Ricorso per Cassazione: contrasti giurisprudenziali sulla prova della notifica via PEC

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Ricorso per Cassazione: contrasti giurisprudenziali sulla prova della notifica via PEC Cassazione Civile, sez. III, ordinanza 20/04/2018 n 9812 di Maurizio Reale Pubblicato il 27/04/2018 Nella nota, vengono poste a confronto due decisioni della Suprema Corte (n. 9812/2018 e n. 4932/2018) nelle quali, pur in presenza di medesima norma, vengono assunte conclusioni completamente diverse e opposte tra loro: per la Cassazione, infatti, in caso di prova della notifica PEC effettuata, l art. 23 comma 2 del CAD potrebbe trovare applicazione in assenza di attestazione di conformità ai documenti informatici da cui sono tratti, delle ricevute di accettazione, di consegna e degli allegati, come richiesto dall art. 9 commi 1 bis e ter L. 53/94; tale articolo però, in caso di notifica PEC subita (ricevuta) dal difensore, non troverebbe applicazione e, conseguentemente, la mancata attestazione di conformità della relata di notifica e del provvedimento (poi impugnato) comporterebbero l improcedibilità del ricorso. Il tema è, purtroppo, noto: l improcedibilità del ricorso per Cassazione ove il provvedimento impugnato sia stato notificato al ricorrente tramite PEC ai sensi della L. 53/94, e quest ultimo non abbia assolto all onere previsto dall articolo 369 comma 2 n. 2 c.p.c., depositando sia la relata di notifica sia il provvedimento sotto forma di semplici copie analogiche (cartacee) prive dell attestazione di conformità. Con l ordinanza n. 6657 del 15 marzo 2017, la Sesta Sezione della Cassazione si era pronunciata, per la prima volta, su tale fattispecie e aveva dichiarato l improcedibilità del ricorso, posto che la copia (della sentenza) allegata dal ricorrente, sebbene recasse in calce la relazione di notifica a mezzo PEC, era priva di qualsivoglia attestazione di conformità all originale. Per la Corte, il difensore avrebbe dovuto attestare la conformità della PEC ricevuta, procedendo ai sensi dell art. 9 comma 1 ter della legge 53/94, il quale dispone che in tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis il quale a sua volta dispone che qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell'atto notificato a norma dell'articolo 3-bis, l'avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di

accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Tale principio veniva poi confermato anche dalla Sezione Terza della Suprema Corte con la decisione n. 17450 depositata il 14 luglio 2017 e con tantissime altre (Cass. Civ. 23668/2017; Cass. Civ. 24292/2017; Cass. Civ. 24347/2017; Cass. Civ. 24422/2017; Cass. Civ. 25429/2017; Cass. Civ. 26520/2017; Cass. Civ. 26606/2017; Cass. Civ. 26612/2017; Cass. Civ. 26613/2017). Ho più volte criticato tali decisioni che, muovendo, a mio sommesso avviso, da un presupposto errato, hanno legittimato la Suprema Corte a dichiarare l improcedibilità dei ricorsi prodotti avverso un provvedimento notificato al difensore tramite PEC, in mancanza di quanto richiesto dall articolo 369 c.p.c. n. 2 comma 2 e quindi della relata di notifica e del provvedimento impugnato privi della attestazione di conformità ai documenti informatici utilizzati per la loro stampa. Ritengo infatti, confortato da esperto e competente Collega, quale è sicuramente Roberto Arcella, del tutto errato il richiamo che gli Ermellini fanno all attestazione di conformità da effettuarsi ai sensi dei commi 1 bis e 1 ter dell'art. 9 della Legge 53/1994 posto che, anche i due commi citati, così come l intero impianto normativo della L. 53/94, siano riferibili ed utilizzabili solo dal difensore che effettua la notifica PEC e non anche da colui che la subisce e, quindi, la riceve. Tra l altro, come già evidenziato in commento a TAR Calabria 26 gennaio 2017, n. 18, non si comprende il motivo per il quale, nelle decisioni, sia stato ignorato e non applicato l articolo 23 comma 2 del Codice dell Amministrazione Digitale che così recita: Art. 23 comma 2, CAD (Copie analogiche di documenti informatici) 2. Le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto l'obbligo di conservazione dell'originale informatico. In mancanza di disconoscimento, come anche sostenuto dal già citato Collega Roberto Arcella, applicando l articolo 23 comma 2 CAD, appare evidente che le copie cartacee della relata di notifica e il provvedimento impugnato, pur in assenza di specifica attestazione di conformità, dovevano essere considerate di efficacia probatoria uguale a quella degli originali (duplicati) informatici dai quali erano state estratte. Ciò avrebbe consentito, da una parte, di non dichiarare improcedibili i ricorsi