LE PIU RECENTI SCOPERTE ARCHEOLOGICHE IN ETRURIA E LA LORO IMPORTANZA STORICA



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LE PIU RECENTI SCOPERTE ARCHEOLOGICHE IN ETRURIA E LA LORO IMPORTANZA STORICA In questi ultimi anni le nostre conoscenze sulla civiltà della Etruria antica si sono straordinariamente arricchite. Non si tratta soltanto del moltiplicarsi delle scoperte e della conseguente acquisizione di nuovi dati in settori finora inesplorati e con aspetti talvolta veramente imprevedibili. Ma c è anche tutto un progresso generale nella impostazione dei problemi, che ci avvia a superare se non addirittura a capovolgere tante vecchie idee e ad orientarci verso più vaste e concrete valutazioni storiche dei fenomeni del mondo etrusco. Riassumo le novità di maggior rilievo nei quattro temi seguenti: 1) protostoria; 2) centri costieri; 3) centri minori dell Etruria interna; 4) urbanistica e funzioni della città. I risultati di alcune ricerche archeologiche condotte recentemente nell Etruria meridionale offrono elementi importantissimi per la conoscenza degli aspetti culturali della fine dell età del bronzo e dell inizio dell età del ferro, cioè per i tempi che immediatamente precedono il sorgere e il fiorire, nello stesso territorio, della civiltà degli Etruschi. Il problema della valutazione di queste testimonianze è inscindibile da quello degli sviluppi successivi e, in ultima analisi, della stessa questione delle origini etrusche: la quale, come è noto, è stata oggetto finora di lunghe e spesso sterili discussioni teoriche, sulla base di alcuni schemi ricostruttivi più o meno astratti ed apriostici (provenienza orientale, provenienza dal nord, autoctonia, formazione mista ecc.); ma con il difetto di fondo della mancanza di una documentazione archeologica adeguata proprio per le fasi di maggiore interesse e delicatezza, quelle appunto del formarsi degli insediamenti protostorici, i cui resti erano conosciuti in modo estremamente frammentario e casuale. Gli scavi dell Istituto Svedese a Luni sul Mignone in provincia di Viterbo hanno messo in luce un abitato in altura della tarda età del bronzo - il primo topograficamente ben definito che viene riconosciuto ed esplorato nell Etruria meridionale - con capanne contenenti abbondanti materiali ceramici tardoappenninici, tra cui alcuni frammenti di vasi micenei. Quest ultima scoperta ha un valore culturale e storico eccezionale. Essa è stata ulteriormente convalidata nei mesi scorsi dal rinvenimento di un altro coccio miceneo dagli scavi della Soprintendenza alle Antichità dell Etruria Meridionale in una località poco distante, a Monterovello sui Monti della Tolfa. Finora le tracce del commercio miceneo, abbondantissime in Puglia e in Sicilia, non apparivano sul Tirreno più a nord della Campania. Adesso abbiamo la prova del loro estendersi fino all Etruria, forse in direzione

delle zone metallifere della Toscana. La frequentazione di queste coste da parte di navigatori provenienti dal Mediterraneo negli ultimi secoli del II millennio av. Cr. sembra riaprire tutte le possibilità sulla validità dell ipotesi, più volte affacciata dagli studiosi, che le tradizioni antiche relative all origine orientale degli antenati degli Etruschi - Tirreni e Pelasgi - siano da ricollegare al ricordo di navigazioni della fine dell età del bronzo (e non da spiegare con una colonizzazione di età storica, come erroneamente fu sostenuto e continua ad essere sostenuto da diversi studiosi). Le densità, la continuità e la relativa floridezza degli insediamenti dell area etruscolaziale tra la tarda età del bronzo e l età del ferro è d altra parte dimostrata con una certa evidenza da questi e da altri rinvenimenti: per esempio a San Giovenale, a Bolsena, a Narce e a Roma stessa, dove un abbondante scarico di cocci tardo-appenninici nella zona del Foro Boario rivela l esistenza di villaggi molto prima della fondazione di Romolo. Soprattutto interessante è l aspetto culturalmente evoluto di certe manifestazioni dell età del bronzo finale o di transizione. Cito a questo proposito: a) un grandioso edificio ligneo parzialmente incavato in una vasta fossa rettangolare, con vasi di stile protovillanoviano, scoperto nella stessa Luni da C.E. Ostenberg; b) le monumentali tombe a circoli di pietre pure protovillanoviane - fatto assolutamente nuovo e sorprendente - che F. Rittatore sta esplorando a Crostoletto di Lamone nella valle del Fiora. Qui ci troviamo