Gioachino Chiarini RIFLESSIONI SULLA DANZA DEL LABIRINTO



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Transcript:

Gioachino Chiarini RIFLESSIONI SULLA DANZA DEL LABIRINTO Nel canto XVIII dell Iliade si canta la massima impresa artistica del dio Efesto: la fabbricazione di nuove armi per Achille, dopo che Patroclo ha indossato le precedenti armi di Achille in una impossibile aristia contro gli eroi troiani e alla fine le ha perdute, insieme alla vita, nello scontro finale con Ettore, il quale le ha a sua volta indossate e ora le ostenta trionfalmente contro i nemici achei in difficoltà. Nel lungo brano dedicato alla fabbricazione delle nuove armi, spicca, com è ben noto, per arte e per estensione, per felicità narrativa e per dovizia di particolari, l ekphrasis dello scudo. Rotondo come l universo, esso rappresenta, con le immagini forgiate dal fabbro divino sulla sua superficie, il più alto condensato di simboli interrelati che sia dato di trovare in letteratura nella descrizione di un oggetto solo. Gli scudi degli eroi omerici si ottenevano sovrapponendo vari strati concentrici: ad esempio di pelle di bue, come i sette strati del gigantesco scudo di Aiace Telamonio (nel qual caso vi si aggiungeva solitamente un ultimo strato di bronzo che tutti li ricopriva e rinsaldava), o di metallo, come i cinque strati dello scudo di Achille di cui stiamo parlando (strati di metalli diversi, come subito vedremo). Poiché la successione degli strati concentrici era decrescente dall interno (dalla parte cioè di chi lo imbracciava) all esterno (dalla parte del nemico), e dunque raggiungeva il massimo di spessore e di resistenza al centro (dove spesso campeggiava un umbone), facendosi sempre meno spesso e meno resistente verso l orlo esterno, c era la necessità di aggiungervi un bordo rialzato e resistente (nello scudo di Achille esso è triplo, XVIII 480), che limitasse lo scivolamento delle armi nemiche e al tempo stesso garantisse valida opposizione ai colpi più violenti. Sottolineo queste caratteristiche strutturali di tal genere di scudi perché al numero di strati (ptúcej) concentrici corrispondeva, in ragione del variare in scala decrescente della loro larghezza, un numero identico di fasce (dette esse pure, infatti, ptúcej) separate l una dall altra dal salto di spessore. Gli strati dello scudo di Achille, ho detto, sono cinque: due di bronzo, due di stagno, uno d oro (Il. XX 267 sgg.). Tale suddivisione dei metalli utilizzati nel costruirlo rispecchia la tecnica narrativa propria del poetare omerico, tutta incentrata (in armonia col pensare arcaico e con le esigenze della mnemotecnica) sullo sviluppo modulare di elementi oppositivi correlati secondo il doppio principio di polarità e analogia. Una coppia oppositiva (a-b) esprime polarità, due coppie oppositive correlate (a-b, a'-b') esprimono polarità combinata ad analogia nel grado minimo possibile e costituiscono di fatto il modulo fondamentale del narrare omerico. Corollario di questo modo di costruire il racconto è che nel numero cinque il quinto elemento è pensato in opposizione ai restanti quattro. Se ad esempio Menelao, nell Odissea, è costretto alle peregrinazioni del suo nostos su cinque navi, una sarà stata la nave ammiraglia, quattro le navi del seguito, e così via. Nello scudo di Achille la strato d oro si oppone agli altri quattro, pensati a loro volta due e due, di bronzo e di stagno: una diversità sul piano della preziosità che coinvolge anche un maggiore potere magico, sottolineata in Il. XX 268 (Achille ha ripreso a combattere), dov è lo strato d oro che ferma la lancia di Enea, e in Il. XXI 165 dov è nuovamente lo strato d oro che ferma la lancia di Asteropeo. Tutto questo per dire quale criterio presieda alla distribuzione delle varie immagini e dei vari soggetti sulla superficie delle cinque fasce istoriate dello scudo è l argomento che qui ci interessa e a cui finalmente ci dedicheremo. Ricavo da una mia antologia per le scuole (Kosmos. Itinerari nell epica classica, Bruno Mondadori, p. 174) l immagine semplificata [fig. 1] dei soggetti forgiati, o ageminati, da Efesto sulla superficie dello scudo (dal centro al bordo): 1

