Acqua: quale gestione per un bene comune?

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Acqua: quale gestione per un bene comune? Margherita Loddoni, Marco Valente, Emanuela Paoletti Luglio 2010 www.quattrogatti.info

Nel corso degli ultimi anni si è sviluppato un dibattito sull'acqua e sono state sollevate molte domande sulla questione.tra le più frequenti 1. L' acqua sta per finire? 2. È vero chela scarsitàd'acqua e la sua gestione generano conflitti tra stati e tensioni sociali? 3. In cosa consiste un dibattito sulla privatizzazione dell'acqua in Italia?Quali sono le questionipiù importanti? Cerchiamo di fare quindi un po' di chiarezza su queste tre questioni.

Ma quanta ce n'è? All'apparenza tanta! Più di un miliardo di chilometri cubici!ma quasi tutta si trova negli oceani... (elaborazione su dati del World Resources Institute http://www.wri.org/publication/watering-scarcity)

E di questa acqua dolce solo l'1% èutilizzabile Poco meno del 70% dell acqua dolce è rappresentata dai ghiacci ed è quindi inutilizzabile (ma comunque fondamentale per l'ecosistema!) Rimane disponibile circa il 30% delle acque dolci, sotterranee e superficiali, corrispondente a meno dell'1% dell acqua totale del pianeta. (elaborazione su dati del World Resources Institute http://www.wri.org/publication/watering-scarcity)

In altre parole, quest'acquaèsufficienteper i bisogni dell'umanità?

In molti casi no! Prima di tutto, non si trova distribuita in modo uguale in tutto il pianeta Piùdi 1 miliardo di persone non hanno accesso all'acqua potabile (dati ONU) Inoltre questo mancato accesso può avvenire sia per scarsità vera e propria, sia per mancanza di infrastrutture in paesi che sono in realtà ricchi di acqua come Etiopia e Brasile.

E la situazione potrebbe peggiorare per via dei cambiamenti climatici. Nella presentazione "Cambiamenti Climatici : una sfida per l'umanità?" abbiamo mostrato come le risorse di acqua potrebbero essere messe a dura prova a causa dello scioglimento dei ghiacci e per il probabile aumento dell'incidenza di siccità in alcune aree del mondo.

Il ghiaccio rappresenta più di due terzi di tutte le risorse di acqua dolce del pianeta. Numerosi ghiacciai si stanno sciogliendo velocemente nelle zone piu' popolose del pianeta. In Asia, 1,3 miliardi di persone dipendono dall acqua dai fiumi dell Himalaya e degli altipiani del Tibet. PRIMA I ghiacciai delle Alpi sono diminuiti di più del 50% dal 1850 ed entro la fine del secolo potrebbero scomparire quasi del tutto! ADESSO

Il tutto aggravato da un aumento della siccità Questa mappa indica chiaramente un aumento dell incidenza di siccità media nel mondo (aree rosse) già in atto. In particolare l Italia e l area mediterranea, come indica il grafico, hanno una buona parte del territorio seriamente a rischio di siccità. Questo è vero in particolare per il Sud e le isole dovepotrebbero verificarsisiccità molto severe. Fonte: Dai et al. (2004) e IPCC (2007).

PERÒ... L'acqua non è accessibile ovunque, con la stessa facilità, in maniera stabile durante periodi diversi. Se Tony vive in una città con scarso accesso all'acqua, ha senso dire che nel mondo c è abbastanza acqua per tutti? (ad esempio è ciò che avviene in Etiopia: le risorse idriche sono abbondanti, ma le infrastrutture sono poche e spesso di pessimo livello). La sua qualità è importante: anche l'inquinamento ne determina la scarsità per i nostri usi! Esempi: Il 48% dell'acqua nelle città cinesi non viene trattata da sistemi di purificazione. fonte: http://www.wri.org/publication/watering-scarcity In India, 6milioni di persone vivono in un'area con acqua contaminata dall'arsenico. fonte: http://asrg.berkeley.edu/03haqueasdwskinles.pdf

Quindi la disponibilità "qui ed ora" è un aspetto chiave. Tutto dipende dalle zone in cui ci si trova: in alcune l acqua èabbondante, in altre rappresenta un grave problema. Ma cerchiamo di capire: cosa significa avere un accesso sicuro ed abbondanza di acqua, e cosa significa uno sfruttamento eccessivo?

