ALBANIA. Il Piccolo e il Gigante feroce



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ALBANIA Il Piccolo e il Gigante feroce Da molto tempo il villaggio ai piedi della montagna era in balia del feroce KATALLANI e la vita di tutti i suoi abitanti era in pericolo. Il tiranno era in grado di trasformare le persone in animali, grazie a una frusta magica che teneva sempre con sé. Il gigante viveva nel suo palazzo impenetrabile e aguzzo, posto sulla cima della montagna di vetro, in compagnia di un terribile falco che poteva vedere tutto a miglia e miglia di distanza. L uccello rapace si precipitava ogni giorno dall alto della montagna sul villaggio per rubare animali, seminando paura e terrore. Tutti gli uomini del villaggio a turno avevano cercato di sconfiggere il mostro e il suo falco, ma nessuno mai era tornato vincitore e molti erano stati trasformati in animali. Un giorno il ragazzo più piccolo del paese si fece avanti e chiese al padre: papà, lascia che sia io a tentare di liberare il villaggio!stanotte mi apposterò in mezzo al gregge e aspetterò il falco Tutti si misero a ridere ma come: tu, il più piccolo e debole vuoi provare dove altri più forti hanno fallito? Anche il padre era dubbioso, ma lo lasciò provare. Il ragazzo allora si nascose e, quando venne l alba, riuscì ad avvicinarsi al falco e a strappargli una piuma. Subito il falco perse un po della sua forza, ma arrivò lo stesso al castello; KATALLANI si arrabbiò moltissimo e, per punire il ragazzo, trasformò i suoi fratelli e suo padre in asini! Il piccolo ragazzo si incamminò allora verso il castello per salvarli. Lungo la strada incontrò un pastore che gli diede un sasso magico in cambio di un po di pane dicendogli: se riuscirai ad avvicinarti a Katallani prova a tirargli questo sasso mirando alla mano in cui tiene la frusta magica. Più avanti si fermò vicino a una cascata e si addormentò, in sogno la cascata si trasformò in una ragazza che gli disse: Prendi questo flauto incantato, ti aiuterà, ma attenzione: lo potrai usare solo dopo aver lanciato il sasso magico il ragazzo si svegliò e vide accanto a sé il flauto. Dopo molto cammino il ragazzo arrivò al castello e subito apparve il gigante: Restituisci la piuma che hai rubato tuonò facendo tremare le montagne. Il ragazzo appoggiò la piuma per terra.

E ora libera mio padre e i miei fratelli chiese con un filo di voce. Il gigante si mise a ridere e fece per avvicinarsi minaccioso, ma il ragazzo gli scagliò contro il sasso magico e la frusta del mostro cadde nel precipizio. Poi si mise a suonare il flauto e anche KATALLANI cadde nel burrone con il suo falco assordati dal suo suono. Il sortilegio finì tutti gli uomini trasformati in animali ripresero il loro aspetto e fecero ritorno al villaggio. Da quel giorno nessuno più osò prendere in giro il ragazzo che aveva liberato il suo villaggio. ATTIVITA REALIZZATE: I bambini hanno costruito i loro giganti lavorando con il cartoncino ondulato o con i bicchieri di plastica per realizzare la struttura portante e con vari materiali diversi (carta, stoffa, foam ) utilizzati per la decorazione. LITUANIA Egle, regina delle bisce C era una volta una famiglia numerosa di cinque fratelli e tre sorelle. Vivevano abbastanza bene, aiutandosi gli uni con gli altri. Un giorno le tre sorelle andarono a fare il bagno nel lago vicino a casa. Terminato il bagno, una di loro, Egle, non poteva rivestirsi perché nei suoi abiti si era infilata una biscia. Le sorelle pensarono subito di gettare via i vestiti di Egle, ma la biscia iniziò a parlare con la voce di un uomo: - Io non lascerò i vestiti di Egle se lei non accetterà di diventare mia moglie. Le sorelle, pensando che fosse uno scherzo, convinsero la sorella ad accettare l offerta della biscia. Il rettile in quel momento abbandonò gli abiti, convinto della risposta della ragazza. Mentre serpeggiava lungo il sentiero del bosco, ripeteva: - La bellissima Egle mi sposerà! Prima di andarsene le aveva detto di prepararsi per il matrimonio, perché dopo tre giorni sarebbe andato a prenderla. Le sorelle rientrarono tutte. Il terzo giorno, davanti a casa, si presentò una carrozza trainata da quattro cavalli e guidata dagli inviati della biscia che chiesero di Egle. I fratelli risposero che non avrebbero concesso in sposa la ragazza. Dopo essere stati minacciati di distruzione del raccolto, delle loro provviste e del bestiame, i fratelli, con astuzia, fecero salire sulla carrozza, al posto di Egle, una papera bianca.

