La costa della Norvegia si estende, in linea d aria, per circa 2000 Km.. ed è suggestiva, contornata di isole, con i fiordi che penetrano nel territorio colorandoli con le loro acque smeraldine che riflettono le straordinarie pareti a picco dei versanti montani. Quante foto ho visto di questi paesaggi incredibili dove ovunque imperava roccia ed acqua, dove fragorose cascate o laghi silenziosi illuminavano le scure masse granitiche, quante immagini ho ammirato e desiderato visitare. Bene! I sogni si avverano sempre saranno stati i troll, gli spiriti folletti che abitano quelle zone a darmene la possibilità?
Il fatto è che un giorno mi sono decisa.. sarei salita a bordo dell Hurtigruten e avrei costeggiato la lunga Norvegia, seguendo la rotta del Postale dei Fiordi avrei toccato, passo passo, la costa fino a Capo Nord e.. pur nel freddo primaverile avrei gustato la bellezza dei ghiacciai norvegesi inseguendo l aurora boreale.
Il mio viaggio è iniziato a Bergen, la porta d ingresso ai fiordi norvegesi, un porto pittoresco, un antica città mercantile situata al centro di ben sette montagne.. bella e ricca di edifici dai caldi colori pastello, che in parte si affacciavano sul porto e poi si arrampicavano sulle pendici della collina.
Mi sono diretta al Torget, la piazza centrale della città, aperta sul vecchio porto e nella romantica luce di un vespro norvegese ho passeggiato per il lungomare, il Bryggen. La luce era diversa così come lo erano i riflessi che riscaldavano le case, le banchine del porto e le stesse montagne.. era un mondo unico!
Il Bryggen era certamente il sito medioevale meglio conservato della città, era stato, a ben ragione, dichiarato dall UNESCO, Patrimonio dell Umanità, con i suoi edifici allineati lungo la banchina, e gli antichi magazzini in legno, dipinti a colori vivaci ed intensi che spiccavano con gli alti frontoni acuti e i tetti spioventi.
Qui risiedevano i mercanti della lega anseatica, la potente associazione mercantile del Mare del Nord che aveva dominato nel quartiere per ben 400 anni tutto era veramente suggestivo se poi si pensava che quell angolo di città era sopravvissuto ai numerosi ed anche gravi incendi susseguitisi nei vari secoli!
Passeggiando lungo il Bryggen sembrava di viaggiare nel tempo.. poi dalle case ho spostato lo sguardo verso il mare, verso il piccolo fiordo quasi gelato del porto, un po grigio e freddo, poco invitante, un mare del nord, ma ravvivato dai numerosi battelli ancorati alla banchisa.
Ritornata nel poco calore delle viuzze, riparata da quel gelo artico, mi sono spostata a visitare la St. Mary, l unica chiesa della città, antico centro parrocchiale dei mercanti anseatici, risalente al XII secolo, con la sua facciata in stile romanico, resa imponente da due poderose torri e un portale riccamente ornato.
Prima di imbarcarmi sull Hurtigruten ho voluto raggiungere la cima del Monte Floyen servendomi della simpatica funicolare Floybaden.. era tardo pomeriggio...
...e poi a sera inoltrata dall alto il panorama mi è apparso spettacolare.. tutta la città mi sembrava quasi avvolta da una particolare armonia.. un vero colpo d occhio sugli edifici illuminati, sui fiordi ed anche sui monti circostanti. Alcuni hanno scritto che Bergen faceva pensare alla sinfonia romantica di Beethoven e devo ammettere che di fronte a quel panorama mi sono sentita di condividere quella espressione!
Poi, verso la tarda serata è iniziato l imbarco sul famoso Postale dei Fiordi.. con un fanciullesco entusiasmo ho voluto perlustrare quella nave che per una settimana mi avrebbe condotto lungo le coste norvegesi.. ho immaginato per un momento di essere un lupo di mare e l esplorazione mi ha reso allegra e contenta di intraprendere una nuova avventura.