Possiamo sfruttare troppa acqua anche quando siamo in competizione con l ambiente per il suo utilizzo. Il riquadro nei due esempi in basso rappresenta la disponibilità totale di acqua. Nel primo esempio, c è un surplus (fascia bianca), perché gli usi sono inferiori alla disponibilità In questo secondo esempio, l'uso dell'acqua è superiore alla disponibilità e ci troviamo a competere con i bisogni di quell ecosistema. Questo è un problema.

Esiste un "Indice di sfruttamento dell'acqua" usato all'agenziaeuropea dell'ambiente, che ci dice quanto è "sostenibile" il livellodisfruttamento delle risorse idriche. Semplificando molto, possiamo dire che Sotto al 20% dell'acqua disponibile: Accesso "sicuro" e abbondanza di acqua. Sopra il 20% dell'acqua disponibile: Ne sfruttiamo troppa e la risorsa è sotto "stress" E da noi in Italia?

accesso "sicuro" abbondanza di acqua scarsità di acqua, detta "water stress" Dal grafico si nota come l'italia, al pari di altri paesi in Europa, si trova in una condizione di "water stress" fonte: Agenzia Europea dell'ambiente

E quasi tutte le nazioni più popolose sono in"water stress"

Dal grafico si nota che: - L'utilizzo di acqua è cresciuto notevolmente negli ultimi trent'anni - La maggior parte del consumo di acqua è destinato all'agricoltura (FAO, 2008).

In Italia? (Fonte: dati FAO tramite ACQUASTAT http://www.fao.org/nr/water/aquastat/main/index.stm)

L utilizzo da parte dell uomo consuma veramente l acqua? Tra tutte le risorse naturali l acqua è la più rinnovabile. Nel ciclo globale dell acqua le precipitazioni restituiscono alla superficie della terra una risorsa di ottima qualità. Noi utilizziamo l acqua per l industria, l agricoltura o per usi domestici e in questo modo la restituiamo al sistema Ma lo stato di qualità è fortemente alterato a causa delle numerose sostanze nocive rilasciate dall attività umana. Questo, oltre a danneggiare spesso in modo molto grave gli ecosistemi, rende la risorsa idrica inadatta per ogni ulteriore uso per le necessità dell uomo. Quindi, in molti casi, la limitatezza delle risorse idriche è dovuta a fattori qualitativi oltre che quantitativi.

Per riassumere... L'acqua è una risorsa scarsa e spesso se ne consuma troppa. Anche in Italia! I cambiamenti climatici in atto porteranno probabilmente ad un aumento dell'incidenza di siccità e il parziale scioglimento di alcuni dei più importanti ghiacciai del mondo che alimentano fiumi e laghi. L'inquinamento delle fonti idriche mette ancora di più sotto stress questa risorsa. La questione diventa ancora più rilevante se sommiamo a tutto ciò anche l'aumento della popolazione mondiale (che l ONU stima di nove miliardi nel 2050) e la relativa crescita di domanda di cibo.abbiamo visto infatti come la maggior parte dell'acqua si utilizzi proprio in agricoltura. Ad esempio la disponibilità di acqua si sta riducendo in Cina, India e Stati Uniti che da soli producono la metà del cibo del pianeta e ospitano circa la metà della popolazione mondiale. (http://www.worldwatch.org/node/1661)

Questo solleva un'altra domanda: che implicazioni ci sono a livello internazionale?

Cerchiamo quindi di capire(1) se la scarsità di acqua genera conflitti tra stati e poi (2) che relazione sussiste tra la gestione dell'acqua e tensioni sociali locali.

Per rispondere alla prima domanda sulla relazione tra acqua e conflitti tra stati, diamo un'occhiata ai dati disponibili. E' stato calcolato che il territorio di ben 145 paesi comprende o confina con2 o più bacini d'acqua internazionali (Worldwatch, 2005).Questo significa che la gestione delle risorse idriche implica necessariamente una qualche interazione tra stati. Questo spiega in parte perché ci siano molti esempi di conflitti armati combattuti in relazioni a fonti idriche, come ad esempio avviene o è già avvenuto nelle aree in prossimità dei fiumi Tigri, l'eufrate, il Nilo e l'indo (Elhance, 1999; Lowi, 2000).

tuttavia Un'analisi storica (Pacific Institute, 2010 e OECD, 2005) rivela che: (1) le cause che sono alla base di guerre tra stati sono per lo più una combinazione di tanti fattori legati l'uno all'altro. Quindi può essere superficiale parlare solo di guerre per l'acqua. (2) nel corso della storia si sono firmati sempre piu accordi e trattati per gestire le risorse idriche comuni.