per cassazione e, dall altra, di sollecitare il legislatore all emanazione di una specifica norma che attribuisse anche al difensore che la notifica PEC subisce (riceve), il potere di attestare la conformità depositando le copie analogiche ottenute dalla stampa della PEC ricevuta e del suo contenuto. Non convince, infatti, la motivazione con la quale la Cassazione, con la decisione n. 30765/2017, ritiene tale articolo del CAD non applicabile al caso di specie, assimilando e ritenendo la norma di portata pari a quella contenuta nell articolo 2719 c.c. giungendo, erroneamente, alla conclusione che anche l art. 23 comma 2 CAD possa applicarsi...quando si tratta di attribuire ad un documento efficacia probatoria, da valere tra le parti, mentre non vale quando si devono operare verifiche, quali la tempestività di un atto di impugnazione rispetto ad un termine perentorio e quindi correlativamente la formazione del giudicato, che hanno implicazioni pubblicistiche e non sono nella disponibilità delle parti ; se tale argomentazione può essere valida (come più volte precisato dalla Cassazione) relativamente all articolo 2719 del codice civile, altrettanto non può dirsi per il CAD in generale e, in particolare, per l art. 23 comma 2; il CAD, infatti, rappresenta un corpo organico di disposizioni che presiedono all'uso

dell'informatica come strumento privilegiato nei rapporti tra la pubblica amministrazione italiana e i cittadini dello Stato. La prima delle due pronunce in esame, Cassazione n. 9812/2018 del 20 aprile 2018, non presenta novità di particolare rilievo in quanto, il ricorso, come già statuito nelle precedenti decisioni, viene dichiarato improcedibile, non avendo assolto il ricorrente all'onere prescritto dall'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2. La Corte, nella decisione in commento, ribadisce il principio secondo cui il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo posta elettronica certificata, con attestazione di conformità priva di sottoscrizione autografa del difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, ne comporta l'improcedibilità rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 369 c.p.c., a nulla rilevando la mancata contestazione della controparte ovvero il deposito di copia del ricorso ritualmente autenticata oltre il termine perentorio di venti giorni dall'ultima notifica, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilità mancante al momento della scadenza del termine per il deposito del ricorso in quanto "l attestazione di conformità" del difensore attribuisce alla copia informatica - estratta dal fascicolo informatico e trasmessa all'indirizzo PEC del destinatario - il requisito di autenticità, venendo essa considerata dalla legge equivalente all'atto o documento originale: nel caso di trasmissione telematica, da valere quale notificazione dell'atto processuale, tale attestazione di conformità deve essere contenuta nella "relata di notifica", sottoscritta con firma digitale, che costituisce documento informatico separato da allegare, unitamente all'atto processuale da notificare, al "messaggio di posta elettronica certificata" (L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 5; D.L. n. 179 del 2012, art. 16 undecies, comma 3). La Suprema Corte però, con la decisione n. 4932/2018 del marzo 2018, pur se relativa a caso diverso, sembra avallare l applicabilità dell art 23 CAD comma 2 in caso di mancata attestazione di conformità di quanto richiesto dall art. 9 commi 1 bis e ter della L. 53/94. La questione è relativa alla notifica di un controricorso effettuata tramite PEC, in ordine alla modalità con la quale deve essere data la prova della notifica mediante deposito cartaceo. Infatti, con la decisione n. 4932/2018 del marzo 2018, la III sezione civile della Suprema Corte, pur avendo dichiarato l inammissibilità del controricorso in quanto privo della attestazione di conformità all'originale della relata di notifica in forma analogica a quella informatica, dimostra di essersi comunque posta il problema della possibile applicazione, nel caso di specie, dell articolo 23 comma 2 del Codice dell Amministrazione Digitale in quanto, accanto alla tesi ad oggi consolidata (stampa delle ricevute di accettazione e consegna, di tutti gli allegati e della conformità di quanto stampato ai documenti informatici dai quali sono stati estratti, ai sensi dell'articolo 23 comma 1 CAD), ritiene doveroso dare atto anche dell altra tesi, secondo la quale con riguardo alla prova della notificazione con modalità telematica degli atti introduttivi del giudizio di cassazione, il fatto che la L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 9, commi 1 bis e 1 ter, (concernente "tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche") richiami il solo D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, comma 1, (Codice dell'amministrazione digitale) non osta all'applicazione del successivo comma 2, a norma del quale le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta. In mancanza di disconoscimento, la copia non autenticata avrebbe la stessa efficacia probatoria dell'originale, ai sensi dell'art. 23, comma 2, Codice dell'amministrazione digitale e dell'art. 2719 c.c.. Il Collegio, a sostegno della validità di tale seconda tesi, cita Cassazione n. 21003/2017 (la quale a sua volta richiama la precedente ordinanza della Sezione Quinta n. 13439/2012), a conferma della fungibilità tra originale dei documenti attestanti la spedizione/ricezione degli atti processuali e la copia

non disconosciuta dei medesimi: "La produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia dell'atto processuale spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell'art. 149 c.p.c., richiesta dalla legge in funzione della prova dell'avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio, può avvenire anche mediante l'allegazione di fotocopie non autenticate, ove manchi contestazione in proposito, poichè la regola posta dall'art. 2719 c.c. - per la quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche, non solo se la loro conformità all'originale è attestata dal pubblico ufficiale competente, ma anche qualora detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte, con divieto per il giudice di sostituirsi nell'attività di disconoscimento alla parte interessata, pure se contumace - trova applicazione generalizzata per tutti i documenti di conseguenza, quando la notificazione è stata eseguita con modalità "telematica", la spedizione potrebbe ritenersi provata dalla produzione di copie fotostatiche delle ricevute di accettazione e consegna anche se prive di attestazione di conformità, purchè tali fotocopie non siano disconosciute dalla controparte. Il Collegio purtroppo non riesce però, nel caso di specie, a far prevalere questa seconda tesi (ad avviso di chi scrive sicuramente più logica, veramente pregnata di buon senso e aderente, in punto di diritto, sia all art. 369 comma 2 n. 2 c.p.c. che all articolo 23 comma 2 del CAD in quanto, parte ricorrente, si è opposta alla produzione del controricorso privo della suddetta attestazione di ricevuta con la memoria ex art. 378 c.p.c., deducendo la nullità della notifica del controricorso che, in quanto prontamente eccepita, non consente di esaminare le avversarie argomentazioni ivi contenute. Pertanto, deve dichiararsi inammissibile il controricorso privo dell attestazione di conformità all'originale della relata di notifica in forma analogica a quella informatica. Dalle decisioni sopra commentate ma soprattutto dal loro confronto, emerge una situazione a dir poco inquietante in quanto, pur essendo sotto esame la medesima norma (art. 23 comma 2 CAD), la Suprema Corte trae conclusioni completamente diverse e opposte tra loro: infatti, in caso di prova della notifica PEC effettuata, l art. 23 comma 2 del CAD potrebbe trovare applicazione in mancanza di attestazione di conformità ai documenti informatici da cui sono tratti, delle ricevute di accettazione, consegna e degli allegati come richiesto dall art. 9 commi 1 bis e ter L. 53/94 mentre, tale disposizione, in caso di notifica PEC subita (ricevuta) dal difensore non troverebbe applicazione con la conseguenza che la mancata attestazione di conformità della relata di notifica e del provvedimento (poi impugnato) comporterebbero l improcedibilità del ricorso. E inutile ogni ulteriore commento! (Altalex, 27 aprile 2018. Nota di Maurizio Reale) CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA Ordinanza 5-20 aprile 2018, n. 9812 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VIVALDI Roberta - Presidente - Dott. OLIVIERI Stefano - rel. Consigliere - Dott. GIANNITI Pasquale - Consigliere - Dott. DELL UTRI Marco - Consigliere - Dott. MOSCARINI Anna - Consigliere - ha pronunciato la seguente: ORDINANZA sul ricorso 1901-2015 proposto da: P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOSUE' BORSI 4, presso lo studio dell'avvocato FEDERICA SCAFARELLI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIUSEPPE PEZONE giusta procura in calce al ricorso; - ricorrente - contro ALLIANZ SPA, in persona dei procuratori ad negotia, Dott. C.A. e Dott. B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo studio dell'avvocato ENRICO CAROLI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIAMPAOLO MIOTTO giusta procura a margine del controricorso; - controricorrente - avverso la sentenza n. 