28a. Il pugilato Relativamente al pugilato, la testimonianza più importante, per ricchezza e precisione di particolari, è il quinto libro dell Eneide di Virgilio (vv. 363-484). Tuttavia, per l origine e la diffusione di questa specialità atletica, possiamo trarre qualche utile notizia da altre fonti letterarie; per le tecniche e gli attrezzi possiamo servirci di alcune fonti archeologiche. Il pugilato a Roma. Le origini Tito Livio, Ab urbe condita I, 35, 7-10 Il pugilatus fu in Roma uno sport molto popolare, come lo fu presso gli Etruschi, mentre era meno diffuso in Grecia. La sua presenza fra le attività atletiche è già attestata all epoca dei re e i Romani ne appresero la tecnica dagli Etruschi. Tito Livio (Ab urbe condita I, 35, 7-10) ci riferisce infatti che Tarquinio Prisco, quinto re di Roma, (VII-VI sec. a.c.), volendo celebrare una vittoria sui Latini, indisse dei giochi in cui si esibivano equi e pugiles ex Etruria maxime acciti, provenienti per la maggior parte dall Etruria, e a questo scopo scelse uno spazio aperto nella valle Murcia, tra Palatino ed Aventino, per una costruzione provvisoria che successivamente sarebbe diventata il Circo Massimo. Pugiles Latini e pugiles Graeci Svetonio, Augusto 45 I pugili potevano affrontare gli incontri sia a titolo individuale sia come membri di organizzazioni di atleti professionisti, che Svetonio (Augusto 45) definisce legitimi atque ordinarii; non erano invece suddivisi per categorie in base al peso, e questo privilegiò gli atleti più forti e gli scontri più violenti. Tale era la passione per questo sport che si potevano vedere dei semplici popolani che, privi di particolari preparazioni atletiche, si improvvisavano pugili battendosi agli angoli delle strade, individualmente o, come nel caso dei catervari, a gruppi (caterva). Ancora Svetonio ci informa della particolare predilezione di Augusto per gli incontri di pugilato, soprattutto quelli con pugili latini. La precisazione induce a chiederci che cosa si intendesse per pugiles Latini, o caestiarii. Si allude a due diverse scuole di
pugilato: il pugilato latino (pugilatus caestis) prevedeva l uso dei «cesti», mentre quello greco (pigmachia) veniva praticato indossando gli himantes e prevedeva anche colpi sferrati con le gambe (un antenato della moderna kick boxing). Sia i caesti che gli himantes erano qualcosa di simile ai moderni guantoni, ma mentre gli himantes erano lunghi lacci di cuoio intrecciati sulla mano, i «cesti» erano più pesanti e complessi, fatti di strati di pelle che avvolgevano la mano sino al gomito (a volte fino al bicipite) con lacci e corde che li tenevano ben saldi sul braccio; una cintura di cuoio spesso tenuta insieme da altri lacci e rinforzata da elementi metallici proteggeva le nocche. Dalla tipologia del guanto dipendeva in gran parte la modalità dell incontro di pugilato; si può quindi ritenere che il combattimento greco fosse più naturale e meno devastante negli esiti di quello latino; il caestus infatti, dotato di una massa metallica che ne accrebbe la forza d urto, rese il pugilato simile, per violenza di colpi, ad un incontro gladiatorio. Spectavit autem studiosissime pugiles et maxime Latinos, non legitimos atque ordinarios modo, quos etiam committere cum Graecis solebat, sed et catervarios oppidanos inter angustias vicorum pugnantis temere ac sine arte. (Augusto) ebbe un interesse particolare per gli incontri di pugilato, soprattutto quelli latini, e non solo per i professionisti dei giochi, che si dilettava a mettere a confronto con i greci, ma anche per i popolani che si battevano a gruppi agli angoli delle strade, senza arte e con estro personale. La passione del pubblico per il pugilato Terenzio, Hecyra, prologo, vv. 28-48. Terenzio nel prologo (vv. 29-45) della terza rappresentazione della sua commedia Hecyra ci ricorda quanto i Romani amassero il pugilato e la lotta dei gladiatori, preferendoli alle rappresentazioni teatrali, con grave rammarico dei commediografi. Siamo nel II sec. a.c., ma la passione per queste competizioni è già ampiamente diffusa. Nel 165 a.c., Terenzio fece rappresentare l Hecyra («La suocera»), ma il pubblico, dopo le prime scene, abbandonò il teatro, preferendo assistere ad una manifestazione di pugili e funamboli; fu un insuccesso clamoroso, dovuto anche al carattere della commedia, una stataria, secondo la definizione dello