Il mattino dopo l Hurtigruten aveva già raggiunto la cittadina di Alesund.. una piccola città museo, raggomitolata nell area dei fiordi occidentali, anzi posta proprio all imbocco del notissimo Geirangerfjord l ho ammirata dal ponte della nave, graziosa e accogliente nonostante il freddo che pareva avvolgerla.. con la sua conformazione pittoresca e sinuosa, dato che sorgeva su tre piccole isole collegate tra loro.
Alesund, era il centro più importante del Sunnmore, uno dei porti pescherecci più attivi della Norvegia, infatti viveva e prosperava grazie alla pesca e al commercio di aringhe e merluzzi. Siamo entrati nel porto e mi hanno subito colpito le molte case in legno, originali, sopravvissute al grave incendio divampato nelle prime ore del 23 Gennaio del 1904.. mi hanno raccontato che nello spazio di sole sedici ore, 850 case in legno erano state rase al suolo e diecimila persone erano rimaste senza un luogo dove abitare!
Accompagnata da una esperta guida locale sono scesa dalla nave per visitare quella città che era anche conosciuta non solo per i fiordi circostanti e le alte vette del Sunnmore, ma soprattutto per la sua architettura da fiaba.. Jugendstill, o meglio conosciuta come Art Nouveau.
Se infatti le bellezze naturali non mi bastavano, ecco apparirmi le bellissime case arricchite da elementi decorativi unici.. davanti ai miei occhi scorrevano immagini da copertina.. balconi chiusi da vetrate, fregi, ghirlande di fiori di stucco, torrette, scanalature in finte mezze colonne insomma un tripudio di decorazioni Jugendstill.
Ma anche la parte più moderna, era stata ricostruita in modo da rendere il tutto ridente e civettuolo.. tanto che era piacevole passeggiare per le piazze e le vie interne nonostante il freddo pungente quasi nordico!!
Nelle vie in discesa poi erano suggestivi gli scorci del fiordo con le barche ancorate al molo.. un fiordo stretto e quasi soffocato dalle possenti montagne del Sunnmore dove la crosta di neve si stava lentamente sciogliendo scrollandosi di dosso il triste manto invernale, anche se il tepore primaverile sembrava essere ancora molto lontano.
Ma l Hurtigruten richiamava i suoi passeggeri ed il viaggio lungo i fiordi doveva proseguire.. purtroppo una leggera foschia ci ha impedito di godere del paesaggio, ma qua e là si intravedevano i ghiacciai che avevano scavato ed eroso, un milione di anni fa, altrettante valli che poi, con l innalzamento del livello marino, si erano trasformate in stupendi fiordi
Quando il giorno dopo abbiamo attraccato a Trondheim abbiamo avuto come benvenuto un atmosfera di gelo invernale, con una leggera pioggia e un freddo glaciale.. abbiamo quindi gustato una sintesi del paesaggio norvegese con il nucleo urbano che appariva avvolto dalla foschia e dalla neve che copriva le sponde dell ansa del fiume Nidelva. La città aveva però il suo fascino, situata nella frastagliata costa, al centro del Trondheimsfjorden, alla foce del fiume Nidelva, così avvolta da quel bianco manto, da quella coltre dura e compatta che scricchiolava a calpestarla!
Nata nel 997 come città vichinga per opera dell energico ed astuto condottiero, divenuto poi re con il nome di Olav il Santo, nel tempo aveva acquistato un importanza sempre maggiore, tanto da essere indicata come la porta d ingresso del nord, perché da lì il Circolo Polare Artico distava solo mezza giornata di viaggio!
Il centro nevralgico della città era dominato dall imponente cattedrale gotica di Nidaros, il santuario nazionale della città, costruita nel XII e XIII secolo sul luogo dove sorgeva una modesta chiesa che racchiudeva le ceneri di Sant Olav.
