O2 OSSIGENO per l informazione Osservatorio FNSI-Ordine dei Giornalisti sui cronisti sotto scorta e le notizie oscurate con la violenza MAFIA & INFORMAZIONE Il triste primato Italiano in Europa per numero di giornalisti minacciati Roma, 6 dicembre 2010 Associazione Stampa Estera Conferenza stampa per la presentazione dell edizione inglese del Rapporto Ossigeno 2010 Relazione di Alberto Spampinato* L Italia, uno dei sei storici Fondatori delle comunità europee, è sotto molti aspetti un modello da imitare per i paesi che aspirano ad entrare nell Unione Europea, ma non è un modello per la libertà di informazione. In questo campo l Italia è anzi la pecora nera, un sorvegliato speciale, a causa dell elevato numero di giornalisti minacciati. Lo ripetono da due anni Freedom House e Reporters Sans Frontieres nei loro rapporti annuali. Se ne è avuta la riprova lo scorso gennaio, quando il Consiglio d Europa ha esaminato il Rapporto McIntosh, nel quale, oltre a ricordare il non risolto conflitto d interessi del premier
Silvio Berlusconi e l alta concentrazione della proprietà dei media televisivi in poche mani, si afferma che in Italia c è un numero elevato di giornalisti minacciati. Un altro riscontro significativo, l ennesimo, si è avuto a novembre del 2010 con la scelta dell IPI (International Press Institute con sede a Vienna) di svolgere in Italia l annuale missione annuale all estero. Si tratta di missioni che hanno il compito dir verificare il clima in cui si svolge l attività e ditoriale e giornalistica in un determinato paese. Le precedenti missioni, negli anni scorsi, si sono svolte in Bangladesh, Sri Lanka e Nepal. La missione italiana si è conclusa con la certificazione che sebbene i media in Italia siano caratterizzati da un forte grado di libertà, ci sono sacche di seri problemi. In particolare, l IPI nutre motivi di preoccupazione per la concentrazione della proprietà editoriale e per l assenza di leggi incisive sul conflitto di interessi, ed anche per essere venuta a conoscenza delle difficoltà che incontrano i giornalisti italiani quando si occupano di criminalità organizzata, specialmente nelle regioni del Sud, nelle quali le organizzazioni criminali hanno una significativa influenza. (Il Rapporto IPI si può leggere su http://www.freemedia.at/ouractivities/missions/ ) Al riguardo, il Rapporto McIntosh presentato al Consiglio d Europa, è ancora più esplicito: ricorda infatti le minacce di morte rivolte nel 2007 al giornalista Lirio Abbate e allo scrittore-giornalista Roberto Saviano, sottolineando che da allora vivono sotto scorta. Il relatore cita le parole di alcuni magistrati italiani secondo i quali le minacce di morte e le aggressioni vengono usate comunemente da elementi criminali, inclusa la mafia, per forzare i giornalisti italiani a tacere. Il Consiglio d Europa ha chiesto perciò a 2
tutti i Paesi membri e ai loro governi maggiore impegno per garantire l'incolumità dei giornalisti. Un analogo appello è stato lanciato a marzo del 2010 dal Rapporto UNESCO sulla libertà di informazione, che chiede provvedimenti e iniziative per mettere fine alla sostanziale impunità di cui gode chi minaccia, aggredisce o uccide un giornalista. Dunque esiste un problema conclamato e riconosciuto a livello internazionale riguardo alla sicurezza dei giornalisti italiani che si occupano di criminalità organizzata. Un problema che richiede attenzione e, noi riteniamo, anche soluzioni, iniziative per rendere sicuro il lavoro di questi giornalisti. In Italia questa attenzione, purtroppo, finora non c è stata. Le importanti prese di posizione che abbiamo citato non hanno avuto nessuna risonanza. E ciò preoccupa, perché negli ultimi anni il fenomeno si è fatto più acuto e si è esteso. Negli ultimi mesi nuove gravi minacce, ritenute attendibili dagli inquirenti, sono state rivolte a Lirio Abbate e a Roberto Saviano; un plateale atto di intimidazione è stato compiuto in pieno giorno nei confronti di Rosaria Capacchione; in Calabria sono venti i giornalisti minacciati negli ultimi due anni. Troupes televisive sono state minacciate a Rosarno dopo i gravi scontri durante i quali sono stati feriti 37 immigrati. Altri gravi episodi si erano verificati nei mesi e nelle settimane precedenti in varie parti d Italia, senza che se ne avesse una adeguata rappresentazione sui media: in provincia di Foggia, contro un giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno di San Severo, e a Orta Nuova contro Gianni Lannes, che a dicembre ha ottenuto una protezione di polizia. Le minacce e aggressioni fisiche non si verificano solo al Sud, ma ormai 3