Lungo il tragitto un cuculo avvertì gli inviati della biscia che non era Egle la creatura sulla carrozza. Ritornarono indietro e i fratelli consegnarono loro una pecora bianca. Di nuovo l uccello fece la spia. Arrabbiatissimi, gli inviati diventarono sempre più minacciosi ed Egle, visto che non c era più nulla da fare, accettò di salire sulla carrozza. I fratelli la inseguirono, ma quando giunsero in riva al mare ne persero le tracce. Un attimo prima, Egle aveva visto apparire dal mare, improvvisamente, un bellissimo uomo che aveva subito riconosciuto dalla voce: era la biscia Zilvinas. Le onde del mare avevano portato a riva una collana d ambra che poi lui le aveva messo al collo, i due si erano sposati ed erano andati a vivere nel mare. Lì ebbero quattro figli, tre maschi e una femmina. Erano molto felici. Egle però, presa dalla nostalgia della famiglia, dopo nove anni, chiese a Zilvinas di poter raggiungere i suoi fratelli e le sue sorelle con i bambini, ma lui non era d accordo. Le propose tre prove e se fosse riuscita a superarle, allora sarebbe potuta andare. Nella prima prova doveva consumare, camminando, un paio di scarpe di legno indistruttibili, magiche. Nella seconda prova doveva filare la lana con un fuso magico che le impediva di filare. La terza consisteva nell impastare il pane in una pentola bucata che le rendeva impossibile il lavoro. Dietro consiglio di una strega, Egle gettò le scarpe, il fuso e la pentola nel fuoco: i poteri magici di quegli oggetti così scomparvero ed Egle superò le tre prove. Il marito le disse allora che per ritornare da lui avrebbe dovuto chiamarlo vicino alla riva con queste parole: - Zilvinas, se sei vivo arriva con un onda bianca, se sei morto arriva con un onda nera di sangue. Lei partì. I fratelli furono felici di rivedere Egle, fecero una festa, ma volevano impedirle di ritornare da Zilvinas e insistettero per sapere con quale frase avrebbe potuto ritornare dal marito. Lei non svelò il segreto. Loro così tentarono di scoprirlo attraverso i figli, ma i tre maschi non parlarono, solo la piccola, impaurita, rivelò la frase. I fratelli si diressero verso al mare con una falce. Dopo due giorni Egle, coi figli, riprese la strada del ritorno. Arrivati al mare che era burrascoso, il cielo nuvoloso e soffiava un forte vento, Egle pronunciò le parole segrete. Il mare diventò più scuro e arrivò un onda nera di sangue. Lei si spaventò e pianse molto. Si rivolse ai figli e chiese loro: -. Chi di voi ha tradito papà? -Nessuno rispose. Dal mare arrivò la voce di Zilvinas: - Nostra figlia ci ha tradito e i tuoi fratelli, Egle, mi hanno ucciso con la falce. La tristezza scese sul volto di Egle, che dopo aver guardato il mare e poi il figlio maggiore si espresse così: - Tu

diventerai una quercia, robusta e forte, vivrai per lunghissimo tempo. All altro figlio disse: -Tu sarai una betulla e tutti gli innamorati si daranno appuntamento sotto di te. Al terzo: - Tu sarai un frassino, e tu, figlia mia, sarai un tremolino e quando gli uccelli si avvicineranno a te, impauriti scapperanno via. Io, figlia di un vecchio pescatore, diventerò un pino. I miei rami scenderanno giù e chi mi guarderà vedrà la mia tristezza. Egle non tornò dai suoi fratelli e tutto quanto aveva predetto si avverò. In riva al mare si scorgevano cinque bellissimi alberi. CINA Il Vaccaio e la Tessitrice Durante l'impero Jade, in un giorno di primavera, sette tessitrici magiche scesero dal cielo per bagnarsi nelle acque sorgive della terra. Un giovane vaccaro che passava di lì cominciò a spiarle, poi rubò i vestiti alla più giovane delle sette. La ragazza così non poté più ritornare in cielo e in seguito diventò la moglie del giovane vaccaro. Quando l'imperatore Jade venne a conoscenza del fatto, ordinò alle guardie di scendere sulla terra e riportare in cielo la giovane tessitrice. Il vaccaro la seguì, ma fu scoperto dalla regina Madre del cielo, la quale, prima che lui riuscisse a riprendere sua moglie, estrasse dalle sue trecce una forcina e tracciò una linea nel cielo per separare la coppia. Questa linea diventò la Via Lattea, conosciuta in Cina come fiume d'argento o fiume celestiale. La grande regina del cielo permise ai due innamorati di vedersi solamente una volta all'anno, il settimo giorno del settimo mese a mezzanotte, ma rimanevano sempre separati dal fiume d'argento. La loro storia mosse a compassione le gazze della terra, le quali, proprio in quella particolare notte, volarono in cielo e formarono un ponte con le loro

ali sul fiume d'argento, così che il vaccaro e la tessitrice potessero incontrarsi. ATTIVITA REALIZZATA: i bambini hanno riportato su un cartellone o su dei nastri appesi i vari abitanti del cielo. CUBA La regina Vanitosa C'era una volta in un paese lontano una regina che era ammirata per la sua bellezza e soprattutto per la raffinatezza dei suoi banchetti per i quali preparava piatti prelibati, e dove erano invitati i personaggi più celebri del tempo. Un giorno la regina sentì parlare di un saggio famoso che stava visitando il suo regno e decise di invitarlo a cena. Arrivata l'ora, tutti gli invitati si sedettero a una ricca tavola imbandita con cibi squisiti e bevande della più sofisticata qualità. La regina vide che il saggio non assaggiava niente e aveva uno sguardo triste. Allora gli chiese perché non mangiava e il saggio le rispose: "No, mia Regina, io non posso mangiare, perché in questa tavola manca il cibo più apprezzato del mondo!". E dicendo questo se ne andò. La Regina, poiché era molto vanitosa, si mise a piangere. Non era possibile che alla sua tavola non ci fosse il cibo che diceva il saggio e chiamò tutti i nobili della corte, ma nessuno sapeva a quale cibo si riferisse il saggio. La Regina inviò tutti i suoi marinai a cercare in tutto il mondo quel cibo sconosciuto e tanto apprezzato. Partirono, passarono giorni, e poi mesi, ma nessuno sapeva quello che stavano cercando, così tutte le scorte di cibo che portavano sulla nave finirono e gli uomini cominciarono a sentire la fame. Arrivarono su un'isola dove c'era solo grano in grandi quantità. Caricarono tutte le navi e tornarono dalla loro regina, allegri di aver trovato la materia prima con cui preparare il cibo più apprezzato: il pane. La regina aspettava ansiosa. Quando le dissero che il pane era il cibo che mancava sulla sua tavola, arrabbiata, ordinò che tutto il grano fosse gettato in mare. Quando il saggio seppe ciò che aveva fatto la regina, le disse: "Signora, lei non sa che male ha fatto.