Questa cattedrale era riuscita a conservarsi nei secoli nonostante i numerosi incendi e saccheggi. La sua facciata era spettacolare.. presentava tre fasce orizzontali di nicchie che contenevano delle statue, mentre al di sopra si stagliavano due possenti torri quadrate scavate da grandi bifore e affiancate da due piccoli campanili. L insieme mi è apparso perfettamente simmetrico, maestoso, regale, anche se molto severo.
Quando poi sono entrata sono rimasta affascinata dalle bellissime vetrate dai dipinti colorati che davano la possibilità alla luce di penetrare e ravvivare la grande navata sostenuta da alti pilastri a costoloni e a torciglioni con i capitelli gotici.
Tornata al freddo dell esterno dove mucchi di neve si addensavano ai margini delle strade.. sono finita in un piccolo cimitero adiacente la cattedrale.. camminavo intabarrata calpestando quella coltre di neve, mentre un vento pungente sbatacchiava bandiere, alberi e anche noi poveri turisti.
La città si presentava, ai nostri occhi esploratori, come una ordinata sequenza di strade e viali con le belle case color pastello che ravvivavano quell atmosfera plumbea e davano una nota di colore, erano stagliate contro un cielo difficile da definire.. grigio, coperto, inaccessibile.. tanti erano anche gli antichi magazzini costruiti su palafitte, forse tutti ristrutturati, ma certamente ben conservati.
L atmosfera di un anomalo freddo primaverile continuava ad avere il suo fascino quasi misterioso, e non ha bloccato il mio desiderio di vedere, mi sembrava di essere nel mondo di favola dei Trolls per cui mi sono ben presto ritrovata sulla strada del molo, la Sandgata, che segnava il confine della zona storica del centro città, chiamata Midtbyern che si estendeva attorno alla piazza del Torget, dove campeggiava la statua di Re Olav il Santo.
Sono poi salita in una parte collinare panoramica dominante la città e dai vari scorci vedevo spuntare la cuspide aguzza della Torre Lanterna e il verde tetto della cattedrale la mia attenzione è stata inoltre attirata dal serpeggiante fiume Nidelva un corso d acqua che spiccava tra un mare di bianchi tetti...
...e poi, discesa dalla collina mi sono fermata ad ammirare il Ponte Vecchio, il Gamle Bro, più volte ricostruito, molto originale e noto soprattutto per i suoi portali rossi che ricordavano un po quelli giapponesi.
Devo ammettere che, se come turista curiosa cercavo nelle città norvegesi una parte antica.. magari palazzi storici o qualche scavo archeologico, rimanevo delusa.. tutte le città erano state, in passato, costruite in legno e non si era quasi mai usata la pietra o il granito, anche se ce n era a dismisura. Poi le città erano state distrutte, attaccate dal fuoco, dai bombardamenti e di conseguenza più volte ricostruite.
Risalita sulla nave ho cercato di riscaldarmi al riparo da vento, pioggia e neve.. e nel comodo salone sul ponte alto dell Hurtigruten ho potuto scrutare dai vetri le maestose montagne che sprofondavano a picco sul fiordo.. la neve pareva toccare il mare e devo confessare che mi sentivo catturata dalla forza magica e silenziosa della natura.
I veri fiordi, insenature grandi o piccole, si incuneavano nella costa creando baie, rade e cale, roccia e ghiaccio era un paesaggio molto difficile da percepire e non solo per le sue gigantesche ed estreme proporzioni, ma anche per la sua stessa spiritualità sterminata ed ermeticamente chiusa! Ogni tanto qualche sporadico agglomerato di case colorate, vivacizzate, a tratti, da un timido ed insicuro sole, mi colpiva per la sua tranquilla bellezza
...erano villaggi addossati alle montagne abitati forse da fate e gnomi.. e addormentati quasi all ombra di quel clima freddo! Quella costa rocciosa e frastagliata era di una bellezza selvaggia che contrastava quasi con il fascino senza tempo di quei piccoli villaggi di pescatori dalle casette di legno dipinto!
