NICOLA NANNINI Passaggio a Krumau omaggio a Schiele

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COMUNICATO STAMPA titolo NICOLA NANNINI Passaggio a Krumau omaggio a Schiele durata 18 gennaio - 27 febbraio 2014 inaugurazione sabato 18 gennaio 2014 luogo orari catalogo GALLERIA FORNI Via Farini, 26 - Bologna 9-13 e 15,30-19,30 - chiuso lunedì e festivi - ingresso libero con testi di Roberto Cresti e di Nicola Nannini Saranno una trentina le opere in esposizione, tra dipinti e disegni, realizzati nel corso del 2012-2013 e che avranno per tema il paesaggio mitteleuropeo di Schiele. Si tratta di un progetto a lungo meditato da Nannini ed eseguito con tutta la passione di un artista che ha scelto come riferimento, sin dai primi anni di Accademia, uno dei maggiori artisti figurativi del primo 900, protagonista della secessione viennese e massimo esponente dell espressionismo europeo. Nannini ha indagato il lavoro e la vita dell autore, subendone tutto il fascino e l ossessione, profondamente suggestionato dalle tormentate figure e dagli intensi autoritratti che resero famoso il grande Schiele. La mostra sarà dedicato al paesaggio, richiamando alla memoria quelle rare vedute che Schiele realizzò a cavallo del 1910-1913 e che rappresentano gli unici paesaggi del suo breve percorso artistico (morì all età di 28 anni). A distanza di 100 anni, Nannini ne ripercorre i luoghi, dapprima fisicamente, recandosi sul posto e vivendo l esperienza come una sorta di pellegrinaggio, e in seguito pittoricamente, rivisitando a livello emozionale quelle suggestive cittadine mitteleuropee protagoniste di tanti capolavori. Prima fra tutte la città di Krumau (ora Cesky Krumlov) che diede i natali alla madre di Schiele e che ispirò numerose sue opere ora conservate nei musei. Il nucleo della mostra di Nicola Nannini sarà quindi composto da una quindicina di dipinti ad olio e da una ventina di disegni e tecniche miste su carta, ardesia e tavola tutti di dimensioni medio/grandi (cm.100x100 / 120x100. Di forte impatto la grande tela di cm. 200 x 120. in allegato - testo di Nicola Nannini - biografia - temi e tecnica - testo di Roberto Cresti

Testo di Nicola Nannini NICOLA NANNINI. L ORIGINE DI UNA SCELTA 1910/14 KRUMAU 2010/14 CESKY KRUMLOV Nel 1989, a Vienna, vidi per la prima volta le opere di Egon Schiele. Quel pugno di giorni cambiarono la mia vita. Malessere, benessere, vago senso di nausea, insofferenza, idiosincrasia, vago capogiro e Vienna, d attorno, luccicante d impero caduto, come giostra in movimento perde i suoi contorni. Aria di perversa malinconia e simboli morbosi dal passato, a ellisse, mi accerchiano; e ancora aquile dorate, foto seppiate, militari stellette e svastiche e costole e zigomi scavati e acque rosse e neri peli di pube e mortiferi amplessi e angoscia di giorni senza sole e la prof di greco e latino è insopportabile. Ho risolto con apotropaica sigaretta, seduto sul cemento che imbriglia, in periferia, il Danubio marrone di sedimenti e liquami. Depeche Mode nelle orecchie ( quelli elettronici del primo album ) con walkman anni 80 : Blasphemous rumors, Master and servant, Shake the Desease i compagni di viaggio lontani a tirar sassi nell acqua e Schiele con me a fumare una delle prime paglie della mia vita d entusiasta fumatore. Come un pugno sulla faccia i suoi amanti all Osterreichische Galerie mi hanno stordito e rapito e quel poster da pochi scellini che acquistai con la reverenza dovuta ad una reliquia, è ancora con me. Mai percepita tanta disperata carnalità nell unione di corpi e membra fragili e pesanti, che dal lenzuolo sudato, accartocciato mai più s alzeranno. In terra fredda d inverno moriranno; né redenzione, né vita dopo l amplesso cupo e agognato; nessun domani e nero destino di fine assoluta dispensa quel vano dimenarsi. Lei lo mangerà e prima del sole sarà cenere anch ella. Ma è amore del meriggio non della notte, questo e mentre fuori il lavoro nobilita o uccide le masse, l assenza di domani consuma gli amanti come corpi svuotati della carne in uno scontro di ossa, pelle, peli e capelli. Non ricordo la potenza di ciò che provai allora quando poco più che adolescente vedevo quell opera e ne sperimentavo le suggestioni e le pulsioni. Se là voglio tornare, oggi, attacco get the balance right : David Gahan diventa la voce di Schiele e Londra o Bologna o qualsivoglia città