Il pane era il cibo del quale le avevo parlato, perché questo cibo lo hanno tutti, ricchi e poveri. Se non ci fosse stato il pane, i suoi uomini sarebbero morti di fame in mare. Non dobbiamo mai escludere il pane dalle nostre tavole, perché è un cibo semplice ma essenziale, che unisce tutti gli uomini." ATTIVITA REALIZZATA: Alcuni bambini hanno realizzato cornicette con il cartoncino ondulato e spighe usate per decorarle. Altri hanno creato un grande cartellone con i colori a dita. GIAPPONE Il Granchio e la Scimmia Molto tempo fa in Giappone, in un luminoso giorno d autunno, una scimmia e un granchio stavano giocando insieme sulla riva di un fiume. Mentre correvano, il granchio trovò un o-nigiri [polpettina di riso] e la scimmia un seme di cachi. Il granchio raccolse la polpettina di riso e la mostrò alla scimmia dicendo: «Guarda che bella cosa ho trovato!» Allora la scimmia sollevò il suo seme di cachi e disse: «Anch io ho trovato una bella cosa! Guarda!» Ora, sebbene la scimmia avesse sempre avuto un debole per i cachi, non sapeva che farsene del seme che aveva appena trovato. Il seme di cachi è immangiabile e duro come una pietra. Perciò, essendo di natura ingorda, invidiò molto la bella polpettina di riso del granchio e propose uno scambio. Il granchio non vedeva il motivo per cui avrebbe dovuto rinunciare al suo trofeo per un seme duro come la pietra e non accettò la proposta della scimmia. Allora l astuta scimmia cominciò a convincere il granchio, dicendo: «Sei poco saggio a non pensare al futuro. La tua polpettina di riso si può mangiare subito ed è certamente molto più grossa del mio seme. Ma se pianti questo seme nella terra, presto comincerà a crescere e in pochi anni diventerà un grande albero e produrrà in abbondanza dei bei cachi maturi un anno dopo l altro. Prova solo a immaginarti quei bei frutti succosi che pendono dai suoi rami! Ma naturalmente tu non mi credi, e così lo seminerò da solo, anche se sono sicuro che un giorno ti dispiacerà moltissimo non aver seguito il mio

consiglio». Il granchio, che aveva un animo semplice, non riuscì a resistere all abile opera di convincimento della scimmia. Alla fine acconsentì alla proposta, e lo scambio fu fatto. La furba scimmia divorò subito la polpettina e diede con molta riluttanza il seme di cachi al granchio. Le sarebbe piaciuto tenersi anche quello, ma temeva che il granchio si sarebbe arrabbiato e l avrebbe pizzicata con le sue chele come forbici. Poi si accomiatarono. La scimmia tornò al suo albero nella foresta e il granchio agli scogli sulla riva del fiume. Non appena il granchio arrivò a casa, piantò nella terra il seme di cachi come gli aveva detto la scimmia. La primavera seguente il granchio si rallegrò nel vedere il germoglio di un giovane albero che usciva dalla terra. Ogni anno cresceva sempre più, finché una primavera fiorì e l autunno seguente produsse dei cachi belli grossi. I frutti pendevano tra le foglie lisce e larghe come sfere dorate e man mano che maturavano diventavano di un bell arancione scuro. Per il piccolo granchio era un piacere uscire ogni giorno, sedersi al sole, sporgere i lunghi occhi come una lumaca sporge le corna e stare a guardare i cachi che maturavano alla perfezione. «Deve essere semplicemente delizioso mangiarli», diceva tra sé. Un giorno vide che i cachi erano abbastanza maturi ed ebbe voglia di assaggiarne uno. Fece molti tentativi per arrampicarsi sull albero, nella vana speranza di raggiungere uno di quei bei cachi che pendevano sopra di lui, ma non ci riuscì, perché le zampe del granchio non sono fatte per arrampicarsi sugli alberi, ma solo per correre sulla terra e sugli scogli, due cose che sa fare con molta abilità. In questa imbarazzante situazione gli venne in mente la sua vecchia compagna di giochi, la scimmia, che sapeva essere in grado di arrampicarsi sugli alberi meglio di chiunque altro al mondo. Decise di chiedere alla scimmia di aiutarlo e si avviò per cercarla. Muovendosi alla maniera dei granchi sulla riva ghiaiosa del fiume, imboccò il sentiero del bosco ombroso e infine trovò la scimmia che schiacciava il pisolino pomeridiano sul suo pino preferito, con la coda strettamente arrotolata a un ramo per evitare di cadere durante il sonno. Ma si svegliò subito quando si sentì chiamare e ascoltò con impazienza quello che le diceva il granchio. Quando seppe che il seme che tempo prima aveva dato in cambio di una polpettina di riso era cresciuto fino a diventare un albero carico di buoni frutti, fu molto soddisfatta, perché aveva subito pensato a un piano astuto che le avrebbe permesso di avere tutti i cachi per sé. Accettò di andare insieme al granchio per raccogliere i frutti al posto suo. Quando