I fascia: perfettamente tonda, funge anche da umbone, lì al centro, e rappresenta il perfettamente tondo universo, costituito dalla terra, dal mare, e soprattutto dal cielo, che è caratterizzato, nel racconto del poeta, dalla presenza dei due pianeti più importanti per l uomo, il Sole e la Luna, e delle costellazioni più importanti per l uomo, l Orsa Maggiore (a rappresentare l emisfero settentrionale), Iadi e Pleiadi, cioè il Toro (la fascia intermedia dello Zodiaco), Orione (l emisfero meridionale). II fascia: da una parte una città in pace, con scene, esemplari della vita d ogni giorno, di matrimonio e di tribunale; dall altra una città in guerra, con scene, altrettanto esemplari, di assedio e di sortita (si noti il continuo susseguirsi di quei moduli oppositivi di cui si è detto in apertura). III fascia: da una parte la campagna degli agricoltori, con scene di aratura e mietitura (il grano) contrapposte a scene di vendemmia (il vino); dall altra la campagna degli allevatori, con scene di mandrie (con vacche e tori) e scene di greggi (con pecore). 2

IV fascia: da una parte giovani e giovinette che danzano la danza del labirinto, dall altra (se non si tratta di un inserzione incongrua ciò che personalmente non credo) due acrobati che danzano in mezzo a una corona di folla, dando inizio alla festa. V e ultima fascia: vi è rappresentato circolarmente il gran fiume Oceano che tutto circonda. Infine vi fece la gran possanza del fiume Oceano/lungo l ultimo giro del solido scudo (XVIII 606 e sg.): un solo elemento in differenziato, nessuna opposizione, nessuna forma: è questo, l Oceano, il quinto elemento di cui si diceva, l elemento diverso che si oppone agli altri quattro. Oceano è simbolo sia degli estremi geografici, spaziali, dei limiti invalicabili, forse nemmeno davvero raggiungibili, dall uomo, sia di quelli temporali, del prima e del dopo, del caos indistinto che ha preceduto il prender forma del cosmo nei suoi termini essenziali di ordine e di determinazione delle forme, quello stesso caos indistinto in cui il cosmo è destinato presto o tardi a ritornare, annullandosi. Il caos contiene il cosmo, incombe su di esso, lo minaccia di continuo. L imagery dello scudo è dunque basata sull opposizione caos/cosmo. La quinta fascia rappresenta il caos, le altre quattro il cosmo e la vita umana all interno del cosmo. L opposizione coerente città/campagna tra la II e la III fascia ci dicono che i quattro soggetti delle restanti quattro fasce sono organizzati secondo un elegante schema chiastico, per cui la I fascia (l universo ordinato) fa coppia e si oppone immediatamente alla IV (danza del labirinto). Quale connessione può esservi tra l universo ordinato e la danza del labirinto? Ci può aiutare l osservazione che un tema comune unisce la IV fascia (danza del labirinto) alla II e alla III: quello, appunto, della festa e, soprattutto, della danza. Nella II fascia vi è la scena nuziale (vv. 491-96): In una delle due città erano nozze e banchetti, spose dai talami, sotto torce fiammanti, guidavano per la città, s alzava dovunque il grido Imeneo!, giovani danzatori giravano, e fra di loro flauti e cetre davano suono; le donne diritte ammiravano, sulla sua porta ciascuna qui musica e danza circolare (giovani danzatori giravano) esprimono gioia e augurano armonia e fecondità ai novelli sposi. Nella III fascia vi è la scena della vendemmia, con la festosa presenza di musica e danza (561-72): [Efesto] vi pose anche una vigna, stracolma di grappoli, bella, d oro; i grappoli neri pendevano: era impalata da cima a fondo di pali d argento; e intorno condusse un fossato di smalto e una siepe di stagno; un solo sentiero vi conduceva, da cui passavano i coglitori a vendemmiare la vigna; fanciulle e giovani, sereni pensieri nel cuore, in canestri intrecciati portavano il dolce frutto, e in mezzo a loro un ragazzo con una cetra sonora graziosamente suonava e cantava un bel canto con voce sottile; quelli, battendo il tempo, danzando, gridando e saltellando seguivano, armonia, gioia di vivere, felicità per la prosperità presente, augurio di prosperità futura: come per le nozze, a danzare e a cantare sono giovani, e l armonia dei 3

