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Umberto Profazio La solitudine di Al-Maliki Pubblicato su: ISPI online (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) Giugno 2014 Sede legale e amministrativa: Palazzo Besso - Largo di Torre Argentina, 11-00186 Roma Sede secondaria: Largo Luigi Antonelli, 4-00145 Roma Web: www.ifiadvisory.com; Mail: info@ifiadvisory.com
LA SOLITUDINE DI AL-MALIKI 1. Introduzione Tra le varie elezioni che si sono svolte in Medio Oriente e in Nord Africa negli ultimi mesi, quelle irachene del 30 aprile scorso sono forse state quelle più sottovalutate: sia per la scarsa eco mediatica, sia per ciò che concerne le loro possibili conseguenze. Anche il voto iracheno, come quello di altri paesi, non si discosta dall esigenza di continuità tipica dell area, con la sostanziale riconferma dei partiti al potere (Akp in Turchia alle amministrative), di personalità storicamente influenti (Bouteflika in Algeria, al-assad in Siria) o interi sistemi di governo, rimessi in piedi dopo esperienze non soddisfacenti (Egitto). I risultati, annunciati il 25 maggio dalla Commissione Elettorale Indipendente irachena, hanno visto, come previsto, la vittoria della coalizione dello Stato di Diritto del premier uscente Nuri al-maliki che ha ottenuto una vittoria significativa. Con più del 24% dei voti espressi, infatti, lo Stato di Diritto ha ottenuto 92 seggi, risultando di gran lunga la formazione politica più rappresentata. A molta distanza troviamo altre due formazioni d ispirazione sciita: il partito al-ahrar, che raggruppa i seguaci di Moqtada al-sadr, avrebbe ottenuto 34 seggi e la formazione al-muwatin, del leader del Consiglio Islamico Supremo dell Iraq Ammar al-hakim, 31. In particolare, ad aver deluso di più sarebbe stato quest ultimo partito che, secondo alcuni analisti, era ben posizionato per ottenere un buon risultato elettorale. Dopo aver ereditato la leadership del Consiglio in seguito alla morte del padre, Ammar era riuscito a rinvigorire la formazione, promuovendo la progressiva sostituzione dei quadri con elementi più giovani e adottando una visione politica più moderata. Ancora più staccate sarebbero le altre formazioni, con il partito Muthaidoun del presidente del Parlamento, Osama al-nujaifi, con 28 seggi, il Partito Democratico del Kurdistan (Kdp) con 25 seggi e al-watanyia di Iyad Allawi con 21 seggi. 1
Umberto Profazio 2. Un opposizione frammentata La posizione di forza di Maliki è evidente se consideriamo il paragone con le elezioni di 4 anni fa: alle elezioni del 7 marzo 2010, infatti, lo Stato di Diritto otteneva solo il secondo posto (89 seggi) dietro al- Iraqyia di Iyad Allawi che vinceva le elezioni con 91 seggi. Il ben più limitato (anche se ampiamente previsto) risultato ottenuto da Allawi e dalla sua nuova formazione politica, al-watanyia, riflette un altra amara verità per le opposizioni: la mancanza di avversari politici in grado di tener testa ad al-maliki. Ciò è vero anche all interno del campo sciita, quello dal quale forse sono partite le minacce più rilevanti al partito del primo ministro. Il movimento sadrista ha condotto una battaglia politica destinata fin dal principio alla sconfitta, in quanto orfano del suo padrino. Il 18 febbraio scorso, infatti, Moqtada al-sadr aveva annunciato la sua decisione di abbandonare l attività politica, non senza lanciare strali e accuse contro il primo ministro al-maliki, giudicato un nuovo dittatore iracheno non molto dissimile da Saddam Hussein. La performance negativa dei partiti sunniti è stata, se possibile, ancora peggiore. La vera delusione di queste elezioni è stata Muthaidoun, che nonostante le forti prese di posizione del suo leader contro al-maliki, non è riuscita a superare la quota dei 30 seggi. Il risultato del partito di Nujaifi è parzialmente