IL GALLO E LA CURA COLLANA DI STORIA DELLA MEDICINA STORIA DELLE PROFESSIONI SANITARIE E SCIENZE UMANE



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IL GALLO E LA CURA COLLANA DI STORIA DELLA MEDICINA STORIA DELLE PROFESSIONI SANITARIE E SCIENZE UMANE 1

Direttore Alessandro PORRO Università degli Studi di Brescia Comitato scientifico Carlo CRISTINI Università degli Studi di Brescia Antonia Francesca FRANCHINI Università degli Studi di Milano Bruno FALCONI Università degli Studi di Brescia Lorenzo LORUSSO Azienda Ospedaliera Mellino Mellini, Chiari

IL GALLO E LA CURA COLLANA DI STORIA DELLA MEDICINA STORIA DELLE PROFESSIONI SANITARIE E SCIENZE UMANE La Collana intende proporsi come un luogo d incontro della medicina, delle professioni sanitarie, delle attività che vedono nella storia e nelle scienze umane un occasione di riflessione sulle varie tematiche della salute e sulla complessità del mondo sanitario attuale. Il gallo vuole ricordare i contenuti, le peculiarità, le attribuzioni della medicina fin dall antichità, mentre la cura testimonia l altrettanto antica dimensione terapeutico assistenziale, che accomuna le professioni non mediche a quella medica. Verranno accolti volumi di Storia della medicina, di Storia delle professioni sanitarie e di Scienze umane, nonché contributi disciplinari ed interdisciplinari, relativamente ai suddetti campi di interesse e attività.

Giovanni Ceccarelli Medici, malati, malattie e farmaci nella storia dell arte Prefazione di Jolanda Nigro Covre

L autore e l editore restano a disposizione degli eventuali aventi diritto sulle immagini contenute all interno del volume. Copyright MMXIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it info@aracneeditrice.it via Raffaele Garofalo, 133/A B 00173 Roma (06) 93781065 ISBN 978-88-548-5797-1 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell Editore. I edizione: febbraio 2013

Indice 9 Prefazione 11 Premessa 15 Capitolo I La visita del dottore 25 Capitolo II Poliomelite 33 Capitolo III La cataratta di Monet 49 Capitolo IV Altri casi di cataratta 59 Capitolo V La vaccinazione 67 Capitolo VI Malattia di Alzheimer, ictus, cerebropatie 77 Capitolo VII Morfina e assenzio: due droghe ottocentesche 91 Capitolo VIII Endocrinologia e malattie del metabolismo 8.1. Gotta, 91 8.2. Irsutismo e ipertricosi, 97. 105 Capitolo IX Gozzo, tireopatie, acromegalia 7

8 Indice 117 Capitolo X Quando le diagnosi sfuggono 125 Capitolo XI Nanismo acondroplasico 139 Capitolo XII Lebbra 145 Capitolo XIII Cardiologia 155 Capitolo XIV Frida Kahlo, una pittrice per il senso della sofferenza 165 Capitolo XV L arte vede, la medicina (a volte) interpreta: il segno di Babinski 173 Capitolo XVI Medico: impara l arte (tua)! 189 Capitolo XVII Illumin(are) l immenso 203 Capitolo XVIII Chirurgia 213 Capitolo XIX Un po di ostetricia: la nascita 227 Capitolo XX Pediatria 241 Capitolo XXI Prima l uovo o la gallina? 253 Bibliografia

Prefazione L arte teme la scienza, perché potrebbe detronizzarla. Talora la combatte, talaltra la imita o stabilisce con essa una competizione, ma la teme. La scienza non teme l arte, perché non le potrà mai nuocere. L uomo non può fare a meno né della scienza né dell arte, ma senza la scienza è perduto, senza l arte, semplicemente, si rattrista. Senza la medicina, che della scienza si nutre, può morire; senza l arte, sopravvive, ma si sente meno umano. L artista malato cerca il medico per non morire. Il medico cerca l artista malato, o il soggetto malato da lui creato, per capire di più sulla propria disciplina e su quella dell artista. Perché mai un pediatra in pensione, felice padre e felice nonno, che è anche uno storico dell arte mancato (e questo si legge bene tra le righe), scrive tante riflessioni tra la medicina e l arte e, da ultimo, un libro come questo? Si potrebbe dire che molte nozioni sulla storia della medicina vengono qui completate o corrette; e che molte informazioni sfuggite agli storici dell arte vengono qui a completare la ricostruzione filologica di molte opere, di temi iconografici e di motivazioni degli artisti. Ma non sono le nozioni che interessano il nostro Ceccarelli, sebbene ce ne fornisca numerose e perfettamente documentate. Se ho introdotto questa mia (inutile, ma affettuosa) pagina con un pensiero sull abbraccio arte scienza, è perché questo libro mi sembra concretizzare il miraggio di figurare l immagine dell uomo completo, completo di cultura scientifica e artistica, ampiezza storica, sensibilità, riflessione, creatività, libertà di giudizio. Una completezza che negli studi in cui sono immersa si è in gran parte perduta. Il sussiego con cui i colleghi del sapere scientifico ci trattano, nonché l inconsapevole boria con cui noi umanisti ci difendiamo ritenendoci superiori e intoccabili, sono un inequivocabile segno di questa perdita, che è una delle caratteristiche della società dall inizio della rivoluzione industriale. Il fascino del libro di Ceccarelli, al di là degli argomenti trattati (non sosterò sull incanto,ad esempio, delle pagine dedicate a Monet e 9