suoni e dei gesti è un ringraziamento agli dei, unito alla richiesta che la fecondità della terra continui. Nella IV fascia abbiamo il passo più famoso dell intera ekphrasis, come il poeta stesso sembra aver voluto ricorrendo, come fa, per una volta, ad una formula meno incolore delle altre: n po kille (v. 590) vi sbalzò ( o forse vi incise, o vi ageminò ). Non essendo noi oggi in grado di ricostruire con precisione la tecnica fabbrile presupposta dal passo omerico, dobbiamo limitarci a prendere atto del fatto che il poeta, usando un verbo che implica un disegno variato di linee e colori, ha comunque inteso sottolineare la particolare ricercatezza ed eleganza del passo che stava per introdurre. Si tratta, in effetti, della prima descrizione conosciuta della danza, appunto, del labirinto: E una danza vi ageminò lo Storpio glorioso, simile a quella che in Crosso vasta un tempo Dedalo fece ad Ariadne riccioli belli. Qui, giovani e giovanette che valgono molti buoi danzavano, tenendosi le mani pel polso: queste avevano veli sottili, e quelli tuniche ben tessute vestivano, brillanti d olio soave; ed esse avevano belle corone, questi avevano spade d oro, appese a cinture d argento; e talvolta correvano con i piedi sapienti, agevolmente, come la ruota ben fatta tra mano prova il vasaio, sedendo, per vedere se corre; altre volte correvano in file, gli uni verso gli altri. E v era molta folla intorno alla danza graziosa, rapita; due acrobati intanto, dando inizio alla festa, roteavano in mezzo L ultima immagine, dei due acrobati che, roteando, danno inizio alla festa può essere interpolata, come dicevo, ma ci sta bene in ogni caso, suggerendo, per questa quarta fascia, un opposizione di base tra i loro volteggi e i movimenti della scena principale, della danza dei due semicori. Ancora una volta, la danza, questa volta precisata nei sui passi fondamentali, o meglio nelle sue coreografie essenziali (ora in tondo, da intendersi alternatamente, o magari, a volte, anche simultaneamente in senso orario e in senso antiorario; ora a file contrapposte, che reciprocamente si avvicinano e si allontanano) è affidata a giovani e giovinette, colti dunque nell età più idonea ad esprimere l armonia del cosmo in cui vive l uomo e tratteggiati nella leggerezza dei loro costumi rituali. La danza del labirinto sembra riprendere in modo più complesso ma anche meno specifico il tema della danza collegata alla vita dell uomo che normalmente ad un certo punto si sposa (città in pace) e che raccoglie periodicamente i frutti del suo lavoro (vendemmia in campagna): la danza del labirinto riprende temi più vasti che l avvicinano alla visione dell universo nella sua totalità che compare nella I fascia. Tale collegamento, che ad occhi moderni potrebbe apparire sorprendente, è al contrario seriamente fondato. Vi è infatti una tradizione, che affiora esplicitamente in età romana imperiale ma di certo risale a molto prima, che collega la danza del labirinto al movimento degli astri nel cosmo. In un suo trattato di metrica (De metris, in Grammatici Latini, vol. VI, pp. 58-60 Keil) il grammatico Aftonio nota che la maggior parte dei componimenti lirici è composta di strofe, antistrofe ed epodo, e spiega tali denominazioni rifacendosi all innologia, cultuale e rituale, delle origini: Gli antichi cantavano le lodi degli dèi racchiuse in versi girando attorno ai loro altari: il primo giro, che iniziava movendo verso destra [i.e. in senso antiorario], lo chiamavano strof» [strofe, cioè evoluzione, detto anche dell avvicendarsi delle stagioni]; poi, il secondo giro, compiuto al termine del primo in senso opposto 4

