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vene moderne nel vocabolario si va formando il Vocabolario MASSIMO FANFANI 1 107

Alla compilazione di un grande vocabolario fondato sulla lingua del Trecento gli accademici lavoravano già prima del marzo 1591, quando ufficialmente stabilirono di schedare, in modo sistematico e completo, le opere di Dante, Boccaccio e Petrarca. Pochi mesi dopo cominciarono ad essere sottoposte alla discussione collegiale le dichiarazioni delle voci, nelle quali i singoli accademici abbozzavano la struttura dei primi lemmi, con esempi non solo dalle Tre Corone, ma anche da altri autori antichi, tratti in gran parte dagli spogli raccolti da Lionardo Salviati. Tali dichiarazioni, conservate manoscritte nell Archivio della Crusca, testimoniano bene, pur con le loro incongruenze e le diversità di tono da accademico ad accademico, che si stava seguendo un metodo preciso e si mirava a un traguardo ormai chiaro. Il singolo lemma risulta quasi sempre scolpito e articolato con sicurezza, sulla base di un complesso di operazioni che prevedevano l attento vaglio degli esempi antichi, il costante ancoraggio alle corrispondenze classiche, il tentativo di interpretazione etimologica, il frequente paragone con il parlato contemporaneo, illustrato attraverso proverbi e modi di dire, la sottile considerazione dello scarto semantico che offrono, nell uso, sinonimi e termini affini. 2 1. L ECO DEL PARLATO NELLE DICHIARAZIONI DELL ACCADEMI- CO PIER FRANCESCO GIOVANNI (Archivio dell Accademia della Crusca, ms. V, c. 5v; pubblicato in Parodi 1974, p. 80). Nelle dichiarazioni delle voci abbagliare, abbaiare, abbandonare, abbarbagliare e loro derivati, l «Annebbiato» si richiamava spesso a espressioni dell uso. Definendo il lemma abbaiatori (ricavato da una citazione del Boccaccio), svolgeva questa riflessione: «Questo nome viene dal verbo abbaiare, che vuol dire cicaloni maldicenti che non dicono cosa vera né che se ne possa cavare costrutto di verità, sì come fa l cane che abbaiando non forma parola et abbaia a suo capriccio et molte volte allo sproposito, sì come fanno i cani delle ville. Si dicie ancora in dispregio di qualcuno: lascialo dire ché egli abbaia, cioè e non dicie nulla di sustanzia. Da questo ancora ne vien quel detto che dicie: tu vuoi la baia, al quale si risponde: io piglierei un can per la coda, il quale subito verrebbe abbaiando». Si avverte chiaramente dietro queste parole il suono del parlato contemporaneo, che poi svanirà nella pagina a stampa del Vocabolario. 108

2. LE ETIMOLOGIE FANTASTICHE DI MICHELANGELO BUO- NARROTI IL GIOVANE (ivi, c. 10v; pubblicato in Parodi 1974, p. 86). Nominato accademico poco più che ventenne nel 1589, il nipote di Michelangelo fu uno dei compilatori più attivi. Le sue prime dichiarazioni furono discusse in accademia il 18 dicembre 1591 e incuriosiscono soprattutto per le tortuose etimologie proposte, come quelle che si leggono alle voci abbreviato (da c. 10r) e abbruciare. Ma si può anche vedere come tale sfoggio di fantasia fosse subito frenato dalla mano prudente di un altro cruscante: «Par piuttosto che venga dalla voce breve» (per abbreviato), «Vedi se viene da brace o abbraciare» (per abbruciare). 3. LE CRITICHE DI FILIPPO DE BARDI AL LEMMARIO (ivi, c. 11r; pubblicato in Parodi 1974, pp. 87-88). Il 18 gennaio 1592 furon presentate le dichiarazioni dell «Arido», che si distinguono per i loro spunti metalessicografici. Alla voce a bene, ad esempio, nota subito che non si tratta di una locuzione avverbiale e di conseguenza sostiene che non può esser lemmatizzata (e difatti sarà poi espunta dal lemmario); tenta poi di escludere per motivi puristici le locuzioni latine ab esperto e ab eterno (trattata nella c. 11v) che, tuttavia, in virtù del fatto che erano state impiegate rispettivamente da Petrarca e da Boccaccio, entreranno nel Vocabolario. 3 109

4. ESEMPI DI USO VIVO NELLE DEFINIZIONI DI PIER FRANCESCO CAMBI (ivi, c. 15r; pubblicato in Parodi 1974, p. 90). Le voci dello «Stritolato», presentate in Accademia il 22 gennaio 1592, nonostante si basino anch esse su esempi di autori trecenteschi e nonostante la loro stringatezza (tanto che furono restituite all autore affinché le rielaborasse più diffusamente), sono ricche di espressioni tratte dall uso vivo contemporaneo, che tuttavia, anche in questo caso, non troveranno posto, se non in minima parte, nei lemmi della stampa. Si confronti, in proposito, la dichiarazione della voce a buon concio (priva nel manoscritto dell esempio boccacciano da cui chiaramente deriva), con il corrispettivo lemma del Vocabolario, costituito invece solo da quell esempio e da una contenuta definizione sinonimica: «Con buona pace, d amore e d accordo, senza danno». 4 110