furono sul posto, la scimmia rimase sbalordita nel vedere com era bello l albero che era nato dal seme e di quanti frutti maturi erano carichi i rami. Si arrampicò velocemente sull albero e cominciò a raccogliere e mangiare più in fretta che poteva un cachi dopo l altro. Ogni volta sceglieva il migliore e il più maturo che riusciva a trovare e ne mangiò fino a non poterne più. Non ne diede nessuno al povero granchio affamato che aspettava ai piedi dell albero e quando ebbe finito, non erano rimasti che pochi frutti, tutti duri e acerbi. Potete immaginare come si sentì il povero granchio dopo aver aspettato pazientemente per tanto tempo che l albero crescesse e i frutti maturassero, quando vide la scimmia divorare tutti quei buoni cachi. Era così contrariato che girava tutto attorno all albero esortando la scimmia a mantenere la promessa. In un primo momento la scimmia non fece caso alle proteste del granchio, ma poi raccolse i cachi più verdi e più duri che riuscì a trovare e li tirò in testa al granchio. I cachi, quando sono acerbi, sono duri come pietre. I proiettili della scimmia raggiunsero il bersaglio, e il granchio fu ferito gravemente dai colpi. Senza interruzione e alla stessa velocità con cui riusciva ad afferrarli, la scimmia staccava i duri cachi e li gettava sul granchio indifeso, finché cadde morto con il corpo coperto di ferite. Rimase lì, offrendo una vista pietosa, ai piedi dell albero che aveva piantato lui stesso. Quando la scimmia malvagia vide che aveva ucciso il granchio, scappò via da quel luogo più in fretta che poteva, piena di paura e tremante, da quella codarda che era. Ora il granchio aveva un figlio che stava giocando con un amico non lontano dal luogo in cui era avvenuto il fattaccio. Sulla strada di casa trovò il padre morto in uno stato spaventoso: aveva la testa fracassata e il guscio frantumato in più punti, e intorno al corpo erano sparsi i cachi acerbi che erano stati causa della morte. A questa vista orribile il povero giovane granchio sedette e pianse. Ma dopo aver pianto per un po, disse fra sé che tutto quel piangere non avrebbe fatto niente di buono. Il suo dovere era quello di vendicare l assassinio del padre, ed era questo ciò che voleva fare. Si guardò intorno alla ricerca di qualche indizio che lo portasse a scoprire l assassino. Osservando l albero notò che i frutti migliori non c erano più e che in terra era sparsa una gran quantità di bucce e di semi, oltre ai cachi acerbi che evidentemente erano stati tirati a suo padre. Allora capì che l assassino era la scimmia, perché adesso rammentava che suo padre una volta gli aveva raccontato la storia della polpettina di riso e del seme di cachi. Il giovane granchio sapeva che

alle scimmie i cachi piacciono più di qualunque altro frutto e fu certo che la golosità per quei frutti era stata, ahimè!, la causa della morte del vecchio granchio. Il suo primo pensiero fu di andare subito ad assalire la scimmia, perché ribolliva di rabbia. Ma poi la ragione gli disse che sarebbe stato inutile, perché la scimmia era un animale vecchio e astuto e sarebbe stato duro sopraffarla. Doveva contrapporre l astuzia all astuzia e così chiese agli amici di aiutarlo, perché sapeva che sarebbe stato superiore alle sue forze ucciderla da solo. Il giovane granchio andò subito a chiamare il mortaio, vecchio amico del padre, e gli raccontò ciò che era accaduto. Implorò tra le lacrime il mortaio di vendicare la morte del padre. Il mortaio fu estremamente dispiaciuto quando udì il doloroso racconto e promise subito al giovane granchio che l avrebbe aiutato a punire la scimmia con la morte. Gli raccomandò di essere molto cauto in ciò che faceva, perché la scimmia era un nemico forte e astuto. Poi mandò a cercare l ape e la castagna, anch essi vecchi amici del granchio, per tenere consiglio insieme a loro sulla faccenda. Poco dopo i due arrivarono. Quando furono informati su tutti i particolari della morte del vecchio granchio e sulla cattiveria e ingordigia della scimmia, acconsentirono volentieri ad aiutare il giovane granchio nella sua vendetta. Dopo aver discusso a lungo sul modo e i mezzi per realizzare i loro progetti, si separarono, e il signor Mortaio andò a casa del giovane granchio per aiutarlo a seppellire il suo povero padre. Mentre accadeva questo, la scimmia si complimentava con sé stessa per aver fatto tutto in modo così accurato. Secondo lei era una bella cosa aver rubato al suo amico tutti i cachi maturi e poi averlo ucciso. Ma anche così non riusciva a dimenticare la paura delle conseguenze se i suoi misfatti fossero stati scoperti. Se la famiglia del granchio lo avesse saputo (ma pensava che non fosse possibile, perché era fuggita senza che nessuno la vedesse), l avrebbe odiata e avrebbe voluto vendicarsi di lei. Così decise di non farsi vedere e rimase in casa per qualche giorno. Però trovava che quella vita era molto noiosa, abituata com era alla vita libera tra gli alberi, e alla fine disse: «Nessuno sa che ho ucciso il granchio. Sono sicura che è morto prima che me ne andassi. I granchi morti non parlano. Chi può dire che l ho ammazzato io? Dal momento che nessuno sa niente, a che pro chiudermi in casa e stare tanto a pensarci su? Ormai quello che è fatto è fatto». Ciò detto uscì, si diresse verso il territorio dei granchi, si avvicinò alla chetichella il più possibile alla casa del granchio e cercò di ascoltare i