di fronte a fatti che cambiano la prospettiva di un mondo che si era soliti ritenere primitivo e per ciò stesso pongono in nuova luce i processi iniziali del costituirsi delle comunità storiche dell Etruria. Non posso tralasciare a questo punto di far menzione, sia pure con un semplice accenno, ad una serie di scoperte che ampliano singolarmente le nostre cognizioni sulle prime fasi della civiltà etrusca, dandoci un idea sempre più chiara della complessità, dell alto livello e della estensione delle sue esperienze. Ricordo la bella urna cineraria a capanna, di lamina di bronzo lavorata a sbalzo proveniente da Vulci, che costituisce assolutamente un unicum nel suo genere; pure a Vulci si sono rinvenuti complessi tombali di grande ricchezza particolarmente significativi dello splendore di questa città nel VII e specialmente nei primi decenni del VI secolo av. Cr., ancora parzialmente inediti, come la Tomba del Carro e la Tomba del Pittore della sfinge barbuta, con arredi e vasi di bronzo e ceramiche dipinte delle fiorentissime fabbriche locali che si ispiravano allo stile corinzio ed esportavano i loro prodotti fin nella lontana Cartagine. La individuazione e la esplorazione di sepolcri monumentali nella valle dell Arno - specialmente il grande tumulo con tholos (falsa cupola) di lontana ascendenza micenea detto la Montagnola presso Quinto Fiorentino provano il diffondersi della civiltà orientalizzante anche nell Etruria

settentrionale interna, che si riteneva assai più arretrata dell Etruria costiera. Vengo ora al secondo e al terzo tema della mia presentazione. La stupefacente ricchezza archeologica dei grandi centri etruschi e delle loro necropoli - che furono per secoli, e continuano ad essere anche oggi, una inesauribile miniera di ritrovamenti preziosi - ha assorbito quasi per intero finora l interesse e l attività degli studiosi. Si può dire che tutto ciò che noi conosciamo della civiltà e dell arte etrusca s incentra nelle scoperte di Veio, di Caere, di Tarquinia, di Vulci, di Orvieto, di Chiusi, di Perugia, di Volterra ecc. E si può anche aggiungere che gran parte di queste conoscenze sono il frutto di ricerche facili, superficiali e sommarie, perché una vera e propria esplorazione sistematica, topografica e stratigrafica, delle stesse grandi città può considerarsi appena all inizio. Per una serie di circostanze particolari, in questi ultimi anni l indagine scientifica si è venuta orientando piuttosto verso altri obiettivi, e cioè da un lato verso gl impianti costieri, da un altro lato verso i centri minori dell Etruria interna. Queste località, meno famose e meno redditizie, erano rimaste praticamente vergini. Cosicché la loro esplorazione, i risultati ottenuti e i problemi e i dati che ne emergono costituiscono un aspetto di autentica novità. Molte delle grandi città etrusche sorgevano a poca distanza dal mare e possono considerarsi città marittime. Ma dei loro scali portuali veri e propri si conosceva appena il nome e, in qualche caso, l ubicazione. La prima occasione di affrontare uno scavo programmato, tra l altro in condizioni particolarmente favorevoli, si è avuta a Pyrgi - porto di Caere oltrechè sede di un celebre santuario - per iniziativa dell Istituto di Etruscologia dell Università di Roma. Questa impresa, iniziata nel 1957, ha dato risultati di grande rilievo sui quali non credo opportuno soffermarmi, dato che essi sono già stati più volte illustrati e appartengono ormai in un certo senso alle nozioni acquisite degli studi etruscologici. Mi limito soltanto a sottolineare l interesse artistico delle terrecotte templari, confermato dai più recenti trovamenti e restauri: e a ricordare l eccezionale valore storico e linguistico delle lamine d oro inscritte, una in fenicio, due in etrusco, scoperte nel 1964: documenti che, pur tra le molte perduranti incertezze della loro interpretazione, sono venuti ad illuminare un intero capitolo della storia politica ed istituzionale dell Italia tirrenica al principio del V secolo av. Cr. Alle lamine d oro si aggiungono altre due iscrizioni sacrali su lamina di bronzo recuperate a Pyrgi e i frammenti di un nastro di piombo inscritto, anch essi di contenuto rituale, rinvenuti a Punta della Vipera presso S. Marinella, pochi chilometri a nord di Pyrgi. Si ha l impressione che questi scavi in luoghi di culto della costa ci abbiano messo per la prima volta di fronte a documenti di archivi templari: un settore totalmente inedito della