Per esempio secondo la FAO (2006) dal 1820 al 2005 sono stati firmati piu di 400 trattati legati all'acqua e piu della metà solo negli ultimi 50 anni! Cosa possiamo concludere? Da una parte la possibilità diguerre per l'oro blunon deve essere esclusa a priori. Dall'altromolti esperti parlano di "cooperazione idrica" secondo cui sono piu gli incentivi a cooperare - invece che entrare in conflitto - per il controllo delle risorse acquifere (anche se però l'efficacia di questi accordi rimane una questione aperta!).

SI!... infatti,sempre piutensionilegate alla gestione dell'acqua si verificano all'interno di specifici paesi, per esempio: (1) tra le comunità locali e lo stato (2) tra diverse comunità locali. Questo significa che a livello internazionale la questione della gestione dell'acqua non riguarda solo i conflitti tra stati matensioni alivello locale. Vediamo qualche esempio...

Un episodio che testimonia il primo caso è avvenuto a Cochabamba (Bolivia). Si tratta dellaa protesta organizzata nelgennaio del2000 tra agricoltori e lo stato dopo la privatizzazione dell' acquedotto. Altri casidi tensioni sociali legatialla gestione dellerisorse idrichesi sono verificati in altri paesi. Esempi diversi riguardanokenya (2000), India (2006), Etiopia (2004) etc.una lista aggiornata è disponibile sul sito: http://www.worldwater.org/conflict/list/

Buona barte di queste tensioni sociali si verificano nei paesi relativamente meno sviluppati. Questo è facilmente spiegabile dal fatto che esiste un circolo viziosotra povertà accesso all'acqua eprocesso di sviluppo(who and UNICEF, 2010; UNDP, 2006).I paesi poveri hanno dunque meno accesso all'acqua. Secondo l'onu, nonostante la centralità dell acqua in tutti gli aspetti della vita umana, il settore idrico è caratterizzato da [...] una poor governance.questo spiega perchècentinaia di milioni di persone nel modo rimangano povere [...] e soggette [...]a instabilit politica e conflitti (UNESCO, 20009).

Abbiamo quindi capito che non è del tutto vero che ci siano sempre piùconflitti tra paesiacausa esclusivamentedell'acqua. Ci sono però tensioni socialia diversi livelli all'interno dei singoli paesi che hanno a che fare con la gestione dell'acqua. Tutto questo solleva domande sulle diverse modalità di gestione dell'acqua e la sua natura in quanto bene comune.

Abbiamo fatto un pò di chiarezza nelle idee, tuttavia resta ancora da capire: CHI GESTISCE IL SERVIZIO IDRICO?

Se consideriamo le 400 città più grandi al MONDO nel 90% dei casi il servizio idrico integrato è gestito dal settore pubblico. La percentuale è leggermente inferiore, considerando i paesi ad alto reddito, l Europa, gli Stati Uniti e il Giappone. (PSIRU) Chi gestisce il servizio idrico In EUROPA delle 44 città con più di un milione di abitanti, il 36% sono gestite da privati, la metà delle quali in Gran Bretagna e Francia. (PSIRU) L analisi è significativa perché i grandi agglomerati urbani, città e metropoli, sono mercati più ambiti dalle multinazionali e dal settore privato.

E in ITALIA chi gestisce il Servizio Idrico? Oggi nella maggior parte dei casi il Servizio Idrico Integrato è affidato a Società per Azioni a capitale totalmente pubblico, ma proviamo a fare un po di Storia All inizio degli anni 90, la condizione del Servizio Idrico in Italia era la seguente: Eccessiva frammentazione delle gestioni: in tutto quasi 8000 tra aziende municipalizzate, consorzi, cooperative e gestioni in economia (fatte direttamente dai Comuni). Perdite degli acquedotti molto elevate. Questa situazione rendeva necessari i seguenti interventi: Grandi investimenti per migliorare le infrastrutture (acquedotti, fognature, depuratori). Riorganizzazione della gestione del servizio idrico.

