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Schopenhauer Schopenhauer nasce a Danzica da un agiata famiglia borghese, nel 1788. L indole, gli studi e la carriera accademica lo portano a viaggiare in Europa e a soggiornare e vivere in differenti città tedesche: studia a Gottinga, si laurea a Jena; si trasferisce dunque a Dresda e poi a Berlino, dove è libero docente presso l Università. Nel 1831 si trasferisce a Francoforte, dove muore nel 1860.

Oltre al capolavoro del 1819, Il mondo come volontà e rappresentazione, Schopenhauer è autore di altre opere decisive, tutte accomunate da un successo tardivo. Tra di esse sono da ricordare: Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente, 1813 La vista e i colori, 1816 La volontà nella natura, 1836 I due problemi fondamentali dell etica, 1841 Parerga e paralipomena, 1851

Un punto di riferimento fondamentale del pensiero di Schopenhauer è Kant, in particolare la distinzione tra fenomeno e noumeno, cioè tra la realtà per come si dà al soggetto attraverso le forme a priori della soggettività, e la realtà come cosa in sé.

Tuttavia per Schopenhauer la cosa in sé non è del tutto inconoscibile, come invece riteneva Kant, ma se ne può fare significativamente esperienza e il fenomeno, cioè l oggetto per il soggetto, è invece nient altro che illusione, inganno.

Il fenomeno Per Schopenhauer la dimensione del fenomeno è quella della rappresentazione: «il mondo è mia rappresentazione», cioè si dà come unità inseparabile di soggetto e oggetto. Ogni oggetto è tale proprio in quanto si oppone ad un soggetto, standogli di fronte, ed ogni soggetto è tale perché esercita se stesso su qualcosa da conoscere.

Spazio, tempo e causa Occorre tornare a Kant, cioè riprenderne la concezione dell a priori come elemento costitutivo dell esperienza, ma anche semplificarlo radicalmente. Per Schopenhauer le forme a priori della conoscenza sono soltanto spazio e tempo per la sensibilità e causa per l intelletto.

Causa Di tutte le categorie kantiane dell intelletto Schopenhauer conserva la sola causalità, considerando peculiare del mondo come rappresentazione appunto la dimensione effettuale, effettiva, cioè prodotto di una causa.

La strada per arrivare al noumeno La soggettività, costruendo il mondo come rappresentazione, per Schopenhauer opera un alterazione della verità, cioè non dice le cose come stanno, ma crea un illusione. Della natura illusoria della rappresentazione è possibile farsi un idea chiara attraverso l esperienza del proprio corpo che ci mette in contatto con l essenza vera del mondo, col noumeno. Il corpo, attraverso esperienze originarie, come la fame o la spinta sessuale, testimonia che il senso del mondo è la volontà, precisamente la volontà di vivere.

Cos è la volontà La volontà, come senso del mondo, ha caratteristiche opposte al mondo come rappresentazione, cioè sfugge del tutto sia al principio di individuazione che alla causalità. Dunque la volontà è unica, infinita e senza scopo: irrazionale. Come tale essa è inconsapevole e cieca, volendo soltanto se stessa e il proprio infinito potenziamento.

Uno strano platonismo: le idee come oggettivazione della volontà Il mondo come rappresentazione è dunque l illusione generata inconsapevolmente dalla volontà che si oggettiva. L oggettivazione passa attraverso degli archetipi, cioè dei modelli originari, platonicamente intesi come idee intermedie tra volontà e rappresentazione fenomenica: forze della natura, specie del mondo vegetale e animale, e l idea di uomo. La massima oggettivazione della volontà è l uomo che può fare esperienza del senso del mondo come assenza di senso e quindi è in grado di spezzare la catena che lo avvince all insensatezza crudele della volontà stessa.

Pessimismo universale Schopenhauer offre una visione pessimistica e irrazionalistica del senso del mondo, evidentemente contrapposta a quella hegeliana, secondo cui invece tutto ciò che è reale è anche razionale e viceversa. Se consideriamo la volontà come si presenta alla nostra esperienza ci accorgiamo che essa è originata sempre da una mancanza che provoca infelicità e fa desiderare qualcosa che appunto manca. Nell uomo l infelicità è potenziata dalla consapevolezza dell infelicità.

Tra sofferenza e noia L uomo è consapevole che ad ogni desiderio finalmente appagato corrisponde un nuovo desiderio da appagare e quindi una nuova infelicità. Tutta la vita umana scorre tra il desiderio e la soddisfazione. Il desiderio è per sua natura dolore: la soddisfazione si traduce presto in sazietà. Il fine, in sostanza, è illusorio: col possesso, svanisce ogni attrattiva; il desiderio rinasce in forma nuova e, con esso, il bisogno. Il mondo come volontà e rappresentazione, p. 355

Senza contare che alla gioia della soddisfazione subentra la noia dell appagamento: la vita umana è un pendolo che oscilla costantemente tra il dolore e la noia.

In effetti, anche se vi sono dei momenti di piacere, non si tratta di un piacere pieno, cioè positivo, che vale in sé, ma di un piacere negativo, derivato dal dolore che momentaneamente allevia. Ciò che è originario, irriducibile, primo e vero è in effetti il dolore.

La felicità non è una sensazione di gioia spontanea [ ] ma sempre bisogna che sia l appagamento di un desiderio [ ] ossia di una mancanza, che è la condizione preliminare di ogni piacere. Il mondo come volontà e rappresentazione, p. 214

La stessa gioia dell amore è pertanto un illusione, anzi un inganno della volontà per perpetuare se stessa attraverso la propagazione della specie. L amore sentimentale, celebrato dai poeti, è nient altro che desiderio sessuale, strumentale alla spinta della volontà.