Ogni tanto in quella natura incontaminata si inserivano ponti avveniristici armonia e contrasti la tecnologia trionfava e rendeva accessibili quei luoghi, quelle isole sperdute, lontano da tutto e da tutti.
Anche il cielo giocava con i colori: qualche nuvola, qualche sporadico acquazzone e poi uno squarcio di azzurro da cui compariva la luminosità del sole che subito ravvivava la natura, colorava gli isolotti ricoperti da chiazze di neve che si protendevano verso il mare. Era una terra ardua e grandiosa, una terra di massicci montagnosi con ghiacciai lunghi e larghi.. con in mezzo vallate profonde.
Mentre il sole continuava, come per magia, a deliziarci, arricchendo di nuove dimensioni gli scenari naturali, siamo arrivati a Bodo, una graziosa cittadina chiamata un tempo la regina delle aringhe per la sua fiorente industria legata appunto al commercio delle aringhe veramente prospero dal 1870 al 1960. Mi hanno poi raccontato che intorno alla fine del novecento, così come erano arrivate, improvvisamente le aringhe erano scomparse e gli abitanti avevano dovuto trovare altri modi per sbarcare il lunario.. ma alla fine ce l avevano fatta.
Quando abbiamo attraccato al porto di quella capitale del Nordland, situata su una penisola poco più a nord del Circolo Polare Artico, che si protendeva verso il mare di Norvegia, pur riscaldati dai raggi benevoli del sole, abbiamo calpestato masse di neve compatta, sia sui marciapiedi che accatastate a mucchi lungo le strade.
L aspetto complessivo della città era moderno in quanto era stata bombardata dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale nel 1940 e quindi interamente ricostruita. In gruppo siamo subito andati a visitare la moderna cattedrale della città, la Domkirke eretta nel 1956.
La chiesa vantava al suo interno una bellissima vetrata colorata alta ben 12 metri, parecchi arazzi e un rosone che adornava i magnifici interni, inoltre il legno delle panche contrastava in modo armonico con le bianche pareti. Costruita in imitazione dello stile gotico, fu una delle prime in Norvegia ad avere anche un campanile separato avveniristico, con una cuspide che svettava al cielo.
Non c era altro di interessante, se non una sosta nel parco pubblico, per cui, dato il clima piacevole mi sono concessa un tour turistico con un trenino panoramico che mi ha portato non solo nel centro di Bodo, dove ho ammirato la torre del Municipio, ma anche verso le caratteristiche fattorie in periferia, costeggiando il celebre museo dell Aviazione che però non ho visitato al suo interno.
Da Bodo il pomeriggio dopo, l Hurtigruten mi ha portato alle isole Lofoten e l impatto è stato indescrivibile...scure, montagnose, sparpagliate quasi ad anfiteatro lungo la costa settentrionale della Norvegia, quelle isole rappresentavano, un paradiso naturale per la bellezza dei panorami con i suggestivi picchi dalle cime innevate, i porti con le pittoresche insenature...le Lofoten erano rimaste un luogo selvaggio, imponente e nello stesso tempo romantico!
Dal ponte della nave dove mi ero messa in posizione panoramica, mi è apparso un muro innevato, un labirinto di scure piramidi rocciose dalla cima arrotondata che preannunciavano meraviglie.. il tutto mentre il cielo passava da azzurro a grigio e infine si colorava di nero.. con qualche sprazzo ancora di azzurro.
Poi l Hurtigruten è entrato nel piccolo fiordo di Stamsund, una cittadina deliziosa.. era sera e la natura pareva acquistare una magia tale da stimolare fantasie infantili,
...poi costeggiando i fiordi la nave si è spostata a Svolvoer una cittadina che spiccava allegra e gioiosa con le rosse Rorbuer, le case-capanne in legno, affittate ai turisti che volevano godere della bellezza unica del luogo.