Per far fronte a tali esigenze del 1994 viene approvata la Legge Galli che introduce le seguenti novità: a) Viene introdotto il concetto di SERVIZIO IDRICO INTEGRATO (SII) ovvero: ACQUEDOTT O FOGNATURE DEPURATOR E Saranno gestiti da un UNICO SOGGETTO b) Costituzione degli AMBITI TERRITORIALI OTTIMALI (ATO): ogni Regione dovrà delineare sul proprio territorio gli ATO rispettando i confini dei bacini idrici in modo da garantire una gestione sostenibile delle risorse idriche. c) Ogni ATO sarà controllato da un AUTORITA di AMBITO composta dai Comuni

La Legge Galli del 1994 d) Viene introdotto il concetto di FULL RECOVERY COST ovvero: COSTI di INVESTIMENTI per REMUNERAZIONE del ESERCIZIO INFRASTRUTTURE CAPITALE INVESTITO LA TARIFFA pagata dagli utenti dovrà comprendere: Con la Legge Galli diventa obbligo dei cittadini finanziare gli INVESTIMENTI necessari e non più compito dello Stato attraverso al fiscalità generale. La tariffa deve includere anche la REMUNERAZIONE del CAPITALE INVESTITO ovvero l utile distribuito ai soci. In Italia è pari per legge almeno al 7%. Prima della Legge Galli invece la tariffa doveva copriresolo i costi di esercizio.

La Legge Galli del 1994 e) Ogni ATO dovrà affidare il Sistema Idrico Integrato ad un soggetto unico scegliendo tra: SOGGETTO PRIVATO (100% capitale privato) SOCIETA per AZIONI PUBBLICA detto affidamento in house (100% capitale pubblico) AZIENDA SPECIALE (pubblica) SOCIETA MISTA (capitale pubblicoprivato)

Ma se la Legge Galli prevede anche l opzione di gestione pubblica, perché viene considerata la prima legge che privatizza il servizio idrico? Proviamo a fare un po di chiarezza

La Legge Galli (36/1994) è la prima ad introdurre una logica industriale nella gestione del servizio idrico (full recovery cost, remunerazione capitale investito). Una serie di norme successive alla Legge Galli hanno agevolato l ingresso di soggetti privati nella gestione del servizio idrico, l ultima delle quali è l art. 15del Decreto Ronchi (Decreto legge 135/09), che riprende e modifica l art. 23 bis della legge n.133 del 2008. La legislazione vigente quindi: Impone la presenza di un partner privato nella gestione di questi servizi, infatti: Prevede l obbligo di affidare la gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica tramite gara ad evidenza pubblica europea. 1. L affidamento del Servizio Idrico Integrato a Società per Azioni a totale capitale pubblico (che oggi rappresentano il 50% dei casi), sarà possibile solo in casi eccezionali, cioè come deroga. 2. In tutti gli altri casi, le Spa a totale capitale pubbliche saranno obbligate a cedere almeno il 40% del capitale a nuovi soci privati entro Dicembre 2011.

Come abbiamo visto l obbligo di gara viene confermato dall'art. 15del Decreto Ronchi (Decreto legge 135/09), che riprende e modifica l art. 23 bis della legge n.133 del 2008. Ma lo strumento della gara garantisce sempre la scelta della migliore gestione? Dipende dalle modalità! Spesso dopo l affidamento, il contratto e i piani di gestione vengono rinegoziati tra l affidatario e il nuovo gestore. Inoltre In Italia le gare per l affidamento del servizio idrico sono andate spesso deserte e molti ritengono che le società siano scoraggiate a partecipare soprattutto a causa del forte processo di concentrazione industriale in atto, come sottolineato anche dall Antitrust. Attualmente in Italia 5 Società quotate in borsa partecipano alla gestione del SII della maggior parte degli ATO delineando una sorta di oligopolio.