515/2014 della CORTE D'APPELLO di TRIESTE, depositata il 08/08/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/12/2017 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI. Svolgimento del processo La Corte d'appello di Trieste con sentenza 8.8.2014 n. 515, confermava la decisione di prime cure e rigettava l'appello proposto da P.G., rilevando che dalle complessive risultanze probatorie emergevano incongruenze tali da ritenere inattendibile e comunque non idoneamente provato il furto dell'autoveicolo Ferrari mod. F 355, asseritamente avvenuto in (OMISSIS) ed in relazione al quale il P. aveva richiesto il pagamento dell'indennizzo alla società ALLIANZ s.p.a. con la quale aveva stipulato polizza assicurativa danni. La sentenza notificata in via telematica, come da relata di notifica in data 14.11.2014, è stata ritualmente impugnata da P., con atto notificato in data 12.1.2015, deducendo plurimi motivi indicati nel ricorso sub lett. A) e B) ed in sette "punti".

ALLIANZ s.p.a. ha resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 380 bis c.p.c., comma 1. Motivi della decisione Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, non avendo assolto il ricorrente all'onere prescritto dall'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2). Deve infatti ribadirsi il principio secondo cui in tema di ricorso per cassazione, quando la sentenza impugnata sia stata notificata e il ricorrente abbia depositato la sola copia autentica della stessa priva della relata di notifica, deve applicarsi la sanzione dell'improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, a nulla rilevando che il ricorso sia stato notificato nel termine breve decorrente dalla data di notificazione della sentenza, ponendosi la procedibilità come verifica preliminare rispetto alla stessa ammissibilità (cfr. da ultimo Corte cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 21386 del 15/09/2017). La giurisprudenza di questa Corte, modificando il più restrittivo orientamento espresso da Corte cass. Sez. U, Ordinanza n. 9005 del 16/04/2009 secondo cui la norma processuale dell'art. 369 c.p.c. (che prescriveva a pena di improcedibilità l'onere per il ricorrente del depositato della sentenza impugnata in copia conforme e della relata di notifica ove eseguita) doveva interpretarsi nel senso che "nell'ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev'essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell'art. 372 c.p.c., comma 2, applicabile estensivamente, purchè entro il termine di cui all'art. 369 c.p.c., comma 1, e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell'eventuale non contestazione dell'osservanza del termine breve da parte del controricorrente", con la conseguenza che doveva escludersi qualsiasi rilevanza alla presenza dei documenti in questione nel fascicolo del controricorrente e finanche nel fascicolo di ufficio, ha statuito con il successivo intervento delle SS.UU. (Corte cass. Sez. U-, Sentenza n. 10648 del 02/05/2017) che, in tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest'ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perchè prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l'istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio. Ma ha ribadito, altresì, che "La mancata produzione, nei termini, della sentenza impugnata o la mancata prova (mediante la relata di notifica) della tempestività del ricorso per cassazione costituiscono negligenze difensive che, per quanto frequenti, in linea di principio non sono giustificabili. Si tratta di adempimenti agevoli, normativamente prescritti da sempre, di intuitiva utilità per attivare il compito del giudice in modo non "trasandato" e conseguente con il fine di pervenire sollecitamente alla formazione del giudicato. Consentire il recupero della omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento di cui all'art. 372 c.p.c. vanificherebbe il senso del duplice adempimento nel meccanismo processuale. L'improcedibilità infatti, a differenza di quanto previsto in altre "situazioni procedurali" trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la sequenza di avvio di un determinato processo. E' stato insegnato anche che essa è compatibile con il diritto di accesso al giudice se configurata nelle fasi di impugnazione, risolvendosi altrimenti in una non ragionevole compressione del diritto di difesa (cfr., per una applicazione di quest'ultimo principio SU n. 1238/05) La selezione delle impugnazioni da scrutinare nel merito va perciò compiuta se i termini fissati dal legislatore per la sequenza procedimentale siano stati rispettati, salvo che i termini stessi (e gli adempimenti prescritti) risultino insignificanti..." (sic in motivazione).