Quelle Rorbuer, dove ho alloggiato, erano dunque casette vicino al mare, solitarie, romantiche anche se, insieme al salmastro della bassa marea, arrivava l odore dei merluzzi appesi ad essiccare. Le guide del posto mi hanno raccontato che già nell XI secolo il merluzzo delle Lofoten veniva gustato ed apprezzato anche alla corte dell Inghilterra e tuttora gli abitanti delle isolette basavano buona parte della loro economia sulla pesca e sulla lavorazione proprio del merluzzo!
Il giorno dopo, alla luce del sole, Svolvoer mi è apparsa veramente magica: gli scorci paesaggistici si sprecavano, le montagne scendevano a picco sul mare e la neve accarezzava la costa. Le casette in legno rosso davano poi l idea di un paese-giardino da favola, con il porticciolo zeppo di barche che dondolavano mollemente al suono dolce della musica del mare perché proprio il mare rappresentava la vita per quelle isole, si insinuava tra le case, tra le ridenti insenature dei fiordi, portava colore, ricchezza, animava i contorni e le prospettive.
Posizionata in alcune zone panoramiche quelle casette sul mare sparivano quasi, sovrastate dai colossi di granito spruzzati di neve, di una bellezza inconsueta e prepotente, quasi indescrivibile! Guardavo quelle rocce, le rive scoscese, il mare, gli scogli a picco.. qualche nave in lontananza e.. una statua che forse indicava un tempo la strada ai naviganti.. era là l infinito che da sempre stimolava lo spirito di scoperta dell animo umano?
E poi, in ogni angolo, spuntavano come funghi i personaggi principali delle isole, i merluzzi, appesi ovunque su enormi tralicci, onnipresenti in modo quasi ossessivo e un po.. puzzolente, ma anche a questo odore ben presto ci si abituava!
Ma non potevo fermarmi solo a Svolvoer, anche se bella e pittoresca, perché le isole Lofoten erano un insieme di tanti villaggi, cittadine abitate da pescatori e intatte, una più caratteristica dell altra per cui il viaggio lungo i fiordi poteva aspettare qualche giorno e avrei, con alcuni amici, percorso in auto la E10, la strada principale, per scoprire quell isola che già iniziava ad affascinarmi.
Sotto un cielo blu cobalto che dava risalto al bianco della neve, all azzurro screziato dei ghiacciai e anche al grigio delle rocce che scendevano verso il mare di un verde cupo intenso, sono arrivata a Kabelvag.. qui sono andata a visitare la Lofotkatedralen, una chiesa in legno del 1800 che mi hanno detto fosse una delle più grandi della Norvegia settentrionale.
Ma più pittoresco mi è apparso il villaggio di pescatori di Henningsvaer, chiamato anche la Venezia del Nord per i suoi ponti, canali e palafitte caratteristiche. Il villaggio, ridente ed allegro, era dominato dal suggestivo innevato monte del Vagekallen, re indiscusso e dominatore delle Lofoten.
Ogni isola era inoltre collegata da ponti che oltrepassavano leggeri i fiordi senza guastare il panorama che era sempre indescrivibile con le belle montagne che incorniciavano le varie insenature.
Nonostante il sole, tutto era avvolto dal gelo e l'olderfjord, bellissimo, è stato una vera apparizione. Qui l aria, la neve sui pendii delle montagne, il vento che batteva sul viso, tutto era di una bellezza che superava qualsiasi sensazione di disagio.
All'estremità del fiordo ecco apparire una piccola, disarmante, tenera chiesetta nella comunità di Gimsoy quasi sperduta nel maestoso scenario delle montagne.
Più volte ho posato lo sguardo intorno a me e percepivo la forza maestosa delle montagne, veri e propri lastroni di roccia ammantati di bianco che si alzavano dal mare simili a giganti immobili e regali.. forse anche, come dicevano i locali, abitati dagli gnomi!