movendo verso sinistra [i.e. in senso orario], la chiamavano ntistrof» [antistrofe, cioè controevoluzione ]; concludevano infine l ultima parte dell inno restando fermi davanti agli dèi e la chiamavano pjdòj [epodo, cioè, secondo l etimologia qui suggerita canto <eseguito> sul posto ]. Quale fu, si chiede a questo punto Aftonio, l origine di questo particolare modo di onorare gli dèi con la danza e il canto? Le ipotesi fatte in proposito sono due, egli constata, e le riferisce come alternative, lasciando la scelta finale al lettore: Alcuni sostengono che tale forma del canto sacro sia stata istituita da Teseo, il quale, ucciso il Minotauro, nello sciogliere i voti nell isola di Delo cantò imitando nella danza, con i fanciulli e le fanciulle con cui era fuggito [da Creta], l intricato e tortuoso percorso del labirinto, prima girando in un senso, poi in senso inverso. Altri invece tramandano che col canto sacro così ripartito [i.e. in strofe, antistrofe ed epodo] l uomo intenda imitare l armonia e il movimento dell universo. In essi infatti le cinque stelle dette erratiche [i pianeti] e in più il sole e la luna, come riferiscono i più dotti tra i filosofi, rilucendo nelle loro orbite producono dei suoni gradevolissimi. Così, imitando l armonia e il movimento dell universo, il coro cantava, dapprima danzando verso destra, poiché il cielo dall alba al tramonto ruota verso destra; poi ritornava verso sinistra, poiché dal tramonto all alba il sole, la luna e gli altri astri detti erratici ruotano verso sinistra; infine cantavano stando fermi, poiché la terra, attorno alla quale ruota il cielo, sta immobile al centro dell universo. L affermazione di Aftonio, che il cielo delle stelle fisse girerebbe in senso antiorario e i pianeti girerebbero in senso orario (in realtà ogni oggetto celeste si sposta quotidianamente in senso orario, a causa della rotazione in senso antiorario della terra) si spiega solo partendo dalla constatazione che l Orsa Maggiore e le altre costellazioni circumpolari, quando sono visibili, sembrano almeno agli abitanti delle zone temperate dell emisfero settentrionale - percorrere un orbita che - al contrario di quella del sole, della luna e degli altri pianeti, che sorgono, si alzano e poi tramontano spostandosi in senso orario sorge, scende verso l orizzonte per poi risalire, dando cioè l impressione di compiere un movimento antiorario. Ma, lasciando da parte le interpretazioni astronomiche del grammatico d età imperiale e soffermandoci sulla sostanza delle sue dichiarazioni, ci accorgiamo che tra le due spiegazioni da lui riferite non c è reale diversità, e tanto meno incompatibilità. La danza del labirinto, eseguita per la prima volta da Teseo a Delo, isola del suo protettore Apollo, per celebrare, assieme ai giovani ateniesi liberati, la vittoria sul Minotauro non è altro che l imitazione umana della danza degli astri. La catena di nefandezze che aveva portato alla nascita del Minotauro, alla costruzione del labirinto in cui rinchiuderlo, all imposizione di un tributo in giovani vite umane pagato periodicamente dagli ateniesi al mostruoso figlio di Minosse era stata spezzata: scampati alla sopraffazione del caos, ricostituito il cosmo, gli uomini avevano preso a danzare in sintonia con gli astri, al ritmo dell armonia celeste. Di fatto, come nel mondo moderno sono in molti tuttora convinti che in qualche modo la danza possa essere stata la prima forma di piena espressione umana in senso artistico ( la danza è la più primordiale tra tutte le forme d arte: in essa l uomo non crea forgiando la materia, ma diviene egli stesso risposta, forma, verità, Walter Otto citato da Kerényi), così nel mondo antico era diffusa convinzione che la prima forma di danza fosse stata quella dei corpi celesti (in particolare di quelli erranti, i pianeti) alla nascita del mondo ordinato dal caos originario, imitata poi successivamente su questa terra dall uomo: La pratica della danza non è nuova e non è cominciata ieri o l altro ieri, come sarebbe ai tempi dei nostri nonni o dei nonni dei nostri nonni, che anzi gli studiosi più veritieri delle origini della danza potrebbero dire che la danza nacque, insieme con Eros l Antico, contemporaneamente alla prima formazione dell universo. E in realtà il movimento circolare degli astri, l intrico dei pianeti e delle stelle fisse, i ben ritmati rapporti che li legano, la loro ben regolata armonia dimostrano l esistenza primordiale della danza. 5