si trasfigurano nella Vienna di allora, tragica e bianca. Un secolo fa in Boemia Egon dipingeva Krumau ( paese natale della madre) regalando al mondo quei paesaggi che hanno contribuito a formare il mio linguaggio. Premonizione di tragedia, di metallico sudore e quella brezza da nord che accarezza le mie tele. A lui, a tutto questo devo un pegno. Voglio camminare quelle strade, toccare quei muri, studiare i piani sovrapposti come celle d alveare, le prospettive infantili, i cieli neri e quelli bianchi, le geometrie sintetiche e i panni stesi sulle rive sfrangiate di un fiume nero come il carbone. Cento anni dopo voglio, con i miei propri occhi, vedere e ancora dare aria a quei panni stesi un secolo fa. Qui e ora parto io. Nicola Nannini, autunno 2010 Ho visto Cesky Krumlov ( Krumau ). Ho visto il fiume cupo. Ho visto geometrie. Schiele è un realista. Nicola Nannini, marzo 2011

Biografia Nicola Nannini nasce a Bologna nel 1972. Vive e lavora tra Bologna e Vicenza. Diplomatosi all Accademia di Belle Arti di Bologna dà ben presto inizio alla propria attività espositiva, dedicandosi quasi interamente alla pittura: ad essa affianca l insegnamento, come docente di pittura Accademia di Belle Arti Cinaroli di Verona. Da quando nel 94 ha cominciato ad esporre, sono state sempre più numerose le mostre collettive e personali alle quali ha partecipato, organizzate da gallerie private, musei ed enti pubblici, tra cui ricordiamo nel 2007 "Arte Italiana 1968/2007" a cura di V. Sgarbi a Palazzo Reale a Milano e la 58 edizione del prestigioso Premio Michetti. Tra le personali più recenti segnaliamo quella del 2006 alla Galleria Smelik & Stokking de L Aja, in Olanda, quelle del 2007 a Bologna alla Galleria Forni e successivamente nello spazio suggestivo di Santa Maria della Vita nonchè nel maggio 2009 allo Studio Forni di Milano. Nello stesso anno ha partecipato al Premio Arciere e al Festival dei due mondi di Spoleto, iniziative a cura di Vittorio Sgarbi e alla mostra Il Mito del Vero. Il Ritratto, Il Volto alla Fondazione Durini di Milano, a cura di G.M. Prati e P. Lesino. Nell ottobre 2011 realizza con Gianluca Corona la mostra Di cielo e di terra. La grande pianura alla Galleria Forni di Bologna. Di particolare rilievo nel 2011 è la partecipazione alla 54 Biennale di Venezia, Padiglione Emilia Romagna, Palazzo Fava, Bologna. Temi e tecnica La pittura di Nicola Nannini si nutre di suggestioni estetiche e concettuali desunte da uno studio metodico del chiaroscuro seicentesco, si nutre del segno corposo e arrischiato dell 800 Italiano e inseguendo gli ultimi fuochi della mitteleuropa secessionista approda ad una propria cifra stilistica e concettuale. Tali istanze si mescolano e fondono nelle tele di Nannini, dove il dialogo costante con la propria formazione culturale è parte integrante di una poetica consolidata da anni. Nannini affronta cicli tematici che vanno dalla catalogazione di tipologie umane e urbane a paesaggi di ampio respiro, all insegna di un ambivalenza " preoccupante ma consapevole, tra esigenze simboliste ( addirittura romantiche) da un lato e aspirazioni razionalistiche dall altro, nella volontà di catalogare lucidamente l ambiente circostante ed i suoi abitanti. Un enciclopedia per immagini del nostro tempo. La materia pittorica, la tecnica sapiente ma arrischiata e le esigenze plastiche sono una scelta costante nel lavoro di Nannini, dove la pittura può ancora comprendere il mondo e raccontare. Ogni lavoro si muove tra l esigenza macro di una visione d insieme e la necessità di una letteratura del dettaglio. Un movimento dinamico dal particolare all insieme e, viceversa, dal macro al micro. La pittura, così, vive di paste e spessori, di materia e dissolvenze, sino a farsi liquida e diafana nella ritmica alternanza delle differenti messe a fuoco. La stasi del dettaglio si affianca al gesto più azzardato: la colatura e lo svelamento delle preparazioni nei brani di non finito, avvolgono, dinamiche e incuranti, tasselli di precisione descrittiva. Prospettive talora improbabili o inverosimili, a volo d uccello dal marciapiede in primo piano sino all azzurro sfuocato di un lontano infinito, sono funzionali alla finestra su un mondo in divenire, mai bloccato, foriero di mille storie di persone, una nell altra, quotidiane, normali e così umane, di terra e di cielo, di visibile e invisibile.