discorsi del vicinato. Voleva scoprire cosa stavano dicendo i granchi sulla morte del loro capo, poiché il vecchio granchio era stato il capo tribù. Ma non riusciva a sentire niente e disse tra sé: Sono tanto incoscienti da non sapere che il loro capo è morto o da non preoccuparsi di sapere chi lo ha ucciso?. Non si rendeva minimamente conto, nella sua cosiddetta saggezza scimmiesca, che ciò che le sembrava indifferenza faceva parte del piano del giovane granchio. Di proposito faceva finta di non sapere chi aveva ucciso suo padre e di credere che fosse morto per colpa di un imprudenza. In questo modo avrebbe mantenuto meglio il segreto sulla vendetta che stava meditando contro la scimmia. La scimmia tornò dunque a casa piuttosto soddisfatta, pensando che ormai non aveva più nulla da temere. Un bel giorno, mentre se ne stava seduta davanti a casa, vide arrivare all improvviso un messaggero da parte del giovane granchio. Mentre ancora si stava chiedendo che volesse dire tutto ciò, il messaggero s inchinò davanti a lei e disse: «Sono stato mandato dal mio padrone per comunicarti che suo padre è morto qualche giorno fa cadendo da un albero di cachi mentre cercava di arrampicarsi per raccoglierne i frutti. Dal momento che questo è il settimo giorno, è il primo anniversario della sua morte, e il mio padrone ha preparato una piccola festa in onore del padre e t'invita a prendervi parte, in quanto eravate ottimi amici. Il mio padrone spera che onorerai la sua casa con la tua cortese visita». Quando la scimmia udì queste parole, si rallegrò nel profondo del cuore, perché ormai tutte le sue paure di essere sospettata erano finite. Non poteva assolutamente immaginare che era appena stato messo in atto un complotto contro di lei. Si finse molto sorpresa alla notizia della morte del granchio e disse: «Mi dispiace veramente molto di sentire che il vostro capo è morto. Come sai, eravamo grandi amici. Mi ricordo che una volta abbiamo scambiato fra noi una polpettina di riso e un seme di cachi. Mi addolora molto pensare che quel seme sia diventato la causa della sua morte. Accetto il tuo cortese invito con i più grandi ringraziamenti. Sarà un piacere per me onorare il mio povero vecchio amico». E fece uscire dagli occhi un po di lacrime false. Il messaggero rise dentro di sé e pensò: Adesso questa perfida scimmia piange lacrime false, ma tra poco ne verserà di vere. Poi ad alta voce ringraziò educatamente la scimmia e tornò a casa. Quando se ne fu andato, la scimmia malvagia rise forte pensando all ingenuità del giovane granchio e senza il minimo sospetto cominciò ad aspettare con ansia la festa del giorno successivo in onore del

granchio morto a cui era stata invitata. Si cambiò d abito e si accinse solennemente a recarsi dal giovane granchio. Trovò tutti i membri della famiglia del granchio e i loro parenti ad aspettarla per darle il benvenuto. Dopo gli inchini di rito, la condussero in una sala. Qui giunta, fu accolta dal giovane granchio vestito a lutto. Si scambiarono frasi di condoglianze e di ringraziamento, quindi cominciò una sontuosa festa in cui la scimmia era l ospite d onore. Al termine della festa, fu invitata a bere una tazza da tè nella sala della cerimonia del tè. Appena il giovane granchio ebbe accompagnato la scimmia nella sala del tè, si allontanò e la lasciò sola. Trascorse un bel po di tempo, e il granchio ancora non ritornava. La scimmia diventava impaziente e diceva tra sé: Questa cerimonia del tè va veramente a rilento. Sono stanca di tutta questa attesa. Ho molta sete dopo tutto quel sakè che ho bevuto a pranzo. Allora si avvicinò al focolare e cominciò a versare un po di acqua calda dal bollitore. Quand ecco che qualcosa irruppe dalla cenere con un grande schiocco e raggiunse al collo la scimmia. Era la castagna, uno degli amici del granchio, che si era nascosta nel focolare. La scimmia, presa di sorpresa, fece un salto all indietro e cercò di scappare fuori della sala. Allora l ape, che si era nascosta dietro il paravento, volò fuori e la punse sulle guance. La scimmia soffriva molto: aveva il collo bruciacchiato dalla castagna e la faccia tutta punzecchiata dall ape, e corse fuori urlando e strepitando di rabbia. Ed ecco che il mortaio di pietra, che si era nascosto in mezzo alle pietre in cima al cancello del granchio, le cadde sulla testa insieme a tutte le altre pietre appena passò sotto di lui. Era forse possibile per la scimmia reggere al peso del mortaio che le cadeva in testa dalla cima del cancello? Giacque schiacciata, del tutto incapace di alzarsi. Mentre era a terra indifesa, si avvicinò il giovane granchio e tenendo le sue grandi chele sulla scimmia, disse: «Ti ricordi quando hai ucciso mio padre?» «Allora... mi sei... nemico?» disse la scimmia boccheggiando. «Certo», disse il giovane granchio. «Era... tuo padre... non... il mio...», replicò la scimmia per nulla pentita. «Hai ancora il coraggio di mentire? Allora muori!» e detto questo, con le chele tagliò la testa alla scimmia. E la scimmia malvagia ebbe la giusta punizione, mentre il giovane granchio vendicò la morte del padre. Qui finisce la storia della scimmia, del granchio e del seme di cachi.

ATTIVITA REALIZZATA: I bambini hanno costruito dei granchietti utilizzando i vari pezzi messi loro a disposizione PERU L Isola del Sole ( la leggenda del lago) Nei tempi antichi, al di là delle catene montuose, c era una città opulenta costruita da gente orgogliosa. Si dimostravano così soddisfatti del loro progresso e della loro città che non ammettevano potesse esistere nulla di più perfetto. Un giorno arrivò un gruppo di Indios malvestiti che cominciarono a attirare l attenzione quando profetizzarono la distruzione della città e della sua gente. Questa è una pagliacciata!!! dicevano gli abitanti orgogliosi noi tra tutti i popoli siamo il migliore! Sappiamo come difenderci dalle inondazioni e dal terremoto. Levatevi di qui con le vostre ciance! e li scacciarono in malo modo. Solo alcuni sacerdoti si preoccuparono del fatto e, quelli che cedettero ale parole degli indios, abbandonarono la città e si ritirarono sui monti dove innalzarono un modesto tempio e vissero da eremiti. Poco tempo dopo, in un tramonto tranquillo, una piccola nuvola rosa apparve all orizzonte. A poco a poco ci si accorse che ingigantiva fino a mostrarsi in forma di una nuvola compatta. A misura che si avvicinava alla città, altre nuvole s andavano delineando all orizzonte: nuvole rosa e nuvole scure dal colore del piombo. Gli abitanti spaventati udirono la frustata secca di un fulmine; rotolò in alto il tuono, poi un esplosione violenta, che sembrava spaccare i timpani, scosse tutto il mondo. Anche gli edifici più solidi cedettero e i fiumi e i monti uscirono dagli argini e la grande alluvione spazzò via tutto. Oggi la splendida città riposa sul fondo del lago Titicaca. Nessuno dei suoi abitanti sopravvisse: si salvarono solo i sacerdoti che s erano ritirati sui monti a vivere in umili capanne di paglia. La montagna dove abitavano,

