INTERVISTA A AGOSTINO CONSOLI PROFESSORE ORDINARIO DI ENDOCRINOLOGIA ALL UNIVERSITÀ DI CHIETI E PESCARA

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INTERVISTA A AGOSTINO CONSOLI PROFESSORE ORDINARIO DI ENDOCRINOLOGIA ALL UNIVERSITÀ DI CHIETI E PESCARA La lotta al diabete è come una partita a sacchi. Mossa dopo mossa. Ci vuole grande attenzione e non ci si può permettere mai di abbassare la guardia. O di perdere anche solo un pedone. Perché per non farsi dare scacco dal diabete occorre raggiungere un obiettivo e mantenerlo. Ma non basta, servono tutti i pezzi, in contemporanea, sulla scacchiera. Cosa che oggi, grazie alla nuova indicazione ottenuta da sitagliptin anche per i malati con diabete di tipo 2 e insufficienza renale moderata e severa, è possibile fare. La terapia, finalmente, è a 360 gradi. Ma cosa rappresenta questo passo in avanti nella lotta al diabete? La domanda è per Agostino Consoli, Professore Ordinario di Endocrinologia all Università di Chieti e Pescara. Che cosa ha rappresentato nel trattamento del paziente diabetico la messa a punto degli inibitori della DPP-4 e in particolare di sitagliptin, capostipite della classe? E stata una vera rivoluzione terapeutica. Come ormai è noto, gli inibitori della DPP-IV sono sostanze capaci di bloccare un enzima (Di-Peptidil-Peptidasi IV) che degrada molto rapidamente le incretine rendendole inattive. La messa a punto di sitagliptin ha fatto sì che fosse possibile prolungare la vita biologica delle incretine, aumentare il pool delle incretine attive e, di conseguenza, sfruttare l aumentata stimolazione della secrezione insulinica promossa dalle incretine naturalmente secrete dall organismo. Quando, nel 2008, il primo inibitore della DPP-IV, sitagliptin, è divenuto disponibile, la classe medica ha avuto a disposizione nuova arma terapeutica caratterizzata da molti vantaggi. Ad iniziare dal fatto che può essere comodamente assunto per via orale (al contrario di farmaci come gli incretino mimetici che vanno somministrati per via iniettiva) in una somministrazione giornaliera in una dose che non ha bisogno di essere titolata. La terapia del diabete è una delle grandi sfide di sanità pubblica. Una sfida importante se si pensa che il diabete mellito di tipo 2 secondo l OMS rischia di diventare entro il 2030 la quarta causa di morte nei Paesi industrializzati. Cosa si chiede alla terapia del diabete e quale valore aggiunto ha portato sitagliptin, come capostipite, e le incretine? Obiettivo di una terapia è quello di essere tempestiva, efficace, sicura, personalizzata. Deve garantire il raggiungimento di precisi target relativamente ai valori di emoglobina glicata, che devono essere raggiunti e mantenuti nel tempo con il minor rischio possibile di effetti collaterali, ma non solo: deve essere una terapia di facile gestione per il paziente, visto che dovrà accompagnarlo per tutta la vita. Più che una sfida, direi una vera impresa. Fino a qualche tempo fa per trattare il diabete potevamo contare solamente sulla metformina, sulle sulfoniluree e glinidi, sui glitazoni e naturalmente sull insulina. Scelte terapeutiche valide che, tuttavia, non spesso consentivano il raggiungimento di tutti gli obiettivi che ho citato in precedenza, soprattutto per la frequenza di effetti collaterali come l incremento ponderale e l ipoglicemia che, tra l altro, riducono la compliance del paziente alla terapia. L ipoglicemia, in particolare, è un problema serio: per il paziente, che subisce un evento particolarmente rischioso e spiacevole; ma anche per il Sistema Sanitario Nazionale, visto che è frequentemente causa di ricovero. Ricordiamo, inoltre, che questi pazienti, spesso, sono anziani e quindi particolarmente esposti alle pericolose conseguenze dell ipoglicemia. Dal 2008 ad oggi Sitagliptin è ormai una realtà consolidata, un farmaco che ha ampiamente dimostrato i suoi punti di forza. Da buon capostipite è il più anziano della sua classe e quindi quello che conosciamo meglio e che ha evidenziato dati alla mano- caratteristiche significative di efficacia e sicurezza. In particolare ha mostrato numerosi vantaggi: mantenimento della risposta al trattamento che non tende a diminuire nel tempo (forse grazie ad un miglioramento del

trofismo e della funzione delle cellule beta-pancreatiche, del quale però non abbiamo ancora evidenze definitive); minor rischio di ipoglicemia, per stimolazione della secrezione insulinica glucodipendente garantita dall azione di questa molecola; un effetto neutro sul peso corporeo (i pazienti trattati con Sitagliptin non tendono ad ingrassare al contrario di quanto avviene con molte altre delle terapie tradizionali) con una tendenza, in alcuni soggetti, al dimagrimento ed infine la comprovata bassa incidenza di eventi avversi gastrointestinali. Tutto questo aumenta in maniera importante la compliance, fondamentale per una terapia che deve essere assunta per tutta la vita e così difficile per una terapia dalla quale il paziente non può aspettarsi un immediato sollievo dai sintomi (che nella grande maggioranza dei pazienti diabetici sono inesistenti). Quali vantaggi