Oggetto: ecotassa controreplica a nota Dirigente Generale prot. 24740 del 4 giugno 2015

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All Assessore regionale all energia e servizi di pubblica utilità, D.ssa Vania Contrafatto assessorato.energia.servizi@certmail.regione.sicilia.it e.p.c. Al Dirigente generale del Dipartimento Acqua e Rifiuti, Ing. Domenico Armenio dipartimento.acqua.rifiuti@certmail.regione.sicilia.it Roma, 12 giugno 2015 Oggetto: ecotassa controreplica a nota Dirigente Generale prot. 24740 del 4 giugno 2015 Assessore Contrafatto, la ringrazio per aver risposto in maniera puntuale sull esposto che ho depositato alla Corte dei conti. Apprezzo molto la disponibilità mostrata in tal senso perché ritengo sia la base per affrontare i problemi e risolverli. Ho letto la relazione citata in oggetto sull esposto alla Corte dei Conti in merito all ecotassa da applicare per i rifiuti trito vagliati. Appare evidente come l Assessorato giustifichi la circolare del 2009 dell'allora Dirigente Generale ARTA, Rossana Interlandi, partendo dal presupposto che se i rifiuti possono essere smaltiti in discarica allora sono rifiuti speciali. Tant è che la nota fa riferimento sia alla circolare dell allora Ministro dell Ambiente (Prestigiacomo) che nelle more della costruzione degli impianti autorizzava l abbancamento dei rifiuti trito vagliati, che alla circolare del Ministro dell Ambiente del 2013 (Orlando) che invece vietava lo smaltimento dei rifiuti trito vagliati. In questa maniera l Assessorato equipara il possibile smaltimento in discarica con la classificazione del rifiuto in speciale. Come già scritto nell esposto l Assessorato all epoca dei fatti non ha tenuto conto di quanto segue: l articolo 2, comma 21 bis del Dlgs 16 gennaio 2008, n.4 abroga la lettera n) (i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani) del terzo comma dell art. 184 del Dlgs 152/2006;

la lettera n) del terzo comma dell articolo 184 del Codice dell Ambiente (che classificava nell ambito dei rifiuti speciali i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani) è stata soppressa dall'art. 2, comma 21-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, quindi, i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani non possono essere più considerati e classificati quali rifiuti speciali, ma rientrano nell ambito della classificazione dei rifiuti urbani. In senso contrario non può essere richiamato l Allegato D) alla Parte IV del Codice dell Ambiente - recante l Elenco dei rifiuti di cui alla Decisione 2000/532/CE - il quale indica i rifiuti urbani con un codice CER a sei cifre che inizia con la serie 20, mentre i codici CER contrassegnati con la serie iniziale 19 identificano rifiuti speciali. Infatti, il citato Allegato D) precisa che il codice a sei cifre riferito a ciascun rifiuto è utile per identificare la fonte che genera il rifiuto stesso e, quindi, per individuare la disciplina applicabile occorre, comunque, fare riferimento alla normativa primaria contenuta nell articolo 184, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 152/2006, che reca la puntuale classificazione dei rifiuti urbani e di quelli speciali. (TAR LAZIO, Roma, Sez. I-ter - 31 maggio 2011, n. 4915); la semplice separazione meccanica della frazione secca dalla frazione umida di un rifiuto non può comportare il mutamento della natura del rifiuto da urbano a speciale, con conseguente sottrazione del rifiuto speciale alla disciplina del rifiuto urbano. Si giungerebbe altrimenti alla conclusione irrazionale che ciò che non può essere smaltito e trasportato fuori Regione intero (il rifiuto urbano), possa poi essere smaltito e trasportato una volta frazionato (il rifiuto speciale con codice CER 19.12.12). In sostanza, a tal fine non può essere considerata decisiva l attribuzione del codice CER 19.12.12, perché le operazioni di tritovagliatura si pongono come preliminari rispetto a quella che sarà l operazione compiuta di recupero o smaltimento cui il rifiuto deve essere sottoposto e non sono, quindi, utili, da sole, a cambiare la classificazione del rifiuto secondo l origine. Affermare il contrario significherebbe consentire - mediante la semplice operazione meccanica e di riduzione del volume - di disattendere la normativa che disciplina la gestione dei rifiuti urbani, il principio di autosufficienza ed il divieto di smaltimento in regioni diverse da quella di produzione (cfr. Cass. Penale, Sez. III, 9 dicembre 2009, n. 46843:

Tribunale di Milano, Ufficio GIP, 23 marzo 2006). (TAR LAZIO, Roma, Sez. I-ter - 31 maggio 2011, n. 4915); a seguito dell analisi condotta sul rifiuto in entrata ed in uscita dagli impianti, ed altri parametri tecnici, il Verificatore ha osservato che [...]Il trattamento meccanico di tritovagliatura del rifiuto indifferenziato porta alla formazione di tre flussi: uno costituito dall insieme del sopravaglio primario e secondario che costituisce la FST, nel quale tendono a concentrarsi prevalentemente le frazioni di natura plastica e cellulosica, un altro formato dal sottovaglio secondario costituito da materiali di minor pezzatura, tra cui la maggior parte della componente organica originariamente presente del rifiuto urbano (frazione umida tritovagliata), un terzo flusso costituito dai metalli ferrosi che si separano a seguito del processo di deferrizzazione magnetica, attuato sui sopravagli primario e secondario e sul sottovaglio secondario, anche se l efficienza dei trattamenti di separazione dei metalli risulta, sulla base dei dati forniti, piuttosto limitata e una quota rilevante degli stessi permane nel sopravaglio senza essere stata avviata al recupero. Le frazioni secca e umida tritovagliate e separate, in uscita dall impianto presentano caratteristiche diverse dal rifiuto urbano indifferenziato in ingresso, sebbene ciascuna delle due frazioni continui a presentare una significativa disomogeneità e natura mista. Muovendo dalla definizione di produttore, il Verificatore ha potuto riconoscere la legittimità del cambio di codice in quanto il trattamento negli STIR muta la composizione merceologica e le caratteristiche chimico fisiche del rifiuto e quindi produce un nuovo rifiuto al quale può essere correttamente attribuito il codice 19 di rifiuto speciale. Ha tuttavia aggiunto che [ ]le caratteristiche dei rifiuti in uscita dal trattamento, pur evidenziando alcune proprietà analitiche diverse rispetto a quelle del rifiuto urbano in ingresso non consentono di sostenere che il trattamento ha modificato le stesse conformemente agli scopi previsti dal citato art. 2 [comma 1, lett. g), del D. Lgs. n. 36/2003]. Infatti, il confronto fra le quantità di rifiuti in ingresso e quelle in uscita, mostra scarse differenze che indicano esigue perdite di processo legate alla mancata stabilizzazione biologiche che non comporta una riduzione dei volumi complessivamente avviati alle successive operazioni di smaltimento. Inoltre la mancata stabilizzazione della frazione umida tritovagliata rende inefficace il trattamento e non consente di soddisfare le esigenze di tutela ambientale richieste dal dettato comunitario

e nazionale, generando un flusso di rifiuti con caratteristiche chimo fisiche e biologiche che, per carico organico ed emissioni odorigene, risulta egualmente se non più problematico dal punto di vista gestionale e di trasporto, rispetto al rifiuto urbano indifferenziato in ingresso al trattamento, anche in considerazione del fatto che detti rifiuti vengono trasportati al di fuori della Regione di produzione. Alla luce di tali esiti, il Consiglio di Stato con la sentenza 5242/2014 ha affermato che benché il prodotto della derivante dall attività di triturazione, vagliatura del primaria e vagliatura secondaria possa essere considerato come un nuovo prodotto in quanto realizzato negli stabilimenti per la tritovagliatura e l imballaggio STIR (quali nuovi produttori di rifiuti ex art. 183 del D. Lgs. n. 152 del 1006), lo stesso non ha in concreto perduto le caratteristiche di rifiuto urbano e come tale è sottoposto al principio dell autosufficienza regionale per il relativo smaltimento. Pertanto, come non irragionevolmente evidenziato dal verificatore i rifiuti provenienti dagli STIR ai quali è attribuito il codice 19 continuano[ ] ad essere assoggettati al regime dei rifiuti urbani, ma ai soli fini dello smaltimento. Tale vincolo non opera qualora siano conferiti ad impianti di recupero o avviati a operazioni finalizzate al recupero. (Consiglio di Stato con la sentenza 5242/2014); la decisione del Consiglio di Stato si è confrontata con l abrogazione, ad opera dell articolo 2 comma 21 bis del D.lgs. 16 gennaio 2008, n.4 della lettera n) (i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani) del terzo comma dell art. 184 del D.lgs. 152/2006, non già nella prospettiva della automatica ricomprensione tra i rifiuti urbani dei rifiuti derivanti dalla selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani, quanto piuttosto della loro inclusione nella categoria di cui alla lettera g) dello stesso articolo 184, che qualifica come speciali quelli derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi. L automatismo all inclusione nella previsione della lettera g) è stato escluso dal Consiglio di Stato, in quanto la norma deve essere interpretata conformemente al diritto comunitario, per cui al rifiuto derivante da un operazione di trattamento può essere legittimamente attribuito un codice CER nuovo rispetto a quello che il rifiuto aveva in origine (con conseguente qualifica come rifiuto speciale) solo se i rifiuti sono diversi e cioè se l operazione di recupero o di smaltimento ha prodotto un nuovo