Dunque, a 16 anni dalla Legge Galli, CHI gestisce il servizio Idrico Integrato OGGI in Italia? Su 92 ATO, 69 hanno completato l affidamento del SII, per un totale di 110 gestori di cui 106 sono S.p.a e 4 sono S.r.l. Le 106 S.p.a sono così suddivise: 7% S.p.a a totale capitale privato 32% S.p.a a capitale misto pubblico-privato 61% S.p.a a totale capitale pubblico I dati disponibili dicono che: a) La maggior parte degli ATO ha optato per l affidamento diretto a Spa totalmente pubbliche e tale prevalenza è più evidente al Nord, con il 51% di Spa pubbliche. b) Le uniche 5 gestioni in Italia totalmente private individuate tramite gara sono in Sicilia.

Ma cosa significa gestione privata? E piuttosto difficile ad oggi dare una definizione univoca del termine privato, può essere infatti utilizzato: 1. Quando il soggetto che gestisce il servizio ha capitale privato o misto pubblico-privato. 2. Quando il gestore è un soggetto di diritto privato anche se il capitale è al 100% pubblico: ad es. una S.p.a. controllata completamente dal Comune o altro ente locale.

Ma perchè si è passati ad una gestione privata? Ovvero: quali erano/sono le principali motivazioni e aspettative di una gestione privata del settore idrico? A) Maggiore efficienza ed B) Maggiori capacità di attirare icapitali necessari ad effettuare gli economicità rispetto alla gestione investimenti nel settore idrico. pubblica. A 16 anni dalla Legge Galli queste aspettative sono state attese? Per capirlo, vediamo come sono cambiati: 1. Tariffe 2. Investimenti

1. COME SONO CAMBIATE LE TARIFFE in seguito alla Legge Galli? Dal 2000 ad oggi è stato registrato un aumento del + 47% nelle tariffe per il servizio idrico integrato. Secondo il COVIRI In Toscana si è registrato un aumento delle tariffe pari al 57% in seguito alla privatizzazione. Talvolta nelle tariffe vengono conteggiati anche costi ingiustificati (ad es. tassa di depurazione per chi non usufruisce del servizio). Ma perché sono aumentate le tariffe? Si può ipotizzare che l aumento delle tariffe possa dipendere anche dai seguenti fattori: La tariffa deve comprendere la remunerazione del capitale investito ovvero il profitto per il socio privato/azionisti. La tariffa comprende anche i costi di investimento che in precedenza non erano conteggiati nelle tariffe, ovvero: le tariffe aumenterebbero perché aumentano gli investimenti?

2. COME SONO CAMBIATI GLI INVESTIMENTI in seguito alla Legge Galli? Si stima che il SII ha bisogno di 2 miliardi di investimento all anno, per un totale di 60mld nei prossimi 30 anni. Dall ultimo rapporto del COVIRI (2009), risulta che è stato realizzato solo il 56% degli investimenti previsti al 2008 dai Piani d Intervento predisposti dagli ATO. Per verificare l efficienza degli investimenti fatti, possiamo considerare: 1. Perdite degli acquedotti: l acqua immessa in rete che non viene fatturata. 2. Il ricorso alle deroghe. 1. PERDITE degli ACQUEDOTTI Il COVIRI (2009) afferma che non ci sono stati investimenti sufficienti per incidere positivamente sulla funzionalità delle infrastrutture idrauliche. Infatti le perdite della rete idrica tra il 2004-06 non sono migliorate. L Istat (2008) segnala un regresso nella capacità di distribuzione della rete idrica rispetto al 1999.

2. Il RICORSO ALLE DEROGHE Cos è una deroga? Con la deroga è consentita l erogazione dell acqua anche se i parametri di alcuni elementi tossici non sono in regola, in attesa di raggiungere i limiti definiti, purché tale scelta non comporti alcun potenziale pericolo per la salute umana. Dal 2001 ad oggi, il ricorso alle DEROGHE è aumentato, Infatti Nel 2002 l unica regione ad essere in deroga rispetto ai limiti di alcune sostanze era la Campania. Nel 2009 leregioni che sono ricorsea deroghe erano 8(Lazio,Lombardia, Piemonte, Trentino, Umbria, Toscana, Campania, Puglia) in merito ad un totale di 7 parametri tossici (arsenico, boro, cloriti, fluoro, selenio, trialometani e vanadio).