Scendendo più a sud sono arrivata a Nusfjord, un incantevole borgo sempre di pescatori costruito su palafitte rosse e abitato soprattutto dai gabbiani. Quando il sole illuminava i vari pescherecci ancorati nell insenatura, era facile vedere una miriade di ingordi gabbiani che starnazzano volando in disordine, pronti a piombare sul facile cibo che i marinai gettavano in mare durante la pulitura del pesce.
Un pittore non avrebbe potuto creare paesaggio più ridente: il mare del fiordo in cui si rifletteva l azzurro del cielo, un mare che brillava al sole come una gemma preziosa ho rimpianto di non avere con me i miei acquerelli!
Di isola in isola, attraverso ponti spettacolari sono arrivata alla perla delle Lofoten, ancora più a sud, a Reine...
...attorno a questa cittadina le pareti delle montagne sembravano cadere a strapiombo in acqua, senza terreno di costa.
Qui parlavano le sensazioni, parlava l armonia dell insieme, di forme e colore, per cui lo sguardo si allontanava poi a malincuore per arrivare infine al punto più estremo dell arcipelago, il punto A, situato proprio al termine della E10, la strada centrale che collegava tutte le isole.
Allora mentre scendeva la sera e solo un raggio di sole baciava le montagne che scivolavano lentamente dall alto delle cime fino al mare, ho salutato quel fiordo ghiacciato, divenuto perlaceo, quelle magiche isole che parevano trasmettermi la voce magica del silenzio della natura che mi circondava, selvaggia ed intatta.
Il giorno dopo, ripreso l Hurtigruten, mi aspettava l ultimo tragitto verso nord, l ultima tappa della costa era proprio Capo Nord una parte di terra abitata dai Lapponi, più precisamente dai Samer una popolazione legata alle tradizioni di una cultura millenaria, che continuava a mantenere, forse anche per i turisti!
Mi emozionava essere in quel punto estremo dell Europa un tempo arrivare fin lì era il mito dei giovani saccopelisti, giovani che macinavano Km e Km in utilitarie o addirittura in vespa per arrivare a scoprire il sole di mezzanotte che in genere se ne stava sempre rintanato tra le nuvole! Io ero arrivata velocemente con tutti i confort e stavo godendo della bellezza della solitudine di quel desolato altipiano del nord, avvolto nel gelo glaciale.. La nave infatti aveva raggiunto Hammerfest, e lì ero scesa salutando il postale dei fiordi che era stato la mia casa per parecchi giorni. Hammerfest era la città più settentrionale del mondo. Fondata nel 1789 si era ben presto sviluppata come porto di pesca e commerciale delle rotte polari.
Il mio stupore è stato grande nel vedere come in quel grigio di cielo e terra, le casette risplendessero colorate e civettuole, quasi ribelli all atmosfera intorno a loro. Quella cittadina, in capo al mondo, nel 1944 venne interamente distrutta dai tedeschi in ritirata, ma ora, era stata ricostruita, più ridente che mai, tanto da diventare anche un ricco centro commerciale!
Da lì con un traghetto ho raggiunto Capo Nord, dove lo spoglio pianoro del Finmark, sull isola Mageroyo, si immergeva nei flutti dell Oceano Glaciale Artico con una scogliera di 300 metri. Qui era approdato nel 1553, per la prima volta, il navigatore inglese Richard Chancellor durante la spedizione che lo avrebbe portato fino al porto di Arcangelo nel Mar Bianco. Il vento soffiava gelido, pareva spazzare via cose e persone, ma durante la notte, tutti gli occhi erano puntati al cielo, dove una pallida luminosità avvolgeva tutti con la sua luce crepuscolare.
Capo Nord era comunemente conosciuto come il punto più settentrionale del continente europeo, ma capo Knivskjellodden e capo Kinnarodden erano entrambi leggermente più a nord, eppure la scogliera di Capo Nord essendo più accessibile ai turisti, non aveva perso il fascino del suo primato! Ora l atmosfera non era più quella vissuta nel 1553 da Chancellor: oltre alla scoperta del promontorio vicino di Knivskjellodden, ancora più a nord, anche la magica voce del silenzio che avvolgeva il pianoro era stata organizzata con centri turistici, show multimediali, ricostruzioni storiche, ristoranti, caffé panoramici per ripararsi dal freddo pungente, esposizioni di quadri, e addirittura una cappella, dove molti eccentrici personaggi potevano scegliere di venire per unirsi in matrimonio.. proprio in capo al mondo!
