10 GIORNI IN KENYA. 24 gennaio 09-3 febbraio 09



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Transcript:

10 GIORNI IN KENYA 24 gennaio 09-3 febbraio 09 Dopo la toccata e fuga di agosto 2008 (solo 4 giorni per la prima inaugurazione del Neema), il boss mi ha convinto (e per la verità non ha dovuto insistere troppo ) a ripartire per il Kenya. Questa volta senza Achille, Marco e Leonardo, ma con altri due compagni d eccezione: Flavio e don Olivo. SABATO 24.1. Partiamo poco dopo l una, ancora con il furgone dei pompieri perché non abbiamo una macchina abbastanza grande da contenere tutto il bagaglio. Nevica e il capo ha deciso di anticipare la partenza perché non si sa mai: ghiaccio sulla strada, alberi caduti, automobilisti imbranati, caprioli Invece tutto fila liscio e siamo alla Malpensa in notevole anticipo. Abbiamo il tempo di fare colazione e di litigare con l addetta al check-in che non è convinta di imbarcare sei borsoni oltre alle nostre valigie personali. Siamo in anticipo ma partiamo in ritardo, non sappiamo perché. Il boss si innervosisce perché non ha la situazione sotto controllo. Cominciamo bene Finalmente il volo non proprio svizzero LX 1639 decolla per Zurigo dove probabilmente non riusciremo a prendere quello diretto a Nairobi. Invece, un po perché il pilota recupera parte del ritardo un po perché a Zurigo ci aspettano, fatto sta che arriviamo a Nairobi, dopo un eccellente volo, perfettamente in orario, alle 19,10 ora locale (le 17,10 in Italia). All aeroporto troviamo p. Franco e p. Antonio Bianchi che sono venuti a prenderci: andiamo a comprare qualcosa da mangiare e poi dritti alla Consolata per depositare il bagaglio (questa volta non abbiamo perso niente ed il capo è molto più sereno); Sergio, Flavio ed io abbiamo la nostra stanza singola nella palazzina vicino alla mensa, la sistemazione dell anno scorso, mentre don O- livo - per il grado che riveste - è ospitato nella casa madre, dove alloggiano i padri. Sistemiamo alla meglio le valigie ed il capo consegna la chiave dei lucchetti una a me ed una a Flavio per sicurezza. Quindi facciamo un salto al Mediterraneo per una cena frugale: pizza per qualcuno, minestrone per altri, doppia pastasciutta per Flavio che si tutela, in previsione di futuri salti di pasto. Rientriamo ad un ora decente, una doccia tonificante e buonanotte.

Parrocchia Consolata - Nairobi/Westlands palazzina alloggi volontari

DOMENICA 25.1. Sveglia alle 7,00 perché si fa colazione alle 7,30. Oggi, giornata festiva, non si può lavorare: il programma prevede: Messa a Kahawa ed una serie di visite, alla Vendramini, a Kamae, al dispensario, e chi più ne ha più ne metta. Fa caldo, qui è estate e non mi dispiace per niente. Flavio ha combattuto tutta la notte con insetti inesistenti, ma credo sia stato plagiato da Massimo che gli ha raccontato di zanzare dappertutto. Così si rovinano le giovani generazioni Aspettiamo p. Franco ed a bordo del suo fuoristrada andiamo alla parrocchia di Kahawa per la Messa. E chiaro come il sole che il capo vorrebbe mettersi al posto di guida, però non si azzarda in fondo è sempre un superiore generale... ma ha già deciso: dal pomeriggio avremo una macchina tutta per noi, o meglio, tutta per lui! La scusa è che così siamo più autonomi, la realtà è che si fida solo della sua guida. Arriviamo sani e salvi (nonostante la strada, il traffico, i matatu) da p. James e p. Evaristo; quattro chiacchiere di benvenuto e poi in chiesa, con una folla immensa dentro e fuori. P. Franco celebra con don Olivo ed è grande suggestione: la partecipazione, i canti Flavio fotografa e riprende con la telecamera del Mimmo soprattutto per far invidia ad Achille al quale ha promesso la registrazione del coro. Dopo la Messa don Olivo viene letteralmente assalito da un numero incredibile di bambini che - tutti intorno a lui - lo abbracciano e gli stringono la mano in un festoso assedio. Incontriamo Nancy e quelli del Comitato parrocchiale che ancora ci ringraziano per quanto facciamo per la loro comunità. Ci trasferiamo alla Vendramini dove ci accoglie suor Paola che ci invita a pranzo. Ritroviamo suor Maria Antonietta e le altre sorelle, ma non suor Rosa - la responsabile del dispensario - che è stata trasferita a Njeri. Ora l ambulatorio è nelle mani di suor Maria Antonietta. Non c è Achille che fa onore alla tavola, ma Flavio ne prende autorevolmente il posto, facendo il bis dei tortellini e del resto; poi si butta sulle banane, ma non assaggia il mango perché dice che non gli piace. E pensare che questa è la stagione del mango! Assaggialo! Ho detto che non mi piace! Così sono le giovani generazioni E pomeriggio inoltrato e p. Franco ha i suoi impegni: noi, d altra parte, vorremmo tornare in città per incontrarci con Marco Scalfi, che è a Nairobi dai primi di gennaio e fra pochi giorni rientrerà in Italia. Salutiamo dunque le sorelle dandoci appuntamento a domani per l inizio dei lavori al campo. Dopo aver lasciato p. Franco alla Consolata, con la nostra macchina andiamo all appuntamento con Marco e, con lui, visitiamo gli storici slums di Suswa, Deep Sea e Maasai. La prima tappa è al Maasai, recentemente raso al suolo per più della metà, dove Marco ha ricostruito ex novo i servizi igienici, facendo un ottimo lavoro: su un base di cemento ha realizzato in legno docce e servizi, completi di serbatoio per l acqua, scarichi e pozzetti. Ha ancora questi ultimi giorni a disposizione per finire le porte, coprire i pozzetti e verniciare l intera struttura. Detto così sembra semplice, ma bisogna conoscere le difficoltà di quaggiù per capire ed apprezzare le fatiche del Marco che, da solo, parlando un po inglese, un po swahili e soprattutto dialetto, riesce sempre a completare le opere che si prefigge di fare. Veniamo circondati da tutti gli abitanti dello slum che ci salutano e vogliono farsi fotografare. Dopo un veloce giro fra le poche baracche rimaste in piedi, riprendiamo la strada e dirigiamo a Suswa: anche qui la gente ci viene incontro e ci saluta con affetto; caramelle per i bambini e foto con tutti, poi via verso Deep Sea, dove ritroviamo la stessa disperata situazione dello scorso anno. E tardi e quasi buio e Marco deve rientrare entro le 7,00 perché le sue suore hanno delle regole molto rigide: se non è lì a quell ora, non mangia. Non ci si crede, ma abbiamo trovato qualcuno che è riuscito a metterlo in riga. Lo riaccompagniamo al collegio e ci salutiamo col proposito di rivederci prima che torni in Italia. Torniamo per la cena alla Consolata, dove noi fortunati siamo molto più liberi ed indipendenti, ma abbiamo fretta perché dopo vogliamo incontrare i ragazzi di strada e per questo non possiamo fare