dà un farmaco capostipite? Quello dell ampia letteratura, innanzitutto. E non è una cosa di poco conto, né per il medico che prescrive il farmaco né per il paziente che ne fa uso. E positivo per tutti sapere che la molecola è stata oggetto di molti studi clinici, che è ormai una molecola consolidata nella pratica clinica e che non ha fino ad ora dato problemi. Basti pensare che il profilo di efficacia e di sicurezza del sitagliptin è stato alcuni non sono ancora terminati- al centro di 55 trial. I dati riportano che circa 12mila pazienti sono stati coinvolti e di questi 7400 trattati proprio con sitagliptin. Partendo per prima questa molecola ha fatto molta strada ed oggi è l unica della classe indicata e rimborsata in Italia come terapia aggiuntiva all'insulina o come monoterapia nei pazienti per i quali la metformina non è appropriata per controindicazioni o intolleranza (buona parte dei pazienti con insufficienza renale). L insufficienza renale è una delle complicanze più frequenti nel paziente diabetico. Addirittura la nefropatia diabetica è la causa più frequente di insufficienza renale cronica terminale che necessita trattamento con dialisi. La gestione del paziente diabetico con insufficienza renale è piuttosto complessa. Cosa ha rappresentato l avvento di un incretina come sitagliptin nei pazienti con questa complicanza? Sono diversi ormai gli studi che hanno dimostrato come esista una diretta correlazione tra controllo glicemico e riduzione delle complicanze croniche del diabete, soprattutto se questo miglior controllo glicemico avviene sin dalle prime fasi della malattia. Il diabete, come ricordato nella domanda, è la principale causa di insufficienza renale terminale (end-stage renal disease) che, in tutto il mondo, è in crescita. L aspettativa di vita di un paziente con nefropatia diabetica è già relativamente compromessa, ancor prima che si instauri l insufficienza renale terminale. Un obiettivo importante, dunque, nel paziente diabetico è quello di prevenire la nefropatia, e quindi occorre tenere sotto controllo efficacemente la glicemia e l obesità. Cosa che, la terapia basata sulle incretine, sitagliptin per primo, ha dato ampia dimostrazione di poter fare. Se poi un paziente è già nefropatico, allora tutto questo assume un importanza ancora maggiore. Ora sitagliptin ha avuto il via libera dall Unione Europea nei pazienti con insufficienza renale moderata e severa. E un altro passo in avanti? Certamente. Adesso possiamo utilizzare questa molecola con un adeguato dosaggio (25 mg/die) anche in quei pazienti già con ESRD che sono in emodialisi o in in dialisi peritoneale. Non dobbiamo dimenticare che spesso questi pazienti non possono utilizzare terapie ipoglicemizzanti orali e il più delle volte hanno come unica alternativa terapeutica l insulina. Gli studi clinici che hanno portato all approvazione di sitagliptin per i pazienti con insufficienza renale moderata e severa, hanno confermato il profilo di sicurezza e tollerabilità di questa molecola anche per questi pazienti. I pazienti con diabete non sono tutti uguali e infatti stiamo entrando nell'era della terapia personalizzata. Quanto è utile avere a disposizioni terapie come sitagliptin che affrontano a 360 la problematica (è l unica incretina indicata e rimborsata in Italia come terapia aggiuntiva

all'insulina o in monoterapia nei pazienti per i quali la metformina non è appropriata per controindicazioni o intolleranza)? Permette al medico di usare su un più ampio spettro di pazienti un farmaco che ha ampiamente dimostrato efficacia e sicurezza. Siamo nell era della terapia personalizzata per molte patologie ma a maggior ragione per il diabete. Sono ancora molti in Italia i diabetici che non sanno di esserlo. E sono tantissimi quelli che, nonostante la diagnosi non vengono trattati o non lo sono adeguatamente. Le cifre del Progetto Cuore parlano chiaro. Perché? Le ragioni sono tante. Ci sono casi in cui la terapia non è efficace, perché, vale la pena ricordarlo non basta portare a target un paziente occorre anche mantenere questo risultato. E poi c è il fattore compliance. E veramente pesante assumere un farmaco per tutta la vita. A maggior ragione è pesante quando il farmaco dà disturbi o, peggio ancora, pericolosi effetti collaterali come l ipoglicemia. Perciò molti pazienti, ed è difficile biasimarli, non sono costanti nell assunzione della terapia e nessun farmaco, per quanto straordinariamente efficace, può essere efficace se non viene assunto. Ecco perché avere una terapia come sitagliptin che si prende una volta al giorno, che porta rapidamente al raggiungimento ed al mantenimento del target, che ha pochissimi effetti collaterali, che non induce aumento ponderale (aspetti particolarmente importanti nei pazienti giovani), che non provoca ipoglicemia, è sicuramente utile per favorire la compliance. Nel caso dei pazienti con insufficienza renale, per esempio, la possibilità di avere già a disposizione una formulazione ridotta della metà (insufficienza renale moderata) o di un quarto (insufficienza renale severa), aiuta molto la gestione del paziente.