10 Prefazione alla vista offuscata, alle droghe, al tema della lezione di anatomia o all iconografia della natività), sta nel non porsi un obiettivo univoco, una surplus di interpretazione in chiave di analisi clinica o storico artistica, ma piuttosto nel movimento ondulatorio tra i due tipi di analisi. Quando avverte di essere sul punto di divenire dogmatico, l Autore si smonta con una sottile ironia. La (consapevole) modestia è la sua forza. Quando il lettore teme di essere immerso in un discorso terribilmente tecnico, ecco che subentra a distrarlo un linguaggio ricco di riferimenti contemporanei e di locuzioni popolari. Ed una prosa, last but not least, che rende questo saggio godibile come una raccolta di novelle. Jolanda Nigro Covre Professore Ordinario di Storia dell Arte Contemporanea, Università La Sapienza Per anni ho creduto di insegnare l arte del Novecento a Gianni Ceccarelli, vergognandomi non poco quando lo vedevo presentarsi agli esami, lui, più maturo di me, al di là della scrivania; e di recente gli ho chiesto di insegnarmi il segreto della sua instancabile e allegra superattività: dubito che imparerò.

Premessa In un articolo pubblicato abbastanza recentemente su una rivista per medici di famiglia australiani (Hocker 2008) si legge: Parecchi degli studenti che si iscrivono alla Facoltà di Medical Humanities dell Università di Sidney sono medici pratici o anche clinici. Alcuni sono laureati che, arrivati alla pensione o quasi, vogliono ora che ne hanno il tempo esplorare e conoscere la storia, gli aspetti umanistici e artistici di quella che è stata la loro professione, della quale fino a quel momento hanno visto prevalentemente il lato tecnico. Altri vogliono elaborare un particolare progetto; altri ancora si iscrivono per i loro personali interessi storici, morali o, ancora, artistici che ritengono di aver trascurato e che ora desiderano affrontare. Altri, infine, vengono con lo scopo di ottenere un arricchimento personale e professionale, che pensano possa essere loro utile anche nello svolgimento del loro lavoro. Quando, arrivato a settantacinque anni, mi sono iscritto al Corso di laurea in studi storico artistici di quella stessa Università ( La Sapienza di Roma) nella quale avevo conseguito, magna cum laude come allora si diceva, esattamente cinquantuno anni prima la mia laurea in Medicina e Chirurgia ero, senza che allora lo sapessi, nella stessa situazione di qualcuno dei miei più anziani colleghi australiani. Studiare e praticare con coscienza la Medicina sotto le diverse forme possibili, e sono oggi tante implica un tempo pieno mentale che non ammette deroghe; ma proprio per questo, una volta abbandonati, per necessità e ancora per coscienza, gli interessi medici che ho avuto da quando avevo sedici anni (e sono stati parecchi, dalla farmacologia a alla pediatria alla industria dei farmaci alla bioetica) ho voluto con umiltà e coinvolgimento colmare o almeno tentare di farlo per lo meno in parte le tante mie lacune in campo artistico e umanistico. In un mio vecchio libro di Patologia Medica (Rasario 1953) era scritto che alcuni aspetti della Medicina e in specie la terapia hanno caratteri artistici. Forse questo oggi è meno vero di un 11