troppo tardi. Verso le 20,30 ci facciamo trovare davanti ad uno snack bar con p. Franco ed immediatamente arrivano tre o quattro street s boys. Si sparge subito la voce ed in un secondo ci vediamo attorniati da una cinquantina di ragazzi e ragazzini, alcuni davvero giovanissimi, addirittura di 8 e 9 anni. Saltano al collo di p. Franco e lo abbracciano; salutano anche noi stringendoci la mano e ringraziandoci preventivamente. Il gestore del locale, Elaiza, che per il capo diventa subito Eligio, autorizza l ingresso dei ragazzi che irrompono sgomitando e spingendosi per raggiungere un posto. Ordiniamo salsicce, patatine, ketchup e bibite e fatichiamo un po per distribuire il pasto: mani che ci bloccano, voci che ci chiamano, c è un po di confusione, ma riusciamo ad accontentare tutti. Anticipiamo ad Eligio che domani sera ritorneremo e concordiamo con Alex, il portavoce dei ragazzi, che la cena di domani sera sarà riservata ai più piccoli. Rientriamo senza altre distrazioni perché domani dobbiamo alzarci presto: don Olivo andrà al Nord con p. Franco, mentre noi abbiamo una settimana di fuoco che ci aspetta. Ciò nonostante, ci fermiamo un po nel nostro salottino all aperto per confidarci le impressioni su questo primo giorno keniano: don Olivo si è già fatto un idea della miseria e della disperazione che affligge gran parte della popolazione, Flavio ha sperimentato sul posto quanto gli era stato riferito dai volontari che lo hanno preceduto. Per consolarci mangiamo caramelle e un po di frutta: il capo passion fruits, don Olivo ed io mango, Flavio solo banane perché il mango non gli piace. Ora però è davvero tardi: una doccia salutare e buonanotte. LUNEDI 26.1. E l alba e don Olivo parte con p. Franco per Maralal e le missioni del Nord; per un paio di giorni ci lasceranno orfani del loro appoggio morale e spirituale. Noi invece, verso le 7, ci ritroviamo nel traffico di Nairobi diretti a Kahawa. Il capo sembra essere perfettamente a suo agio fra matatu che ci sfrecciano ai lati, biciclette stracariche di masserizie, pedoni a destra e a sinistra, camion euro 0 meno meno e pullman puzzolenti ma artisticamente decorati. Abbiamo una Toyota Rav blu con il cambio normale, cioè non automatico, cioè più consono al nostro driver che, forse, questa volta, non avrà problemi con il freno a mano; è quasi nuova, c è anche il lettore CD ma non riusciamo ad infilare il CD che abbiamo comprato dopo la messa di ieri, c è anche la radio ma non riusciamo a sintonizzarci sul giornale radio. La teniamo accesa, però, perché ci fa compagnia; Flavio vorrebbe cambiare canale, ma è il boss che decide cosa si deve ascoltare. Così, allietati da musica similaraba, arriviamo alla scuola Vendramini, sede dei lavori che abbiamo programmato per questa trasferta. Ci viene incontro suor Paola che ci presenta la signora Jane, ingegnere, incaricata della costruzione dei campi. Il boss le spiega che vogliamo realizzare un campo da pallavolo, uno da pallacanestro ed uno per il calcio e che i primi due devono essere cementati; le chiede se è in grado di soddisfare le nostre richieste ed, in caso positivo, di proporci un preventivo. Intanto arriva Nancy con le vettovaglie: ha immaginato che siamo partiti da Westlands senza colazione e così ci ha portato caffè, biscottini e banane. Per fortuna niente mango, Flavio può stare tranquillo. Dopo esserci rifocillati, riprendiamo le trattative. Jane assicura di poter realizzare il lavoro e, nel giro di mezz ora, ci presenta un preventivo di 2.400.000 scellini. Il capo, che crede di essere al mercato, comincia a contrattare: mette sul piatto il lavoro di preparazione già effettuato e quello che intendiamo fare in questi giorni, sollevando l impresa da un bel po di impicci. L ingegnere ammette che un po di aiuto non guasterebbe e concordiamo per 2.100.000, cioè circa 21.000 e due mesi per la fine lavori. Rivediamo insieme il contratto punto per punto e ci accorgiamo che non è stata inserita l illuminazione, ma forse è colpa nostra perché non l avevamo fatto presente. Tuttavia bisogna prevederla e dunque è necessario aggiungere i costi per i pali della luce, i fari e l allacciamento. Siamo d accordo, ora bisogna cominciare. Sul terreno ci sono già operai e

