Il movimento June 23, 2011 I movimenti possibili vengono divisi in tre tipologie a seconda della circuiteria neuronale sottostante: i movimenti volontari, i movimenti riessi ed i movimenti ritmici. I movimenti volontari non presentano i caratteri di obbligatorietà degli altri due e inoltre migliorano con l'esperienza; una denizione alternativa può infatti essere quella di movimenti ne appreso con l'esperienza. I movimenti riessi sono privi invece dello stadio della consapevolezza. In generale per qualsiasi tipo di movimento sono importanti le informazioni snesoriali, che non necessariamente devono diventare coscienti per poter essere sfruttate; l'informazione visiva è sicuramente la più importante, tanto è vero che un cieco si muove in modo molto diverso da un vedente. Il SNC sfrutta i segnali aerenti dalla periferia in due modi: fornisce sensazioni da un lato, ma dall'altro guida il movimento. 1 I riessi I movimenti più semplici sono quelli riessi, che sono risposte involontarie relativamente stereotipate ad uno stimolo. Qualsiasi riesso per essere denito tale deve nascere da uno stimolo esterno; la risposta può essere rappresentata da una contrazione muscolare (liscia o striata) o da una secrezione ghiandolare (endocrina o esocrina). La risposta deve essere sempre totalmente involontaria. La risposta ad uno stimolo è in generale sempre simile, per questo si parla di sterotipia relativa; esistono movimenti stereotipati non riessivi, ad esempio la scrittura, quindi non è un attributo suciente a denire un riesso. I riessi molto spesso sono molto stereotipati in certe situazioni, ma pochissimo in altre: questo attributo dipende molto dal contesto, tuttavia è presente alla nascita. La stereotipia dei riessi non richiede dunque alcun tipo di apprendimento prima di poter essere messa in atto. In generale esiste poi una relazione invariante tra la sede dello stimolo e la sede della risposta, rapporto che non esiste nei movimenti volontari; in maniera simile esiste anche un rapporto tra intensità dello stimolo e intensità della risposta. Alla base di un riesso esiste una serie di cinque componenti fondamentali che prende il nome di arco riesso. Il primo elemento è uno stimolo specico (I) in grado di attivare un recettore che invia le informazioni tramite una via aerente (II) al SNC. All'interno del SNC (tronco dell'encefalo o midollo spinale) esiste una popolazione di neuroni che costituisce il centro riesso (III) che elabora le informazioni in arrivo e le reinvia tramite una via eerente (IV) all'eettore (V). 1.1 I riessi miotatici Lo stiramento di un muscolo risulta in una contrazione del muscolo stesso e questo comportamento prende il nome di riesso miotatico da stiramento o diretto. Lo stimolo adeguato è dunque un allungamento passivo del muscolo e viene recepito dal fuso neuromuscolare. All'interno del fuso le bre aerenti 1a danno informazione sulla lunghezza del muscolo e sulla velocità di allungamento mentre le bre 2 danno informazioni sulla sola lunghezza. Le bre 1a penetrano nel midollo spinale e formano un ramo ascendente per il sistema delle colonne dorsali e un ramo anteriore che si dirige al corno ventrale dove sono contenuti i motoneuroni; queste bre si portano ad eccitare direttamente i motoneuroni del muscolo omonimo, ed è questo l'unico esempio di circuito monosinaptico conosciuto nell'uomo. La mediazione di vari interneuroni produce invece l'eccitazione dei motoneuroni dei muscoli sinergici e l'inibizione di quelli dei muscoli antagonisti (in questo secondo caso l'interneurone prende il nome di interneurone inibitorio 1a). Il risultato dell'attivazione delle bre aerenti 1a è dunque la contrazione del muscolo omonimo insieme agli antagonisti ed il rilassamento degli antagonisti. 1