INTERVISTA A ROBERTO PONTREMOLI PROFESSORE DI NEFROLOGIA ALL UNIVERSITÀ DI GENOVA «Quando nel 2008 sono stati presentati per la prima volta in Italia gli inibitori della dipeptidil-dipeptidasi-4, e in particolare il sitagliptin capostipite di questa nuova classe di farmaci ipoglicemizzanti, la storia della terapia del diabete di tipo 2 non è stata più la stessa. Perché prima dell introduzione di questa incretina avevamo sì delle terapie efficaci a disposizione ma con grandi limiti. Così, passo dopo passo, indicazione dopo indicazione le incretine hanno cambiato il volto della terapia ampliando fortemente le armi a disposizione dello specialista. Soprattutto nei confronti di pazienti tanto delicati, quanto difficili da gestire, come i pazienti diabetici con insufficienza renale, da lieve a severa. E l indicazione ottenuta da sitagliptin anche per i pazienti con nefropatia diabetica severa, in dialisi, credo che sia la giusta conclusione di quel percorso iniziato nel 2008. Oggi, possiamo dire, di avere una terapia a 360». E dalla parte dei pazienti Roberto Pontremoli, Professore di Nefrologia all Università di Genova mentre racconta cosa significa per un paziente con diabete dover convivere anche con la sua complicanza più preoccupante, l insufficienza renale. Una nuova arma terapeutica la considera come un opportunità nelle mani del medico ma anche come una grande possibilità per il paziente. Perché una cosa è chiara: questa è una battaglia che si combatte a quattro mani. Una guerra che sembra potersi solo combattere ma non ancora vincere. Purtroppo è così perché ad oggi non possiamo evitare che un paziente sviluppi una complicanza come quella dell insufficienza renale. Non abbiamo in mano armi terapeutiche per prevenire questo problema. Ma possiamo fare molto, moltissimo per rallentare l insorgenza della complicanza e anche il decorso dell insufficienza renale. Una battaglia da combattere tutti insieme. Una guerra si combatte con un esercito. E i pazienti di diabete con insufficienza renale possono considerarsi veramente un esercito visti i numeri. Nel nostro Paese il 10 per cento della popolazione ha un danno renale e di questi quasi la metà è diabetica. In Italia tra i pazienti in dialisi per insufficienza renale terminale il diabete è al secondo posto tra le cause, dopo l ipertensione. D altra parte, spesso, i pazienti con diabete sono ipertesi (60%) e l ipertensione è un fattore di rischio per il diabete. Un circolo vizioso difficile da spezzare. Più piccoli i numeri dei pazienti diabetici con insufficienza renale severa perché meno del 10 per cento dei diabetici con danno renale arrivano alle fasi terminali. Spesso muoiono prima e in molti casi la colpa è attribuibile a complicanze cardiovascolari. Ma è un quadro complesso, un equilibrio molto instabile. Un nefropatico è più probabile che muoia per complicanze cardiovascolari che viva così tanti anni per ricevere una diagnosi di ESRD. E poi ci sono tanti tantissimi pazienti che hanno un danno renale asintomatico, che non sanno neppure di averlo. Non studiare sistematicamente i pazienti diabetici è veramente un occasione persa. In sintesi, tuttavia possiamo dire che circa un terzo dei pazienti diabetici sviluppa un insufficienza renale cronica. Come il diabete incide sul funzionamento renale? Semplificando al massimo il meccanismo possiamo dire che il diabete danneggia i vasi sanguigni dei reni. All inizio si tratta di un danno lieve con una piccola compromissione della funzionalità, ma via via si registra un peggioramento che può arrivare anche alla compromissione totale della funzionalità renale. Quali sono i campanelli d allarme? E buona cosa un controllo delle urine per vedere se ci sono tracce di una proteina, albumina. La microalbuminuria è il primo campanello d allarme. Quando la funzionalità renale viene compromessa è fondamentale tenere sotto controllo il tasso di filtrazione glomerulare (GFR) attraverso un esame del sangue.

Un quadro piuttosto preoccupante. Quanto è importante trattare efficacemente un paziente sin dall esordio del diabete e saperlo mantenere a target? E fondamentale. Ormai è certo che prima un paziente viene curato, in modo efficace, e più a lungo sopravviverà ma non solo. Potrebbe vedersi allontanare l insorgenza dell insufficienza renale e in ogni caso vederne rallentata l evoluzione. La terapia non cambia il destino di un paziente ma una terapia efficace può proteggere quel paziente sia da eventi cardiovascolari che dalla progressione del danno renale. La terapia si basa sul miglioramento dei fattori di rischio, soprattutto ipertensione, dislipidemia e controllo ipoglicemico. E questo il primo strumento per contrastare il danno renale. Questo significa che una molecola come sitagliptin che fa del controllo ipoglicemico e del controllo del peso un punto di forza rappresenta un arma efficace nelle mani del medico. A questo aggiungiamo, e non è cosa di poco conto, che trattandosi di una molecola capostipite vanta ormai un ampia letteratura e quindi ampi margini in termini di sicurezza. Oggi, sitagliptin, ha ricevuto l indicazione anche per l insufficienza renale moderata e severa. E così può essere utilizzata, con un adeguato dosaggio (25 mg/die) anche nei pazienti con malattia renale allo stadio terminale che necessitano di emodialisi o dialisi peritoneale. Cosa rappresenta dal punto di vista della pratica clinica? E una possibilità in più molto importante. Il paziente nefropatico è estremamente difficile da controllare. E l armamentario terapeutico a disposizione si riduce diventando in alcuni casi delle armi spuntate. Avere una molecola che agisce sull asse delle incretine che può essere utilizzata sia come terapia aggiuntiva all insulina o in monoterapia quando la metformina non è appropriata o non è tollerata è più che utile, è indispensabile. Quando un paziente diabetico entra nel tunnel dell insufficienza renale ha meno farmaci a disposizione per un efficace controllo glicometabolico: per esempio in alcuni casi non si può