Maasai L ultima fatica del Marco Scalfi Suswa Deep Sea

gli street s boys di Westlands in fila in attesa della cena sempre più piccoli...... finalmente si mangia

mezzi, non resta che rimboccarci le maniche e partire. Certo, se ci fossero l Achille e il Marco Noi abbiamo assunto 5 operai mentre Jane ne ha portati una quindicina. Incarichiamo Francis Kibera (il factotum della Vendramini) di procurare il pasto ai nostri, mentre per gli altri provvederà Jane. Arriva p. James che, considerata l ora, ci invita a pranzo in parrocchia. Un salto veloce, mangiare di corsa e poi di nuovo al campo. Mentre fervono i lavori di preparazione dei livelli e Jane osserva meravigliata il prezioso strumento che il capo ha portato dall Italia (si tratta di un livello al laser che l ingegnere non ha mai visto), arriva Lucy, l infermiera che stiamo aiutando nel suo percorso scolastico: ci informa che sta per iniziare l ultimo modulo del corso di specializzazione. Le consegniamo il necessario per l iscrizione e le relative tasse. Pregandoci di salutare tutti ed in particolare Elena, ci ringrazia e se ne va con l impegno di farci avere la ricevuta della scuola appena possibile. Intanto, al campo, non ci si ferma un momento: sotto il sole cocente vanno e vengono camion di sassi e terra (questi hanno il cassone ribaltabile, cosa vi siete persi voi che siete restati a casa!). Vengono in visita suor Paola e suor Maria Antonietta: la prima è immediatamente catturata dal capo che ha bisogno di un interprete efficace, mentre la seconda si ferma con me in ufficio a parlare. Le racconto di Lucy, dell amicizia che ci lega dai tempi del dispensario di Suswa, della sua serietà, del suo amore per i poveri e gli ammalati; le spiego che la stiamo sostenendo finanziariamente affinché possa completare il corso di specializzazione che la porterà a conseguire una specie di laurea. Fino ad oggi si è sempre applicata con profitto e quest anno terminerà gli studi. Suor Maria Antonietta elogia la nostra scelta e mi riferisce che la scuola frequentata da Lucy è una delle migliori del Kenya, molto selettiva e di grande preparazione: se la ragazza supera tutti gli esami significa che è davvero brava. La cosa non può farmi che piacere e mi conforta sapere che questa volta abbiamo scommesso su qualcuno per cui vale la pena. In questo caso però il merito è tutto di Elena che ha visto subito in lei una persona capace, responsabile e coscienziosa. Poi la sorella mi chiede di accompagnarla a vedere i lavori ed uscendo incrociamo Flavio che di corsa si precipita in ufficio: ha un calo di zuccheri, ha bisogno di sostentamento. Abbiamo portato dall Italia delle caramelle che avrebbero dovuto essere per i bambini; in realtà se le stanno mangiando i due Armani ed a nulla valgono le mie rimostranze. Sono sicura che se ci fosse stato il Marco avrei avuto un po di aiuto; dall Achille no, lui avrebbe aiutato il suo coetaneo...per frenare il continuo stillicidio arrivo al punto di contarle e segnare sui sacchetti il numero esatto, ma non c è niente da fare, come giro l occhio, si volatilizzano sottratte da mani furtive anche se facilmente identificabili. Ciò nonostante consegno la chiave dell ufficio a Flavio perché possa effettuare il solito prelevamento ma gli chiedo di segnare il numero delle caramelle intascate, anche se so che il mio appello è già caduto nel vuoto. Con suor Maria Antonietta facciamo un giro al campo; attraversando il cortile della scuola le riferisco che è nostra intenzione collegare la scuola con i campi attraverso una rampa da realizzare a lato dei servizi igienici dove ora è accatastata la legna per la cucina. In un primo momento si era pensato ad una scala, ma poi - in accordo con suor Paola - abbiamo ritenuto più idonea una rampa. Approfittando della presenza della ruspa, domani si darà inizio all opera. Suor Maria Antonietta si congratula con noi per ciò che stiamo facendo e si augura che la nostra amicizia duri nel tempo. Sono le 7, il sole è calato, è quasi buio anche perché il cielo è nuvoloso; gli operai stanno andando a casa. Salutiamo Jane che ormai ascolta solo il capo che è abbastanza soddisfatto di come sta procedendo il lavoro. Torniamo alla Consolata per la cena. Più tardi dobbiamo incontrarci con i ragazzi di strada ai quali l abbiamo promesso. Difatti troviamo Alex con una quarantina di piccolini che, in fila ordinatamente, ci stanno aspettando. Salutiamo Eligio, di cui ormai siamo amici, e facciamo entrare i bambini che prendono posto senza litigare; devo dire molto più bravi dei loro compagni più grandi. Ordiniamo per loro le solite salsicce con patatine e ketchup ed una bibita e poi tutti a dormire. Promettiamo ad Alex che torneremo domani sera, ancora solo per i più piccoli. Piove. Torniamo alle nostre stanzette. Flavio scopre un geco sulla tenda ed organizza una caccia serrata alla bestia: prima lo fotografa e