La percussione del tendine muscolare con il martelletto è ideale per fornire uno stimolo fasico e testare l'ecacia del riesso; questo tipo di stimolo viene registrato dalle sole bre 1a. Questo tipo di riesso si può ottenere in quasi tutti i muscoli, fanno eccezione i muscoli oculari estrinseci. L'applicazione di uno stimolo stazionario evoca invece una risposta continuativa ma meno intensa; ad esempio i muscoli del collo sono continuamente stirati per eetto della forza di gravità e rispondono con una contrazione che mantiene la postura della testa. Questo riesso è modulabile, infatti quando un soggetto si addormenta perde la capacità di mantere la testa dritta: il senso è che tutti questi circuiti sono sotto controllo di segnali discendenti provenienti da altre strutture che possono attutire o accentuare la risposta. La maggior parte delle vie corticospinali ha proprio la funzione di modulazione: le terminazioni nervose arrivano si ai motoneuroni, ma anche e soprattutto agli interneuroni inibitori in modo tale da poter sfruttare i circuiti riessi già presenti. I motoneuroni di agonisti ed antagonisti tendono dunque ad eccitarsi a fasi alterne in uno schema detto di innervazione reciproca che però non è l'unico possibile; se il carico da muovere è sconosciuto è infatti più conveniente stabilizzare l'articolazione facendo contrarre tutto insieme: si parla in questo caso di co-contrazione. La presenza di due schemi è ancora una volta dimostrazione della modulabilità di questi circuiti. Nel midollo spinale esistono diverse categorie di interneuroni, ad esempio il già citato interneurone inibitorio 1a o la cellula di Renshaw. Quando un motoneurone emette il suo assone, prima di lasciare il SNC, produce anche un ramo collaterale che si dirige a questa cellula di Renshaw, la quale a sua volta inuenza i motoneuroni omonimi, sinergici ed antagonisti. L'attivazione della cellula di Renshaw segna l'inibizione del motoneurone che l'aveva eccitata e la disinibizione dei motoneuroni antagonisti: il muscolo omonimo smette di contrarsi e inizia a farlo la muscolatura antagonista. Questo circuito ha dunque lo scopo di limitare la contrazione per stimoli di breve durata ed evitare contrazioni esagerate se invece lo stimolo è persistente. Le cellule di Renshaw presentano anch'esse un controllo discende, quindi anche questo schema può essere modulato e addirittura inibito a seconda delle esigenze del momento. 2
L'organo tendineo del Golgi riconosce come stimolo adeguato la tensione posta a carico di un muscolo ed è alla base del riesso miotatico inverso; in questo caso le risposte sono opposte: i muscoli antagonisti si contraggono e gli agonisti e sinergici si rilasciano. L'aumento di tensione è segnato dall'aumento di scarica del recettore e l'informazione raggiunge il midollo spinale per tramite delle bre aerenti 1b che raggiungono gli interneuroni inibitori 1b. Gli interneuroni inibitori formano sinapsi con i vari motoneuroni, eccitando gli antagonisti ed inibendo gli altri: il riesso miotatico inverso poggia dunque su un circuito sempre disinaptico. Questo riesso è molto sfruttato dal sistema nervoso nell'adattamento muscolare alla fatica. Quando la corteccia attua uno schema motorio fa contrarre dei muscoli i quali accorciandosi fanno scaricare l'organo tendineo e quindi riducono la loro forza totale: l'intensità di una contrazione è data dunque dall'intensità dello schema motorio al netto dell'inibizione miotatica. Quando una data posizione viene mantenuta per un certo intervallo di tempo il muscolo si aatica e produce meno forza; lo schema motorio non deve però essere ricalibrato alla nuova situazione in quanto meno forza signica anche meno inibizione e quindi il crollo è meno repentino. Il circuito miotatico inverso può inoltre essere attivato da aerenze cutanee o articolari. Le aerenze articolari esistono solo per angoli articolari estremi e quindi pericolosi: si inibiscono così contrazioni che rischierebbero di danneggiare l'articolazione stessa. Le aerenze cutanee sono legate invece alla possibilità di maneggiare con cura gli oggetti: appena