I principi indicati sono stati ancora ribaditi, da ultimo, anche con specifico riferimento alla notifica telematica della sentenza da Corte cass. Sez. 6 -, Ordinanza n. 30918 del 22/12/2017 che ha statuito come il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo posta elettronica certificata, con attestazione di conformità priva di sottoscrizione autografa del difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, ne comporta l'improcedibilità rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 369 c.p.c., a nulla rilevando la mancata contestazione della controparte ovvero il deposito di copia del ricorso ritualmente autenticata oltre il termine perentorio di venti giorni dall'ultima notifica, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilità mancante al momento della scadenza del termine per il deposito del ricorso. Tanto premesso, osserva il Collegio che la sentenza di appello, secondo quanto dichiarato dallo stesso ricorrente (cfr. intestazione del ricorso per cassazione), sarebbe stata infatti notificata, con modalità telematica, in data 14 novembre 2014, all'indirizzo PEC dei difensori domiciliatari avv. Susanna Vito e Pamela Borghese (susanna.vito.pecavvocatigorizia.eu; pamela.borghese.pecavvocatigorizia.it), a cura dell'avv. Giampaolo Miotto difensore dell'appellante P.G., ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis (introdotto dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16 quater, conv. con modificazioni in L. 17 dicembre 2012, n. 221), norma che autorizza gli avvocati ad eseguire la notifica di atti e documenti relativi al processo con modalità telematica utilizzando gli indirizzi di posta elettronica certificata. Tale forma di procedimento notificatorio, che in applicazione delle norme di legge che disciplinano il "processo telematico" trova obbligatoria applicazione peraltro secondo differenti scadenze temporalinegli uffici di merito, non è stato ancora estesa al giudizio di cassazione per il quale non operano, tuttora, le disposizioni sul deposito telematico degli atti processuali di cui al D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, art. 16-bis, commi da 1 a 4, conv. con modificazioni in L. 17 dicembre 2012, n. 221 e succ. mod., essendo regolato, pertanto, tale giudizio dalle norme processuali che prevedono la notifica ed il deposito in Cancelleria di atti e documenti in forma analogica i quali, ove richiesto, devono essere sottoscritti con firma autografa. Ne segue che gli atti e documenti elettronici, sebbene trasmessi dal difensore o pervenuti al suo indirizzo PEC in forma telematica, per rispondere ai requisiti di procedibilità ed ammissibilità prescritti dagli artt. 365, 369, 370, 371 e 372 c.p.c., debbono necessariamente essere trasformati in documento cartaceo. Con specifico riferimento al deposito presso la Cancelleria di questa Corte della copia autentica della sentenza impugnata corredata della relata di notifica (art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2)), adempimento funzionale alla necessaria verifica della tempestività del ricorso che la Corte è chiamata a compiere di ufficio, la copia della sentenza notificata - ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione - all'indirizzo PEC del destinatario, e pervenuta quindi a tale indirizzo in formato elettronico, deve essere riprodotta in formato analogico "conforme all'originale", atteso che la copia del provvedimento del Giudice - tanto se generato e pubblicato, in originale, come documento informatico, quanto se depositato, invece, presso la Cancelleria in forma analogica- viene in ogni caso comunicata ai difensori in via telematica dalla Cancelleria (art. 45 disp. att. c.p.c., comma 2, modificato dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 3, lett. c): l'obbligo della comunicazione telematica dei provvedimenti giurisdizionali è stato esteso a "decorrere dal 15 febbraio 2016, limitatamente alle comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili, presso la Corte suprema di cassazione" dall'art. 2, comma 1 del Decreto 19 gennaio 2016) e dunque viene "estratta" dal difensore, sempre in via telematica, dal fascicolo informatico (D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, comma 9 bis). Allo scopo di consentire le trasformazioni dei documenti elettronici in analogici e viceversa, la legge attribuisce espressamente ai difensori, che rivestono la qualità di pubblico ufficiale, il potere di attestazione della conformità dell'atto processuale o del documento estratto e poi trasmesso, alla corrispondente copia "presente" nell'archivio informatico, che è considerata dalla legge equivalente all'originale anche se priva della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all'originale