Così parla il dotto Licino, alter ego dell autore, nel dialogo Sulla danza di Luciano di Samosata (seconda metà del II secolo d.c.). Se l universo ha preso forma e luce uscendo dalla tenebra indistinta del caos e si è fatto cosmo, lo si deve a Eros Primigenio, che ha spinto gli elementi ad aggregarsi in quel determinato modo, dando vita a tutto ciò che esiste e si muove tra la terra e il cielo delle stelle fisse: e il complesso equilibrio delle rotazioni, il perfetto gioco dei rapporti che ne regola e garantisce la coesistenza, la segreta armonia dell universo furono la prima e più sublime forma di danza. Come ci spinge a pensare il fatto che in tutte e tre le restanti fasce interne compare un immagine della danza, anche la prima e più interna dovrebbe contenere elementi riconducibili all idea della danza, tanto più che essa, come abbiamo visto, si trova all interno di una struttura ad anello che la pone in rapporto speculare proprio con la fascia in cui rifulge, com è il caso di dire, la danza delle danze, la danza prototipo di tutte le danze sacre, la danza del labirinto. Ne concludiamo che l immagine centrale, che tra l altro, in opposizione alle altre, orizzontali, terrene (città in pace, città in guerra; vita dei campi, pastorizia; danza del labirinto), presuppone, avvinta com è al centro rialzato dello scudo rotondo, un idea di verticalità assiale, di cosmo rotante, rappresenti non solo il cosmo nella sua interezza, ma anche, con l accurata indicazione degli astri e dei segni più significativi, l armonia del cosmo. La danza dell uomo è eseguita e modellata sullo schema perfetto della danza degli astri. Che vi sia una connessione tra la danza del labirinto e i movimenti celesti ce lo conferma il testo omerico stesso, che in parte persino integra la testimonianza di Aftonio. La similitudine col vasaio che prova la sua ruota per vedere se corre è inequivocabile, e designa la danza del labirinto, prima di tutto, come una danza in tondo. Il girare in tondo è la figura-base più diffusa, ancor oggi, nelle danze popolari di tutto il mondo, in quelle europee mediterranee (Sardegna, Grecia) in particolare. E non vi è dubbio che il girare proprio di tali danze sia figura e imitazione del girare dei corpi celesti. Ma il passo omerico indica chiaramente anche un secondo fondamentale momento coreografico, che riguarda i due semicori contrapposti, in file, cioè allineati, che si corrono incontro. E implicito che, come danzano in tondo sia in senso orario che in senso antiorario, così ora, le due file allineate si avvicineranno e si allontaneranno ritmicamente tra loro. Anche questa è una figura molto diffusa nella danza popolare, specialmente proprio di quella in tondo, e anche questa è evidente ripetizione di movimenti astrali: i corpi celesti, nelle loro orbite, si avvicinano (se si avvicinano molto si parla, con terminologia nuziale, di congiunzione ) e si allontanano ( opposizione ) continuamente tra loro. Quale significato aveva dunque la danza del labirinto? Teseo, racconta Plutarco, salpato da Creta approdò a Delo, vi eseguì i sacrifici al dio [Apollo], consacrò ad Afrodite una statua che gli aveva regalato Arianna, e danzò coi compagni, vale a dire i sette giovinetti e le sette giovinette ateniesi che aveva liberati dalla prigionia del Labirinto e dalle fauci del Minotauro. La danza, ancor oggi praticata a Delo, dicono sia, con le sue figure ritmiche e involuzioni ed evoluzioni, un imitazione dei tortuosi meandri del Labirinto, e, scrive Dicearco [allievo di Aristotele, III-II secolo a.c.], dagli abitanti di Delo è chiamata la gru [gšranoj] (Vita di Teseo 21). Due sono qui gli elementi su cui riflettere. Il primo riguarda la natura e funzione delle figure eseguite da Teseo e dai due semicori di compagni (sette più sette). Per farsene un idea si può osservare attentamente il disegno di un labirinto del tipo diffuso in area mediterranea da tempo immemorabile e per convenzione detto cretese. Di questo tipo di labirinto esistono solo due versioni attestate, una a otto circonvoluzioni, una, più complessa e raramente attestata, a dodici. Per noi è sufficiente concentrarci sulla versione più semplice. La figura 2 mostra l iconografia 6