anche se circondata dall acqua, rimase intatta: oggi è la più bella isola del lago Titicaca l isola del sole. Sopravvissero anche i profeti straccioni che avevano osservato da un picco altissimo l acqua inondare e distruggere la città. I loro discendenti furono i Callawayas, gli uomini saggi dell altopiano, medici e stregoni ambulanti. ATTIVITA REALIZZATA: i bambini hanno realizzato un grande sole colorato da appendere che hanno personalizzato con diversi tipi di colori ( tempere, pennarelli, pastelli ) INDIA L unione fa la forza Il BANIAN è un albero molto famoso in India. La cosa più strana di quest albero è che tutti i suoi rami scendono verso la terra e formano radici appena la toccano. Con il passare del tempo, ogni ramo diventa grosso e robusto come il tronco maggiore, in tal modo che è difficile capire la differenza. Quindi è naturale che un albero così accolga molti animali: colombe, scoiattoli, serpenti, passeri, scimmie e così via Uno stormo di colombe abitava felicemente sui suoi tanti rami. In un buco, su uno degli innumerevoli tronchi, abitava una grande famiglia di scoiattoli i piccini delle due famiglie giocavano a nascondersi gli uni con gli altri nel labirinto dell albero. Anche i rispettivi genitori erano molto amici. Ogni mattina le colombe si alzavano presto e volavano a portare i rami di ulivo ovunque, poi andavano a cercare cibo. Al ritorno, portavano da mangiare ai loro piccoli e qualche nocciolina anche per gli amici; in cambio gli scoiattoli si prendevano cura dei cuccioli delle colombe lasciati soli nel nido. Un giorno lo stormo non trovò rami d ulivo perché la stagione non era buona: era assolutamente essenziale per loro portare questi rami, anzi: la regina considerava questo come loro principale dovere.

Finalmente, molto lontano dall albero BANIAN, trovarono l oggetto della propria ricerca. Le povere colombe erano esauste per tutto quel volare e la più giovane disse alla regina: Possiamo fermarci un po eccellenza?!. Questa allora rispose: Andiamo avanti ancora un po piccola, dopo che avremo trovato qualcosa da mangiare potremo riposare!. Dopo poco videro un mucchietto di riso sparso tra l erba e scesero per rifocillarsi; erano così prese che non si resero conto di una rete che scendeva su di loro quando se ne accorsero erano già nella trappola del cacciatore che aveva messo il riso sul prato! Cosa facciamo regina, cosa facciamo?!? La regina era molto spaventata, ma riuscì a farsi venire un idea: Amiche sta arrivando il cacciatore e noi dobbiamo fargli vedere di che pasta siamo fatte!!! La nostra vita dipende dalla nostra forza messa insieme, quindi ognuna di noi deve prendere un filo della rete nel becco e iniziare a volare quando ve lo dirò io! Le colombe fecero proprio così e, al suo via, volarono tutte insieme! Al cacciatore non sembrava vero quello che stava vedendo: l intero stormo stava volando via insieme con tutta la rete! Non aveva mai visto una prova di unione così forte! Poi, però, pensò la rete è molto pesante non riusciranno a volare ancora per molto! Le seguirò, così, quando saranno stanche, le prenderò I poveri uccellini si sentivano molto stanchi, ma non avevano scelta: dovevano andare avanti! Il cacciatore, nel mentre, si era stancato di inseguire le sue prede e decise di tornare a casa. Finalmente le nostre colombe riuscirono ad arrivare ai piedi del BANIAN. Ma rimaneva un grosso problema: come liberarsi da quella rete tanto pesante? Le mille foglie dell albero le videro arrivare prima di tutti e avvisarono gli altri animali in un batter d occhio perché accorressero ad aiutare. I piccoli stavano piangendo, ma gli adulti presero in mano la situazione: le scimmiotte guidavano lo stormo sulla strada buona, i serpentelli si prendevano cura dei cuccioli spaventati e gli scoiattoli tagliarono la rete che imprigionava le colombe. Così l unione delle colombe insieme alla sensibilità del BANIAN e la prontezza degli altri animaletti, erano riuscite a salvare le colombe, dando al mondo un esempio eccezionale di solidarietà. Le colombe, di nuovo libere, erano pronte a portare i loro rami d ulivo cosicché al mondo non sarebbe più mancato il simbolo della pace.

ATTIVITA REALIZZATA: i bambini hanno disegnato i vari animali che abitano l albero di banyan e li hanno sistemati su un cartellone raffigurante un albero spoglio. ROMANIA La Capra e i tre Capretti C era una volta, in una piccola casa in mezzo al bosco, una capra che aveva tre capretti. Il più grande era IMPRUDENTE e SBADATO; il secondo DISTRATTO e INGENUO; il più piccolo SAGGIO e OBBEDIENTE. Un giorno la mamma si accorse che le provviste erano finite e l inverno stava arrivando. Chiamò a sé i suoi figli e disse loro: Devo andare nella foresta per cercare del cibo. Tornerò appena possibile. Mi raccomando, andate d accordo e non aprite a nessuno. Quando tornerò, per farmi riconoscere, canterò così: tre capretti nel boschetto, presto aprite il lucchetto! E la mamma che vi porta Foglie verdi d ogni sorta, del buon latte con la crema, un po di sale sulla schiena, del miglio dorato negli zoccoli e un mazzo di fiori di tutti i colori Mamma capra ripeté la sua canzone finché fu sicura che capretti l avessero imparata. Poi se ne andò e i piccoli chiusero la porta, ma il lupo che abitava nei paraggi, aveva sentito tutto. Tempo prima aveva fatto una promessa alla capra: mai avrebbe fatto del male ai suoi piccoli, anzi, li avrebbe difesi da orsi, volpi e uccelli rapaci. Ma le promesse del lupo, si sa, sono solide come un soffio di lumaca! Così, appena la capra se ne fu andata, il lupo bussò alla porta dei tre capretti e si mise a cantare la canzone.