(ibidem). La "attestazione di conformità" del difensore attribuisce alla copia informatica - estratta dal fascicolo informatico e trasmessa all'indirizzo PEC del destinatario - il requisito di autenticità, venendo essa considerata dalla legge equivalente all'atto o documento originale: nel caso di trasmissione telematica, da valere quale notificazione dell'atto processuale, tale attestazione di conformità deve essere contenuta nella "relata di notifica", sottoscritta con firma digitale, che costituisce documento informatico separato da allegare, unitamente all'atto processuale da notificare, al "messaggio di posta elettronica certificata" (L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 5; D.L. n. 179 del 2012, art. 16 undecies, comma 3). Perfezionatasi la notifica telematica della sentenza (per il notificante con la "ricevuta di accettazione" del messaggio generata dal server del gestore del servizio di posta elettronica, e per il destinatario con la ricevuta di "avvenuta consegna" del messaggio anch'essa generata dal medesimo server), il difensore destinatario "vedrà" inserito nel proprio "fascicolo informatico" il messaggio di posta elettronica cui è allegato il documento (la sentenza) e la relata di notifica completa di attestazione di conformità sottoscritta con firma digitale dal mittente. Conseguentemente, onde ottemperare al disposto dell'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2), il difensore destinatario della notifica, dovrà procedere ad estrarre il documento in forma digitale dal proprio fascicolo informatico, riproducendolo in forma analogica, effettuando quindi un procedimento inverso che richiede una "nuova attestazione di conformità" del documento cartaceo a quello "presente" - in quanto pervenutovi a seguito della notifica telematica - nell'archivio informatico del destinatario (D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, comma 9 bis: "Le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell'attestazione di conformità a norma del presente comma, equivalgono all'originale"), che deve essere apposta, con sottoscrizione in forma autografa, in calce o a margine, o su foglio separato ma fisicamente congiunto alla copia analogica della sentenza e della relata di notifica estratte dal fascicolo informatico (D.L. n. 179 del 2012, art. 16 undecies: "Quando l'attestazione di conformità prevista dalle disposizioni della presente sezione, dal codice di procedura civile e dalla L. 21 gennaio 1994, n. 53, si riferisce ad una copia analogica, l'attestazione stessa è apposta in calce o a margine della copia o su foglio separato, che sia però congiunto materialmente alla medesima"). Tanto premesso, il mero deposito presso la Cancelleria della Corte, da parte del difensore del ricorrente, della copia della sentenza di appello, in forma cartacea, corredata della copia analogica della "relazione di notifica" inviata dal mittente con il "messaggio di posta elettronica", non assolve agli indicati requisiti legali prescritti dall'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2). Irrilevante, infatti, la attestazione di conformità del mittente avv. Miotto inserita come prescritto dalla legge nella relata di notifica della sentenza di appello, redatta e sottoscritta in forma digitale e che è dato rinvenire nel fascicolo di parte ricorrente, nel caso di specie difetta invece del tutto la attestazione, sottoscritta dal destinatario della notifica (avv. Vito e Borghese) di conformità all'originale digitale dei documenti (sentenza appello; relata notifica con attestazione conformità, messaggio di posta elettronica) estratti dal fascicolo informatico depositati presso la Cancelleria di questa Corte dalla parte ricorrente in formato analogico. Ed è appena il caso di rilevare come non possa soccorrere, come adempimento "sostitutivo", il deposito della copia cartacea della "relazione di notifica" nella quale è contenuta la attestazione di conformità che le legge impone di effettuare "al mittente" (nella specie avv. Miotto) che procede alla notifica telematica dell'atto processuale: tale attestazione, infatti, concerne soltanto il documento digitale presente nel fascicolo informatico del mittente, sicchè una volta trasmesso tale documento digitale dal fascicolo informatico del mittente al fascicolo informatico del destinatario, appare del tutto evidente come la originaria attestazione di conformità del documento, non possa esplicare alcuna efficacia in