giustificato dalla situazione di guerra civile in corso nel governatorato occidentale di al-anbar a prevalenza sunnita, ancora interessato dai combattimenti tra l esercito regolare e l Isis, che continua a tenere il controllo di Fallujah e di interi quartieri di Ramadi. Si stima, infatti, che solo nel 70% del territorio di al-anbar sia stato possibile andare a votare, ma è probabile che un numero maggiore di elettori abbia rinunciato al proprio diritto a causa della progressiva disaffezione verso il governo centrale che ha decisamente favorito la penetrazione dell Isis nell area. A ciò vanno aggiunti gli sfollati che nei mesi scorsi hanno abbandonato questi territori, stimati in alcune centinaia di migliaia. 2
LA SOLITUDINE DI AL-MALIKI 3. L incognita curda Con il panorama politico quasi del tutto delineato dai risultati elettorali, sono nel frattempo cominciate le trattative per la formazione del nuovo governo al quale occorrono 165 seggi. A tal proposito risulta rilevante la posizione che assumeranno i partiti curdi in parlamento. Oltre al Kdp, cui abbiamo già accennato, l Unione Patriottica del Kurdistan (Puk) del presidente iracheno Jalal Talabani ha ottenuto 21 seggi, mentre Gorran (autentica rivelazione delle elezioni amministrative del settembre scorso) avrebbe solo 9 seggi. In totale il blocco curdo raggiungerebbe quindi 54 seggi, che sommati alla nuova coalizione che sostiene il premier uscente potrebbe avvicinare ancora di più il Nuri al-maliki alla riconferma. Tuttavia, la fase di alta tensione tra la Regione Autonoma del Kurdistan iracheno e il governo centrale di Baghdad non consente di definire tale ipotesi come facilmente realizzabile, a causa dei difficili rapporti tuttora esistenti tra la comunità curda e il governo di Baghdad. Infatti il 23 aprile, in pieno periodo elettorale, il governo turco ha comunicato che un primo carico di greggio preveniente dal Kurdistan iracheno è stato caricato su una nave straniera nel porto turco di Ceyhan. L autorizzazione data da Ankara avrebbe consentito quindi l esportazione del petrolio curdo verso paesi terzi. Il greggio era arrivato attraverso il nuovo oleodotto costruito dal Kurdistan e che si congiunge alla già esistente tratta Kirkuk-Ceyhan nei pressi del confine turco-iracheno, consentendo in tal modo al governo di Erbil di gestire autonomamente il flusso di petrolio verso l estero. Il governo di Baghdad aveva fortemente protestato per la costruzione di quest opera, tagliando i fondi destinati alla regione curda (e annunciando una serie di sanzioni nei confronti delle società straniere che entrassero in trattativa con il governo curdo per l acquisto di greggio). La posizione di Baghdad è infatti che il petrolio prodotto sul territorio nazionale deve essere esportato esclusivamente per il tramite della State Organization for Marketing of Oil (Somo) responsabile per l esportazione del petrolio dallo stato iracheno. 3
Umberto Profazio La disputa ha ulteriormente deteriorato i rapporti tra il primo ministro Maliki e il presidente della regione curda, Massud Barzani (Kdp), quest ultimo ha minacciato un referendum per stabilire i futuri rapporti con il governo centrale qualora Maliki dovesse essere riconfermato nella carica di premier. Le relazioni tra i due erano già compromesse a causa delle dispute territoriali interne all Iraq, che nel corso del novembre 2012 hanno visto anche fronteggiarsi pericolosamente i peshmerga e l esercito regolare iracheno nei pressi di Kirkuk e Tuz Khurmatu, nell ambito della contestata decisione di al-maliki d'istituire il Comando operativo dell esercito Tigris Operation Command. 