poi ci chiede di aiutarlo a farlo uscire. Il geco corre sul muro, spaventato per tanto clamore, ma sembra non voglia lasciare la stanza; da parte sua, Flavio non intende andare a letto sapendo della presenza dell animale e così dà inizio ad una lotta senza quartiere, spostando il letto (a castello e posticcio) e muovendo furiosamente le tende; recupera il mocio che avevamo comprato l anno scorso per la stanza dei Troggi (attualmente occupata dal Flavio) e sventolandolo a destra e a manca spera in questo modo di indirizzare il geco verso la finestra aperta. Prova a parlargli in inglese (finalmente abbiamo al seguito qualcuno che si fa capire!), ma probabilmente la bestia conosce solo lo swahili e così continua a scorazzare sulle pareti indifferente ai nostri sforzi linguistici. Il capo - incurante della battaglia - ci abbandona al nostro destino e se ne va a dormire, mentre Flavio ed io ci occupiamo del mostro. Finalmente riusciamo nell intento e dopo accurata perquisizione il ragazzo si convince che non c è più nulla da temere; avvolgendosi nella zanzariera, va a dormire. Anche stasera abbiamo fatto tardi. Piove ancora ed intensamente, chissà dove sarà don Olivo e come starà; non abbiamo sue notizie da questa mattina: non riusciamo a contattarlo al cellulare e p. Franco non risponde. MARTEDI 27.1. Sono le 7 e partiamo per Kahawa senza colazione. Il cielo è nuvoloso ma non piove più. Solito traffico, solite buche, soliti incidenti. Al campo splende il sole e gli operai ci stanno aspettando con Jane che ci preannuncia l arrivo della ruspa per il pomeriggio. Anche oggi i nostri sono 5 e quelli assunti dall ingegnere 20. Mentre il capo e Flavio riprendono il lavoro di livellamento, vado con Francis Kibera a comprare del legname: non sarebbe un lavoro da donne, ma, visto che sono qui Nel frattempo arriva Nancy con caffè, focaccine e banane. Ormai sa che a Flavio non piace il mango. Breve sosta per la colazione e poi di nuovo al lavoro. Come ieri consegno a Francis il denaro per acquistare il pranzo ai nostri operai, mentre per gli altri ci pensa Jane, come ieri. Il sole è cocente e Flavio, che tanto al mare non mi scotto mai, è già bruciato. Anche il capo è tutto rosso e per fortuna che, oltre alle caramelle, ho portato la crema! E l una e siamo invitati a mangiare da suor Paola che ci fa trovare pastasciutta, carne, verdure, banane e mango. Suor Maria Antonietta dispensa consigli su come ripararsi dal sole equatoriale, tipo metti una camicia con le maniche lunghe, ma forse è troppo tardi. Raccontiamo alle sorelle della battaglia di ieri sera con il geco e veniamo a sapere che invece dovevamo tenerlo in stanza perché mangia le zanzare; in pratica se ci sono gechi non ci sono zanzare. Saperlo prima! Ma Flavio ribadisce che lui non vuole animali in camera ed è contento che se ne sia andato. Proviamo a contattare p. Franco e don Olivo, ma ancora niente. Riprendiamo subito il lavoro: al campo ci aspetta la ruspa e, sulla ruspa, il tipo dell anno scorso che ci chiede di Achille. Jane è stata di parola, ha detto nel pomeriggio arriva la ruspa e così è stato. Visto, le donne? Vado a prendere da bere per tutti perché il caldo è davvero soffocante. Che tempo fa a Tione? Ah, nevica Breve sosta per dissetarsi e poi di nuovo avanti con i livelli. Il ruspista parte più gasato che mai e per tutto il pomeriggio scava senza sosta su tutto il terreno. Forse esagera anche un po perché distrugge al suo passaggio più della metà dei paletti sistemati con tanta precisione per le quote di livello; della serie: far e desfar l è tut en laorar. Il boss cerca di farsi sentire, ma il suo inglese non è quello del Flavio e riesce solo a confondere gli operai che già hanno difficoltà a capire cosa stiamo facendo. Provvedo a pagare Daniel, uno dei nostri operai, che ha trovato un impiego più duraturo fuori città e, per questo, ci lascia. Siamo dispiaciuti da un lato, perché era uno di quelli bravi che avevamo assunto l anno scorso, ma dall altro siamo contenti per lui; al momento di andare via, ricordando il lavoro fatto nel 2008 ci ringrazia e ci chiede di salutare tutti in Italia.

si lavora! suor Paola, l interprete via la legna per far posto alla rampa

E ormai sera e, congedati i lavoratori, torniamo alla Consolata per la cena. Lungo la strada, su una bancarella, Flavio vuole acquistare una camicia con le maniche lunghe. Questa è bella, è di puro cotone, ma è un po piccola per te; fa niente, la prendo. How much? 200 scellini. Interviene il capo: ma siete matti? E troppo, facciamo 150! Ma ti pare il caso di contrattare 2 euro di camicia? Da queste parti si usa così. Va bene 150. E fu così che Flavio acquistò una bellissima camicia a maniche lunghe per la considerevole somma di 1 euro e mezzo. Arrivati in mensa, mangiamo in fretta e poi dai ragazzi di strada. Sono tutti là in fila lungo il muro dello snack bar; Alex ci viene incontro e ci indica il posteggio interno. Il responsabile della sicurezza ci apre il cancello e parcheggiamo al sicuro. Anche stasera sono una cinquantina i piccoli in attesa sulla strada ed anche stasera il nostro amico Eligio li fa entrare. Mangiano tutti di gusto e poi, ordinatamente, come sono arrivati, vanno via. Alex ci presenta un suo amico ammalato e ci chiede se possiamo aiutarlo ad acquistare le medicine necessarie. Soddisfiamo la sua richiesta ed andiamo a dormire, non prima di aver perquisito ben bene la stanza di Flavio alla ricerca di gechi.. Non abbiamo notizie di p. Franco e don Olivo che dovevano tornare stasera e non sono arrivati. Piove. MERCOLEDI 28.1. Partiamo prima delle 7. Colazione da suor Paola, poi subito al campo. C è un po di fango per la pioggia caduta nella notte, ma ora splende il sole e presto sarà asciutto dappertutto. Oggi c è da togliere la terra esistente che non va bene, spargere quella giusta e posizionare - per i campi di pallavolo e basket - la massicciata (che qui si chiama hardcore, ma che noi ribattezziamo subito hard rock per essere più vicini alle preferenze musicali del Flavio). Abbiamo assunto un altro operaio e più tardi si presenta Yvonne, una delle due ragazze dello scorso anno, che ci chiede di poter lavorare; indossa la maglietta della Onorati - Calcestruzzi, Inerti, Scavi come raccomandazione. La accontentiamo. Il sole picchia sempre di più. Come nei giorni precedenti abbiamo anche oggi la compagnia di p. Evaristo che passeggia avanti e indietro tutto il giorno dando indicazioni di qua, consigli di là, il più delle volte in contrasto con le direttive del boss, con il risultato di complicare ancor di più la già difficile situazione linguistica. Meno male che abbiamo il Flavio che, essendo il figlio del capo, ha più voce in capitolo dell Evaristo. Arriva di gran carriera suor Paola: ci porta la bella notizia che i nostri due desaparecidos sono rientrati sani e salvi dalla trasferta al nord e nel pomeriggio verranno a farci visita. Ci invita a pranzo, ma noi siamo già impegnati con p. James che vuol farci conoscere un missionario italiano, p. Lorenzo Cometto, che gestisce una comunità dove hanno trovato rifugio ragazzi di strada. Incarico Francis del pranzo per i nostri 6 operai, mentre Jane si arrangia con i suoi. Il boss, Flavio, p. Evaristo ed io ci rechiamo al Jambo Grill, un ristorante lì vicino, dove ci aspettano p. James e p. Cometto. Peccato che l Evaristo non conosca la strada e perdiamo un bel po di tempo prezioso prima di raggiungere il locale; pensare che se ci avesse detto che si trova vicino al Nakumatt che è stato distrutto l avremmo trovato subito! E un self service e possiamo scegliere fra carne di non si sa cosa, verdure non meglio identificate, un impasto di farina che qui chiamano polenta, banane, ananas e mango. Il capo mangia di tutto, io banane, ananas e mango, il Flavio banane e ananas. Ascoltiamo p. Cometto che ci parla in stereo della sua comunità comunità comunità.. (Da suor Maria Antonietta abbiamo saputo che due o tre anni fa, a causa di un aggressione per rapina, il missionario ha subito gravissime lesioni tanto che si era temuto per la sua vita; poi si era ripreso ma gli è rimasta una certa difficoltà di espressione: in pratica ripete più volte la stessa parola e così un discorso di cinque minuti dura in realtà almeno dodici.)

