Controlli a Distanza: Cosa cambia con il Jobs Act ( parte 1)

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Transcript:

Controlli a Distanza: Cosa cambia con il Jobs Act ( parte 1) 1 Si è voluto continuare a smantellare lo Statuto dei lavoratori, ma il contenzioso, anche legale, non diminuirà!

Cosa diceva l art.4 dello Statuto dei lavoratori 2 ART. 4 - Impianti audiovisivi. È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti

Ovviamente lo scopo di queste disposizioni era quello di far concordare tra le parti un utilizzo di impianti o strumenti, potenzialmente in grado di controllare a distanza la prestazione lavorativa, con modalità atte a ridurre al minimo i rischi di un controllo troppo invasivo da parte del datore di lavoro. 3

Cosa dice la nuova norma (art. 23 d.lgs. 151/15) 4 1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilita' di controllo a distanza dell'attivita' dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unita' produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in piu' regioni, tale accordo puo' essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unita' produttive dislocate negli ambiti di competenza di piu' Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.

5 3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalita' d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196». Attenzione, quindi, al comma 3 del nuovo art.4: anche le telecamere potrebbero, in certe condizioni, essere usate anche ai fini disciplinari!

Sentiamo, a questo proposito, il parere dell avv. Roberta Rapicavoli (specializzata nella materia) espresso sul suo blog il 25 giugno 2015. Affermare che le informazioni acquisite attraverso gli strumenti di videosorveglianza (regolamentati dal primo comma) o tramite gli strumenti utilizzati per la prestazione lavorativa (previsti dal secondo comma) siano utilizzabili per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, purché si adempia all obbligo informativo nei confronti dei lavoratori, sembra aprire alla possibilità di utilizzare i dati anche per fini disciplinari. 6

7 Ma per la videosorveglianza è necessario l accordo sindacale, che quindi può consentire di restringere i casi di applicazione anche ai fini disciplinari! Che succede, però, in caso di non accordo? La nuova norma prevede l intervento della Direzione territoriale del lavoro oppure, nel caso in cui vi sia una dislocazione delle unità produttive su più territori, del Ministero del lavoro.

Queste nuove norme possono aprire un conflitto con quelle relative alla tutela alla privacy del lavoratore. 8

9 Su questo punto è intervenuto Antonello Soro, Garante per la protezione dei dati personali, in risposta polemica nei confronti del sen. Pietro Ichino: Il vero tema di discussione non è la questione dell'applicazione della procedura concertativa anche a controlli di tipo diverso, quali la verifica dell'orario di lavoro mediante badge o il corretto uso del pc o del telefono aziendali ovvero, ancora, la geolocalizzazione con sistema satellitare. Su questo aspetto più lavoristico non ci siamo soffermati, come si potrà verificare anche scorrendo, negli atti parlamentari, il resoconto della nostra audizione. Abbiamo anzi condiviso l'esigenza di aggiornare una disciplina, quale quello dello Statuto dei lavoratori, che pur avendo introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento una specifica tutela della riservatezza, ha comunque richiesto interpretazioni evolutive (anche del Garante), volte ad adattare norme pensate per l'organizzazione fordista del lavoro alla realtà dell'internet delle cose, della sorveglianza di massa, del corpo elettronico.

10 Ciò che abbiamo sottolineato è, invece, che per delineare - come imposto dal criterio di delega - un equilibrio ragionevole tra ragioni datoriali e tutela del lavoratore, tra economia e diritti, si sarebbe dovuto riflettere non tanto sulla concertazione sindacale, quanto sull'effettiva estensione e pervasività di questi controlli. La disciplina proposta dallo schema di decreto consentiva infatti l'utilizzabilità dei dati raccolti mediante i controlli a distanza (previa concertazione o meno) per "tutti i fini connessi al rapporto di lavoro". Se questa formulazione venisse confermata nel testo definitivo del decreto (ed è stata confermata ndr) si tratterebbe, indubbiamente, di un'innovazione non irrilevante. Soprattutto rispetto all'indirizzo giurisprudenziale che, ad esempio, ha escluso l'utilizzabilità dei dati ottenuti con controlli difensivi per provare l'inadempimento contrattuale del lavoratore. La Raccomandazione del 1^ aprile del Consiglio d'europa, in particolare auspica: la minimizzazione dei controlli difensivi o comunque rivolti agli strumenti elettronici; l'assoluta residualità dei controlli, con appositi sistemi informativi, sull'attività e il comportamento dei lavoratori in quanto tale; il tendenziale divieto di accesso alle comunicazioni elettroniche del dipendente.

11 Se dunque, il testo definitivo restasse quello su cui ci siamo pronunciati, la possibilità del controllo dell'attività lavorativa e la conseguente utilizzabilità, anche a fini disciplinari, dei dati così acquisiti, diverrebbe in tal modo un "effetto naturale del contratto", in quanto finirebbe con il discendere naturalmente dalla costituzione del rapporto di lavoro. Ovviamente la necessaria conformità del trattamento dei dati dei lavoratori al Codice privacy (prevista ma discendente dalla primazia del diritto europeo), consentirà l'applicazione di alcuni fondamentali principi (pertinenza, correttezza, non eccedenza del trattamento, divieto di profilazione), utili a impedire la sorveglianza massiva e totale del lavoratore.

12 Siamo quindi alla vigilia di potenziali conflitti tra norme: quelle sui controlli a distanza e quelli sulla privacy, a tutto scapito, ovviamente, di quella chiarezza di norme e limitazione del contenzioso che, a parole, si è affermato di voler ottenere.