più utilizzare una terapia ipoglicemizzante con metformina: sono difficili da utilizzare i glitazonici (pioglitazone) per gli effetti collaterali come incremento ponderale, ritenzione idrica e scompenso cardiaco; hanno effetti collaterali anche i secretagoghi e cioè incremento ponderale e ipoglicemia; l uso dell insulina è spesso complesso e in ogni caso si cerca di fare la conversione più tardi possibile. Sitagliptin è il capostipite tra gli inibitori dell enzima dipeptidil peptidasi-4 (DPP-4). Quali sono le sue peculiarità rispetto agli altri farmaci ipoglicemizzanti orali? Sono diverse. Innanzitutto è l'unica incretina indicata e rimborsata in Italia come terapia aggiuntiva all'insulina o in monoterapia nei pazienti per i quali la metformina non è appropriata per controindicazioni o intolleranza; può essere utilizzato, con un adeguato dosaggio (25 mg/die) anche nei pazienti con malattia renale allo stadio terminale (ESRD) che necessitano di emodialisi o dialisi peritoneale. Inoltre ha dimostrato: mantenimento della risposta al trattamento; minor rischio di ipoglicemia; un effetto neutro o di riduzione del peso corporeo; bassa incidenza di eventi avversi gastro-intestinali; ha una monosomministrazione giornaliera che facilita l aderenza alla terapia da parte del paziente. I pazienti diabetici sono spesso accusati di essere poco collaborativi e di essere decisamente indisciplinati con la terapia. E così anche con i nefropatici? Purtroppo sì, ma come dargli torto? Un paziente con insufficienza renale arriva a prendere anche 15-20 diversi principi terapeutici ogni giorno. E ormai ci sono diversi studi che hanno dimostrato che quando un paziente supera i 6-7 farmaci giornalieri l aderenza crolla. Ci sono studi scientifici che addirittura hanno dimostrato come nei pazienti nefropatici l aderenza alla terapia sia addirittura inferiore a quella di altre patologie. E il concetto di terapia a vita che fa abbassare la compliance, alla quale si aggiunge un numero di compresse difficili da poter sostenere anche per il più disciplinato dei pazienti. Il fatto di poter proporre ad un malato una terapia ipoglicemizzante che per lui è a tutti gli effetti una terapia salvavita da poter assumere con una sola compressa una volta a giorno sembra una cosa di poco conto solo per chi non si trova quotidianamente in quella situazione.

INTERVISTA A RAFFAELE SCALPONE PRESIDENTE NAZIONALE DELL ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIFESA DEGLI INTERESSI DEI DIABETICI (AID) DIRIGENTE MEDICO IDI ICCS AREA DIABETOLOGIA «Le persone con diabete vivono spesso un esistenza normale avendo raggiunto, non con poche difficoltà, una buona qualità di vita. Ma ciò non è facile a realizzarsi. Spesso quando arrivano le complicanze, la persona con diabete viene messa di fronte al fallimento del suo percorso educativo e terapeutico che, certamente, non è stato seguito alla lettera in tema di autocontrollo e prevenzione. E questa la quotidiana realtà di una persona con diabete, fatta di alta e bassi, di giorni in cui tutto sembra normale e di altri in cui ci si rende conto che si è costretti a convivere con una malattia cronica, silenziosa ma non per questo non pericolosa. Una realtà raccontata da Raffaele Scalpone, Presidente Nazionale Associazione Italiana per la difesa degli interessi dei Diabetici AID. Conosce la malattia da entrambi i fronti: perché è allo stesso tempo un malato di diabete e un diabetologo. Cosa significa per un malato di diabete ricevere anche la diagnosi di insufficienza renale? E un fattore di preoccupazione in più. Perché la vita di un diabetico è una continua ricerca di equilibrio tra autogestione terapeutica e prevenzione di comportamenti a rischio per cercare di stare bene, per restare in equilibrio. Il più delle volte questo obiettivo viene raggiunto, soprattutto a fronte di un adeguato trattamento. Tuttavia è anche una lotta proprio per evitare le complicanze e quella dell insufficienza renale è forse la più temuta. Perché da quel momento in poi la partita contro la malattia deve essere giocata su due tavoli. E cambiano parecchio le regole. Una persona con diabete vive già con difficoltà la sua condizione di cronicità, quel per sempre mette paura e viene sentito come un handicap. Ma fino a quando non insorgono complicanze non ci sono grandi alterazioni della qualità della vita. Ma se si riceve una diagnosi di insufficienza renale, allora lo spettro della dialisi diventa una componente importante della vita quotidiana. L insufficienza renale insorge in circa un terzo dei pazienti diabetici, è considerata ineluttabile? Sì perché il paziente è consapevole che con le attuali armi terapeutiche non ci può essere un intervento diretto per evitare questa complicanza, non si può cambiare il destino ma si può fare comunque molto per allontanare l insorgenza e comunque per rallentarne il decorso. Ecco perché tutte le nuove terapie sono vissute con speranza ed entuasiamo. Nel 2008, in Italia, fecero la comparsa gli inibitori della dipeptidil-peptidasi 4 (DPP-4) con sitagliptin come capostipite, che cosa ha rappresentato per i malati di diabete questa nuova classe di farmaci ipoglicemizzanti? Come una grande speranza, perché era un modo efficace per tenere sotto controllo l ipoglicemia. Senza avere peraltro problemi di aumento di peso. Una terapia che, come tutte le terapie, comportava un sacrificio per il paziente ma finalmente vissuto in senso positivo perché offriva garanzie di efficacia. E da allora è sempre stato così. Da allora di strada ne è stata fatta tanta. Fino ad oggi, all indicazione, senza limitazioni, per l insufficienza renale moderata e severa anche se in dialisi. Sitagliptin è così l unica incretina indicata e rimborsata in Italia come terapia aggiuntiva all'insulina o in monoterapia nei pazienti per i quali la metformina non è appropriata per controindicazioni o intolleranza (buona parte dei pazienti con insufficienza renale). Il fatto di essere una molecola capostipite è un valore aggiunto per un paziente?