epigrafia etrusca ed una nuova preziosissima fonte per la conoscenza delle religione etrusca. L altra grossa scoperta è quella avvenuta nel 1970 a Graviscae, il porto di Tarquinia, durante gli scavi della Soprintendenza diretti da M. Torelli. Si tratta di un piccolo santuario arcaico con materiale greco e una iscrizione greca incisa sopra una pietra, verisimilmente un simulacro aniconico, contenente una dedica ad Apollo Eginetaee, quale committente, il nome di Sostratos di Egina, navigatore e commerciante in occidente ricordato da Erodoto (IV, 152). Anche qui ci troviamo di fronte ad una testimonianza d importanza storica rivoluzionaria. La presenza culturale, religiosa e forse politica dei Cartaginesi a Pyrgi, la presenza di un fondaco greco a Graviscae: questi fatti sono destinati a collocare l Etruria in una nuova, straordinaria prospettiva di apertura e partecipazione alla rete delle grandi interrelazioni mediterranee di età arcaica. Nel retroterra etrusco imprese di ricerca bene organizzate, specialmente missioni straniere, hanno affrontato per la prima volta la esplorazione sistematica di quei piccoli abitati le cui tracce affiorano a decine e decine sulle alture tufacee e che erano stati finora quasi totalmente ignorati dall archeologia ufficiale. Gli Svedesi, anche per il personale impulso e con l assidua partecipazione del re Gustavo Adolfo, hanno cominciato le loro esperienze in questo campo a San Giovenale, e le hanno poi sviluppate negli scavi in corso ad Acquarossa presso Ferento. Si tratta di centri fortificati di antica origine (a San Giovenale l insediamento risale addirittura alla tarda età del bronzo), fioriti in età arcaica e poi decaduti o scomparsi a partire dal V secolo a.c. Le condizioni ideali offerte da zone prive di costruzioni e rimaneggiamenti posteriori, sfuggite anche alla curiosità e agli assaggi dei ricercatori moderni, consentono osservazioni minuziose di resti pressoché intatti, altrove perduti. Così ad Acquarossa ci è dato riconoscere e studiare nella loro integrità planimetrica, negli avanzi delle soprastrutture, nel materiale delle suppellettili, varie abitazioni etrusche del VI secolo, alcune delle quali caratterizzate da una pianta con tre camere parallele aperte sopra un vestibolo o una corte antistante, che ricorda molto da vicino lo schema riprodotto dalle tombe della necropoli di Cerveteri. La testimonianza di queste località minori illumina così di riflesso l architettura domestica delle grandi città etrusche. Si aggiungano anche, sempre ad Acquarossa, i numerosissimi documenti della decorazione architettonica con terrecotte figurate, in parte risalenti alle fasi di origine di questo sistema, imitato dal mondo greco certamente già nel corso del VII secolo, ma applicato in Etruria con particolare inventiva, in relazione alla diffusione e alla persistenza dell architettura lignea, così nelle case come nei templi. L interesse delle scoperte in questione va però molto al di là dei problemi delle

tecniche edilizie e dell arte. Esso tocca la storia degli sviluppi politici, economico-sociali e demografici del mondo etrusco e dei rapporti fra i diversi tipi di insediamenti. Si conferma l esistenza in età arcaica, soprattutto nell Etruria meridionale, di una densa fioritura di piccoli centri, sorgenti spesso a non grande distanza l uno dall altro, con proprie caratteristiche e verisimilmente con una certa autonomia di organizzazione e d iniziativa. Fra questi debbono annoverarsi senza dubbio i nuclei abitati ai quali appartengono le grandi necropoli con sepolcri rupestri a facciata architettonica, come quelle di Castel d Asso, Blera, Norchia, Tuscania, Sovana, che costituiscono una delle meraviglie di ricognizione e di rilievo da parte del Centro di studio per l archeologia etrusco-italica del Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano (la prima opera, dedicata alla necropoli di Castel d Asso, ha visto la luce negli ultimi mesi). Soltanto alcuni pochi dei centri di cui si parla hanno avuto una continuità di vita posteriore o addirittura un incremento, come Tuscania, ritenuta comunemente una fondazione urbana di epoca tardo-etrusca, ma che invece era già fiorentissima in epoca arcaica, come risulta dai recenti rinvenimenti della Soprintendenza alle Antichità dell Etruria Meridionale. Normalmente si constata un processo di più o meno rapida decadenza dei centri minori interni in conseguenza dell imponente sviluppo delle