PASSAGGIO A KRUMAU Wenn trinkt man um zu vergessen, sollte man in voraus bezahlen. 1 1. La nuova serie di dipinti di Nicola Nannini, un omaggio a Egon Schiele tramite il confronto con l antica città boema di Krumau sulla Moldava, con cui il pittore austriaco ebbe un legame complesso, mi conferma l idea, ricavata da non pochi viaggi, che qualcosa di tremendo sia accaduto nei territori della Mitteleuropa dopo la Grande guerra e che abbia continuato ad accadere fino ai nostri giorni. Pare che, da quei luoghi, l attestano le pagine di Thomas Bernhard, l anima si sia ritratta progressivamente, cancellando ogni effetto immaginativo. Sono rimaste solo le case, tra cui, dopo i frantumi della Guerra fredda e la colla del Mercato globale, scivolano le automobili, i furgoni e i pullman, coi loro complementi logistici e antropologici: Gasthäuser, videogiochi, vacanze per anziani, capodanni turistici. Pare che a Krumau, l attestano oggi le tele di Nannini, sia sempre il «1 gennaio»: giorno in cui i locali sono chiusi e i pochi aperti accolgono sparute presenze umane di qua o di là dal bancone della birra. Subito fuori della porta stanno gli immancabili ombrelloni chiusi, grigi o alle volte gialli, come petali esanimi dei girasoli di Van Gogh. 2. Altre furono le notti stellate e i Caffè da cui vegliarle. Altri i colori e le forme che, alla fine del XIX secolo, si generarono, per la Mitteleuropa e lungo i suoi grandi fiumi, dal cosiddetto «Cavolo dorato», la Palazzina della Secessione i sul Ring a Vienna, progettata da Joseph Maria Olbrich sotto l ala protettrice di Otto Wagner: primo museo di arte «contemporanea», alzata nelle proporzioni del tempio di Segesta, la forma di quelli tardo egizi, con ierofanie bizantine, mensole neoclassiche e il motto: «Der Zeit ihre Kunst der Kunst ihre Freiheit» («Al tempo la sua arte all arte la sua libertà»). Dentro, di tutto: dai neogotici agli impressionisti, ai loro posteri. Un altro tempo, un altra libertà, che spinsero artisti dai talenti più vari al confronto con «die Moderne» «la Modernité» di Charles di Baudelaire, immessa nella cultura austriaca da Hermann Bahr ii, la quale, in arte, dalla metropolitana al francobollo, è soltanto la metà, il transitorio, l altra metà essendone l eterno. Una fiammata straordinaria: l illusione che nell Impero millenario si creasse uno stile internazionale rispettoso delle tradizioni locali, una sorta di opposto preventivo del razionalismo. Nulla è rimasto però, in breve, di quel braccio di ferro con l acciaio, il calcestruzzo, e con le prime offerte di beni di consumo a un pubblico senza cavalli. Vista oggi l attività diversamente costruttiva di Olbrich, di Josef Hoffmann, di Gustav Klimt, di Koloman Moser e dei loro sodali riuniti nei Wiener Werkstätte iii ha i caratteri di un processo incompiuto e abbandonato, a eccezione di quel fuoco fatuo stranamente durevole del cosiddetto se mai vi fu «espressionismo austriaco»: da Richard Gerstl a Oskar Kokoschka, a Egon Schiele iv. Anche quello però privo di luoghi reali se mai ve ne furono in quel contesto. Perché, in effetti, tutta la vicenda della Secessione produsse un «non luogo»: una favola bella «modernamente» ricalcata su fate, cavalieri, incantate residenze e qualche orco. Ma il germe del nulla vi era già sul nascere, pur celato dalle note maschere dorate, che Karl Kraus vide cadere al sorriso del boia sopra il volto esanime di Cesare Battisti v. 1 Se si beve per dimenticare, si dovrebbe pagare in anticipo.

