01- I ccose piccerelle r a lenga turrese

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Transcript:

A Lenga Turrese Stròppole linguistiche 01- I ccose piccerelle r a lenga turrese Salvatore Argenziano

Appunti di un anno di stroppole turrese 01-01-2014- Cu ll anno nuovo tanta ggente votta a coppabbascio a rrobba vecchia. Io, mmece, me l astipo e qquanno i ttrovo me fanno sentì ca so gguaglione ancora. Chestaccà è vvecchia assaie. Sulla loggia a picco sul mare eravamo na chiorma infinita di bambini. Fratelli carnali e fratelli cugini, anche quelli di secondo e terzo grado, che sempre cugini erano per noi. Quando arrivava l anno della maesta, dove si andava prima delle elementari a imparare le mazzarelle e i cococchi, il nonno acchiappava il neofita della lingua italiana e gli chiedeva: -Te si mparato l arfabbeto? Allora verimmo si sai rìcere i vvucali. Accumminciammo c a -a, e aroppo e, i, o, u-. La frase da pronunciare con tutte vocali uguali per ogni verso era: A partasa r a cala r a ciaccia, E pertese r e chele r e cecce I pirtisi r i chili r i cicci, O portoso r o colo r o cioccio, U purtusu r u culu r u ciucciu. Dal gruppo La parlata Guardiese dell ottimo amico Silvio F. prendo il nome di un gioco a nascondersi: te foka e te liscja. Per molto tempo mi sono chiesto se il nome di un gioco che praticavamo abbasciammare fosse un brandello vago di memoria, incompleto e storpiato, senza trovare riscontro tra gli amici di una certa età. Ora la comparazione tra i dialetti nostri campani mi dà la risposta alla mia curiosità. Il nostro gioco si chiamava Tifò e le parole del gioco erano tifò e te lìscio. Perfetta coincidenza con te foka e te liscja di Guardia Sanframondi. Spero che qualcuno dei nostri amici abbia un ricordo di quel gioco e di quel nome. S.A. 01-I ccose piccerelle 2

Diceva mia nonna: i ffemmine i mo nu ttèneno vriògna. Secondo me l aveva sentito dire dalla sua nonna. Vriògna, dal latino verecundia-m, con sincope > vrecundia, mutazione C/G > vregundia, abbassamento U/O della tonica > vregondia, mutazione ND/NG, come da manducare/mangiare, > vregongia, mutazione NG/GN > vregogna. Infine caduta della G interna, come da agosto/austo e mutazione pretonica E/I, come da beàto/biato > vriògna. ***Basile. da l autra lo pogneva l affanno de la sore perduta, da ccà lo tormentava la vregogna, da llà lo danno, 05-01-2014- Passata a Bbifania ogni ffesta è gghiuta via Ricètte a Cannelòra pur i ce stongo ancòra. 14-01-2014- Viernarì è ssant Antuóno: iammo a bbenerìcere i cavalli. Sant Antuóno, sant Antuóno, tèccote u viecchio e ddamme u nuovo e ddammillo tuósto e fforte pe rrusicá a chiave r a porta e ddammilo rusicariéllo pe mmangiá nu vascuttiéllo. S.A. 01-I ccose piccerelle 3