entro in contatto con un oggetto fragile la mia contrazione è inibita e posso così avere una presa soft. Il riesso miotatico da stiramento è di fatto un feedback negativo sulla lunghezza del muscolo: quando questa aumenta il sistema si oppone. La prima ipotesi sul senso di questo sistema fu dunque quella di controllore della lunghezza muscolare. Il guadagno del riesso miotatico è in realtà molto basso, cioè l'entità della correzione è sempre molto minore di quella della perturbazione, quindi non è in grado di compensare ecacemente un allungamento errato: il senso di questo riesso deve dunque essere un altro. Il guadagno è molto basso in quanto per necessità siche questi schemi neuronali si portano dietro una certa latenza non eliminabile; un sistema ad alto guadagno e alta latenza è molto instabile in quanto nell'arco di tempo necessario a correggere la lunghezza le situazioni ambientali potrebbero essere già cambiate. 3
Il vero signicato del riesso è più evidente analizzando il comportamento anche dei motoneuroni gamma. Quando il muscolo ha un carico da sostenere le vie motorie discendenti attivano i motoneuroni gamma che stirano il fuso e questo sollecita i motoneuroni alfa a per la contrazione. Se il carico aumenta la scarica del fuso cresce e quindi la contrazione muscolare si fa più intensa; se invece il carico diminuisce il fuso smette di scaricare in quanto sensibile al solo allungamento e il muscolo si allunga ntanto che lo stiramento è allineato allo stato di attivazione dei motoneuroni gamma. Questo meccanismo è detto regolazione gamma del riesso da stiramento: in sostanza il riesso è un meccanismo di servoassistenza al mantenimento di una posizione. Una seconda interpretazione del riesso è quella del mantenimento della rigidezza in accoppiata con il riesso inverso. La rigidezza di un muscolo è denita come K = T L Una variazione di lunghezza induce dunque una variazione di tensione proporzionale alla rigidezza. La forza sviluppata dipende dunque dalla lunghezza del muscolo, ma se ogni comando motorio dovesse tenere conto della lunghezza il controllo sarebbe complicatissimo: mantenendo costante la rigidezza i comandi corticali possono fare a meno di tenere conto dello stato di allungamento muscolare, semplicando di molto il sistema. In sostanza l'adattamento in funzione dei carichi e della lunghezza viene operato dall'insieme dei riessi miotatici, sollevando la corteccia da tali compiti. 1.2 Il riesso essorio Il riesso essorio coinvolge tutta la muscolatura essoria di un arto o di un segmento corporeo e ha la funzione di allontanare una porzione somatica da uno stimolo. Lo stimolo più importante nell'evocare un riesso essorio è di natura nociva, cioè quello in grado di attivare i nocicettori. 4
Le scariche aerenti dai nocicettori vengono trasportate dalle bre nocicettive A delta o C e raggiungono il corno dorsale del midollo spinale, dove si impegnano in un circuito polisinaptico; questo circuito per tramite di una serie di interneuroni raggiunge i motoneuroni dei muscoli essori attivandoli e di quelli estensori inibendoli. Quando l'arto viene allontanato con successo la contrazione rimane comunque dopo la ne dello stimolo: questo indica che il circuito deve essere riverberante, per non ricadere nello stesso stimolo. Nel riesso da retrazione sono ben evidenti sia il rapporto con la sede dello stimolo che con la sua intensità. Alla essione di un intero arto si accompagna poi l'estensione crociata dell'arto opposto; questo comportamento è particolarmente utile nei quadrupedi in quanto permette di redistribuire il peso dell'animale in modo da non cadere per l'assenza di un punto d'appoggio. Nell'uomo questo tipo di risposta è presente per gli arti inferiori, ma è meno ecace per via della postura bipede da noi assunta. Un circuito simile a quello del riesso essorio viene sfruttato anche da altre due tipologie di riessi importanti in clinica: I riessi addominali vengono evocati dalla stimolazione dell'addome con una punta smussa. Le contrazioni sono organizzate secondo la topograa dell'addome. I riessi plantari richiedono un intervento centrale per manifestarsi. In un adulto sano la stimolazione della pianta del piede produce una essione plantare delle dita; in un neonato o in un soggetto con danni alle vie corticospinali la risposta è invece un'estensione a ventaglio delle dita che prende il nome di segno di Babinski. 