12 Premessa tempo, dal momento che la Medicina oggi fa di tutto per essere considerata una Scienza, abbandonando quasi ogni aspetto creativo e intuitivo: basta pensare alla Evidence Based Medicine, la Medicina basata sulle prove, che da parecchi anni (Cochrane 1972; EBM working group 1992) costituisce e vuole e forse deve costituire la base dell atto medico. Ma almeno a volte questo tipo di Medicina, con i suoi protocolli standard e le sue guide lines (http://www.sbbl.it/ web/links/lineeguidamedicina), perde (Fitzpatrick 2004; Fitzpatrick 2008) quel carattere di umanità e di simpatia che era proprio della buona Medicina del tempo dei miei primi studi e che mi portò allora come si dice a fare il medico. Ricordo che quando andavo, tanti anni fa, ad ascoltare le lezioni negli Istituti biologici nella Città Universitaria ogni tanto mi prendeva la voglia di deviare verso la facoltà di Lettere che gli ordinamenti di un tempo a me, maturato in uno dei pochissimi licei scientifici allora esistenti, interdicevano. Ora, tanti anni dopo, ho potuto e ho voluto soddisfare quella mia curiosità e forse anche quel mio lontano represso desiderio. Nel corso di questa nuova esperienza, ormai anch essa terminata, mi è venuto il ghiribizzo come scrive la collega australiana di elaborare un mio particolare progetto, magari e certamente non originale, ma che ha se non altro, credo perché a me così pare, una certa originalità nello svolgimento. Osservare un quadro, a volte, mostra a un medico una malattia, alla quale magari il pittore, dipingendo l opera, non ha proprio pensato; e fa nascere in lui nel medico una serie di ricordi, osservazioni, esperienze non del tutto inappropriati. Qui di seguito ho raccolto alcuni dipinti e alcune malattie ad essi collegati. Ho unito allora ormai quasi al termine della stessa due delle tante passioni della mia vita: la storia delle Medicina e l osservazione (solo l osservazione: non sono capace di disegnare neanche un bicchiere) della pittura. Questo piccolo lavoro è dedicato alla memoria di mia moglie Vandina, che mi ha lasciato da quasi trent anni solo o quasi: penso che il termine esatto sarebbe solo dentro sulle vie del mondo, ma che ne sono certo ne sorriderebbe, vedendolo e (forse) leggendolo, dicendo poi che «si tratta di una delle tante follie di quel pazzo di mio marito». Ai miei figli, ai loro coniugi e ai miei nipoti il libretto vuole ricordare una

Premessa 13 persona che, come dice Cyrano de Bergerac, ha cercato di non abbassare mai dinanzi a nessuno il proprio pennacchio, per piccolo e modesto che fosse. Giovanni Ceccarelli estate 2012

Capitolo I La visita del dottore Non esiste vera medicina, si potrebbe dire, senza il rapporto che si instaura tra il malato e il medico; nel famoso Canone della medicina del medico arabo, ma vissuto in Persia nel X secolo, Ibn Sina (Avicenna) alcune delle illustrazioni (Avicenna, 1593) concernono proprio questo iniziale atto medico (fig. 1.1). «Un intera biblioteca in onore del Medico non saprebbe offrire un quadro migliore del rapporto tra questi e il malato di quanto è racchiuso e mostrato in questo dipinto». Questo é il commento apparso su un importante rivista di medicina (Banks, 1892) pochi anni dopo che Luke Fildes (poi Sir Luke) aveva esposto il suo The Doctor (fig. 1.2) nella Tate Gallery. Sulla genesi del quadro circolano molte versioni: secondo una di queste, Fildes, che aveva perduto i genitori ed era stato allevato dalla nonna una femminista ante litteram che gli aveva trasmesso il suo amore per i poveri e i diseredati avrebbe dipinto il quadro dopo la morte, avvenuta la mattina di Natale del 1877, di suo figlio Philip, che era stato assistito fino all ultimo con il massimo possibile di attenzione e partecipazione dal suo medico, un tale dottor Murray. Un altra versione fa risalire il dipinto a una idea della Regina Vittoria per onorare il suo medico personale, Sir James Clark, che era stato mandato ad assistere il figliolo di una delle ancelle di Sua Maestà al castello di Balmoral; come che sia, Fildes in realtà ottenne la commissione per il quadro da Sir Henri Tate, l industriale delle zollette di zucchero e mecenate, che glielo pagò ben tremila sterline (Moore, 2008). Fildes ricostruì nel suo studio a Londra un ambiente simile a quello in cui si suppone avvenire il fatto mostrato, tanto che ancora qualche anno dopo, nel 1890, su una rivista («The Graphic») che aveva ospitato i primi lavori di Fildes, apparve una illustrazione di un altro pittore, Richard Cleaver, che riporta Fildes mentre dipinge il 15