in tutte le regioni del paese, anche nel Nord: Ad esempio, a Treviso, Fabio Fioravanti ha ricevuto minacce telefoniche durante una trasmissione televisiva in diretta; a Udine, un giornalista ha ricevuto una busta con un proiettile; a Roma, due giornalisti televisivi, Nello Rega e Guido Ruotolo, hanno ricevuto gravi intimidazioni; e ancora altri casi a Napoli, a Palermo, a Genova, a Firenze, a Torino Il problema è ben presente alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) che più volte ha sollecitato l attenzione delle forze politiche e del governo su una situazione che definisce ormai non più tollerabile poiché, ha fatto osservare il sindacato dei giornalisti, non è in gioco solo un problema di protezione dei giornalisti, ma anche di libertà, poiché colpendo ed intimidendo l informazione si colpisce e si mortifica la democrazia. Purtroppo neppure questo appello ha finora ottenuto la dovuta attenzione. E stato per rompere questo muro di silenzio e di indifferenza che nel 2008 un gruppo di giornalisti particolarmente sensibili a questo tema (insieme a me, fra gli altri, Roberto Natale, Lorenzo del Boca, Lirio Abbate, Angelo Agostini, Roberto Rossi, Luciano Mirone) ha fondato Ossigeno per l informazione, un osservatorio promosso dalla FNSI e dall Ordine dei Giornalisti per documentare in modo scientifico la condizione dei cronisti minacciati in Italia, per fare conoscere oggettivamente il fenomeno pubblicando nomi, cognomi, circostanze. Il primo rapporto annuale, pubblicato nel 2009, ha segnalato i nomi di 52 giornalisti che in Italia, fra il 2006 e il 2008, hanno ricevuto minacce e intimidazioni per la pubblicazione di notizie sulla mafia, sul terrorismo o su episodi di estremismo politico, Questi 52 episodi comprendono: 16 aggressioni fisiche, 3 minacce in sede 4
processuale (a Rosaria Capacchione, Roberto Saviano, Lirio Abbate), 8 danneggiamenti all abitazione o all automobile, 17 minacce telefoniche o con lettere anonime, 15 perquisizioni giudiziarie giudicate particolarmente invasive, 9 intere redazioni (Secolo XIX, Telegenova, Chi l ha visto?, Corriere di Livorno, Famiglia Cristiana, Avvenire) con oltre cento giornalisti, e dunque, in totale, con il coinvolgimento di circa 200 giornalisti. minacciati, intimiditi, o bersagliati da esose richieste di risarcimento per avere raccontato i fatti esprimendo la loro opinione e il loro punto di vista. Il secondo rapporto Ossigeno, pubblicato nel 2010 ed ora diffuso anche in lingua inglese, descrive una situazione ancora più grave. Gli episodi documentati dal 1 gennaio 2009 al 30 settembre 2010 sono 78, dei quali 24 riguardano gruppi di giornalisti o intere redazioni. Si tratta di 13 aggressioni fisiche, 15 danneggiamenti, 34 minacce a voce o per iscritto, 16 denunce per azioni legali strumentali e per risarcimento danni. In considerazione delle 24 intimidazioni collettive, abbiamo stimato che i giornalisti coinvolti in modo diretto e indiretto nel 2009-2010 siano 400. E evidente che questi dati descrivono un clima di intimidazione diffuso che non deve essere taciuto e non dovrebbe essere tollerato. Dovrebbe essere contrastato in ogni modo, perché ostacola e a volte rende impossibile il lavoro dei giornalisti, il loro compito di fornire una informazione attendibile, critica, senza omissioni, sulla criminalità organizzata e anche sul conto di enti e personaggi pubblici. Non se ne parla, non si riesce ad ammetterlo aper-tamente, ma questo clima di intimidazione esiste, fa paura, spinge 5