Il fratello maggiore, che aveva già fame, si precipitò alla porta per aprire, ma il piccolo riuscì a fermarlo: Non aprire ti prego questa non è la voce della mamma! Lei ha una voce più dolce, non ricordi?! Il lupo allora corse dall orso che faceva il fabbro e gli chiese di pulirgli bene bene la lingua e di affilare i denti per avere una voce più sottile. Poi tornò alla casa dei capretti e ricominciò a cantare. Ancora una volta il più piccolo scongiurò il fratello di non aprire, ma questi non volle ascoltarlo. Il capretto più piccolo allora, corse a nascondersi nel camino tra la cenere, mentre il secondo si cacciò nella covata. Il lupo entrò in casa e si divorò il capretto più grande in un sol boccone, poi si mise a cercare gli altri due andò a sedersi sulla covata, ma il capretto che era lì sotto starnutì e venne scoperto: ti prego lupacchione, non farmi del male!!! implorò il piccolo, ma venne divorato anche lui. Il lupo era ormai sazio e, visto che non trovava il terzo capretto, decise di andare via. Scampato il pericolo, il piccolo uscì dal camino e si mise a piangere disperato!!di lì a poco anche la sua mamma tornò a casa e quale fu la disperazione nel vedere che cosa aveva fatto il lupo cattivo! Mamma capra pianse tutte le sue lacrime e poi decise che era arrivato il momento di farla pagare al lupo. Preparò allora un gran pranzo: polpette di cavolo, pesce di fiume alla griglia, dolci di mais alla crema, uova ripiene con le erbette di campo e altre leccornie! E invitò il lupo ad un banchetto di commemorazione. Nel frattempo aveva preparato insieme al suo piccolo una buca profondissima dal fondo della quale non si vedeva nemmeno la luce del sole e l aveva ricoperta con fronde e legnetti per renderla invisibile. Quando il lupo finì di mangiare, si alzò e fece per andarsene, ma cadde nella buca e non riuscì più ad uscirne! Da allora la mamma e il suo capretto vissero felici e contenti. ATTIVITA REALIZZATA: i bambini hanno costruito la loro capretta con i fermacampioni (per la mobilità della testa e celle zampe) e il cotone (per creare il mantello)

GHANA La saggezza del ragno C era una volta un ragno che voleva diventare ricco. Ogni giorno pensava a cosa poteva fare per realizzare il suo sogno, fino a quando gli venne l idea di raccogliere tutti i pensieri più saggi e più intelligenti del mondo. Sicuramente pensò ad alta voce se i pensieri più intelligenti del mondo saranno nelle mie mani, tutti, poveri e ricchi, imperatori e re verranno da me a chiedermi consigli e io diventerò famoso e potente!. Per un lungo periodo di tempo si mise al lavoro, ricercò per giorni e giorni, settimane, mesi. Poi,a un certo punto, ritenne di aver terminato la sua raccolta e decise di chiudere tutti quei pensieri in una grossa pentola di porcellana, ma il problema era: dove sistemarla? Chiunque avrebbe potuto rubare la sua ricchezza. Rifletté un po, poi i suoi occhi s illuminarono: La metterò sull albero più alto della foresta! Lassù nessuno potrà rubarla! Si legò al collo la pentola ben chiusa col coperchio e iniziò a salire lungo il tronco. Un cacciatore che passava di lì lo vide lento e affaticato, così gli suggerì: Perché non metti la pentola sulla schiena?! Ti sarà più facile salire, arriverai prima e sarai meno stanco!. Il ragno rispose: Ti ringrazio molto per la splendida idea! Hai proprio ragione, ora scenderò a sistemarla per bene sulla schiena e poi risalirò. Tentò di scendere, ma improvvisamente la pentola si sganciò e finì a terra in mille pezzi. Tutta la saggezza che il ragno aveva raccolto si sparse di nuovo per tutta la terra! Ecco perché si dice che se si vuol trovare un pensiero intelligente basta guardare bene e cercarlo sulla nostra strada! Provaci, vedrai che lo troverai! ATTIVITA REALIZZATA: i bambini hanno costruito un piccolo ragno di carta colorata o di polistirolo che poi hanno personalizzato dandogli un espressione felice o arrabbiata come avevano sentito nella fiaba