4. La partita decisiva della presidenza della Repubblica Massoud Barzani non è sicuramente l ultimo dei nomi che si aggiunge a una lunga lista di personaggi influenti che in Iraq si oppongono strenuamente alla riconferma di Maliki per un terzo mandato come Primo Ministro, ma è probabilmente quello più rilevante, sia per il peso specifico della comunità curda nel paese, sia per la possibile alterazione degli equilibri istituzionali presenti in Iraq. La tensione tra Erbil e Baghdad infatti rischia di far saltare il compromesso raggiunto già nel 2005 in merito all allocazione delle principali posizioni istituzionali irachene. Esso stabiliva che il sistema avrebbe dovuto poggiare su una ripartizione delle principali cariche di governo tra le differenti comunità: il posto di primo pinistro sarebbe stato assegnato a un rappresentante della comunità sciita (maggioritaria nel Paese), la carica di presidente del Parlamento a un esponente sunnita e l incarico di presidente della Repubblica a un curdo. Con la lunga degenza dell attuale presidente Jalal Talabani (ricoverato in Germania da quasi un anno a causa di un ictus che lo ha colpito il 17 dicembre 2012) e l approssimarsi della data per l elezione del nuovo presidente (che verrà scelto dal nuovo Parlamento) iniziano a circolare voci sui possibili candidati (tra cui quelle che confermano l interesse dell attuale ministro degli Esteri Hoshyar Zebari). Ma vi è anche il 4
LA SOLITUDINE DI AL-MALIKI rischio di uno stravolgimento degli equilibri, specie se i partiti curdi dovessero continuare a boicottare al-maliki, impedendone la rielezione e scatenando una catena di eventi che potrebbe portare anche all elezione alla Presidenza di un esponente sciita o sunnita. Ovviamente si tratta di un ipotesi puramente accademica, ma non impossibile anche in considerazione della strategia elettorale di Maliki. Il premier ha infatti guadagnato molti voti, pur promuovendo scelte politiche che hanno favorito lo scontro settario sia con i sunniti che con i curdi e non si può escludere che le sue azioni rientrino in un calcolo elettorale che mira a compattare il campo sciita maggioritario mettendolo in guardia contro i pericoli provenienti dall esterno. Così come non è da escludere un progressivo allentamento del vincolo federale che tiene legato il Kurdistan e il governo centrale, specie se non dovesse trovarsi un compromesso sulla questione petrolifera e se continuasse l impasse sulla formazione di una maggioranza in Parlamento. Per la quale occorrerà aspettare molto tempo (nel 2010 ci vollero più di 8 mesi), prima di vedere i primi risultati. Nel frattempo, l offensiva scatenata dallo Stato Islamico dell Iraq e del Levante (Isis) ha notevolmente cambiato il contesto politico nel quale si dibattevano le forze politiche per la formazione del nuovo governo. L emergenza jihadista alle porte di Baghdad ha ulteriormente indebolito lo spazio di manovra di al-maliki che, oltre all avversione da parte dei principali oppositori politici interni, deve ora anche confrontarsi con un cambio di atteggiamento da parte dei suoi principali sponsor internazionali. Gli Stati Uniti infatti non sembrano disposti ad intervenire se non con operazioni mirate e selettive sull Isis, e hanno recentemente avanzato sempre più riserve sulla gestione autoritaria e non inclusiva del Primo Ministro iracheno nei confronti delle altre comunità del Paese. Anche Arabia Saudita e Qatar, accusate da al-maliki di appoggiare l insurrezione jihadista prima in Siria e poi in Iraq, hanno addebitato ogni responsabilità della crisi irachena alle politiche settarie del capo del governo iracheno, auspicandone la rimozione. E non è detto che il nuovo regime iraniano, principale sostenitore di al-maliki trovatosi 5
Umberto Profazio improvvisamente sulle stesse posizioni di Washington nei confronti dell avanzata dell Isis, non decida di sacrificarlo alla ricerca di un maggiore equilibrio regionale o di un compromesso definitivo con gli Stati Uniti sulla questione nucleare. 6