Ma è possibile che una deroga a limiti ammissibili di sostanze tossiche non comporti rischi per la salute umana? I criteri di qualità per le acque potabili, definiti da organizzazioni internazionali come l Organizzazione Mondiale della Sanità o la Commissione Europea sono molto protettivi per la salute. Essi si basano sul concetto di Quantità giornaliera ammissibile (ADI: Admissible Daily Intake) che rappresenta la quantità di una sostanza potenzialmente nociva che può essere assunta da un essere umano tutti i giorni, per tutta la durata della vita, senza produrre nessun effetto dannoso. Inoltre vengono generalmente applicati ulteriori fattori di sicurezza per garantire la protezione in qualunque situazione, inclusa quella di un temporaneo superamento dei limiti per cause non sempre controllabili. Quindi... un moderato superamento dei limiti per un tempo limitato non crea nessun reale rischio per la salute.

Se consideriamo i dati relativi al Servizio Idrico Integrato a partire dalla fine degli anni 90 Possiamo concludere che la maggiore efficienza e capacità di attrarre investimenti che ci si aspettava da una gestione privata del servizio idrico, non si è realmente verificata INFATTI: Le tariffe sono aumentate con punte anche del 300%; Non si è registrato un incremento degli investimenti effettuati come cisi aspettava; I privati hanno ereditato semplicemente la rendita naturale che deriva dalla gestione dei servizi idrici. Si e' passati un "monopolio naturale" ad un monopolio privato senza favorire una reale liberalizzazione che aumentasse la concorrenza tra imprese. In sostanza pochissime società (oligopolio) sono attive a livello nazionale per gestire i servizi idrici integrati (SII) E quanto accaduto ad Arezzo, Aprilia, in Sicilia solo per citare alcuni esempi.

Quindi se da un lato si può affermare che le gestioni pubbliche delle aziende municipalizzate, sono state spesso inefficienti dall altra parte bisogna dire che la gestione privata non è stata in grado di migliorare le condizioni critiche in cui versa il servizio idrico in Italia. Questa conclusione è emersa anche a livello internazionale: Non possiamo considerare un dato di fatto che le gestioni pubblicoprivate, siano più efficienti dell investimento pubblico e dell offerta dei servizi da parte dello Stato. (Fondo Monetario Internazionale)

Ma se guardiamo oltre al discorso relativo all efficienza delle gestioni pubbliche e private, ci rendiamo conto che forse dobbiamo riconoscere all acqua uno status di risorsa particolare. Individuare la forma di gestione più adatta al servizio idrico necessita quindi di riflessioni di carattere più ampio che derivano dalla natura unica del bene che stiamo considerando: l acqua. Ne indichiamo alcune di seguito

- L ONU (1977) ha stabilito che tutti hanno il diritto diaccedere ad acqua potabile in quantità e di qualità uguale ai loro bisogni essenziali.tuttavia il riconoscimento giuridico del diritto all acqua a livello internazionale e in sede ONU ha incontrato non pochi problemi. - L acqua è una risorsa indispensabile ma allo stesso tempo limitata in natura. Riconoscendo l unicità della risporsa acqua, anche il CNEL (2008) sostiene chel acqua deve essere considerata un bene comune fondamentale e, dunque, di proprietà e gestione pubblica.

IL MOVIMENTO per la RIPUBBLICIZZAZIONE del SERVIZIO IDRICO L approvazione di norme che hanno favorito la privatizzazione della gestione del servizio idrico, in ultimo l art.15 del Decreto Ronchi, hanno acceso in Italia unforte dibattito sulla questione a partire dalla fine degli anni 90. Un ampio movimento di associazioni ed enti locali raccolti attorno al Forum dei Movimenti per l Acqua sta portando avanti iniziative a favore della ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico sostenendo che: Per tutelare l interesse pubblico allo svolgimento di un servizio essenziale con situazione di monopolio naturale (art. 43 Costituzione), il servizio idrico integrato è da considerarsi servizio pubblico locale privo di rilevanza economica e dunque l unica forma di gestione plausibile è quella di enti di diritto pubblico finanziata attraverso la fiscalità generale e il sistema tariffario. (Proposta di Legge d Iniziativa Popolare sul Servizio Idrico, 2008)