3. Quella favola assume in Egon Schiele vi caratteri irripetibili come le nuvole, e segue però sentieri particolarmente tragici. Schiele è stato l unico vero paesaggista della Secessione e poiché, come quasi nessuno di noi, poteva fare a meno di sé, dipingendo i luoghi si dipinse da essi indistinguibile. Veramente ogni cosa che egli abbia fatta nell arte ha il suo volto e reca palesemente occultata una parte sua Van Gogh gli fornì il primo esempio, come nei nudi di ragazze e ragazzine che si palpano o si masturbano con le «sue» mani; o nella Camera dell artista a Neulengbach (1911), resa scheletrica e tagliente come il suo occupante si vedeva (spesso) nudo allo specchio: quasi una demolizione anoressica della camera di Van Gogh ad Arles. I girasoli di Schiele infatti seccano, i volumi si affilano, il corpo, negli autoritratti, si torce come torturato su un cavalletto interiore da un invisibile carnefice che pare infliggergli delle scariche elettriche. Le donne ghignano o sono delle attonite complici. Dell oro non vi è più traccia, se non per pagare quelle donne stesse e l affitto. In Schiele non si trova un «bruciare», né quello di Van Gogh né quello che le parole nella Nuda Veritas (1898) di Klimt associano al dire la verità, semmai uno spegnersi rancoroso e sterile verso il mondo e, in primo luogo, verso chi ce l aveva messo: sua madre vii. La Madre morta (1910) ha in grembo un figlio che non nascerà. Per questo a Krumau, sulla Moldava, il fiume blu, ove la madre era nata, Schiele realizzò in pittura una proiezione di sé tra la vita e la morte, come se la Moldava fosse una sorta d Acheronte che orla l abitato (Città sul fiume blu II, 1911, Città morta III, 1911), caricando i paesaggi di un peso di materia pittorica appena riscattato dal punto di vista «a volo d uccello» (che comunque adottò quasi in ogni prova), facendone il cardine di un alternanza fra gioco e lutto il Trauerspiel, infanzia e morte Wunderkammer e Todeskammer. Il senso di tale scelta lo si comprende però appieno solo in base al percorso che la pittura europea ha compiuto durante l epoca moderna, e che risulta analogo al «cammino storico-ontologico» di cui parla Martin Heidegger riguardo alla poesia, cammino che, secondo il filosofo, culmina nel poeta forse più vicino a Schiele, Rainer Maria Rilke, in particolare nelle Elegie Duinesi viii. Ma vogliamo restare, qui, nell ambito della pittura. 4. Ecco: Albrecht Dürer aveva iniziato a spiccare quel «volo» durante i suoi viaggi transalpini (le vedute di Innsbruck, del 1495) e ne aveva esteso la portata alla sua lepre, alla cava, alla zolla e anche alla nativa Norimberga, osservati da vari punti di vista ix. Egli poteva così staccare la realtà dell Io nella forma, conservandola però in quella della natura: orientamento decisivo per la pittura seguente, che sarebbe riapparso, un secolo e mezzo più tardi, elaborato con fantasmagorica libertà, negli ambigui paesaggi da Jacob Van Ruysdael x, come in Cimitero ebraico (1660) straordinario bilanciamento di meticolose intersezioni fra natura e immaginazione e, per quella via, in Caspar David Friedrich, il cui Viandante davanti al mare di nuvole (1818) un autoritratto di spalle! costituisce il culmine del «volo» spiccato da Dürer, poiché riesce a portare il pittore stesso a essere rappresentato, nella natura, da un punto di vista a essa superiore xi. È il Sé infatti che osserva l Io, e l indurrà a «tramontare» ancora nel mondo per impossessarsi meglio della realtà, in un processo che va da Eugène Delacroix a Jean-Françoise Millet, da Gustave Courbet a Eduard Manet, fino a Henri de Toulouse-Lautrec,Van Gogh e Edvard Munch, ove l Io-romantico trapassa nell Io-moderno, più unito al Sé e perciò più ricco di forze per rimodellare l impressione del vero e la memoria in «espressione». 5. Schiele infatti, al contrario di Klimt, non paga alcun dazio all ipnotico linearismo emerso nel corso dell Ottocento, in particolare a quello dei preraffaelliti, bensì «attraversa», com egli stesso diceva, Klimt, ovvero l officina e l intero, pur vario, edificio artistico secessionista, puntando in una direzione più naturalistica ed empatica, quella indicatagli, con diversi gradi e modi di esecuzione, proprio da