senza un attimo di sosta... Flavio che crede di essere al mare W la ruspa

Ci invita a visitare il suo centro centro ma gli facciamo presente che per oggi non è proprio possibile, forse in uno dei prossimi giorni giorni. Nel tornare alla Vendramini ripassiamo l elenco delle cose ancora da fare: parlare con Gianfranco Morino, Marcella e Sergio Passadore per il Neema, ci serve un pomeriggio; andare ad Isiolo ed Archer s Post per i Fratelli di madre Teresa di Calcutta e gli asili, quello da realizzare e quello realizzato, ci servono due giorni; incontrare suor Rosa a Njeri e vedere il centro delle suore elisabettine a Nanyuki (o lì vicino), forse ci stiamo nei due giorni di Isiolo; visitare il dispensario di suor Maria Antonietta ed incontrare i due gruppi che stiamo sostenendo, il Bethania ed Oasis of Hope, ci serve un altra mezza giornata; avere un momento per Mary e Nancy: la prima l abbiamo sentita solo per telefono, la seconda appare ogni mattina con la colazione e scompare subito dopo senza che possiamo parlarle; andare a vedere l asilo di Kamae, la scuola di Kiwanja ed adesso anche il centro di p. Cometto, oltre - naturalmente - a portare avanti i lavori dei campi sportivi a Kahawa. Con tutto questo, il capo propone di ritagliarci un fine settimana per una gita al Masai Mara, uno dei parchi nazionali del Kenya. Come se avessimo un mese a nostra disposizione! Torniamo alla Vendramini e suor Maria Antonietta ci annuncia che alle 5 è fissato un meeting fra noi per fare il punto della situazione. Ecco, questo appuntamento ci mancava Intanto i nostri operai hanno tolto tutta la catasta ammassata a lato della cucina e la ruspa ha già cominciato a sistemare la terra per la realizzazione della rampa. I magnifici 6 sembrano molto indaffarati con la legna, ma in realtà si imboscano spesso con la scusa di dover portare le assi dietro alla baracca di lamiera: in effetti lì c è un po d ombra Adesso la ruspa serve sui campi e quindi i sassi per la rampa devono essere spostati a mano. Sì, ma non un sasso alla volta, per piacere! Il meeting delle 5 è continuamente interrotto, ma riusciamo almeno a parlare delle fatture del dispensario ed a chiarire il nostro impegno per quanto riguarda i due gruppi affetti da Aids. E evidente che ci serve ancora del tempo per completare il quadro e parlare dell asilo di Kamae. Alle 6, accompagnati da p. Bianchi, vengono a trovarci p. Franco e don Olivo, freschi reduci dalla capatina al nord. Per prima cosa se ne sentono quattro perché ci hanno lasciato senza notizie per due giorni e, considerati i chiari di luna, anche nella preoccupazione: si racconta, e sono fatti veri, che su di là giornalmente si verificano attacchi ed aggressioni. Ed infatti i nostri ci confermano che poco dopo il loro passaggio in una zona pericolosa alcuni briganti hanno assalito un gruppo depredandolo. E noi, qui, senza sapere niente! Ma bravi! Colpa dei cellulari, non si riceveva e non riuscivamo a trasmettere, ci riferisce il superiore generale, e dobbiamo credergli sulla parola. Don Olivo è comunque soddisfatto della gita, anche se si è sobbarcato migliaia di chilometri su strade non perfettamente asfaltate e con un caldo quasi insopportabile. Mostriamo il lavoro fatto e spieghiamo quello che dovremo fare ed incassiamo i complimenti che, per la verità, sono diretti esclusivamente al boss, come se Flavio ed io non avessimo fatto niente! Ma dico, ci meriteremmo un po più di considerazione solo per aver sopportato quei Vedet n do che te mete i pe? o quei Me scoltet quan che parlo o no? oppure Finighela de perder temp e tirè quel spac!. Il sole è calato e gli operai se ne vanno a casa. Noi siamo ospiti di suor Paola e suor Maria Antonietta per una cena in compagnia. Mangiamo squisitezze e beviamo vino (non tutti) e, per finire, banane e mango (non tutti). Telefoniamo al Marco Troggio perché è il suo compleanno e gli raccontiamo cosa stiamo facendo senza di lui. Sono le 9 passate ed è ora di tornare alla Consolata. Lungo la strada superiamo una fila di uomini che a due a due procedono sul ciglio; incuriositi guardiamo meglio...sono incatenati e quei 3 o 4 al fianco sono armati di mitra... sono soldati! Cosa sta succedendo? Oh, niente di particolare, sono alcuni carcerati della vicina prigione che tornano in cella dopo una passeggiata serale. E con questo abbiamo visto di tutto. Arriviamo verso le 10. Siamo più sporchi del solito e stanchi, è tardi e questa sera non andiamo dai ragazzi di strada, ma li avevamo preavvertiti e dunque sappiamo che non ci aspettano.