rifiuto. Orbene, nella disciplina comunitaria ed in quella nazionale non è espressamente stabilito quali operazioni di trattamento producono un nuovo rifiuto, mentre è definito nuovo produttore di rifiuti (art. 183, comma 1 lett. f del D.lgs. 152/06 chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti). La conseguenza è che un operazione di trattamento produce un rifiuto nuovo solo se la natura o la composizione che il rifiuto ha prima del trattamento sono diverse da quelle del rifiuto trattato. Alla luce di quanto sopra appare chiaro che l idea di classificare il rifiuto trito vagliato in speciale esclusivamente perché ne è stata autorizzato lo smaltimento (circolare Prestigiacomo del 2009) è forviante e quindi errata. Non convince nemmeno la frase presente a pag. 3 del documento presentato dall Assessorato laddove scrive. i gestori degli impianti hanno ritenuto che i rifiuti solidi urbani sottoposti a trito vagliatura potessero essere definiti rifiuti speciali in quanto la sola trito vagliatura rientrava tra i trattamenti che consentivano gli abbancamenti in discarica. Non credo infatti che debbano essere i gestori degli impianti a dare la classificazione ad un rifiuto. Appare invece degno di nota, la risposta in merito al presunto danno erariale che secondo lo scrivente regionale non è altro che una partita di giro tra pubbliche amministrazioni. Tale affermazione può avere la sua fondatezza, pur tuttavia bisogna ancora una volta evidenziare lo scopo del Legislatore che ha novellato la c.d ecotassa: questo tributo doveva scoraggiare lo smaltimento in discarica e dunque al diminuire del valore dell ecotassa aumenta l economicità del conferimento in discarica. Aggiungo che ho presentato diversi esposti alla Corte dei Conti regionale contro quegli amministratori locali siciliani che non hanno raggiunto gli obbiettivi di raccolta differenziata previsti per legge. Orbene, il presunto danno erariale è pari ai maggiori costi sostenuti per il conferimento in discarica di materiale che avrebbe dovuto essere oggetto di riciclo. Detti oneri sono stati, in particolare sostenuti a titolo di tariffa smaltimento rifiuti, tributo speciale ex art. 3, comma 24 della legge n. 545/1995 e dall addizionale del 20% al tributo speciale prevista dall art. 205, comma 3, del D. Lgs. N. 152/2006. Appare quindi evidente che un eventuale condanna della Corte dei Conti nei confronti di quegli amministratori locali che non hanno raggiunto le percentuali di raccolta differenziata prevista per

legge, comporterebbe un risarcimento danni minore giacchè la Regione Sicilia, nel 2009, ha erroneamente classificato il rifiuto trito vagliato come rifiuto speciale. Si rammenta che la procura regionale della Magistratura contabile ha aperto un indagine a seguito dei miei esposti sul mancato raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata. Ad ogni modo provvederò a depositare la nota dell Assessorato unitamente alla presente presso la Corte dei conti in maniera tale che tali documenti possano essere riversati nel fascicolo già esistente e possano risultare utili per una valutazione da parte della Magistratura contabile. Distinti saluti, Claudia Mannino