Lautrec, Van Gogh e Munch, ma anche grazie alla stessa memoria «moderna», che rende tutto «contemporaneo» a Caravaggio e persino alla scultura gotica. I colori così non si subordinano a un limite predefinito in senso decorativo, ma seguono il fluire della vita e soprattutto della morte, che è il pensiero dominante di Schiele anche quando dipinge i suoi amici e i vestiti e i cappelli dell inquieta borghesia viennese. I paesaggi a Krumau xii, o realizzati in altre località fluviali, prescelte come effimere dimore alternative a Vienna (ma che sono sempre Krumau), compongono una luttuosa galleria di scorci, quasi a-prospettici, dai dettagli cromatici dissonanti: gli arancio stinti, i rosa acidi, i gialli sopiti dei muri, il grigio dei tetti, ma anche le tracce di un rosso che rifulge improvviso dai comignoli, o dalla biancheria stesa ad asciugare: come se l Io-moderno vi giungesse a un culmine epocale e andasse verso una tragica entropia, verso un oscuramento che rasciuga ogni elemento umano, in una sorta di dissipatio humani generis sulla riva bicipite del non-essere o addirittura del nulla. Piccola città III (1912-13), Case con biancheria (1914), Finestre (1914), Curva di case a Krumau (1918) sono ancora le pagine di una favola, ma il loro punto di osservazione del mondo, più che «a volo d uccello», pare quello di un Icaro dalle ali sciolte, in bilico fra incubo e malinconia: col relativo abbandono delle forze dell Io legate al Sé. È esattamente il contrario di quanto avviene nelle tavole düreriane dedicate a Innsbruck, il che segnala il compiersi di un ciclo storico che sfocia in un tempo di inaudite debolezze umane, incalzato dal dominio della tecnica. La natura in quei dipinti non muta più in una forma artistica che da essa tragga elementi d affermazione ideale, ma si chiude in un informe «nido di memorie» destinato a non sopravvivere al passare delle stagioni. È una sorta di nichilismo en plain air quello che vi traspare: «quell inafferrabile non-essere, che non ha forma e divora i limiti del nostro pensiero» xiii, come lo descrive Gustav Merynk, associandolo all immagine delle case del ghetto ebraico di Praga, anch esse in riva alla Moldava: Ho spesso sognato di stare a spiare queste case nella loro attività fantomatica e di apprendere, con stupore e paura, che esse sono le autentiche, occulte signore della via, capaci di privarsi della loro vita e dei loro sentimenti ma poi di riacquistarli ancora, di celarli durante il giorno alla gente che le abita per riprenderseli di notte. E prende a sfilarmi nella mente tutta quella gente strana che abita queste case come fantasmi non nati da madri che in quel che pensano e fanno sembrano consistere tanti pezzi messi insieme a casaccio; e ciò più che mai m induce a credere che tali sogni celino verità oscure, che nella veglia continuano a covarmi nell anima come tenui impressioni suscitate da fiabe multicolori xiv. Anticipi di una guerra già perduta dalla Secessione e da chiunque contro il mondo moderno, ancor prima di quella perduta dall Austria-Ungheria sui campi di battaglia; immagini che, in Schiele, incarnano una caducità dolente, rugginosa, senza punti di fuga nell eterno, e in cui è dato cogliere gli estremi di una biografia che, dalla Madre morta citata, culmina nella rappresentazione di una madre e di una coppia, quella costituita da Egon e della moglie Edith, Famiglia (1918) xv, le quali hanno generato dei bambolotti o delle bambole: correlativi oggettivi equivalenti alle case cinte dalla Moldava come da un tragico destino. Sia Egon che Edith moriranno nel 1918 (lei incinta di sei mesi) a causa della influenza «spagnola», e, poco prima, nello stesso anno, erano morti, con l Impero, anche Klimt e Wagner. Krumau dunque come madre sterile, come grembo deserto della storia di un Novecento a venire, un grembo eroso da acque indifferenti poi sempre più indifferenti e fredde.