Flavio acquista la sua bellissima camicia p. Lorenzo Cometto con alcuni dei suoi ragazzi

Vorrei lavare un po di roba, ma le braghe e le magliette non ci stanno nel piccolo lavandino del bagno. Il capo mi suggerisce la lavanderia delle suore. Domani faccio il bucato. GIOVEDI 29.1. Partiamo alle 7. Per la colazione ci aspetta suor Paola. Mi sono portata un po di cose da lavare e scopro che anche il boss ha una borsa di plastica con pantaloni e magliette. Chiedo a suor Paola di poter usare la lavanderia e lei si offre di lavarmi la roba. Ci mancherebbe! Mi accompagna, allora, in lavanderia e lì trovo tutto il necessario; visto che è un lavoro da donne, lavo anche i capi del capo. Il caldo è opprimente già di primo mattino. I nostri 6 operai sono sul posto e aspettano ordini; quelli di Jane stanno sistemando l hard rock sul campo da pallavolo; il ruspista va avanti e indietro, portando terra, spostando sassi, un po sui campi, un po sulla rampa di accesso. I nostri vengono incaricati del lavoro alla rampa, gli altri proseguono con la massicciata. Pare che le cose possano andare avanti bene, quasi senza necessità di supervisione, quando, sul più bello, la ruspa perde olio: qui i bulloni sono un optional; dove dovrebbero essercene quattro, ce ne sono solo due. Quando poi uno si perde, assistiamo ad un convulso spostamento di dadi: togli questo da lì e mettilo là. Il risultato è sconfortante: ora bisogna portare via la ruspa per farla riparare! Così rimaniamo senza mezzo. Inoltre l altro carico di hard rock che stavamo aspettando non arriva. Ci concediamo una breve pausa per un caffè e due biscottini che ci ha portato Nancy. Poi, visto che siamo fermi, approfittiamo del momento di forzato impasse per partecipare all incontro con i gruppi Bethania ed Oasis of Hope presso il vicino dispensario. La sala al secondo piano è gremita di persone alle quali veniamo presentati ufficialmente. Il capo, con la traduzione di suor Maria Antonietta (perché, nonostante la buona volontà, gli manca ancora la padronanza della lingua inglese), conferma il nostro impegno nei loro confronti, impegno che si realizza in sovvenzioni, sempre attraverso il dispensario, per l acquisto di cibo e delle medicine e, dal 2009, anche nel pagamento dell assicurazione sanitaria che permetterà loro di usufruire gratuitamente dei servizi ospedalieri. La notizia è accolta con molto entusiasmo da tutti ed a turno - nel ribadire che la loro situazione è migliorata da quando ricevono regolarmente cibo e medicine - ci ringraziano e ci pregano di estendere la loro gratitudine a tutto il gruppo. Dopo le foto di rito ed i saluti, riceviamo la richiesta di vederci separatamente con il gruppo Oasis of Hope, che in effetti incontriamo nel bungalow del giardino del dispensario. Sono presenti in 26 dei 30 iscritti. Dal discorso del loro leader, Charles, ci rendiamo conto che mal sopportano l idea di passare dall ambulatorio per ricevere gli aiuti, mentre preferirebbero poter gestire autonomamente il denaro che l associazione spedisce. Chiariamo che il nostro referente è solamente il dispensario ed i beneficiari esclusivamente quelli che si rivolgono ad esso. Ribadiamo che siamo a conoscenza dell esistenza di altri sponsor che forniscono contributi e sostegno ad Oasis e, per questo il nostro intervento è indirizzato all acquisto di quei prodotti che altri non possono dare. Sottolineiamo il fatto che la nostra è una piccola associazione che ha molti progetti e che non vuole lasciarne a metà nessuno: vuole finire ciò che comincia e non può permettersi di imbarcarsi in situazioni che sa di non poter gestire. Concludiamo spiegando che nessuno dei nostri volontari ha titolo per impegnarsi formalmente, ma ogni cosa deve essere discussa nel nostro direttivo e le decisioni vengono poi comunicate per iscritto. Sicuramente hanno capito la nostra posizione, ma ci sembra che siano rimasti delusi, più di tutti Charles che, probabilmente, dovendo fare riferimento al dispensario, sente sminuita la sua leadership nel gruppo. Qualche altro invece apprezza l atteggiamento di Africa Rafiki e si dice soddisfatto dell incontro. Torniamo al campo in tempo per incaricare Francis Kibera di procurare il pranzo ai nostri 6 operai, mentre noi con Jane siamo ospiti di p. James alla parrocchia.