Allora ricreare nell animo l atmosfera magica diventava difficile, ci si abbandonava ai ricordi, si alzavano gli occhi al cielo che, come ho detto, era per lo più coperto di nuvole, si spingeva lo sguardo al contorno nero delle montagne che si stagliavano nell orizzonte infiammato di rosso e arancione e si sognava
Molto più interessante è stata la breve escursione in barca al piccolo villaggio vicino di Honnisvag, situato lungo una baia nella zona meridionale dell isola Magerova, la stessa dove si trovava Capo Nord.. mi è piaciuto con le sue case colorate, dove si respirava ancora un atmosfera più vera, magica ed unica avvolta dal silenzio di quel mondo di bianco glaciale. Quel piccolo agglomerato di case contendeva ad Hammerfest il ruolo di città più a nord del mondo, ma avendo meno di 5000 abitanti, secondo una legislazione locale, aveva dovuta lasciare alla vicina l onore del record.
La sensazione unica che provavo, attorniata da quella bellezza naturale in gran parte ancora innevata dove il disgelo pareva sgomitare per farsi strada tra le case, le caratteristiche chiese e le stradine.. era indescrivibile potevo veramente dire di aver fatto un viaggio ai confini dell Europa.
Mi aspettava però l ultima tappa in questa terra di Norvegia.. la visita alla capitale vichinga, un po fredda, cupa, ma maestosa, con palazzi imponenti e severi! Oslo era nata nell XI secolo sotto il segno dell avventura. Il suo fondatore Harald Hardrade potrebbe rappresentare l emblematica figura dell intraprendenza norvegese..
Mi hanno raccontato la sua storia: Harald era il fratello di Olav il Santo, il re norvegese che aveva convertito al cristianesimo il suo popolo, aveva combattuto in Europa, era arrivato persino in Oriente ed era infine tornato in patria ricco di gloria e di bottino. Il re Magnus, suo nipote, che risiedeva a Trondheim, gli offrì allora metà del regno in cambio delle sue ricchezze. Harald accettò e iniziò a costruire Oslo.. nel 1624 però un grave incendio la distrusse e Cristiano IV la fece ricostruire più bella e moderna dandole il nome di Cristiania, nome che rimase fino al 1924. Il sito della città, in fondo ad un fiordo fra dolci colline, anche con il cielo grigio, mi è apparso splendido ed ho subito desiderato andare a scoprire ogni angolo.
Ho percorso la via principale, la Karl Johans Gate, perché su questa arteria si affacciavano gli edifici storici, i palazzi più imponenti e maestosi.. ecco allora il Palazzo Reale, il Kongelige Slott della prima metà del 1800, circondato da un immenso parco, tuttora abitato da re Olav e dalla sua famiglia.
Più avanti mi è apparsa la Domkirke, la meravigliosa cattedrale evangelica di Oslo, la chiesa di Nostro Salvatore, costruita nel 1697, immersa nel silenzio di una piazza solitaria.
Sul retro della cattedrale ho scoperto, nella mia perlustrazione altri angoli di pace, solitari dove le Basarhallene o sale del bazar, i bellissimi portici del 1936-1950, durante il periodo estivo, ospitavano un caratteristico mercato d antiquariato, negozi di orafi ed argentieri
Mi hanno raccontato che quando Oslo non era che un piccolo villaggio, attorno alla cattedrale si trovava un cimitero erboso dove pascolavano indisturbate le pecore. Per tenerle lontane venne costruito appunto il Basarhallene proprio alle spalle della chiesa ed è in quella zona che abbiamo potuto ammirare la stupenda galleria circolare in stile liberty. Oltre a quel bazar, anche gli austeri caffé, purtroppo erano chiusi, forse per il freddo o per la stagione morta e pensare che erano stati un tempo il ritrovo di famosi artisti tra cui il drammaturgo Henrik Ibsen!