6. Di qui Nannini riprende il suo confronto con la Secessione, già condotto in precedenti mostre, prima fra tutte, per complessità, quella intitolata Nuda Veritas, del 2007, presso la stessa Galleria Forni xvi, che ospita la presente. Anche allora il paradigma viennese risultava rovesciato nei suoi intenti di riforma estetica, con la rappresentazione di una verità appunto nuda, ma fatta di apparizioni umane e ambientali così fedeli al vero da parere un bugiardino che ne indicava i modi di assunzione fino nei minimi particolari: quasi uno specchio diametralmente opposto a quello messo in mano da Klimt alla sua bionda Venere, ma ad esso affine per un insieme di motivi pittorici comuni, spogliati però di qualsiasi valore di trascendenza. Lo stesso è oggi per Schiele. Nannini, motivato da una predilezione originaria per il pittore, nei suoi paesaggi dedicati a Krumau ne ha pazientemente smontato l officina, ricostruito il percorso di formazione ed evoluzione nella storia e nella tecnica dell arte, completando lo studio con un sopralluogo in riva alla Moldava, il fiume blu, fra quelle stesse strade e nella cornice dei luoghi che hanno costituito la materia prima delle tele di Schiele. E fra pittura e realtà ha rintracciato dei motivi da rielaborare, per esempio l asintoto celato da una curva di facciate di case lungo il fiume, la prospettiva sempre scazonte degli edifici, un «volo d uccello» a curva parabolica ma dall incerta visione del sotto, un certissimo limite di muri che confina invece col nulla. Il dipinto più eloquente è Case sul fiume. Prima della pioggia, ove il confine fra l essere e il nulla appare interno alla storia stessa di Krumau, fra il presente e il passato, si faccia un confronto con Città sul fiume blu II (1911) di Schiele. Tutti i materiali vengono selezionati da Nannini tramite la ricerca di un punto di vista originale e tale perché corrispondente a un dato di fatto o meglio ad una condizione psicologica particolare, che è quella determinata, nel nostro tempo, dalla prevalenza dell immagine mediatica. La crisi dell Iomoderno, vissuta da Schiele, viene declinata da Nannini a rovescio, sanandone le perdite estetiche ormai secolari con la perizia di un accordo ricostruttivo fra la mente e la mano il disegno è sempre stato per lui viatico decisivo alla pittura e con l assunzione di un distacco quasi scientifico nei confronti della realtà individualmente esperita, che rende la percezione simile a un atto intellettuale spinto dalla volontà verso l immagine, così da creare una mobilissima «geometria del vissuto». Anche i colori subiscono una trasformazione analoga: il rosso, da Schiele impiegato in modo intermittente e fauvistico, diviene, all occasione, una tonalità che avvolge una casa intera o un insieme di case, ma, più in generale, la pasta pittorica dei modelli eletti a interlocutori, spesso grumosa e torbida, risulta schiarita in rigorosi limiti di superfici sia concave che convesse, in minuziosi piani obliquanti, soprattutto di tetti e di muri, che paiono poter restare sospesi nell aria anche senza punti di appoggio; e la Moldava diviene di un blu quasi glaciale, o di un grigio schiumante, che non scorre La mostra tende infatti alla sospensione geometrica del tempo e si divide in quadri di attimi ove le velature immettono memorie sovrapposte di altri luoghi, di altri paesi, evidenziando le corrispondenze col lungo percorso del suo autore dalla e nella «sua» pianura padana e in una quantità d occasioni che vanno cercate, nei particolari dei dipinti, con la stessa pazienza e cura con le quali egli ve le ha occultate. Non si tratta, comunque, di un inserimento arbitrario, bensì di un nucleo di gravitazione immaginativa che dialoga con repertori artistici fra loro affini, e già saggiati in altre prove, una gravitazione che, nel genere del paesaggio urbano, collega, a tratti, con segreta evidenza, le opere di Iohannes Vermeer e di Edward Hopper. 7. Nannini ha trovato così la via di una resa pittorica che, fra lo scorcio reale di Krumau e il relativo dipinto di Schiele, insinua uno sguardo che si completa con le suddette memorie e soprattutto con un proprio stile. Se infatti si volesse rendere esplicito il suo metodo di lavoro dai notturni agli interni, dai capricci ai ritratti, ad altri precedenti paesaggi, in una ormai più che ventennale ricerca si