ordine alla successiva operazione di estrazione del documento elettronico - trasformato in tal modo in documento analogico - eseguita dal difensore destinatario della notifica, sfuggendo del tutto alla sfera di controllo del difensore mittente la successiva attività compiuta dal destinatario, il quale viene a confezionare una "nuova" copia del documento, estraendolo dal proprio fascicolo informatico, che necessita, pertanto, di una "nuova" attestazione di conformità da parte del difensore-pubblico ufficiale. In difetto di tale adempimento il ricorso per cassazione deve essere dichiarato improcedibile, dovendo essere confermato il precedente di questa Corte cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 17450 del 14/07/2017 (seguito da numerosi altri: Corte cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 26613 del 2017; id. Sez. 6-3, Ordinanza n. 26612 del 2017; id. Sez. 6-3, Ordinanza n. 26606 del 2017; id. Sez. 3, Sentenza n. 26520 del 2017; id. Sez. 3, Ordinanza n. 25429 del 2017; id. Sez. 6-2, Ordinanza n. 24422 del 2017; id. Sez. 2, Sentenza n. 24347 del 2017; id. Sez. 3, Ordinanza n. 24292 del 2017; id. Sez. 3, Sentenza n. 23668 del 2017) ed ancora da ultimo da Corte cass. Sez. 6 -, Ordinanza n. 30765 del 22/12/2017 che, riassumendo e compendiando gli orientamenti emersi nei precedenti arresti di legittimità ha affermato il principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, per soddisfare l'onere di deposito della copia autentica della decisione con la relazione di notificazione, il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, deve estrarre copia cartacea del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e dei suoi allegati (relazione di notifica e provvedimento impugnato), attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali della copia formata su supporto analogico, ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1 bis e 1 ter, e depositare nei termini quest'ultima presso la cancelleria della S.C., mentre non è necessario provvedere anche al deposito di copia autenticata della sentenza estratta dal fascicolo informatico. Per completezza deve aggiungersi che non è ostativa alla pronuncia di improcedibilità del ricorso la istanza presentata alla Cancelleria del Giudice a quo dal difensore del ricorrente, ai sensi dell'art. 369 c.p.c., comma 3, di trasmissione del fascicolo di ufficio, atteso che non ricorre nella fattispecie alcuna delle ipotesi di "notifica" ex officio - a cura della Cancelleria - della sentenza di appello, sicchè essendo rimessa alla parte interessata a far decorre il termine breve ex art. 325 c.p.c., la notifica della sentenza d'appello, tale attività notificatoria viene documentata "ab externo" rispetto agli atti processuali compiuti alla presenza del funzionario di Cancelleria o comunque da questi ricevuti, e dunque alcun obbligo di legge è prescritto in ordine all'inserimento nel "fascicolo di ufficio" (art. 168 c.p.c.; art. 36 disp. att. c.p.c.) dei documenti attestanti l'attività notificatoria della sentenza, con la conseguenza della inutilità della acquisizione di tale fascicolo ai fini della verifica di procedibilità (conf. Corte cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 21386 del 15/09/2017). In ogni caso entrambe le parti hanno depositati i rispettivi fascicoli relativi ai gradi di merito nei quali non si rinvengono ulteriori atti relativi alla notifica telematica della sentenza di appello. Nel fascicolo di parte resistente ALLIANZ Ass.ni s.p.a. si rinviene esclusivamente la copia originale cartacea (non quindi la semplice fotocopia rinvenuta nel fascicolo di parte ricorrente) della sentenza di appello rilasciata dalla Cancelleria della Corte d'appello di Trieste con il timbro di attestazione della conformità all'originale sottoscritto in data 13.10.2014 dal funzionario dell'ufficio: documento che anche se contenuto nel fascicolo della controparte risponde alla condizione di procedibilità ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2 limitatamente al requisito di conformità della copia del provvedimento impugnato, ma non anche al prescritto deposito della relata di notifica dello stesso. Il ricorso per cassazione risulta consegnato all'ufficio postale per la notifica ex art. 149 c.p.c. in data 12.1.2015, e dunque deve ritenersi negativa anche la prova cd. di resistenza di verifica della esecuzione della notifica nel termine di gg. 60 dalla pubblicazione del provvedimento impugnato, essendo stata pubblicata la sentenza di appello in data 8.8.2014.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13. P.Q.M. Il Collegio successivamente riunito, nella stessa composizione, così provvede: - dichiara improcedibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, il 5 aprile 2018. Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2018. ( da www.altalex.com )