molti giornalisti a far finta di non vedere le notizie più scomode, ad astenersi da inchieste, a non esprimere valutazioni critiche, anche quando sarebbero oggettivamente motivate. In altre parole, il clima di paura spinge molti giornalisti a rifugiarsi nell auto-censura. Non è deontologicamente corretto, ma per molti è l unico modo di prevenire i rischi. Quando si tacciono certe notizie, è evidente, si evitano i rischi più gravi, ma allo stesso tempo si oscurano notizie di rilevante interesse generale e viene compromessa la funzione sociale dell informazione che in una società democratica è essenziale. Si nega ai cittadini il diritto di ricevere tutte le notizie di rilevante interesse generale. Quest ultimo non è un principio astratto, è un diritto sancito dall articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell uomo e richiamato nella Convenzione eruropea dei diritti fondamentali. La censura e l autocensura vanno combattute perché l oscuramento delle informazioni impedisce ai cittadini di fare scelte politiche motivate e consapevoli. Ecco perché è importante cercare delle risposte al dramma dei giornalisti italiani minacciati, e la prima cosa da fare è rompere il silenzio, parlare di queste cose. Noi cerchiamo di farlo facendo conoscere i fatti. Noi sollecitiamo a discutere di questo problema a ragion veduta, senza esagerazioni, dicendo chiaramente come stanno le cose. Noi non ci limitiamo a fare l elenco delle vittime. Proponiamo un analisi della situazione e avanziamo alcune proposte. Indichiamo forme di condizionamento più subdole delle minacce e degli attentati, che è difficile contrastare con gli attuali strumenti, che non possono essere sottovalutate, perché il loro effetto intimidatorio è innegabile. 6
Il nostro Rapporto Ossigeno, disponibile sui siti www.fnsi.it e www.odg.it, dimostra, con una diagnosi dettagliata e circostanziata, qual è la dimensione e la specificità del caso italiano. Fa capire che l Italia è proprio uno di quei Paesi di cui parla il Rapporto UNESCO del 25 marzo 2010: uno di quei paesi che non sono in guerra, nei quali formalmente vige la libertà di stampa e di espressione, ma nei quali di fatto è pericoloso fare inchieste e pubblicare notizie scomode, non gradite ai potenti o ai criminali. Noi speriamo che la pubblicazione e la diffusione del Rapporto Ossigeno in inglese, e nelle prossime settimane in tedesco e spagnolo, aiuti a fare uscire dall ombra questo dramma italiano e possa al tempo stesso aiutare a capire se e in quali termini questo stesso problema si presenta in altri paesi. Per l edizione inglese, ringrazio l Università di Bologna e gli studenti della Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori di Forlì, e in particolare la dottoressa Silvia Cuomo, che ha curato la traduzione. Ringrazio anche i dirigenti del Goethe-Institut di Roma che, condividendo le finalità morali del nostro lavoro, stanno curando l edizione in lingua tedesca, e i dirigenti dell Istituto Cervantes di Roma, che, nello stesso spirito di promozione di un diritto umano fondamentale qual è la libertà di espressione e di informazione, stanno curando la traduzione in lingua spagnola. Questi materiali nei prossimi giorni saranno pubblicati sui siti web della FNSI www.fnsi.it e dell Ordine dei Giornalisti www.odg.it 7
Non dobbiamo permettere che i giornalisti minacciati siano invisibili, che si neghi l attenzione e la solidarietà dovuta a ognuno di loro, a cominciare da quelli che vivono vicino a noi, a volte più vicino di quanto pensiamo anche se non riusciamo a vederli, accecati dalla falsa convinzione che cose così orribili accanto a noi non possono accadere. Alberto Spampinato* *consigliere nazionale FNSI, direttore del progetto Ossigeno per l informazione, Ossigeno per l informazione Osservatorio della FNSI e dell Ordine dei Giornalisti sui cronisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza c/o O.d.G. via Parigi 11 00186 Roma c/o FNSI Cso Vitt.Emanuele 349 00187 Roma ossigeno_2@yahoo.it 8