Certamente, anzi vorrei dire che fa la differenza. Perché il paziente sa esattamente cosa aspettarsi da quella molecola: sa che il controllo delle ipoglicemie e il non aumento di peso non sono solo promesse ma fatti. E in più ha il conforto della sicurezza terapeutica, perché sono stati effettuati più studi. Chi non vorrebbe assumere un farmaco di comprovata efficacia e profilo di sicurezza rispetto ad uno del quale si sa poco? La nuova indicazione per l insufficienza renale moderata e severa, come viene vissuta dai pazienti? Ancora una volta devo usare la parola, speranza. Sì perché è una buona, anzi ottima, notizia per le persone con diabete che già hanno un danno renale importante anche perché può essere utilizzata sia in monoterapia che in associazione. Non dimentichiamoci che spesso molti pazienti si trovano a non poter più utilizzare alcuni farmaci e quindi vivono l angoscia di non avere più molte armi terapeutiche a disposizione. Ma è anche una buona notizia per i diabetici che ancora non soffrono di insufficienza renale o sono nelle forme iniziali. Perché hanno la speranza che nel loro futuro, più o meno prossimo, ci siano buone carte a disposizione da giocare. La persona con diabete vive l oggi e guarda con fiducia il domani per una risoluzione finale della malattia. Il suo quotidiano è riempito da piccoli, grandi passi. Come questo di una nuova indicazione per un farmaco che vede come alleato. Spesso i malati di diabete sono accusati di essere indisciplinati nei confronti della terapia. E vero, siamo indisciplinati. Il livello di aderenza alla terapia è tra i più bassi. E questo per due fattori: innanzitutto, essendo il diabete una malattia silenziosa, a volte, si pensa di poter fare a meno delle terapie o di poter sgarrare le regole di vita perché non si avvertono nell immediatezza le conseguenze. E poi perché si tratta di una malattia cronica e l appuntamento con la terapia ricorda quel per sempre che fa paura. Ecco perché è molto importante che una terapia sia efficace e dia proprio un tangibile segno della sua efficacia, in primis il controllo ipoglicemico e del peso. E più facile fare un patto con quel per sempre se vedo che mi dà dei risultati. In passato con altre terapie ipoglicemizzanti gli effetti collaterali non erano certo di aiuto.

FOCUS SUL DIABETE CHE COSA E IL DIABETE? Il diabete è una malattia cronica e progressiva, caratterizzata da concentrazioni elevate di glucosio nel sangue, dovuta solitamente, al malfunzionamento delle cellule insulari, alla resistenza all insulina e all aumento della sintesi di glucosio da parte del fegato. L insulina è un ormone essenziale nell utilizzo del glucosio da parte dell organismo. Benché quasi tutti i diabetici di Tipo 2 presentino resistenza all insulina, non tutti i soggetti insulino-resistenti sviluppano questa malattia. Il Diabete Tipo 2 è associato a tre principali difetti fisiopatologici: -la resistenza all insulina, -il deficit di secrezione di insulina da parte del pancreas (funzionalità delle cellule beta), -la perdita dell'inibizione del rilascio di glucagone in presenza di concentrazioni ematiche elevate di glucosio (funzionalità delle cellule alfa). La conseguenza è l'iperglicemia (concentrazioni elevate di zuccheri nel sangue) e lo sviluppo e progressione della malattia. DIABETE DI TIPO 1 E DI TIPO 2, QUALI DIFFERENZE? Esistono due tipi principali di diabete: -il Diabete di Tipo 1 (o diabete insulino-dipendente), -il Diabete di Tipo 2 (o diabete non insulino-dipendente). I diabetici di Tipo 1 solitamente non producono insulina. I diabetici di Tipo 2 non sintetizzano insulina in quantità sufficienti, oppure non sono in grado di utilizzarla adeguatamente. In entrambe le forme della malattia, l aumento dei livelli di glucosio nel sangue causa danni ai tessuti, in particolare ai vasi sanguigni (endotelio) e ai nervi, portando spesso a complicanze gravi come patologia cardiaca e insufficienza renale. Il Diabete di Tipo 2 è la forma più comune: affligge circa il 90% di tutti i diabetici nel mondo. Solitamente è caratterizzata da: degenerazione costante della funzionalità delle cellule beta del pancreas, le quali producono, immagazzinano e secernono insulina, con progressiva iperglicemia ; ridotta funzionalità dell Asse di Regolazione delle Incretine, ormoni che durante l'assunzione del cibo promuovono, con un'azione glucosio-dipendente, la secrezione di insulina dalle cellule beta e inibiscono la secrezione di glucagone da parte delle cellule alfa del pancreas (queste due azioni congiunte e simultanee provocano la riduzione della produzione epatica di glucosio da parte del fegato) ; aumento della produzione di glucosio da parte del fegato; resistenza all insulina: l organismo perde la capacità di utilizzare l insulina in modo corretto; fattori genetici contribuiscono alla resistenza all insulina. Quando viene diagnosticato il Diabete di Tipo 2, il 50% dei pazienti presenta già complicanze dovute all'esposizione dei tessuti all'iperglicemia. La prognosi è sfavorevole e, nonostante l uso di associazioni di più farmaci, i pazienti hanno difficoltà a tenere sotto controllo il livello di zuccheri nel sangue, con conseguente progressione della patologia.