Chi resta pubblico Numerosi Comuni in Italia hanno approvato Delibere in cui dichiarano il servizio idrico integrato privo di rilevanza economica in modo da sottrarsi all applicazione dell art. 15 del Decreto Ronchi. E chi ri-pubblicizza Il consiglio comunale di Torino ha approvato a Febbraio 2010, a maggioranza una delibera d iniziativa popolare (12000 firme raccolte), che chiede di inserire nello Statuto della città il principio che il servizio idrico integrato non ha scopo di lucro, e che la gestione è attuata esclusivamente mediante enti o aziende interamente pubbliche aprendo così la strada alla ripubblicizzazione del servizio idrico. La Puglia ha recentemente approvato un disegno di legge per avviare la ripubblicizzazione dell Acquedotto Pugliese che passerà da Società per Azioni o ad ente di diritto pubblico. Il Comune di Parigi dopo 25 anni di gestione del servizio idrico affidata alle multinazionali Suez e Veolia, ha deciso di non rinnovare la concessione in scadenza il 31 dicembre 2009. Il Comune d ora in poi gestirà direttamente l acquedotto: la nuova Eau de Paris è infatti un ente di diritto pubblico e non una Spa. Alcuni Paesi europei hanno stabilito per legge la gestione pubblica dell acqua: Belgio, Olanda, Austria, Lussemburgo, Norvegia, Svezia). Nel mondo sono piú di 30 i casi di ritorno alla gestione pubblica dopo l esperienza con il settore privato.

Il Forum Italiano dei Movimenti per l Acqua insieme ad altre realtà associative e comitati territoriali ha promosso una campagna referendaria per: Abrogare quelle norme che hanno delineato la privatizzazione della gestione del servizio idrico in Italia ed Avviare un successivo percorso di ripubblicizzazione. I tre quesiti referendari proposti dal Comitato Promotore Nazionale sono: 1. Abrogazione dell art. 23 bis della Legge n. 133/2008 per bloccare il processo di privatizzazione del servizio idrico 2. Abrogazione dell art. 150 del D. Lgs n. 152/2006 per favorire la ripubblicizzazione del servizio idrico. 3. Abrogazione di una parte dell art. 154 del D.Lgs n. 152/2006 per eliminare la possibilità di fare profitti sulla gestione del servizio idrico. La raccolta firme è iniziata il 24 Aprile 2010 e terminerà a Luglio 2010. Alla fine del mese di Giugno risulta che sono state raccolte oltre 1.000.000 di firme (500.000 è la soglia minima prevista per legge) in tutto il territorio nazionale.

RIASSUMENDO Abbiamo visto che al fine di migliorare le condizioni in cui versava il servizio idrico nei primi anni 90 in Italia, si è deciso di aprire la strada ad una gestione industriale del servizio idrico che si è risolta nella privatizzazione dello stesso. Tuttavia a distanza di anni i dati dicono che la gestione privata non ha comportato un miglioramento del servizio idrico nè una maggiore efficienza. Inoltre

Una serie di valutazioni legate alla natura particolare ed unica della risorsa idrica, ci portano a riflettere sulla necessità di superare il dibattito tra gestione pubblica e privata e a riconoscere all acqua lo status di BENE COMUNE. Ci sono beni comuni, che non possono essere considerati privati, per ovvie ragioni, ma nemmeno assimilati al bene pubblico tradizionale, come una caserma o un aeroporto. Sono beni cui fa riferimento la collettività, e che richiedono una nuova idea di proprietà. Come l acqua. L idea di bene comune non è nuova, ha attraversato la storia. La vicinanza maggiore è all interesse pubblico, e questo significa non poter affidare questi beni alle gestioni private. (Prof. Stefano Rodotà) Alla luce di quanto detto possiamo forse considerare il dibattito sull acqua come un laboratorio ovvero un occasione per sperimentare nuovi modelli di gestione?

Grazie! Se hai apprezzato la presentazione, inoltra il link del nostro sito! www.quattrogatti.info Le fonti dei dati e note bibliografiche sono reperibili sul nostro sito. Ringraziamo Ringraziamo Paolo Carsetti (Forum Italiano dei Movimenti per l'acqua), Emanuele Fantini (Universita' di Torino), Beniamino Musto e Marco Vighi (Università Bicocca, Milano) per i commenti ricevuti. Per commenti scrivi a commenti@quattrogatti.info, Per contattare gli autori: autori@quattrogatti.info