corrente del labirinto cretese a otto circonvoluzioni - le mura, per così dire -, mentre la figura 2b evidenzia il tracciato (ripartito in otto segmenti) che, all interno delle mura stesse, un ipotetico danzatore dovrebbe compiere, con passo svelto e leggero, dall ingresso fino al centro: Assegnando alle circonvoluzioni in senso orario il segno + e a quelle in senso antiorario il segno -, e chiamando A i movimenti di avvicinamento al centro e B i movimenti di allontanamento, otteniamo la seguente tabella (i movimenti sono numerati da 1 a 8): 1 = - A 5 = - A 2 = + B 6 = + B 3 = - B 7 = - B 4 = + A 8 = + A Con perfetta cadenza ritmica (A B B A, A B B A) si alternano movimenti di avvicinamento ( involuzioni ) e di allontanamento ( evoluzioni ) rispetto al centro, che a loro volta si realizzano in regolare alternanza di senso antiorario e senso orario (al - dell inizio corrisponde il + della conclusione). Come si vede dall analisi della sua configurazione, questa immagine del labirinto cretese implica, e al tempo stesso conferma, tutti e due i tipi di coreografia che abbiamo trovati attestati in Omero e in Aftonio per la danza del labirinto. Immaginiamoci adesso che questi stessi movimenti debbano essere eseguiti non da un singolo (il danzatore solitario di cui abbiamo seguito la performance dentro le mura del labirinto), ma da ben due semicori danzanti di sette giovani e sette giovinette su uno spiazzo adeguato: involuzioni ed evoluzioni acquisteranno celerità, corposità ed eleganza di disegno, così come acquisterà risalto il fluido sgranarsi dei singoli elementi di ciascun semicoro passando dalle figure in tondo a 7

quelle in linea (cioè a semicori frontalmente contrapposti, che si avvicinano e si allontanano) e viceversa, con tutte le eventuali complicazioni ottenibili dal temporaneo frantumarsi dei semicori in coppie, dal loro intersecarsi in varie forme d intreccio, dal loro ricompattarsi in veloci serpentine. Per quanto riguarda la denominazione di ghéranos, gru data a Delo alla danza inventata da Teseo, non credo si debba spiegarla con un osservazione pur interessante già fatta dagli antichi e spesso ripetuta dai moderni, che cioè le gru, in stato di cattività, si abbandonano ad un comportamento sfrenato, e anche da sole fanno giri correndo in modo indecoroso (Plinio, Storia Naturale X 30,59). Il far giri di una danza del labirinto come di qualsiasi sua erede del folklore moderno non potrebbe mai definirsi indecoroso. In realtà è meglio far riferimento al comportamento delle gru, non in cattività e non prese singolarmente, bensì nel loro libero volo nei liberi cieli un volo elegantissimo che può attuarsi ora in lunghe file (makraˆ st cej, Arato, Fenomeni 1031, ma anche Dante: di se facendo in aer lunga fila Inferno V 47) ora a triangolo (Eliano, III 13) o, anche, a lettere dell alfabeto (Mercurio avrebbe inventato le lettere Α, Υ, Η, Ι, Β e Τ osservando il volo delle gru, Igino, Favole 277) comunque sempre in formazione, dietro un capofila e con la testa appoggiata alla schiena di chi precede (Cicerone, Sulla natura degli dèi II 49,125). Tale contatto tra le gru in formazione (non a caso, forse, Oppiano parla di coro delle gru che muove dagli Etiopi e dalle correnti dell Egitto nelle altezze del cielo ) richiama proprio quello dei danzatori del labirinto, che nelle versioni moderne si tengono per mano o stringono i capi di un fazzoletto, mentre quelli antichi (come sappiamo dalle spese di equipaggiamento conservate nell archivio del tempio di Apollo a Delo per il periodo compreso fra il 434 e la fine del I secolo a.c.) da una fune che era forse, a sua volta, la traduzione coreografica del mitico filo d Arianna. La fune della danza della gru di Delo aveva forse anche una funzione pratica: quella di facilitare il volo dei semicori, garantendone la compattezza anche nei momenti di maggiore complessità. L ipotesi parrebbe confermata e