stesso Terenzio: la commedia, scarsa di azione, scenicamente «statica», induceva alla riflessione più che al riso (risum move re); attenta all approfondimento psicologico dei caratteri, introduceva temi, quali il senso della famiglia, il decoro sociale, i rapporti interpersonali, che poco concedevano alle scene di inseguimenti, litigi e clamori, tipiche del teatro comico popolare e molto apprezzate dai contemporanei. Nel 160, durante i giochi funebri per celebrare la morte di Lucio Emilio Paolo, padre di Scipione Emiliano, Terenzio tentò una seconda rappresentazione dell Hecyra, ma anche questa volta il pubblico abbandonò il teatro, preferendo i gladiatori. Una terza rappresentazione avvenne durante i Ludi Romani dello stesso anno e poté essere rappresentata fino alla fine: il pubblico rimase in teatro grazie alla presenza di Ambivio Turpione, attore allora molto celebre. Nunc quid petam mea causa aequo animo attendite. Hecyram ad vos refero, quam mihi per silentium numquam agere licitumst; ita eam oppressit calamitas. Eam calamitatem vostra intellegentia sedabit, si erit adiutrix nostrae industriae. Cum primum eam agere coepi, pugilum gloria (funambuli eodem accessit exspectatio), comitum conventus, strepitus, clamor mulierum fecere ut ante tempus exirem foras. Vetere in nova coepi uti consuetudine in experiundo ut essem; refero denuo; primo actu placeo; cum interea rumor venit datum iri gladiatores, populus convolat, tumultuantur, clamant, pugnant de loco: ego interea meum non potui tutari locum. Nunc turba nulla est: otium et silentiumst: agendi tempus mihi datumst; vobis datur potestas condecorandi ludos scaenicos. Nolite sinere per vos artem musicam 1 recidere ad paucos: facite ut vostra auctoritas meae auctoritati fautrix adiutrixque sit. 1 Ars musica, nel significato etimologico e generico di «arte delle muse»; qui «poesia».
Ora ascoltate con animo benevolo, per amor mio, ciò che ho da chiedervi. Vi ripresento quella Suocera che mai mi fu consentito di recitare nel silenzio, tanta era la sfortuna che la perseguitava. Sarà la vostra comprensione, unendosi ai nostri sforzi, a scongiurare la sfortuna. La prima volta che tentai di rappresentarla, questa Suocera, l entusiasmo per certi pugili (e ci si mise anche l attesa di un funambolo), e tutto il loro codazzo, lo strepito, le grida delle donne mi costrinsero a piantar lì lo spettacolo. Commedia nuova, usanza vecchia: io ci riprovo e la rimetto in scena. Nel primo atto mi va bene, piaccio, ma ecco che scoppia la notizia che si esibiranno i gladiatori. Il popolo ci si butta, fan tumulto e clamori, si contendono il posto a suon di pugni. E io, intanto, mica potevo difenderlo, il mio posto. Oggi, be oggi non c è casino, tutto è pace e silenzio. Mi è stato concesso tutto il tempo che mi serve. A voi viene offerta l occasione di rendere onore ai ludi scenici; e voi non dovete permettere, voi, che la commedia, per colpa vostra, si riduca a spettacolo per pochi. Fate che la vostra autorità sia di aiuto e di sostegno alla mia. I divieti per le donne Svetonio, Augusto 44. Augusto (Svetonio, Augusto 44) limitò e regolamentò la partecipazione delle donne, ritenendo inopportuno che assistessero a spettacoli troppo cruenti, come il pugilato. Athletarum vero spectaculo muliebre secus omne adeo summovit, ut pontificalibus ludis pugilum par postulatum distulerit in insequentis diei matutinum tempus edixeritque mulieres ante horam quintam venire in theatrum non placere. Per le lotte degli atleti, però, (Augusto) vietò così rigorosamente l ingresso alle donne che, durante i giochi pontificali, avendo il popolo reclamato una coppia di pugili, rimandò la presentazione alla seduta mattutina del giorno successivo e fece proclamare che non gradiva la presenza delle donne in teatro prima della quinta ora. Il kórykos I pugili combattevano nudi e si allenavano colpendo il kórykos, un sacco riempito di diversi materiali (sabbia, segatura, lana).