16 Medici, malati, malattie e farmaci nella storia dell arte suo quadro (fig. 1.3) con sullo sfondo proprio l ambiente ricostruito. Su «The Graphic» Fildes da giovane si era occupato di pubblicare, tra le altre, il suo Homeless and hungry (fig. 1.4) che lo aveva fatto segnalare a Dickens per il quale aveva poi illustrato l ultimo suo racconto: Il mistero di Edwin Drood. Il dipinto di Fildes è stato indagato molte volte (Bordin e Polo D Ambrosio, 2009; Vigué e Ricketts, 2008, Aris 2002) come esempio quasi insuperabile del tipo di medicina che si attuava alla fine del XIX secolo: un medico vestito alla moda vittoriana è accanto al giaciglio di una bambina evidentemente figlia di poverissimi lavoratori; il materasso è posto su due sedie accostate, in mancanza di un vero letto; l ambiente denuncia il massimo di povertà possibile. Al centro del quadro, la figura, seduta e pensierosa del medico intento a scrutare ogni minimo segno sulla piccola inferma, domina la scena. Dietro, la figura del povero padre, che ha posto il suo braccio sulla spalla della madre, si perde quasi nell oscurità di fondo. La luce che promana dal lume a petrolio colpisce sia il volto assorto del medico sia quello della bambina malata, suggerendo che non tutto è forse perduto. Siamo con ogni probabilità in quello che i vecchi testi di medicina definivano il momento della crisi, specie nelle infezioni e in particolare nelle infezioni polmonari; un tempo che è quasi un crinale, dal quale può discendere sia la guarigione sia l esito fatale. Nessuno, in quel tempo, può fare (specie al tempo del quadro) quasi nulla: il medico se non cercare di cogliere qualche segno in un senso o nell altro; il padre se non affidarsi con la sua speranza all esperto cui ha delegato tutta la sua povera autorità; la madre, nel suo stereotipico ruolo femminile che accetta e invoca l aiuto di uno degli uomini presenti. Tutto è molto ben catturato e descritto, potremmo dire, dal pittore: la fronte aggrottata del medico, la sua mano sinistra che tormenta la barba, la sua forse inutile ma calma autorità (un autorità, tra l altro, che in questo caso non deriva, come diceva Maurice Blanchot, «da quel sentirsi re e regina» proprio a volte dei medici (Rowland Smith, 2010) ma, al contrario, dalla coscienza della propria pochezza e del proprio limite). L elemento più importante del quadro di Fildes tuttavia è proprio, credo, nella presenza del medico accanto alla malata e alla sua famiglia in un momento critico della malattia. In realtà, da un punto di vista propriamente medico la presenza del dottore nel momento colto dal quadro è inutile; e ci si può domandare perché il medico sia allora

I. La visita del dottore 17 ancora lì. Oggi nella visione molto economicista della medicina che si è affermata si potrebbe pensare che in quella situazione il medico sarebbe più utile altrove, o che almeno potrebbe esserlo. Perché allora sta lì, accanto alla malatina? In un articolo apparso su un altro giornale medico una quarantina di anni fa (Arnason, 1977) l autore, un sociologo, cambiava la scena del dipinto di Fildes: la sedia del dottore è vuota e i due sconvolti genitori si aggrappano a una cornetta del telefono, che, quarant anni dopo, possiamo a nostra volta cambiare con un cellulare. Forse, questo mutamento di scena fa allora comprendere cosa, in una medicina che in realtà poco poteva fare, faceva il dottore ; e per poco che fosse, quel pochissimo è forse migliore di quello che oggi ci viene a volte offerto. Il quadro di Fildes deve aver influenzato il giovanissimo Picasso, che a sedici anni, nel 1897, dipinge a sua volta Scienza e carità (oggi al museo Picasso di Barcellona) (fig. 1.5), premiato alla sua comparsa con una menzione onorifica, come aveva auspicato il padre del pittore, José Ruiz Blasco. Qui l atteggiamento del medico che sta prendendo il polso a una donna inferma, distesa su un povero lettuccio è abbastanza simile a quello di Fildes, ma i personaggi di contorno sono diversi. L assistenza alla malata è figurativamente resa da una suora, che porta il grande cappellone bianco che era tipico delle suore di S. Camillo de Lellis il santo infermiere (Spinelli, 2007) e ha in braccio un bambino, presumibilmente il figlio della malata. Il giovane pittore si fa portatore di una delle istanze del momento, specie nella cattolica Spagna di quegli anni alle prese con le novità che la coinvolgono: la necessità che sia la scienza che i fattori umani si uniscano per la salvezza degli uomini e delle donne. La presenza della suora che affianca il medico nel compito di assistere la malata rinforzava, specie nella società in cui il giovanissimo Picasso viveva ancora a fianco del padre, i valori morali che, non meno di quelli tecnici e scientifici, erano ritenuti essenziali per una guarigione completa. Picasso qui si mantiene ancora nell ambito delle correnti pittoriche realiste che erano presenti nel suo Paese, costruendo il dipinto secondo canoni ancora piuttosto accademici (per esempio nell uso dei colori impiegati, varianti dell ocra), ma aggiungendovi effetti luministici, ad esempio sulle pareti dell ambiente (su cui risalta, sopra il letto dell inferma, una immagine sacra, come era abituale non solo in Spagna), che risentono delle novità impressioniste. La tradizione (Vigué e Ricketts, 2008)