16-01-2014- Si succere ca scrivo è ppassato natu mese, (senza apostrofo) nisciuno me piglia a ppernácchi. Ma se scrivo è passato un altro mese, (con l apostrofo) gli amici fingono di non conoscermi e si vergognano della mia ignoranza dell italiano. In fondo cosa c è di male se uno non sa scrivere il suo dialetto? Nun ce ll hanno mparato â scola. Niente di male. Va bene pure così, basta parlarlo. Ma allora non pretendere che sia chiamata Lingua un dialetto solo parlato, un idioma scritto sulamente a quatto mosche ianche ca sanno mettere pure i muschilli annanzi e areta. 18-01-2014- Rispondo volentieri a Cristofaro C. perché questa parola la ritenevo di genere maschile mentre in napoletano la trovavo di genere femminile. Alla fine mi sembrò plausibile riportarla con due significati distinti, a seconda del genere. ***sciàrra: s. f. Litigio. Fare sciarra, litigare. *Sciarra, sciarra, sciarra. Nun facimmo cchiù pace. Era la formula pronunciata per l ufficializzazione della separazione, tenendosi per il mignolo. Nanninella ha fatto sciarra c u nnammurato. etim. Arabo sciarr, guerra. Lat. exerrare, staccarsi. *Menotti Bianco. Vuie, ma qua favucce! Chesto è Moca! Sia fatta a Vuluntà e Dio! O caffettière! Ched è neh?... Avite fatto sciarra? ***sciàrrö: s. m. La scenata pubblica del litigio, la litigata. Zuffa. Nu sciarro a mmaleparole mmiezapiazzetta. Un amico interviene: Una curiosità, a proposito di sciarra : in dialetto calabrese esiste il verbo scerrare nel senso di litigare, che conferma con maggior chiarezza l etimologia da te proposta con riferimento al verbo latino exerrare. S.A. 01-I ccose piccerelle 4

Un altro quesito di Cristofaro C. riguarda l aferesi, cioè la soppressione di una vocale o consonante o sillaba iniziale. A partire da - avite -, si ha (av)ite, con soppressione di (av). Ovviamente questa aferesi è da segnalare e ciò si ottiene inserendo questo simbolo - ^ - sulla I e la parola si scriverà - îte -.Quella A finale di - avita - scritta da Cristofaro nel suo post è errata ma aprirebbe un altro discorso. Ne parleremo. E subito ne parliamo perché - îte iuto - va benissimo per avete andato, con l uso sgrammaticato ma abbastanza comune dell ausiliare avere per essere. Se l intenzione è di dire e scrivere - siete andato, rivolgendosi col Voi a persona al singolare, la grafia diventa - ite iuto -, con aferesi della S di -site-, siete. Quindi grafia diversa dello stesso termine fonetico. Si tratta di omofonia di termini con significato diverso, nel nostro caso, anche grafia diversa. Per il monomio - I - ne raccolsi dieci in uno spruloquio. Mentre - îta ittá - va bene foneticamente ma non graficamente. Si tratta di una elisione, che è bene resti solo fonetica, della espressione - îte a ittá -, cioè avete da gettare o dovete gettare. Armando M. interviene con una precisazione. -D accordo su tutto, ma vorrei fare due piccole puntualizzazioni. Sono senz altro d accordo sulla differenziazione grafica tra îte (avite) e ite (site), ma secondo me il percorso nel primo caso non è «avite > (av)ite > ite» (nel qual caso dovremmo scrivere ite ) ma «avite > a(v)ite > aite > îte». Giustissimo dire che îta ittà graficamente non è corretto, perché sarebbe îte a ittà. Ma purtroppo moltissimi ancora non vogliono convincersi che, non usando il napoletano il verbo dovere, sostituito come tu ricordi con avere da, se si vuol dire in napoletano debbo fare bisogna dire ho da fare cioè aggio a fa che può diventare aggi a fa, ma che non si può scrivere come molti scrittori e giornalisti anche noti fanno aggia fa -. Nell espressione di cui tu parli io preferirei scrivere ît a fa anziché îte a fa -.. È sempre un piacere, Armando, avere un tuo intervento, specie quando puntualizzi un passaggio fonetico, da me, con troppa semplicità, ignorato. Per la tua preferenza di -ît a fa -, come grafia corretta napoletana, sono perfettamente d accordo. Non per la grafia torrese da me adottata, perché evito l uso della elisione per meglio evidenziare le desinenze grammaticali. Certamente nel napoletano è poco danno, visto che tutto finisce in E. Purtroppo scrivo direttamente su FB e ciò comporta fatica per tutti i segni diacritici che FB non contempla. La frase -îte a ittá- l avevo scritta con accento sbagliato sulla A dell infinito. Anche questa è una scelta della grafia torrese, quella di segnare con l accento il troncamento (apocope) dei verbi e non l apostrofo, ciò per poter dare indicazione fonetica sulla A finale che è chiusa (cosa inesistente nel napoletano). S.A. 01-I ccose piccerelle 5