anzi rafforzata dalla notizia che a Delo, ancora in età storica, la danza della gru si svolgeva, con le altre cerimonie, di notte ( Mai silenziosa né senza frastuono ti vede Espero dalle chiome fitte, ma sempre risonante da ogni parte Callimaco, Inno a Delo, v. 302 e sg.). A cerimonie notturne rinvia anche il ricorso, testimoniato dai documenti dell archivio del tempio di Apollo, all uso di fiaccole: un particolare che a sua volta confermerebbe l intenzione da parte dei danzatori di riprodurre simbolicamente la danza degli astri forse in presenza di astanti che, a loro volta muniti di fiaccole, simboleggiavano il cielo stellato. Ma le fiaccole, in Grecia come a Roma, fanno pensare, in presenza di giovani e giovinette, al matrimonio, alle nozze, in particolare al momento fatidico in cui la sposa, di sera, viene accompagnata alla casa dello sposo e a lui ufficialmente consegnata per la notte d amore che attua e sostanzia giuridicamente l intera cerimonia (g moj: unione sessuale, matrimonio ). La coreografia labirintica delle schiere dei giovani e delle giovani che ritmicamente si avvicinano e si allontanano mima, come abbiamo visto, l avvicinarsi e allontanarsi dei corpi celesti. L avvicinarsi fino a sembrare toccarsi dei corpi celesti era detto suzug a, congiunzione (lat. coniunctio), vale a dire unione, prima di tutto unione sessuale, poi anche matrimonio - accezioni in cui questo termine agisce da sinonimo di g moj. Non stupiamoci dunque se il labirinto e la danza del labirinto sono rimasti modernamente connessi soprattutto con l idea delle nozze. Nei paesi nordici vi sono tuttora tracce significative sia di labirinti in pietra, sia di danze del labirinto. Una di queste si chiama Jungfraudans, Danza della vergine. Ancora a fine Ottocento, secondo dei contadini svedesi trapiantati in Finlandia, i labirinti [tracciati con le pietre in prossimità delle coste o sulle isole] erano luoghi di giochi: una vergine 8

prendeva posto in mezzo e i giovani, seguendo le circonvoluzioni, volevano raggiungerla (Kern, p. 349). Come i labirinti in pietra, pure queste danze labirintiche risalgono ad età pagana (il Cristianesimo è arrivato in Scandinavia solo nel X secolo d.c.) e rappresentano feste pagane di benvenuto alla primavera. Anche altrove l idea del labirinto connesso alla giovinezza e al matrimonio è legata all equinozio di primavera, foss anche sotto le mentite spoglie della Pasqua cristiana, come avviene nel romanzo di Pandelis Prevelakis Il Cretese. Qui vi è descritta, in modo assai colorito, una danza popolare cretese con giovani e giovani che ripetono gesti millenari perfettamente conservati: il formarsi del cerchio della danza, il movimento concentrico, avanti e indietro, il danzare mano nella mano (una sorta di filo d Arianna naturale), il chiudersi del cerchio, il suo successivo essere forzato, tagliato dalla schiera delle danzatrici, l evidente centralità dei due capifila, l uomo che guida la danza e colei che guida la danza, la marzialità dei ballerini, chiamati eroi e trasfigurati, anche i più vecchi, nei fieri giovani del mito, pronti ad ogni impresa, ad ogni battaglia (aspetti ben presenti già nel corredo di armi rituali al fianco dei giovani della danza omerica), e la grazia primaverile delle ballerine ( Sei più bella dell Aurora, più dorata e più splendente del Sole; sei un Arcangelo del Cielo, la Liturgia del Giovedì Santo, il Vangelo della Domenica di Pasqua! ), che ostentano la loro luminosa bellezza in segreta attesa che qualche eroe le ghermisca : l abilità delle une e degli altri è asservita a un gioco di onde e spirali, attacchi e contrattacchi, che ci riportano sia ai movimenti del labirinto, sia agli inseguimenti della Jungfraudans. Nello scudo di Achille abbiamo notato la contiguità che viene stabilita tra la danza in tondo per le nozze, la danza per la vendemmia (forse pur essa in tondo: il ragazzo che suona e canta sta nel mezzo), la danza in tondo del labirinto, infine (e all inizio di tutto) alla danza in tondo degli astri nel tondo centrale dello scudo stesso. Ora possiamo aggiungere che un altro