18 Medici, malati, malattie e farmaci nella storia dell arte vuole che il padre di Pablo (che come è noto era anch egli pittore, mentre lo zio era medico) abbia posato come modello per la figura del dottore e che la malata fosse una mendicante che chiedeva l elemosina in una viuzza accanto allo studio del pittore; questi le avrebbe offerto dieci pesetas per ogni seduta e avrebbe aggiunto dei dolcetti per il bambino. A pochi anni prima del dipinto di Picasso e a pochi anni dopo quello di Fildes risale un altro quadro (fig. 1.6: Monja y enferma, 1893), questo di un pittore catalano Antoni Casanova y Estorach più noto per le sue opere storiche; anche qui l assistenza al malato è svolta da una suora, come è stato abituale negli ospedali fino a non moltissimi anni fa. E sempre una suora cappellona assiste, nel dipinto (fig. 1.7) di Théobald Chartran (un francese ottocentesco, che era famoso per i suoi ritratti di personaggi illustri, ritratti che apparivano su «Vanity Fair»; non sempre erano apprezzati, tanto che quello che fece al Presidente degli Stati Uniti Theodore Roosvelt venne da questi confinato nella stanza più buia della Casa Bianca, prima di essere definitivamente distrutto e sostituito da un lavoro di Sargent) alla visita medica attuata dal famoso Laennec, l inventore (Laennec 1819) della auscultazione mediata (nel dipinto il medico ha in mano uno dei primi stetoscopi, costituito da un legno cavo). L assistenza al malato però non è solo compito delle suore: il pittore olandese Lourens Tadema, più noto come Sir Lawrence Alma Tadema, dipinge (fig. 1.8) al posto della suora una vecchina che, nella stanza accanto a quella dove una giovane ammalata si alza dal suo letto per cercare di capire se è stata lasciata sola, passa il suo tempo china su alcune carte da leggere. La visita del medico è spesso anche la visita al medico. In questo ambito si può citare almeno un dipinto: La sala d attesa del medico del russo Vladimir Makowski (fig. 1.9), vissuto nella seconda metà del XIX secolo, in cui l ambiente in cui la famigliola seduta sul divano attende di essere chiamata dal dottore per la visita al bambino il cui atteggiamento è reso magnificamente, dal rilassamento con cui si abbandona in braccio alla mamma alla tensione dello sguardo verso qualcosa che ha richiamato la sua attenzione è reso in tutta la sua sontuosità, dal parquet al tappeto alla pianta al quadro sulla parete e alla specchiera; per alcuni (Aris, 2002) la figura al centro molto russa, col robone che gli scende fino ai piedi e la barba bianca sarebbe

. La visita del dottore quella del medico, evidentemente uscito da suo studio per parlare con la signora cui ora si rivolge e alla quale sta spiegando, causandole una certa angoscia, quanto ha rilevato durante la visita al giovane che è rimasto sulla soglia e che potrebbe essere, oltre che il vero paziente, anche il figlio della donna. Per altri (Vigué e Ricketts, ) si tratterebbe, più correttamente anche secondo me (non è credibile che il medico parli della malattia in presenza di altre persone e per di più in una sala d aspetto), di un sacerdote o comunque di un anziano che ha accompagnato la donna e che le sta rivolgendo parole di conforto, dal momento che la sorpresa e l ansia della signora sono evidenti. Figura.. La visita medica, dal Canone della medicina di Avicenna, X secolo.