potrebbe sintetizzarlo dicendo che egli usa la storia dell arte come un tempo i pittori usavano la natura, e che dopo aver colto il «colore locale», o anche il «punto di vista», non più dal mondo esterno bensì dalla tela di un dipinto antico, lo riporta alla luce del sole o della notte e ne verifica la consistenza in rapporto al «vero». Il lavoro artistico diviene così un travaso meticoloso della vita nella forma, ma senza che l esito del processo sia mai preordinato: come un improvvisazione a posteriori, un alfabeto che, messo a contatto con la realtà, produce nuove «parole» di una lingua comune. Questo implica un legame attivo con la tradizione, ma anche la revoca di qualsiasi anacronismo, poiché il dipinto si trova al centro di una pluralità di impulsi, sia in termini di provenienza morfologica che di finalità, e s incentra sulla presenza del pittore nello spazio e nel tempo come su una preliminare base comune col fruitore della sua opera. Anche la suddetta scientificità, che, in qualche modo, tende a esorcizzare il mondo-immagine in cui siamo rinchiusi, è in realtà una messa a punto di rapporti formali onde rendere credibile l esperienza personale di ogni contenuto. La si impiega quando, volendo bere per dimenticare, nella Stube si paga in anticipo. «Il fatto arte [contemporaneo] comincia con la critica» xvii, scriveva Ardengo Soffici quasi un secolo fa, e tale rilievo s incontra con quello più recente di Emmanuel Lévinas per il quale la prerogativa del romanzo contemporaneo e, si potrebbe aggiungere, della miglior pittura, sta nel «vedere l interiorità dall esterno» xviii. Non è questa la finalità perseguita da Nannini nella presente mostra, ove pare che la sua biografia, dal tempo della prima passione per Schiele, sia vista dall esterno, quasi venendoci incontro «da Krumau»? La natura e l Io-moderno, che per Schiele erano andati perduti, tornano in essa a farsi disegno e struttura: come se guardando in uno specchio vedessimo il nostro volto sparire e dallo specchio emergere ricordi più antichi della nostra memoria. Qualsiasi fine infatti, dalla finis Austriae alla fin de tout, se trova un testimone, non è più una fine, ma una prosecuzione in cui il presente modifica il passato «senza fine». Diceva a ragione Oscar Wilde: «Narciso è il lago» xix. Con lo stesso metodo Nannini coglie l assenza d immagine cui è andata soggetta la Mitteleuropa dopo la Grande guerra: la sterilità di Krumau, che, ai nostri giorni, genera la discendenza d una «bambola globale»: ne evoca cioè la sparizione dipingendola con tutte le risorse della storia dell arte e della sua pittura. Non è un narcotico per nostalgici del «mondo di ieri». ma, ieri come oggi, una lotta con «quell inafferrabile non-essere, che non ha forma e divora i limiti del nostro pensiero». ROBERTO CRESTI Bologna, 1 gennaio 2014 i L edificio vanta una bibliografia sterminata. Mi limito a suggerire un saggio che, pur non essendo ad esso esplicitamente dedicato, ne riassume però l intera eziologia culturale: cfr. A. Riegl, Il moderno culto dei monumenti. Il suo carattere e i suoi inizi (1903), a cura di S. Scarrocchia, Abscondita, Milano 2011. ii Cfr. G. Tateo, La questione del moderno. Hermann Bahr e la cultura europea fin de siècle, in H. Bahr, Il superamento del naturalismo (saggi 1890-1923), a cura di G. Tateo, SE, Milano 1994, pp. 165-230. Bahr fu un critico decisivo per le vicende della Secessione. Conoscitore della cultura francese, egli seppe collegare l opera critica di Baudelaire alla filosofia di Nietzsche. Klimt gli dedicò la Nuda Veritas. iii Cfr. Le arti a Vienna. Dalla Secessione alla caduta dell Impero asburgico. Catalogo della mostra (Venezia, maggio-settembre 1984), Edizioni La Biennale / Mazzotta, Venezia-Milano 1984.