QUALI SONO I SINTOMI DEL DIABETE? I sintomi del diabete possono essere evidenti, silenti o persino assenti. I sintomi del Diabete di Tipo 2 possono essere meno marcati rispetto a quelli del Tipo 1 e possono non manifestarsi nelle prime fasi; pertanto la malattia è diagnosticata solo anni dopo l insorgenza, quando le complicanze sono già presenti. La sintomatologia può includere: Aumento della sete Calo ponderale Aumento dell appetito (specialmente dopo i pasti) Secchezza delle fauci Nausea e occasionalmente vomito Minzione frequente Affaticamento (debolezza, stanchezza) Annebbiamento della vista Intorpidimento o formicolio a mani o piedi Frequenti infezioni cutanee, vaginali o delle vie urinarie QUALI SONO LE COMPLICANZE ASSOCIATE AL DIABETE? Le cardiopatie: sono responsabili di circa il 50% dei decessi dei pazienti diabetici nei Paesi industrializzati. Cecità e limitazione della vista: circa il 10% dei pazienti diabetici sviluppa gravi compromissioni della vista. Amputazione di un arto: il piede diabetico è una malattia che può causare ulcerazioni e rendere necessaria l amputazione. I pazienti diabetici hanno un rischio di amputazione agli arti inferiori 15 volte superiore rispetto ai soggetti non affetti da diabete. Insufficienza renale: correlata alla gravità della malattia. Impotenza e perdita sensoriale: la neuropatia diabetica può essere la causa principale di impotenza e di perdita sensoriale ed è la più comune delle complicanze del diabete. QUALI SONO IN PARTICOLARE LE COMPLICANZE DEL DIABETE DI TIPO 2? Coronaropatia Cecità Insufficienza renale Piede diabetico Neuropatia (danno ai nervi) Problemi sessuali e urinari Ictus Ipertensione Aumentato rischio di infezione Depressione Peggioramento della qualità di vita CHE RUOLO GIOCA IL DIABETE NELL INSUFFICIENZA RENALE? Il diabete colpisce e danneggia i vasi sanguigni ed il rene che, per la sua peculiare funzione di "filtrazione" del sangue, è particolarmente esposto. La conseguenza è la compromissione della funzione renale (perdita della capacità di filtrazione del rene). Nelle fasi iniziali della malattia diabetica si ha la perdita di funzione in modo lieve, poi con il progredire diventa più seria fino ad arrivare, negli stadi terminali, alla completa perdita della funzione renale, con la necessità di sottoporre il paziente a dialisi peritoneale, emodialisi o addirittura nei casi più seri, al trapianto di rene. Considerando la progressione del danno renale, a volte queste soluzioni si adottano in sequenza, in stadi diversi della

malattia. Se non si interviene con cure mirate, tra l inizio dei primi segnali di insufficienza renale e la forma terminale possono trascorrere dai cinque ai sette anni. QUALI SONO I CAMPANELLI D ALLARME DELLA NEFROPATIA DIABETICA? Solitamente i primi sintomi sono un innalzamento repentino della pressione arteriosa e lo stimolo ad urinare spesso durante la notte. Sintomi tardivi sono gonfiore alle caviglie, agli arti inferiori e crampi alle gambe; senso di debolezza, anemia, prurito, nausee mattutine, vomito; elevati valori di azotemia e diminuzione del tasso di filtrazione glomerulare (GFR); Un paziente con diabete deve attuare un controllo periodico delle urine per evidenziare tracce di albumina (microalbuminuria). La presenza di albumina nelle urine è un sintomo precoce molto importante. Quando il danno renale è in fase più avanzata, allora è importante monitorare anche il tasso di filtrazione glomerulare (GFR) con un esame del sangue (creatininemia, azotemia). LA NEFROPATIA DIABETICA SI PUÒ PREVENIRE? Circa un terzo dei pazienti con diabete si ammala di nefropatia cronica. Questa complicanza non si può evitare ma si può ritardare e tenere sotto controllo nella sua evoluzione. Molto importante è il controllo dei livelli di zucchero nel sangue (glicemia) perché si è visto che il controllo di questo parametro fa diminuire il rischio di insorgenza della complicanza. E' fondamentale sottoporsi periodicamente all esame delle urine e del sangue (creatinina) in modo da scoprire precocemente un eventuale danno renale. Infine è molto importante tenere sempre sotto controllo la pressione arteriosa. COME AIUTARE IL FUNZIONAMENTO RENALE IN UN PAZIENTE CON DIABETE? La prima cosa da fare è tenere la glicemia e la pressione arteriosa sotto controllo, attraverso dieta, esercizio fisico regolare ma anche con terapie farmacologiche mirate. Al fine di monitorare il livello degli zuccheri nel sangue, è utile il dosaggio dell emoglobina glicosilata (HbA1c) che fornisce un quadro della concentrazione glicemica nei tre mesi precedenti il prelievo; l'emoglobina è contenuta nei globuli rossi e la glicazione dell'emoglobina è in relazione diretta con la concentrazione di zuccheri nel sangue. L'HbA1c ci fornisce quindi il dato del valore della glicemia durante la vita del globulo rosso che sappiamo essere in media di tre mesi. COSA SONO LE INCRETINE? Le incretine sono ormoni intestinali prodotti al momento dell'ingestione di cibo. La loro azione, a livelli fisiologici, è di aumentare la secrezione di insulina in modo glucosio-dipendente. GIP e GLP-1 sono le due principali incretine nell uomo. Il GIP è un peptide di 42 aminoacidi derivato da una proteina di dimensioni maggiori, la ProGIP, ed è secreto dalle cellule K endocrine presenti nel tratto gastrointestinale (GI) prossimale (duodeno e digiuno prossimale). Il GLP-1 è un peptide di 30 o 31 aminoacidi derivato da una proteina di dimensioni maggiori (proglucagone) ed è secreto dalle cellule L situate prevalentemente nel tratto gastrointestinale distale (ileo e colon). L azione del GLP-1 e GIP è mediata dal legame e dall attivazione dei rispettivi recettori (GLP-1R e GIP-R) situati in diversi tessuti, comprese le cellule alfa e beta delle isole di Langherans del pancreas. In condizioni di digiuno, le concentrazioni plasmatiche di GLP-1 e GIP sono basse; tuttavia, in seguito ad un pasto la secrezione di GLP-1 e GIP aumenta rapidamente. Dopo la secrezione, GLP-1 e GIP sono rapidamente metabolizzati dall enzima DPP-4. L emivita plasmatica di tali incretine è breve (circa 2/3 minuti per il GLP-1 intatto e per il GIP). In seguito a rapida inattivazione, i metaboliti di GLP-1 e GIP sono eliminati per via renale.