19-01-2014- Spigolatura della lingua italiana: A proposito della frase -aggio a fá-, citata da Armando nel commento ad un post precedente che alla lettera sta per -ho da fare- e che nel dialetto può essere anche il futuro -farò-, ecco una curiosità sulla nascita del futuro nella lingua italiana, con partenza dalla stessa forma del napoletano. -Ho da fare- che passa a -da fare ho- e poi a -farò-, forma ben lontana dal futuro latino Per il dialetto -aggio a fá- diventerebbe - a fare aggio-, da cui farraggio. Comunque noi continuiamo ad adoperare l indicativo presente, opportunamente integrato da qualche avverbio temporale, al posto del futuro. Io nun dico quanno me farraggio viecchio, cumme scrivono nt î ppuisie ma me piace cchiù quanno po me faccio viécchio. S.A. 01-I ccose piccerelle 6

22-01-2014- Scrivere in dialetto non è difficile. Nisciuno nasce mparato. Basta un minimo di conoscenza della letteratura di quel dialetto, senza avere la pretesa di trasformare in grafia il suono delle parole. I rieci cummannamiénti pe scrivere nu poco meglio 1- Io songo a lenga tòia. Tu puó pure scrivere ati cciento lenghe furastère ma si scrivi nt â lenga tòia, nunn a struppiá. 2 - Nu mmettere muschilli annanzi e arèta, addó vanno vanno, pe ffá veré ca scrivi buono ndialetto 3 - Arricuórdate ca hî a mèttere tutte i vvucali r i pparole, pure chelle ca nun se sentono. Ma chi t ha miso ncereviéllo ca chelli vvucale nun ce stanno o ca ssongo mute? Esistono e ttu l hî a trattá c a mano r a festa. 4 - I pparole nun so ffiglie i puttane e ttu l hî a purtá rispiétto. Nunn i struppiá levannece u còre e a córa. 5 Nu ll accìrere a sti pparole, rusecànnole i pieri. 6 - Nun nce mettere nu muschillo nculo si u muschillo ha dda stá ncapa. 7 Nun t arrubbá i pparole i chilli ca so cchiù gnuranti i te. Vàlle a ffottere a r i masti r a lenga napulitana. 8 Nu gghì ricenno ca scrivi accussì pecché accussì rìceno ca s ha dda scrivere cierti masticiélli i festa ca so vvenuti fora a cchisti tiempi. 9 Nun te fá venì u vulio i cupiá chello ca truovi scritto nt a tanti forùmmi e ffessebucchi ca parlano napulitano. Accàttate na bona grammatica. E ssi nu ttiéni genio i sturiá, accáttate nu bellu libbro i puisie i cocche pueta ca tène i ppalle. 10 E nnun te fá venì u vulio i addiventá pueta napulitano o scrivere na canzone, si primma nun te si mparato cumme se scrive a lenga tòia. Pe mmo so ddieci. Po verimmo.. S.A. 01-I ccose piccerelle 7

30-01-2014- Accapace ca, cu cchistu friddo, pe cchesta zuppa è a staggiona soia. Ippolito Cavalcanti: *Zuppa de Zoffritto* in dialetto torrese. Pe ddurici perzune piglia nu prummone, o curatella i puorco, c u còre, e i rugnuni; faie ogni ccosa pezzulo pezzulo, e llavali cchiù vote cu ll acqua fresca, e ppo i ffai sculà; piglia nu tiérzo i nzogna, a faie zuffriere nt a nu tiáno, o na cazzarola, cu ttutti chilli pezzulli, e nce mietti pure nu mazzettiello i rosamarina, fronne i lauro, petrusino, e majurana, buono attaccáto; quanno s è bbuono zuffritto nce mietti a cunsevera i pummarola, rui puparuoli ruci, nce miétti u ssale, e ppovera i puparuoli forti, e zzuffrienno zuffrienno nce mietti u bbroro; aroppo piglia i ppagnotte, i ffáie felle-felle, l arrusti senza farle abbrusciá, i mmiétti rinto a na zuppiera, e ncoppa nce miétti tutto chillo broro c u zzuffritto. Salvatore Argenziano S.A. 01-I ccose piccerelle 8