Ampolla e strígile Gli atleti prima del combattimento frizionavano i muscoli con olio puro, poi spargevano sul corpo un sottile strato di polvere per rendere il corpo meno scivoloso e perché ritenevano che regolasse l emissione del sudore. Al termine della competizione si detergevano con lo strígile. Lo strígile (strigĭ lis, is, f.) era composto da una specie di cucchiaio lungo e stretto (ligula) e da un manico ricurvo (capulus). Era immancabile per l igiene dell atleta, come ci ricorda Marziale: Marziale, Epigrammi XIV, 51 Pergamon 2 has misit. Curvo destringere ferro: Non tam saepe teret lintea fullo tibi. «Pergamo li ha mandati. Pulisciti la sabbia col ferro ricurvo: Il lavandaio non dovrà pulire troppo i tuoi asciugamani». I «cesti» Il caestus era, come già abbiamo visto, il guanto da box. Il caestus ricopriva le mani e gli avambracci dei pugili di una spessa striscia di cuoio; di derivazione greca, in età romana subì un evoluzione che lo rese rigido e pesante (Virgilio lo definisce crudus, Eneide V 69), adatto quindi a dei corpo a corpo che in Roma diventarono sempre più violenti. Il caestus era fornito di parti metalliche? I guantoni del Pugilatore in riposo non lo sono, ma statue, bassorilievi e mosaici ci testimoniano di un oggetto cilindrico trattenuto nel palmo dei pugili, o di punte metalliche emergenti dai guantoni. Le immagini non lasciano dubbi e ci inducono a rispondere affermativamente. In questo caso lo scontro doveva essere particolarmente sanguinoso e violento e, posto che si preferivano i colpi alla testa, quasi sempre mortale per l atleta perdente: le punte metalliche non dovevano lasciare scampo (Virgilio, Eneide V 413, così ci descrive i cesti di Erice, maestro di Entello nella disciplina del pugilato: sanguine adhuc sparsoque infecta cerebro). Tuttavia abbiamo notizia (iscrizioni funebri) di pugili morti in tarda età e dopo numerosissimi incontri. Dunque si poteva anche 2 Pergamo, città della Misia (Turchia nord-occidentale) in Asia Minore.
sopravvivere, ma chi sopravviveva era riconoscibile grazie alle cicatrici che ne sfiguravano il volto e ne segnavano il corpo. Mentre oggi noi assistiamo agli incontri di box in luoghi chiusi e in occasioni specifiche in cui si esibiscono i soli pugili, nell antichità la box era praticata prevalentemente all aria aperta, come nei circhi o nella pista degli stadi, ed era preceduta o seguita da altre gare atletiche. L assenza di un recinto limitato scoraggiava il corpo a corpo e sviluppava invece la tattica e il gioco delle gambe. Erano ammessi i colpi alla testa, ne derivava la predilezione per una difesa alta e a braccio teso. Non c erano riprese e i combattimenti avevano quindi una durata variabile. Una tecnica possibile era quella di rimanere sulla difensiva anche per più di un giorno, stremando l avversario impotente a mettere a segno un sol colpo.