2 I movimenti ritmici e la locomozione La locomozione è una capacità posseduta da tutti gli animali, e nel nostro caso è divisa in una fase di oscillazione e in una fase di appoggio. Negli anni passati questo schema motorio era di origine incerta: da un lato lo si credeva talmente complesso da dover essere volontario, dall'altro appariva tanto stereotipato da poter essere riesso. Un movimento di origine volontaria non dovrebbe essere possibile in un preparato spinalizzato, cioè con una lesione mediotoracica: in realtà un animale in questa condizione posto su un tappeto mobile è in grado di compiere movimenti di locomozione, quindi non si tratta di movimento volontario. Un esperimento analogo si può condurre su un preparato deaerentato, cioè con radici spinali sezionate: in questo caso non dovrebbe essere possibile realizzare movimenti riessi in quanto i recettori periferici non possono condurre informazioni al SNC. In animali deaerentati si dimostrò però che iniezioni di L-dopa a livello spinale producevano movimenti di locomozione: non si può dunque parlare nemmeno di un riesso. Un terzo esperimento sfrutta la paralisi indotta dal curaro: in un animale curarizzato i muscoli non si possono muovere, ma andando a registrare l'attività dei nervi 5
dei muscoli estensori e essori si trova un'attività alternata. In sostanza la locomozione non può essere volontaria e nemmeno riessa: si tratta di un movimento ritmico la cui genesi è legata a circuiti di neuroni detti generatori centrali di schemi motori. I generatori centrali sono attivati da segnali tonici in arrivo dalla corteccia o da altre regioni del SNC e si occupano di trasformare questi segnali da tonici a fasici. Nel caso della locomozione i generatori centrali si trovano a livello del midollo spinale se sono tutti innati: un bambino non riesce a camminare non perchè privo di questi centri, ma perchè incapace di controllarli. In un animale da laboratorio è evidente che aerrando un arto gli altri tre continuano a potersi muovere: esistono dunque quattro generatori di schemi motori, uno per arto. La locomozione può essere indotta sperimentalmente andando a stimolare certe regioni corticali, nel gatto la più importante è la regione motoria mesencefalica che dunque deve essere in collegamento ai centri motori. Variando l'intensità degli stimoli alla regione mesencefalica non cambia l'ampiezza dei potenziali d'azione dei movimenti locomotori, ma cambia l'accoppiamento dei generatori: si passa da un accoppiamento alternato a basse intensità ad uno sincrono ad intensità elevate. Un animale spinalizzato è in grado di compiere movimenti locomotori, ma questi sono molto semplici ed impoveriti rispetto a quelli di un animale sano. Le aerenze periferiche hanno infatti il ruolo di adattare i generatori centrali alle situazioni reali del mondo esterno; in conclusione esistono si dei generatori centrali, ma questi producono solamente l'essenziale per la locomozione, tutto il resto è frutto di un'elaborazione che richiede l'apporto di aerenze periferiche. Un uomo spinalizzato non cammina assolutamente. Qualche risultato è stato ottenuto con stimoli molto più complessi rispetto a quelli sucienti per un animale, e comunque solo in individui giovani. I generatori centrali di schemi motori esistono anche nell'uomo, solo che nell'evoluzione i controlli dei centri superiori sono diventati molto più marcati, al punto da limitare molto la possibilità di attivarli direttamente. 6