lavori alla rampa l obbediente Flavio i nostri consulenti spirituali

Mangiamo di corsa e poi al lavoro: c è da finire la rampa e la speranza che riportino la ruspa riparata. I nostri operai completano la rampa e quando finalmente arriva la ruspa la facciamo andare a- vanti e indietro per stabilizzare il fondo. Anche le cuoche sono molto interessate ai lavori ed ogni volta che passiamo di lì (praticamente ogni cinque minuti) ci sorridono dimostrando apprezzamento. Durante la ricreazione ed al termine delle lezioni, i bambini corrono al campo per vedere i mezzi in movimento e tutto quel viavai di persone, una novità per loro. Qualcuno addirittura si presenta con carta e matita ed, appoggiato ad un livello (bisognerà rifare anche questo!), disegna la scena. Ecco il camion con l hard rock: il lavoro può riprendere a pieno ritmo. Poiché tutto sta procedendo per il meglio e sono arrivati don Olivo con p. Bianchi, il capo decide di sospendere l attività ed andare a far visita a p. Cometto. O adesso o mai più, sentenzia! Si può forse contraddirlo? Giammai! Via, allora, senza perder tempo, sfrecciando pericolosamente su strade bianche verso la comunità Familia ya ufariji (Famiglia della consolazione). P. Lorenzo Cometto ci accoglie nel vasto prato che circonda la costruzione: ci mostra il laboratorio artigianale dove apprendisti artigiani del legno e del ferro realizzano mobili e strutture metalliche. Proprio qui p. James ha fatto fare le finestre per la chiesa di Kahawa e qui vorrebbe ordinare le porte e le finestre per il nuovo asilo di Kiwanja. Mentre visitiamo la sala mensa, la cucina, il dormitorio, i servizi igienici, la lavanderia, la stalla con le mucche, il campo sportivo, il frutteto e gli orti, p. Cometto ci spiega che la comunità accoglie circa 90 ragazzi, tutti orfani e raccolti dalla strada, ai quali offre vitto e alloggio, vestiario e possibilità di studio. Ha un progetto ambizioso per l immediato futuro: quello di prevedere un programma di formazione professionale che permetta ai giovani di svolgere un mestiere qualificato. Ci sottopone il preventivo per il lavoro all asilo di Kiwanja, chiedendoci di partecipare al progetto. Rispondiamo che la proposta verrà valutata dal nostro direttivo e che gli avremmo fatto sapere. E tardi. Rientriamo alla Consolata per la cena e poi dai ragazzi di strada. Questa sera non facciamo differenze: da mangiare per grandi e piccoli. Ne troviamo 115 e dobbiamo istituire due turni per accontentarli tutti. Eligio, nonostante la confusione, è felice del nostro arrivo e ci regala un sacchetto di patatine ed una bibita per il Flavio che, essendo in fase di crescita, ha bisogno di alimentarsi frequentemente. Ritroviamo l amico ammalato di Alex che ci ringrazia per l aiuto e ci mostra la ricevuta della farmacia dove ha comprato le medicine. Salutiamo tutti perché non sappiamo se riusciremo ad incontrarci ancora: da domani gli impegni si fanno più gravosi ed il tempo è sempre meno. Abbracci e strette di mano e poi a dormire. Nessuna notizia del geco, ma neppure di zanzare. VENERDI 30.1. Alle 7,15 siamo già a Kahawa, per la colazione da suor Paola, il nostro ristorante preferito. Sulla sedia, all entrata troviamo pronti, già stirati, i pantaloni e le magliette che ho lavato ieri. Grazie! Oggi abbiamo un sacco di lavoranti perché dobbiamo stringere i tempi: ne assumiamo 16 e Jane ne porta 25. Per evitare alcuni disservizi sorti nei giorni scorsi, vado di persona ad ordinare il pranzo, in modo che - al momento opportuno - tutto sia pronto. Al nostro botteghino di fiducia chiedo di preparare 45 sacchetti di mandazi, 45 bibite e 90 banane. Oggi è il giorno dello schiacciasassi che deve pestare ben bene la massicciata in modo da preparare il terreno per la cementificazione. Il capo vuole che si finisca il campo da pallavolo prima di iniziare quello da basket e così si deve fare. Jane ci assicura la presenza della machine idonea, ma quando la vediamo arrivare ci cadono le braccia: si tratta di un piccolo rullo, del tipo usato nei campi da tennis per sistemare la terra rossa, un giocattolo! Che si fa? Pazienza, accettiamo quello che passa il convento. Intanto suor Paola ci informa che la scuola ha preparato una festicciola di ringraziamento e ci vuole in divisa a mezzogiorno nel cortile. Proprio in divisa, perché il boss, quest anno, ha pensato di procurarci delle magliette polo, color deserto tipo erg dopo un temporale, con il logo dell associazione.

sotto con la massicciata incontro con i gruppi Bethanya ed Oasis of Hope

Sono belle; ne abbiamo in dotazione due per ciascuno e le possiamo indossare solo nelle occasioni ufficiali. Oggi è una di queste. Prima però dobbiamo ritagliarci un po di tempo per fare un salto all asilo di Kamae. Va bene, tanto qui non si possono fare programmi. Ci portiamo un po di caramelle che sono riuscita a salvare dal saccheggio. L asilo è bello e ben tenuto; i bambini sono felici di vederci e molti ci chiedono di Manuel che, nell ottobre scorso, è stato qui a lavorare. Se lo ricordano tutti e tutti con grande affetto. Suor Paola ci fa notare che la mensa è troppo piccola e vorrebbero spostarla nella sala più grande, al momento inutilizzata; poi ci sarebbe la cucina ad oggi i pasti arrivano ancora col carretto dalla Vendramini. Prendiamo atto delle richieste e promettiamo interessamento anche se la decisione finale spetta sempre al direttivo. Le insegnanti ringraziano e ci salutiamo. Dobbiamo tornare alla scuola dove ci stanno aspettando. Quasi quasi ci perdiamo Flavio che, sommerso dai bambini, non riesce a guadagnare l uscita. Camminando con i bimbi letteralmente appesi alle braccia, raggiunge a fatica il cancello e finalmente può salire in macchina. Arrivati alla Vendramini, prendo la mia carriola e con l aiuto di Flavio vado a recuperare il pranzo per gli operai. Trovo tutto già preparato, carichiamo e torniamo al campo, dove veniamo subito circondati dagli operai ai quali consegniamo il pasto. Sono tutti soddisfatti e ci ringraziano, chissà cosa hanno mangiato nei giorni precedenti. Mentre i lavoranti fanno la pausa pranzo, il capo, Flavio, don Olivo ed io ci presentiamo, puntuali ed in divisa, nel cortile della scuola. Suor Paola fa gli onori di casa: ci presenta agli insegnanti ed ai bambini ai quali spiega nel dettaglio i lavori che stiamo facendo. Seguono canti e balli e scambi di doni: noi caramelle (quelle che, per precauzione, avevo imboscato), loro due corde ad indicare il legame che ci unisce e tre disegni fatti dai bambini e raffiguranti la ruspa al lavoro ed una partita di calcio. Un discorso del direttore, uno del boss, applausi, ancora ringraziamenti e Flavio che riprende tutto con la telecamera del Mimmo. E quasi l una e le sorelle ci aspettano per il pranzo. Pasta, verdure, uova e mango. Povero Flavio, niente banane! Però, dopo una settimana, potresti provare il mango Suor Maria Antonietta insiste e lui prova un bocconcino piccolo, solo per assaggiare però... non è cattivo, anzi! Posso averne un altro pezzo? Ah, queste giovani generazioni! Durante il pasto, facciamo il punto della situazione. Abbiamo ancora un sacco di cose da fare e domani è già sabato. Quella che non possiamo assolutamente tralasciare è la trasferta ad Isiolo ed Archer s Post; ma ci vogliono due giorni ed il capo non può abbandonare il lavoro alla Vendramini. Decidiamo di ridurre di un giorno, abbandonando l idea di andare a vedere il nuovo asilo di Archer s Post e chiedendo a p. Joshua di scendere ad Isiolo. Tuttavia anche un giorno è importante in questa fase dei lavori ed il boss affida a me l incarico. Chiedo a don Olivo se gli fa piacere accompagnarmi, visto che ormai è diventato un vagabondo, e mi risponde di si. Mi sento un po a disagio per via della lingua, ma Flavio deve restare in aiuto del papà. Chiedo a p. Bianchi pur rendendomi conto che per lui, quel viaggio, in una sola giornata, potrebbe essere davvero pesante. Mi risponde: Se non muoio stanotte, vengo volentieri. E fatto così. Sono molto più sollevata e fissiamo per domani la gita al nord. Riprendiamo il lavoro al campo: dobbiamo spargere la sabbia sopra i sassi pressati dal rullo. Vado con la mia carriola a prendere le bibite, perché il caldo si fa sentire. Arriva Lucy, la nostra infermiera, e mi porta le ricevute dell iscrizione all ultimo anno. Baci e abbracci e ancora saluti ad Elena. Più tardi provvedo alla paga dei nostri 16 operai e, verso le 7, facciamo rientro a Westlands. Una doccia veloce e poi in città a cenare con Marco che domani rientra in Italia. Mangiamo una super pizza al Mediterraneo e Marco ci informa di aver completato i servizi igienici al Maasai. Ci dice anche che p. Marino, il parroco di Westlands, ha intenzione di far ricostruire lo slum, abbattendo le vecchie baracche e realizzando nuove costruzioni.