grandi città soprattutto della linea costiera, come Caere, Tarquinia, Vulci ecc. che finiscono con l assorbire le energie più vitali e incorporarli nel loro territorio. Un altro avvenimento di rilevante interesse archeologico e storico è così rappresentato dallo scavo della missione americana del Bryn Mawr College, diretta da Kyle Meredith Phillips, sul Poggio Civitate presso Murlo in provincia di Siena, che ha portato alla scoperta, davvero imprevista, di un santuario arcaico, singolare per la grandiosità e la regolarità del suo impianto (un maestoso rettangolo porticato con un piccolo tempio nel lato nord) e per la straordinaria ricchezza delle terrecotte decorative che rivestivano gli edifici: lastre e gocciolatoi con fregi figurati, antefisse, acroteri statuari in forma di sfingi, grifi, figure umane sedute ecc. Tutta questa opera si colloca cronologicamente in un breve periodo di tempo fra il secondo e il terzo quarto del VI secolo av. Cr., e dipende direttamente, come sembra, dall arte di Chiusi ancora imbevuta di reminiscenze orientalizzanti e di forme protoelleniche di tradizione dedalica. E ancora difficile misurare il valore e il significato della scoperta, tanto più che le ricerche sono ancora in pieno sviluppo. Ma non nascondo la mia impressione, provata visitando Poggio Civitate, che qui nel cuore della Toscana, sui dolci colli senesi, stia risorgendo l immagine di un monumento religioso progettato unitariamente da una singola potente e munifica volontà, forse di un principe chiusino: monumento poi destinato a rapida rovina con il mutare delle

circostanze e degli eventi. Il quadro tradizionale della civiltà etrusca si arricchisce, si trasforma, si precisa. Eccoci infine al quarto ed ultimo tema. In questi anni lo studio dell urbanistica antica ha assunto quasi un ruolo di protagonista dei più vivaci e fecondi indirizzi della scienza delle antichità classiche. Esso non poteva non riflettersi in modo fortemente stimolante anche sull etruscologia, come dimostra fra l altro il Convegno di studi sulla città etrusca e italica preromana tenuto a Bologna nel 1966, di cui sono stati da poco pubblicati gli Atti in un denso volume. La ricerca sul terreno ha avuto grossi sviluppi proprio nella località classica delle nostre conoscenze sulla urbanistica etrusca, e cioè a Marzabotto, la famosa città a pianta regolare e orientata secondo i punti cardinali scoperta nella prima metà del secolo scorso e incessantemente riproposta all attenzione degli studiosi come modello di una concezione planimetrica legata a peculiari esigenze rituali etrusche ovvero all influenza dell architettura ippodamea nel mondo italico. I vecchi scavi avevano lasciato aperte tante questioni essenziali: la data dell impianto urbano, la sua attuazione simultanea o progressiva i rapporti con gli edifici sacri dell acropoli e con i sepolcreti, le fasi di decadenza e di abbandono della città. Le indagini riprese a partire dal 1949 da P.E. Arias e poi da G. A. Mansuelli segnano l ingresso della esplorazione di Marzabotto nella sfera delle attività archeologiche più modernamente controllate. I loro risultati possono riassumersi nei punti seguenti: 1) Esistono tracce sicure di occupazioni antecedenti al grande progetto urbanistico ortogonale, che appartiene verisimilmente alla prima metà del V secolo av. Cr., e cioè al pieno fiorire della civiltà etrusca attestata a Bologna con il nome di civiltà della Certosa. 2) L impianto sembra essere studiato unitariamente indipendentemente dalle condizioni del terreno e dai precedenti insediamenti, in un senso per così dire coloniale, come ripartizione di spazi entro le linee stradali incrociate. Gl incroci sono segnati da cippi interrati, uno dei quali reca incisa l indicazione dell orientamento astronomico. Gli spazi delle insulae vennero riempiti progressivamente da costruzioni (così come, in tutt altro ambiente, si è constatato per la prima fondazione dell impianto coloniale greco a Megara Hyblaea in Sicilia). 3) Si cominciano a distinguere edifici di varia destinazione (per esempio officine nel centro della città) e a chiarire meglio la struttura delle case di abitazioni, generalmente molto semplici, con piccoli ambienti prospicienti su una corte centrale, senza sviluppo in altezza. 4) Non mancano tracce, anche se poco appariscenti, delle fasi corrispondenti alla occupazione celtica nel IV e III secolo av. Cr. 5) Diversi indizi sembrano suffragare l ipotesi che la creazione in qualche modo preordinata e artificiale di questo grosso centro vallivo e il suo non lungo periodo di splendore siano da porre in