Lungo il tragitto del centro ho scoperto anche il Teatro Nazionale, il Nationaltheater costruito nel 1899 in stile neoclassico, proprio dopo la morte del grande Ibsen davanti alla sua facciata spiccava appunto una statua del drammaturgo.
Sempre nel nucleo più antico della città, il centro vitale, si ergeva il Palazzo del Parlamento, lo Stordinget, costruito nel 1866, sede dell'assemblea nazionale norvegese, una bellissima costruzione d effetto con la sua originale architettura neo-romanica.
E come potevo poi tralasciare il meraviglioso castello di Akershus costruito durante il regno di Hakon V intorno al 1300? Quel castello medievale, situato sulla cima della collina Akersneset, aveva una posizione strategica, ideale per l'avvistamento dei nemici e per avere il controllo su tutta la città di Oslo.
Nel corso dei secoli il castello fortezza ha difeso Oslo da numerose incursioni nemiche. Durante il regno di Cristiano IV fu ristrutturato e venne reso più moderno, anche nelle sue parti interne, e acquisì un bellissimo stile rinascimentale. Nel corso del 1700 la sua struttura cominciò a riportare qualche segno di decadimento, e furono lentamente avviati lavori di restauro.
Nonostante il cielo grigio, la fitta nebbiolina che penetrava nelle ossa e il freddo quasi invernale mi sono spinta ad Aker Brygge, il quartiere ristrutturato dei docks con i suoi pontili che si protendevano nell area del porto e quasi non si intravedevano data la forte foschia.. qui le strade erano chiuse al traffico perché probabilmente con la bella stagione doveva essere un luogo di ritrovo e di animazione.
Un altra esperienza importante e quasi d obbligo è stata la visita al Museo Munch per ammirare i quadri di quell artista di fama internazionale, così tormentato e geniale, il pittore noto come il pioniere dell espressionismo.. I suoi capolavori alla fine del 1800, come L'Urlo, Madonna, Vampiro, Bagnanti, Gelosia e il Bacio sono ormai icone e quadri tra i più conosciuti al mondo.
Mi è rimasto impresso il piccolo quadro del famoso Urlo, simbolo dell angoscia e dello smarrimento che segnarono tutta la vita del pittore norvegese. La scena rappresentava un'esperienza vera, legata appunto alla vita dell'artista: mentre si trovava a passeggiare con degli amici su un ponte di un quartiere di Oslo, il suo animo era stato assalito da un terrore indescrivibile, forse da uno stato di panico di cui era spesso soggetto, e allora aveva colto quell'attimo dipingendo un personaggio immaginario che simboleggiava il suo stato psichico.
E suggestiva anche la descrizione che aveva raccontato nel suo diario: Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.
Con quelle immagini di bellezza anche se un po tenebrose perché rispecchiavano un mondo di molto dolore e sofferenza, di inquietudine che rimandava, in alcuni casi, ad una serie di incubi.. si era concluso il mio soggiorno nella capitale e anche il viaggio in Norvegia. Qualcuno ha detto che il viaggio perfetto è sempre circolare: c è la gioia della partenza e poi c è anche la gioia del ritorno. Può essere vero, ma è così bello progettare un itinerario ed è sempre velato di una certa malinconia, il ritorno a casa Si sono trascorsi dei giorni felici, lontano da tutto e da tutti, si è usciti dalla realtà quotidiana per penetrare in un altra.. una realtà di cose nuove, che non conoscevamo e che abbiamo esplorato. C è gioia nel ritorno proprio perché hanno la possibilità di rimanere sempre vive nel cuore sia le immagini che i ricordi e poi è così bello poterle anche raccontare!