In sintesi: Il GLP-1, secreto dalle cellule L nell intestino distale (ileo e colon), in maniera glucosio-dipendente (ovvero questa azione si verifica solo se è presente contemporaneamente del glucosio come fattore permissivo): -stimola la secrezione di insulina da parte delle cellule beta -inibisce la secrezione di glucagone da parte delle cellule alfa e queste due azioni sopprimono la produzione epatica di glucosio Il GIP, secreto dalle cellule K nell intestino prossimale (duodeno e digiuno prossimale), - stimola la secrezione (sempre glucosio-dipendente) di insulina da parte delle cellule beta. COSA SONO GLI INIBITORI DELLA DPP-4 DEI QUALI SITAGLIPTIN È IL CAPOSTIPITE? Sono una classe di farmaci somministrati oralmente che agiscono potenziando un sistema fisiologico dell organismo, - l'asse delle incretine-, che migliora la risposta insulinica riducendo la glicemia. QUAL È IL MECCANISMO D AZIONE DEGLI INIBITORI DELLA DPP-4? Gli inibitori della DPP-4 potenziano la capacità dell organismo di controllare le concentrazioni di zuccheri nel sangue. Incrementando i livelli delle incretine, ormoni deputati alla regolazione glicemica nell organismo, tali inibitori agiscono riducendo la glicemia nei pazienti diabetici di Tipo 2. Quando la glicemia è elevata, le incretine: Attivano la secrezione di insulina da parte delle cellule beta del pancreas. L'insulina aiuta le cellule dell organismo ad assorbire il glucosio presente nel sangue; Inibiscono la secrezione di glucagone da parte delle cellule alfa del pancreas. Il glucagone regola la produzione e il rilascio del glucosio immagazzinato nel fegato. Questi due meccanismi, attivati fisiologicamente dall'organismo, consentono un miglior controllo glicemico. Gli inibitori della DPP-4 hanno come bersaglio l enzima DPP-4, che inattiva rapidamente le incretine secrete dall intestino in seguito ad un pasto. Inibendo l enzima DPP-4, le incretine permangono a concentrazioni più elevate per un periodo più lungo e possono svolgere le azioni precedentemente descritte (attivazione della secrezione insulinica e inibizione della secrezione di glucagone). Fonte: Opuscolo "Parliamo di Diabete" a cura di MSD Diabetes Opuscolo "Diabete e nefropatia cronica" a cura di National Kidney Foundation

IL VERO E IL FALSO DEL DIABETE DI TIPO 2 IL DIABETE È CONTAGIOSO FALSO. A differenza di raffreddore e influenza, il diabete non è contagioso. Le persone diabetiche non hanno una maggior probabilità di contrarre un raffreddore, o qualsiasi altra malattia, rispetto a chi non è affetto da questa malattia. IL DIABETE È UNA MALATTIA LIEVE FALSO. Alcuni ritengono che il Diabete di Tipo 2 sia una forma lieve di questa malattia, ma è un idea errata. Ogni 10 secondi muore una persona per cause correlate al diabete, dato questo che dimostra la gravità di tutte le forme di diabete. IL DIABETE È CURABILE FALSO. Attualmente non esiste cura per il diabete. Insulina e farmaci per la riduzione della glicemia, possono aiutare i diabetici a condurre una vita normale, controllando l'iperglicemia, ma non sono in grado di curarli. I PARENTI DEI DIABETICI POSSONO ESSERE A RISCHIO. VERO. Non tutti i diabetici ereditano la malattia, ma i fattori di rischio del diabete non insulino-dipendente tendenzialmente sono ereditari. I parenti di una persona affetta da Diabete di Tipo 2 possono essere a rischio, in particolare in caso di sovrappeso, età superiore ai 40 anni, diabete gestazionale pregresso, origini afro-caraibiche o africane. I DIABETICI NON POSSONO MANGIARE DOLCI FALSO. I diabetici possono mangiare dolci nell ambito di una dieta sana e in abbinamento sempre ad un congruo esercizio fisico. Anzi, le persone che controllano il diabete con l insulina in alcune occasioni (ipoglicemie da eccesso di somministrazione di insulina, marcato esercizio fisico o prolungato digiuno ) possono avere la necessità di consumare alimenti ricchi di zucchero per evitare che la glicemia scenda eccessivamente. UN ALIMENTAZIONE TROPPO RICCA DI ZUCCHERI CAUSA IL DIABETE FALSO. Il diabete è causato da una serie di fattori genetici e ambientali; tuttavia, il consumo di zucchero può portare a un aumento di peso, che a sua volta aumenta il rischio di sviluppare il diabete di Tipo 2. I diabetici presentano quantità eccessive di zuccheri nel sangue non tanto perché ne hanno ingeriti in quantità eccessiva, ma piuttosto perché il meccanismo naturale di conversione dello zucchero in energia non funziona correttamente o perché l organismo non risponde adeguatamente all insulina prodotta. I DIABETICI NON POSSONO FARE SPORT FALSO. E molto importante per chi ha il diabete condurre una vita sana per mantenere un peso normale ed evitare le complicazioni associate col diabete, quali le malattie cardiache. Tuttavia, i diabetici devono essere consapevoli che un allenamento troppo intenso può comportare un calo eccessivo della glicemia, causando disorientamento e debolezza (cosiddetta ipoglicemia). IL DIABETE PUÒ ESSERE SCATENATO DA UN EVENTO TRAUMATICO FALSO. Il diabete insorge per una serie di fattori genetici e ambientali. In passato le credenze popolari indicavano che il diabete potesse essere causato da forti emozioni: paura e rabbia erano individuate regolarmente quali principali