relazione soprattutto con lo sfruttamento minerario della zona. Il sistema urbanistico attestato a Marzabotto e i tipi di architettura civile ad esso collegati trovano significative conferme in altri complessi monumentali scoperti o posti in risalto in questi ultimi tempi. La necropoli di Cerveteri, con particolare riguardo agli scavi condotti dalla Soprintendenza a nord-est della zona archeologica recintata dall altura della Banditaccia, presenta una sistemazione con vie sepolcrali diritte, e che talvolta s incontrano ad angolo retto, fiancheggiate da tombe che riproducono al vero facciate di case ad un solo piano, che possono darci in qualche modo un idea della fronte delle insulae di Marzabotto. Lo stesso schema s incontra nella necropoli del Crocefisso del Tufo di Orvieto. La funzione della città in Etruria si rivela sempre più un oggetto di studio affascinante, via via che si amplia l orizzonte delle scoperte archeologiche e si puntualizza la loro interpretazione. Non è più possibile ormai dubitare che lo sviluppo della civiltà urbana, insieme con l introduzione della scrittura, rappresenta l inizio del mondo storico degli Etruschi, sotto l impulso dei modelli orientali e greci. Ma ben presto, e cioè gia nel VII secolo, alcuni di questi centri debbono aver raggiunto un così alto livello di floridezza, di potenza e di incremento demografico da gareggiare con le antiche città dell Oriente e della Grecia e con le loro colonie occidentali. Lo dimostrano l ampiezza dei perimetri, la monumentalità delle sterminate necropoli, la favolosa ricchezza dei corredi sepolcrali. Ci colpisce soprattutto il fatto che in certi brevi periodi - per esempio a Caere tra la fine del VII e la metà del VI secolo av. Cr. si siano potuti costruire o scavare centinaia di sepolcri familiari, e deporre in essi, sottraendoli alla circolazione economica e al consumo, beni di acquisto o di produzione in tanta quantità e di tanto pregio, come gioielli, argenterie, arredi di bronzo, vasi dipinti e di bucchero (cui debbono aggiungersi evidentemente tessuti, manufatti lignei ed altri oggetti di materia deperibile). Non si tratta di poche tombe di potenti o di nobili, ma di una intera società, costituita da un numero grandissimo di famiglie di condizione tanto agiata da concedersi la possibilità di far fronte a questi costosi obblighi rituali. La stessa impressione si prova - e si accresce moltiplicandosi le scoperte - di fronte alle tombe dipinte di Tarquinia, gran parte delle quali si concentrano nei decenni finali del VI secolo e nei primissimi del V. In poco più di dieci anni, grazie soprattutto alle ricerche di prospezione del sottosuolo condotte dalla Fondazione Lerici, il loro numero si è triplicato; e tutto l insieme di queste opere figurate ci dimostra l altissimo e generale livello del gusto, della fantasia, della cultura, del lusso, della raffinatezza di vita della società tarquiniese, raffigurata nel suo ambiente, nei suoi costumi sfarzosi, nei suoi atti quotidiani e rituali.

Né si può parlare di una società barbarica o illetterata, di fronte alla Grecia di Esiodo, di Saffo, di Stesicoro. Le iscrizioni etrusche arcaiche trovate a Caere - e in continuo aumento di anno in anno ammontano a molte decine. Quelle anteriori al 600 av. Cr. sono notevolmente più numerose delle iscrizioni greche raccolte nelle singole città coloniali della Magna Grecia e della Sicilia - comprese le più antiche e famose, come Taranto, Sibari, Siracusa e in gran parte delle stesse città della madrepatria greca e della Grecia asiatica. Evidentemente ci troviamo di fronte a indizi che ci invitano a meditare sulla vecchia immagine di una Etruria fenomeno storico marginale dell antica civiltà mediterranea o modesta provincia culturale del mondo greco alla quale anch io che vi parlo avevo finora inclinato -; e quanto meno a distinguere l angusta realtà delle città etrusche nei tempi della decadenza e della conquista romana dalle esperienze aperte, originali e vitalissime dell età arcaica. La disgrazia dell Etruria è stata la perdita della sua letteratura e della sua tradizione storiografica. Ad essa suppliamo con lo studio dei monumenti superstiti e con la ricerca archeologica. Ogni nuova conquista in questo campo è un passo che ci avvicina alla verità della storia. PROF. MASSIMO PALLOTTINO