iv Cfr. Schiele, Klimt, Kokoschka: e gli amici viennesi. Catalogo della mostra (Rovereto, ottobre 2006- gennaio 2007), a cura di T. G. Natter, T. Sharman, Th. Trummer, Skira, Ginevra-Milano 2006. v Cfr. K. Kraus, Gli ultimi giorni dell umanità (1922), traduzione e cura di E. Braun e M. Carpitella Adelphi, Milano 1980. L opera fu pubblicata la prima volta con in copertina la fotografia che mostrava il momento subito successivo all esecuzione capitale del patriota italiano avvenuta a Trento il 12 luglio 1916. vi Per tutte le opere citate, cfr. R. Leopold, Egon Schiele. Gemälde Aquarelle Zeichnungen, Residenz Verlag, Salzburg 1972; L'opera di Egon Schiele, introdotta da scritti del pittore e coordinata da G. Malafarina, Rizzoli, Milano 1982; e J. Kallir, Egon Schiele; The Complete Works. Including a Biography and a Catalogue Raisonné. With an Essay by W. G. Fischer, Harry N. Abrams, Inc., Publishers, New York 1998. vii Cfr. E. Schiele, Ritratto d artista, a cura di C. Groff, Abscondita, Milano 2007 (contiene alcune lettere alla madre). viii Cfr. M. Heidegger, Perché i poeti?, in Id. Sentieri interrotti(1950) La Nuova Italia, Firenze 1977, p. 251-254 passim. ix Cfr. D. Hess, Nature as Art s Supreme Guide: Durer s Nature and Landscape Studies, in The Early Dürer. Catalogue of the exhibition (Nuremberg, May-September 2012), edited by D. Hess and Th. Eser, Germanisches National Museum, Nuremberg / Thames & Hudson, London-New York 2012, pp. 117-131. x Cfr. K. Clark, Il paesaggio nell arte (1949), Garzanti, Milano 1962, pp. 27-74 passim. xi Cfr. H. Börsch-Supan, Caspar David Friedrich, Adam Biro, Paris 1989, pp. 9-63 (Le paysage comme language). xii Cfr. R. Steiner, Egon Schiele 1890-1018, Taschen, Köln 2000, pp. 79-92 (Paesaggi dell anima); e W. G. Fischer, Egon Schiele 1890-1018 (1995), ivi 2005, pp. 171-189 (Fiore appassito e città morta. Paesaggi autunnali dell anima). xiii G. Meyrink, Il Golem (1915), Adelphi, Milano 2010, p. 140. xiv Ivi, p. 21. xv Nel dipinto la donna non ha propriamente i lineamenti di Edith Harms, la moglie del pittore, ma il senso dell opera non muta e, anzi, si rafforza, poiché si estende dal caso privato alla umanità intera. xvi Nicola Nannini. Nuda Veritas. Catalogo della mostra (Bologna ottobre-novembre 2007; e gennaiofebbraio 2008), a cura di G. Campanini e R. Cresti, Forni Galleria d Arte, Bologna 2007. xvii A. Soffici, Primi principi di un estetica futurista (1920), in Id., Opere, vol. I, Vallecchi, Firenze 1959, p. 688. xviii Cit. in H. K. Bhabha, I luoghi della cultura (1994), Meltemi, Roma 2001, p. 31. xix O. Wilde, Il discepolo, in Id., Poesie in prosa (1894), a cura di M. Sinigaglia, Acquaviva, Milano 2000.