimenti di qualità. Nella città di Kinsale (contea di Cork) ogni anno i ristoranti fanno una "gara da 50 miglia": i ristoranti cucinano cibo che è stato prodotto entro un raggio di 50 miglia dalla città. In uno dei corsi che tengo in Università propongo questo esercizio ai miei studenti: "Da dove viene il vostro cibo?". Chiedo loro di preparare un pasto a due portate e di elencare tutti gli ingredienti, e poi voglio che identifichino la provenienza di ciascun ingrediente. Ovviamente a volte è molto difficile: devono risalire al distributore, poi al produttore... E sono sempre assolutamente sbalorditi dalle distanze percorse dagli alimenti. Il problema è che il sistema cibo nasconde in gran parte la provenienza degli alimenti: non abbiamo idea delle distanze percorse da ciascun ingrediente. Penso che, se fossimo più consapevoli di quanto viaggiano i prodotti, le nostre abitudini alimentari sarebbero diverse. D10: Che cosa pensa dell'idea che ogni nazione (o regione) dovrebbe specializzarsi nella produzione agricola di quelle coltivazioni per cui il clima, il tipo di terreno e altri fattori sono più favorevoli? L'idea che ogni nazione dovrebbe specializzarsi nella produzione delle risorse alimentari ha una certa ragionevolezza e certi meriti. Tuttavia esiste anche un pericolo: una parte significativa della produzione sarebbe destinata all'esportazione. Il problema è su due fronti: la nazione (regione) avrebbe bisogno di importare tutto il cibo che non produce. La nazione (regione) diventerebbe economicamente dipendente dai prezzi di mercato della sua specifica produzione. La Costa D'Avorio, per esempio, dipende fortemente dalla produzione del cacao, perciò i suoi ricavi sono fortemente dipendenti dal prezzo del cacao sul mercato globale. Penso che sia meglio trovare un equilibrio: la specializzazione dell'agricoltura dovrebbe essere bilanciata con un'agricoltura in grado di soddisfare i bisogni della popolazione locale. In un Paese come l'irlanda non saremo mai in grado di produrre arance, banane, caffè e the sul nostro territorio: per questi prodotti dobbiamo continuare a basarci sull'importazione. E ci sono alcuni prodotti che produciamo in eccesso rispetto al bisogno interno e che possiamo esportare nei mercati più lontani. Tuttavia attualmente in Irlanda è in vigore una politica agricola che tende a favorire solo l'esportazione di manzo, burro, rape, omogeneizzati e latte in polvere per neonati. Penso che questa sia una visione problematica, e che dobbiamo bilanciare la produzione per il mercato interno con la produzione di prodotti ad alta fungibilità da esportare sul mercato mondiale. D11: L'Irlanda è un importante produttore di manzo e latte: questo è ecologicamente corretto? In generale ritengo che sia importante ridurre la quantità di prodotti animali: specialmente latte e manzo, che hanno un impatto ecologico molto pesante. Perciò in un certo senso non è bene che questo sia ciò che produciamo in Irlanda. In Irlanda infatti abbiamo il tasso di emissioni di anidride carbonica pro capite più alto d'europa, dovuto in gran parte ai vasti branchi di animali destinati alla produzione di latte e manzo. Se intendiamo affrontare il cambiamento climatico, dobbiamo iniziare a pensare a come ridurre la produzione di latte e carne di manzo. Questo è un problema molto difficile, sia per l'irlanda che per il mondo. La questione non può certo essere risolta "artificialmente", creando "bevande o pillole alimentari" che sostituiscano il cibo. Seguo da tempo il lavoro di Olivier de Schutter, Relatore Speciale delle Nazioni Unite per il PoliCulturaExpoMilano2015 I11 EXPO2015 e la geografia Colin Sage (Irlanda) Pag. 4

Diritto Umano al Cibo, che l'ha spiegato molto chiaramente: non si tratta solo di fornire sostanze nutritive. La questione è che la gente ha il diritto di mangiare, e di mangiare in maniera adeguata, e anche di mangiare rispettando la propria tradizione alimentare. D12: Esistono delle tendenze positive nel mondo? Ci sono alcune cose che stanno accadendo che sono certamente positive. Uno degli scenari più interessanti è quello delle scuole che si impegnano a creare li proprio orto: molte scuole qui in Irlanda seminano i loro orti per coltivare qualche prodotto alimentare. Penso che questa stia diventando un attività interessante per imparare qualcosa di più sul cibo. Coltivare l'orto è diventato molto, molto popolare in Irlanda. Molti ritengono che si tratti di una reazione alla crisi economica, ma sembra che sia qualcosa di più. Ad esempio sei settimane fa ho visitato una scuola veramente notevole nella città di Cork. In questa scuola hanno un eccellente programma di giardinaggio, davvero vivace: hanno due politunnel, producono cibo che poi vendono... L'insegnante di geografia dedica del tempo a parlare di cibo e agricoltura in classe e l'insegnante di biologia fa lezione fuori, nei politunnel, e parla di questioni riguardanti la crescita delle piante, l'impollinazione... e altri argomenti inerenti l orticultura. Ci sono anche iniziative da parte dei consumatori che possono migliorare gli aspetti socio-economici della filiera produttiva alimentare. In Italia ad esempio ci sono i GAS, Gruppi di Acquisto Solidale. Gruppi di consumatori si mettono insieme per acquistare alimenti di qualità da organizzazioni che possono garantire che l'intero processo (dalla produzione alla trasformazione, fino alla consegna) si svolga in maniera equa e solidale. D13 Le scuole possono fare qualcosa di più per preparare i "cittadini del mondo di domani"? Penso che la mossa più importante da parte delle scuole sia quella di introdurre vari aspetti del tema "Nutrire il pianeta". Le opportunità sono tante e interessano un po' tutte le materie: matematica, ragioneria, biologia, geografia, chimica... La sfida è assicurarsi che le autorità nazionali riconoscano anche l'occasione per rinnovare i programmi scolastici, per creare più attenzione a tutti questi temi: agricoltura, cibo, alimentazione, sostenibilità, biodiversità D14 Cosa potrebbe ricavare una classe da una visita ad EXPO2015? Penso che un gruppo di studenti in visita a EXPO2015 insieme ai suoi insegnanti dovrebbe innanzitutto ricavare un quadro generale di quello che sta succedendo nel mondo. Allo stesso tempo, dovrebbero cercare di collegare il quadro globale alla loro realtà locale (si tratti di una regione o dell'intera nazione). "Pensa globalmente, agisci localmente" è un vecchio slogan che ancora mantiene la sua validità. Cercate di comprendere le tematiche a livello globale, ma poi agite nella vostra realtà locale, nel vostro ambiente. Ritengo che questo sia un tipo di messaggio molto importante, che gli insegnanti possono sviluppare con l'aiuto di una visita a EXPO2015. PoliCulturaExpoMilano2015 I11 EXPO2015 e la geografia Colin Sage (Irlanda) Pag. 5

IMMAGINI Fig.1 Ande boliviane Fig.2 Messico PoliCulturaExpoMilano2015 I11 EXPO2015 e la geografia Colin Sage (Irlanda) Pag. 6

Fig.3 Indonesia Fig.4 etichetta scadenza PoliCulturaExpoMilano2015 I11 EXPO2015 e la geografia Colin Sage (Irlanda) Pag. 7

Fig.5 etichetta scadenza PoliCulturaExpoMilano2015 I11 EXPO2015 e la geografia Colin Sage (Irlanda) Pag. 8