forte vincolo lega a tutto questo le testimonianze relative alle danze labirintiche moderne: la caratterizzazione vernale, il legame, appunto, alla primavera al momento privilegiato dell anno che segna il risveglio della natura. A primavera le gru migrano, dal più profondo Sud verso il Nord più remoto, per andare a riprodursi le loro celebri soste primaverili alle paludi strimonie, in Macedonia, sono solo tappe di tale spostamento. Sei mesi più tardi, all inizio dell autunno, ripassano in senso contrario, dirette a Sud. Famosa per le altezze proibitive del suo volo, che la porta verso il cielo (oùranòqi, Iliade III 3), in prossimità degli astri ( strwn suneggúj, Esopo 397) e degli dèi (proxima sideribus numinibusque, Avieno Favole 15), divenuta ben presto in Egitto emblema dell astronomo (Horapollo II 98), la gru, oltre ad essere una dominatrice degli spazi ( vola in alto per vedere lontano davanti a sé, Plinio X 30), era anche considerata un perfetto strumento spazio-temporale, un perfetto indicatore calendariale. Il suo coprire senza errore l intera distanza tra i poli, il suo scandire i tempi dell anno (passaggio verso Nord all equinozio di primavera, riproduzione in estate, ripassaggio verso Sud all equinozio d autunno, permanenza nelle regioni calde d inverno), il suo stesso ascendere (Auffahrt) quasi-astrale e quasi-divino ne facevano il più perfetto interprete dell idea stessa di armonia, di ritmo, di danza celeste. Ma il danzare delle gru nel cielo, il loro armonico viaggiare in sintonia con il cosmo risponde alla necessità di migrare per non perdurare in una condizione che, ogni volta, si farebbe ben presto insostenibile e conquistare una nuova condizione adatta alla riproduzione e alla vita. Quando a Sud sta per arrivare il grande caldo le gru emigrano verso Nord e vanno a figliare, quando a Nord il freddo sta per divenire tale da uccidere ogni loro possibilità di vita, le gru, fuggendo dalla morte, emigrano verso Sud e ritrovano la vita. 9

Le gru cambiano stato. Il loro volo è sopravvivenza, il loro volo nelle altitudini è metafora di mutazione radicale, di uscita dalla trappola senza uscita, di superamento dell ostacolo insormontabile. Il volo della gru, come la danza del labirinto, non solo sono collegati con la primavera, con la giovinezza, con la vita che si riproduce e rinnova, ma anche con il cambiamento radicale, con la morte e la rinascita. Chi si trova nella difficoltà più grande, dentro un labirinto nei cui meandri s aggiri ancora il Minotauro, ne può uscire solo ritrovando il passo giusto, imitando il volo della gru. E proprio questo significa, tra l altro, il ripetersi insistente del tema della danza in tondo nelle rappresentazioni dell uomo e del cosmo sullo scudo di Achille. Achille, l ancora giovane Achille, si trova realmente in una sorta di labirinto, e può uscirne solo tornando a combattere, a far strage di nemici, a uccidere Ettore e infine a morire con la prospettiva, che lui stesso si è già scelta, di una morte del corpo che gli farà da scala verso una rinascita nella gloria. Infatti il passaggio ad un nuovo stato, la rinascita ad una nuova vita è, soprattutto, segno di vittoria, di ostacolo superato. Nel caso di Achille, il significato del suo cogliere il momento, di adeguarsi al ritmo, di riprendere a danzare non può riguardare lui solo. Essendo il più grande eroe, il migliore guerriero, anche tutto il resto viene trascinato nella danza, tutto il cosmo riprende, seppur solo temporaneamente, a danzare all unisono. Sin dal momento, insomma, in cui Efesto fabbrica lo scudo noi siamo in grado di seguirne le intenzioni e comprendiamo che i tortuosi percorsi previsti dal Fato perché Achille realizzi la propria grandezza e il proprio compito eroico sono prossimi al compimento: l ordine che egli era stato provocato a violare reagendo con l inazione all offesa di Agamennone, sta per essere restaurato. Il coro di giovani e giovinette raffigurato sul suo scudo celebra già in anticipo il superamento vittorioso dell intera prova: la vittoria su se stesso, l uccisione di Ettore, la morte gloriosa. 10