cause della malattia. La scienza moderna rivela che, una dieta scorretta, obesità e sedentarietà possono essere tra le cause principali dell aumentata prevalenza della malattia. PER I DIABETICI NON È SICURO GUIDARE. FALSO. E' dimostrato che le persone diabetiche possono guidare in sicurezza, al pari di chiunque altro. Tuttavia, le persone affette da diabete insulino-dipendente devono assicurarsi di consumare un pasto adeguato per evitare di andare in ipoglicemia, con possibili complicanze quali sdoppiamento della vista, capogiri e persino svenimenti, che in talune circostanze possono essere fatali. TUTTI I DIABETICI FINISCONO COL DIVENTARE CIECHI FALSO. Benché la cecità sia una complicanza del diabete di tipo 2, questa malattia non necessariamente conduce alla cecità. Il rischio di sviluppare la retinopatia diabetica può essere ridotto mantenendo entro valori normali la pressione arteriosa, il peso e la glicemia. I DIABETICI SONO SEMPRE MALATI E STANNO SEMPRE MALE FALSO. I diabetici possono condurre una vita normale e non devono essere considerati malati. Uno stretto controllo della glicemia, il mantenimento di una normale pressione arteriosa e una vita sana possono aiutare a prevenire le complicanze associate al diabete. Fonte: Opuscolo "Parliamo di Diabete" a cura di MSD Diabetes

DIABETE & INSUFFICIENZA RENALE: LE CIFRE IL DIABETE IN NUMERI, IN ITALIA E NEL MONDO Tra le malattie del metabolismo quella che riveste il maggiore interesse per la Sanità pubblica, in rapporto a frequenza, complicanze e disabilità, è sicuramente il Diabete Mellito. Nell ultimo rapporto dell Osservatorio ARNO si legge che il numero dei diabetici stimato nel nostro Paese è pari a 3.516.333. Una fotografia sulla malattia in Italia viene anche dall ultima Relazione sullo Stato Sanitario del Paese del Ministero della Salute. I dati Istat indicano che la prevalenza del diabete è in regolare aumento nell ultimo decennio. Nel 2010 risulta diabetico il 4,9 % della popolazione (5,2 % per le donne e 4,5 % per gli uomini), pari a circa 3.000.000 di persone. La prevalenza del diabete aumenta con l età fino ad arrivare al 19,8 % nelle persone con età uguale o superiore ai 75 anni. Nella fascia d età compresa tra i 18 e i 64 anni la prevalenza è maggiore fra gli uomini, mentre oltre i 65 anni è più alta fra le donne. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, la prevalenza è più alta nel Sud e nelle Isole, con un valore del 5,6 %, seguita dal Centro con il 4,8 % e dal Nord con il 4,4 %. Già nel 2003, fra le persone di età compresa tra 20 e 79 anni si stimava una prevalenza mondiale del 5,1 %, che si prevedeva in aumento fino al 6,3 % nel 2025, con il coinvolgimento di 333 milioni di persone in tutto il mondo e un incremento pari al 24 % nel periodo. Dati più recenti, tuttavia, parlano di una proiezione che nel 2025 arriva al 7,3 % (380 milioni). La mortalità nelle persone con diabete è 1,9 volte superiore a quella dei non diabetici e per le donne tale rapporto sale a 2,6. Nel 2005, l Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che il 2% del totale delle morti nel mondo fosse da attribuire al diabete (circa 1.125.000), sottolineando, tuttavia, come tale contributo alla mortalità generale fosse probabilmente sottostimato, dal momento che il decesso di una persona con diabete è di solito attribuito a una delle diverse complicanze (cardiopatia, malattia renale ecc.). DIABETE & INSUFFICIENZA RENALE La nefropatia diabetica è la principale causa di insufficienza renale cronica e dialisi. È una patologia che sta avendo, nel mondo, una crescita esponenziale. Dati di qualche anno fa mettevano in evidenza come la popolazione mondiale in dialisi fosse oltre un milione, con una crescita del 7 % ogni anno. In alcune casistiche nordeuropee e statunitensi la nefropatia diabetica è la prima causa di insufficienza renale terminale con accesso alla dialisi. Nel rapporto 2009 del Registro italiano di dialisi e trapianti il diabete si colloca al terzo posto tra tutte le cause di insufficienza renale cronica terminale per i pazienti in dialisi (19,6 %). Il diabete è, inoltre, al secondo posto dopo l ipertensione come fattore di co-morbidità. I pazienti soggetti a trapianto renale sono per il 4,7 per cento diabetici. I soggetti in dialisi non sono che la punta di un iceberg: alcuni studi stimano che per ogni paziente in dialisi ce ne siano almeno 200 con una compromissione renale di diverso grado. Molte di queste persone non arrivano alla dialisi anche perché muoiono prima a causa di complicanze cardiovascolari. Alcune stime indicano come in Italia ci siano 2 milioni e 200 mila pazienti con insufficienza renale cronica non ancora in dialisi, molti di questi sono diabetici. Casistiche italiane su coorti cliniche di diabetici seguiti dai servizi di diabetologia riportano per il diabete di tipo 2 una prevalenza di circa il 22 per cento di nefropatia incipiente e intorno al 7-8 per cento di nefropatia conclamata.