Sofferenza universale Il mondo è segnato da una universale sofferenza, che attraversa la natura e la storia. In natura il più forte annienta il più debole e nella storia l egoismo trionfa: nulla di razionale regge il mondo, ma la sola cieca volontà. La religione che riconosce in un ente infinitamente buono e potente l origine di un mondo armonico e bello si fonda su un ragionamento che può facilmente essere invertito: se nel mondo domina la sofferenza esso non può essere causato da Dio. In realtà, il cristianesimo autentico, quello di Gesù Cristo, è tutt altro che ottimistico; è negazione sistematica della volontà nella rinuncia al mondo.

La ricerca di una salvezza dalla volontà di vivere e il suicidio L uomo, in quanto consapevole dell oggettivazione della volontà, può sottrarsi alla volontà stessa. E se un uomo riesce a farlo completamente tutta la volontà ne sarà annientata, perché la volontà, sottraendosi al principio di individuazione, è sempre tutta intera in tutto. Un modo rapido di annientamento potrebbe parere il suicidio, ma è esattamente il contrario: infatti il suicidio annienta solo la vita del suicida non la volontà. Anzi, il suicidio è per l appunto un disperato atto di volontà che rafforza il primato della volontà. Il suicida afferma il mondo invece di negarlo, anche se sarà un mondo senza di lui.

l puro occhio del mondo: l arte e il primato della musica Occorre piuttosto trasformare la volontà in non volontà: noluntas. Un primo grado di emancipazione è lo stato di quiete prodotto dalla contemplazione artistica, in grado di spezzare le catene dello spazio, del tempo e della causalità che reggono il mondo come rappresentazione e di mettere in contatto diretto con le idee attraverso cui la volontà si oggettiva. Chi produce e contempla arte si emancipa dalla volontà facendosi puro occhio del mondo, soggetto disinteressato. È possibile stabilire una gerarchia fra le arti in relazione al tipo di idee cui esse connettono: dall architettura, legata alla materia e alla gravità fino alla purezza della poesia e della tragedia, la cui idea è l uomo e la sua tragicità ineludibile, passando per la scultura e la pittura, legate al mondo vegetale e animale.

La più alta fra le arti è tuttavia la musica, perché essa non rappresenta idee, ma direttamente il senso del mondo, la volontà. La musica infatti non rappresenta alcunché, ma attraverso le emozioni che suscita produce una tranquilla serenità. Le emozioni infatti sono come svuotate delle esperienze concrete che le suscitano, dalla loro materia, e rimangono pure, astratte, come spiriti.

Una sinfonia di Beethoven ci mostra la più grande confusione, in fondo alla quale però sta l ordine più perfetto, la lotta più violenta, che nel più prossimo momento si trasforma nella più bella concordia. [ ] Simultaneamente però da tale sinfonia parlano tutte le affezioni e le passioni umane: la gioia, la tristezza, l amore, l odio, la paura, la speranza, ecc. ma quasi soltanto in abstracto: ne è la semplice forma, senza sostanza, come un semplice mondo di spiriti, senza materia. Il mondo come volontà e rappresentazione, pp. 466-467

Insufficienza dell arte La liberazione prodotta dalle arti, compresa la musica, è pero temporanea, perché il mondo riafferra rapidamente chi se ne sta liberando, con il suo carico di urgenze, bisogni, dolori veicolati dalla rappresentazione attraverso cui la volontà alimenta continuamente se stessa. Occorrono altre esperienze di emancipazione.

Un destino condiviso: la morale della compassione L emancipazione dalla volontà passa attraverso l esperienza morale e precisamente attraverso pietà e compassione che superano l egoismo e permettono di riconoscere in ogni cosa lo stesso tragico destino. Questa pietà è l unica base affettiva di una giustizia spontanea e di ogni carità genuina. Appena questa pietà si fa viva, il bene e il male degli altri mi stanno immediatamente a cuore allo stesso modo, se non proprio allo stesso grado del mio stesso bene: così ogni differenza tra lui e me non esiste più. Questo evento è misterioso: è un fatto di cui la ragione non può rendere conto direttamente e le cui cause non si possono scoprire mediante l esperienza. Il fondamento della morale, p. 112

Insufficienza della morale Se tutto condivide lo stesso destino di dipendenza dalla cieca volontà, allora si diventa solidali verso la sofferenza di ogni cosa. Concretamente si esercita la giustizia, indicando ciò che non si deve fare per non far soffrire gli altri. Si esercita la carità quando si mette in pratica positivamente ciò che lenisce la sofferenza altrui. L emancipazione dalla volontà passa attraverso l esperienza morale della pietà, della compassione, della giustizia e della carità, ma ha il limite di mitigare gli effetti della tirannia della volontà, senza incidere sulla loro origine, la volontà stessa.

L esercizio del nulla: l ascesi come liberazione completa La via definitiva di liberazione dalla volontà è l ascesi, cioè l esercizio continuo e sistematico della completa e perfetta negazione della volontà di vivere. L asceta non cessa di vivere come il suicida, ma vive senza volontà, attraverso il digiuno, la povertà, la mortificazione della carne, l umiltà e soprattutto la castità. Se tutto in effetti consiste nella volontà, chi sistematicamente nega la volontà stessa consegue il nulla. Almeno un nulla relativo, cioè che emerge dalla negazione della realtà fenomenica di cui la volontà si nutre, e che, in alcune esperienze estreme, attestate dalle grandi tradizioni mistiche, diventa un nulla positivo, cioè uno stato che consiste in qualcosa, non nell assenza di qualcosa.