i bambini della Vendramini disegnano i lavori Familia ya Ufariji - la comunità di p. Lorenzo Cometto

La cosa ci fa piacere, speriamo che sia vero. Intanto, docce e toilets sono a posto. Salutiamo Marco, che deve tornare in collegio entro le 10, e riprendiamo la strada della Consolata. Per strada il capo ci dice che domenica e lunedì si va al Masai Mara, ha già deciso e non vuole discussioni. Silenzio e nessuna discussione. Domani, tanto per cambiare, dobbiamo alzarci presto. SABATO 31.1. Sveglia alle 5,30 perché parto alle 6. Il boss e Flavio dormono un oretta in più. Fuori è ancora buio; sul piazzale trovo don Olivo, p. Bianchi e Joseph, l autista, pronti per la trasferta. Abbiamo a disposizione una macchina di lusso, col cambio automatico. Carichiamo i quattro borsoni di coperte, vestitini, penne e matite e via, nella notte di Nairobi, a fari spenti, come tutti. Io credo che Battisti si sia ispirato al traffico notturno di Nairobi per scrivere la sua Emozioni : e guidare come un pazzo a fari spenti nella notte, è proprio così, uguale! Tuttavia usciamo dalla città senza incidenti e, casualmente, vista l esperienza dello scorso anno, butto un occhio sul quadro dei comandi e, con orrore, noto che tutte le lucette rosse sono accese. Con una certa delicatezza, perché sono una donna e pertanto non mi intendo di motori, faccio presente l anomalia a Joseph il quale, nella massima tranquillità, mi rassicura dicendo che si tratta di una irregolarità del computer ma che funziona tutto a meraviglia. Anche l anno scorso qualcuno aveva dato una risposta simile mah! Speriamo. In effetti il viaggio prosegue nel migliore dei modi, addirittura ci sono dei lunghi tratti di strada riasfaltati di recente. Nella prima luce del mattino attraversiamo piantagioni di caffè e savana, città e villaggi di pastori, incontriamo capre, pecore, mucche e dromedari. Ci fermiamo solo un momento per qualche foto: il monte Kenya e poco più avanti la targa che indica il punto in cui passa la linea dell equatore. Poi proseguiamo velocemente, l appuntamento col Vescovo di Isiolo è per le 10,30. Arriviamo in parrocchia alle 10,20 e p. Anthony è già lì che ci aspetta. Ci offre un caffè e poi, con il parroco p. James, parliamo dei nostri progetti. Rispettando le rigide direttive del capo, mi scuso per l assenza del presidente, occupato con i lavori a Kahawa e confermo ufficialmente il nostro impegno per la realizzazione dell asilo di Kiwanjani. Chiarisco le modalità per la fatturazione ed anticipo che è nostra intenzione effettuare periodiche visite durante i lavori di costruzione, aspetto questo che il Vescovo - che parla italiano - accoglie con gioia. Mi assicura poi che quanto prima (questione di giorni) avrebbe contattato l impresa e si sarebbe impegnato in prima persona affinché l opera possa cominciare subito. Ribadisco che pretendiamo il rispetto delle tre condizioni poste a suo tempo, e cioè che oltre alla partecipazione di Africa Rafiki sia confermata quella della parrocchia e della gente. Il Vescovo, garantendo il sostegno della parrocchia, sottolinea che gli abitanti della zona hanno accolto molto favorevolmente la richiesta di partecipazione ed hanno cominciato subito a darsi da fare: è sorto il Comitato per lo Sviluppo, costituito esclusivamente da gente del posto, che lavora già attivamente; per esempio, ha provveduto a riparare la profonda crepa nella chiesetta vicino all attuale asilo che avevamo visto l anno scorso; uno dei componenti, proprietario di 5 acri di terreno poco distante dall attuale asilo, ha donato 3 acri per la costruzione della nuova nursery. Dopo la consegna al Vescovo di un pezzo di formaggio grana portato dall Italia, accompagnati da p. James, andiamo a visitare l asilo. Sul posto incontriamo i rappresentanti del Comitato per lo Sviluppo ai quali ribadisco quanto già riferito al Vescovo, grazie alla collaborazione di p. Bianchi che traduce simultaneamente parte in inglese e parte in swahili. Ci ringraziano, confermando che la gente è felice e disponibile a collaborare. E l una e trenta. Il Vescovo non può trattenersi più a lungo ed allora con p. James ci spostiamo per il pranzo nel vicino ristorante, lo stesso dell anno scorso. Ho il sospetto che sia l unico. Ci raggiunge p. Joshua da Archer s Post. Parliamo del nuovo asilo, ormai completato e funzionante e per il quale Africa Rafiki si è impegnata con 20.000. Mi consegna la documentazione