PAKISTAN I Telai Magici C era un paese lontano sulla via dell Oriente dove i monti erano così alti da sembrare sorreggere il cielo, cosicché i viandanti che vi passavano lo chiamavano il Paese dei Pilastri Celesti. Era una terra povera e ognuno si arrangiava come poteva. Girava per i villaggi un carro variopinto trainato da splendidi cavalli bianchi. Apparteneva ai Mercanti Neri, uomini dalle lunghe tuniche color carbone che, si diceva, raccoglievano i bambini per portarli al Castello dei Fanciulli, un luogo meraviglioso dove i bambini studiavano, imparavano mestieri, giocavano e avevano cibo in abbondanza. Andavano dalle famiglie più povere e donavano un sacchetto di zecchini d oro ai genitori per lasciare andare i propri figli. Una volta pieno, il carro rientrava al castello. E lì si rivelava ai piccoli la terribile verità. I bambini venivano imprigionati nei sotterranei e messi davanti a dei telai per filare. Si trattava degli Aurei Telai di Fantastregopoli, la città dei maghi. Questi, se adoperati da mani di fanciulli, filavano oro. Per avidità i Mercanti Neri facevano lavorare i bambini dall alba al tramonto. Li nutrivano con una brodaglia puzzolente e pane secco e chi osava ribellarsi veniva frustato. Così facendo avevano accumulato un enorme tesoro. Tra questi ragazzi vi era Assam, un bambino che aveva fatto amicizia con un topolino. Ogni sera divideva con lui le briciole di pane e gli raccontava la triste vita del castello. Il piccolo topolino si commosse al punto che raccontò la storia agli altri topolini, i quali la raccontarono a un piccione che la disse a un cavallo, il quale a sua volta la raccontò a un cane, finché la voce valicò le montagne, il mare, fino ad arrivare nel retrobottega di un negozio di animali, in realtà la segretissima sede dell Antilacrima, la squadra supersegretissima di animali che si dedicavano ad aiutare i bambini di tutto il mondo in difficoltà. Abbasso le lacrime, viva i sorrisi! Era il loro slogan. Sopra un trespolo il gran capo, un vecchio gufo occhialuto, stava valutando la notizia. Così c è gente che sfrutta i bambini e li tiene prigionieri nei sotterranei borbottò Allora questo è un lavoro per Madam Trivella. E alzò la cornetta del telefono. Cento metri sotto terra, una talpa, con dei grossi occhiali scuri, stava

passandosi lo smalto sulle lunghe unghie, quando il telefono trillò. Rispose e un attimo dopo attaccò: Uffa! - sbuffò mi ero appena fatta le unghie e in un battibaleno cominciò a scavare. Era notte fonda, Assam dormiva sul suo pagliericcio, esausto dall ennesima giornata di duro lavoro al telaio, quando sentì un rumore venire da sottoterra. Aprì gli occhi e vide con stupore una piccola talpa uscire da un buco nel terreno. Non aver paura, Assam disse l animale sono Madam Trivella, agente dell Antilacrima, e sono qui per aiutarti. Assam non credeva ai suoi occhi. Voleva svegliare tutti i suoi compagni per fuggire insieme. Ma la talpa lo fermò. Non c è tempo. Vai al telaio e fila una treccia d oro. Fidati di me, ritorneremo a prendere i tuoi amici. Il piccolo non capiva ma obbedì. Dopodichè si tuffo nella voragine nel terreno e seguì la talpa attraverso un lunghissimo tunnel fino in superficie, fuori dal castello. Era finalmente libero. Adesso devi andare dai gendarmi e raccontare cosa succede al castello gli spiegò Madam Trivella se non ti crederanno, mostragli la treccia d oro. Detto ciò si dileguò sottoterra. Assam andò al palazzo dei gendarmi. Raccontò tutto all ispettore Saltafosso: dai telai magici, ai soprusi subiti dai bambini, fino alla sua incredibile fuga. Ma questi scoppiò a ridere. L ufficiale non voleva credere a una storia così assurda. Allora Assam tirò fuori la treccia d oro. Saltafosso strabuzzò gli occhi. Questo bambino ha in mano una fortuna! pensò. Chissà che tesoro formidabile deve trovarsi al castello. L ispettore radunò i suoi uomini e si precipitò al castello, portandosi Assam.Una volta arrivati, irruppero dentro tra la sorpresa dei Mercanti Neri. Saltafosso li costrinse a mostrargli il tesoro. Questi, sotto la minaccia delle armi, obbedirono e li portarono in una stanza stracolma di tessuti d oro massiccio. Saltafosso rimase a bocca aperta davanti a quello spettacolo luccicante. Come era possibile tutto ciò? I Mercanti Neri spiegarono l incantesimo. Ma l ispettore volle vedere con i suoi occhi. Fece radunare tutti i bambini e li mise ai telai. Magicamente questi cominciarono a filare oro zecchino. Assam a quel punto disse: Che vi dicevo? Ora libererete noi ragazzi e arresterete i briganti? Ma Saltafosso aveva tutt altra idea per la testa. Silenzio tu, e torna al lavoro con gli altri! gli gridò Io devo parlare di affari. E rivolgendosi ai Mercanti Neri propose un accordo; lui avrebbe chiuso un occhio in cambio della metà del tesoro. I Mercanti Neri, messi alle strette, accettarono. Assam e altri bambini furono chiusi nel laboratorio a lavorare, mentre i loro aguzzini facevano la conta dell oro. Per i piccoli

non c era più speranza. Ma a un tratto una piccola voragine si aprì nel laboratorio. Madam Trivella era tornata. Assam, piangendo, le raccontò tutto. Presto disse allora l agente speciale entrate tutti nel tunnel. E i ragazzi a uno a uno si tuffarono nel buco. Ma prima di fuggire Assam e la talpa presero della paglia e la stesero sui telai. Dopodichè Madam Trivella sfregò le sue unghie affilate fino a far scaturire delle scintille che incendiarono la paglia. In men che non si dica il fuoco bruciò i telai di legno. E così nessuno bambino avrebbe più lavorato. Fatto ciò i due si infilarono nel tunnel. Presto il fumo filtrò dalla porta sprangata del laboratorio facendo insospettire i malviventi. Quando aprirono la porta, era troppo tardi: i telai erano ridotti in cenere. L incendio divampò in tutto il castello. Bisognava fuggire finché si era in tempo! Ma piuttosto che abbandonare le loro ricchezze i Mercanti Neri e i gendarmi corrotti perirono tra le fiamme tentando di portare al sicuro il pesante tesoro. Fu la loro stessa avidità a ucciderli. ATTIVITA REALIZZATA. I bambini hanno dipinto il loro kilim di benvenuto (tradizionale tappeto del medioriente) fatto di juta con i colori a tempera,nelle classiche fantasie geometriche.