Il vetro è definito o come un solido senza ordine a lungo raggio oppure come un materiale che manifesta il fenomeno della transizione vetrosa.

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Il vetro è definito o come un solido senza ordine a lungo raggio oppure come un materiale che manifesta il fenomeno della transizione vetrosa. Con ordine a lungo raggio ci si riferisce alla struttura molecolare del solido o, meglio, alla disposizione geometrica degli atomi /molecole nello spazio. L ordine a lungo raggio è tipico dei cristalli dove, comunque ci si sposti da un atomo di riferimento, si trova sempre una sequenza ordinata di atomi. Il fenomeno della transizione vetrosa è alternativo a quello della fusione/ solidificazione (che si osserva in un materiale cristallino) e corrisponde a un graduale passaggio da una situazione liquida a una solida e viceversa. 1

Esempio tipico: il vetro di silice. Esiste ordine solo nell ambito di un tetraedro e quindi solo a corto raggio. La struttura quarzo/cristobalite è ordinata e, occupando di conseguenza uno spazio inferiore, è anche più densa. Viceversa per il vetro di silice: in esso i vari tetraedri sono avvicinati in modo pressoché casuale e quindi occupano più spazio. 2

Per un vetro, a differenza di un materiale cristallino, durante il raffreddamento dalla fase liquida non avviene la solidificazione (processo a T m definita) ma si osserva la transizione vetrosa (su un intervallo relativamente ampio di temperatura) durante la quale il liquido diventa sempre più viscoso fino ad assumere la consistenza di un solido. In un materiale comune (cristallino allo stato solido) durante il raffreddamento da liquido, lo stesso si contrae (il coefficiente di dilatazione termica in un liquido è circa tre volte quello di un cristallo). Poi si osserva una variazione di volume a temperatura costante dovuta alla transizione solido cristallino - liquido e quindi la contrazione legata al coefficiente di dilatazione termica del solido cristallino. Nel caso della produzione di un vetro si passa, senza discontinuità, da liquido (poco viscoso) a liquido sottoraffreddato (sempre più viscoso al calare della temperatura) che presenta un coefficiente di dilatazione simile a quello di un solido. Nel processo inverso (riscaldamento) i passaggi saranno i seguenti: vetro (solido) liquido (viscoso) liquido (poco viscoso). Per definire la storia termica di un vetro si suole parlare di temperatura fittizia, T f, (temperatura alla quale un vetro è in equilibrio se portatovi istantaneamente) o di temperatura di transizione vetrosa (T g ). Alla temperatura fittizia il tempo di rilassamento del vetro è quindi maggiore il tempo messo a disposizione dal raffrreddamento impostato. Temperatura fittizia = temperatura che caratterizza la struttura del liquido in equilibrio con il vetro da esso ottenuto. Se prendo un vetro a temperatura ambiente e lo porto istantaneamente alla temperatura fittizia non osservo alcuna variazione. Se prendo uno stesso liquido e lo raffreddo con velocità diverse ottengo invece strutture con densità diverse. Come mostrato nel diagramma in basso a sinistra, se aumenta velocità di raffreddamento (R) aumenta T g e aumenta il volume specifico; dunque diminuisce la densità del vetro. 3

In termini molto generici, si può immaginare che nella fase di raffreddamento le strutture unitarie costituenti il liquido (molecole, atomi, ecc.) possono inizialmente ruotare e avvicinarsi le une alle altre. Se avviene la vera e propria solidificazione le strutture unitarie si uniscono ordinatamente e possono poi solo avvicinarsi. Se invece si forma un vetro, si passa prima attraverso un liquido sottoraffreddato dove, in parte, c è ancora possibilità di rotazioni, e quindi al vetro vero e proprio, dove i movimenti sono simili a quelli del cristallo. 4

Il diagramma mostra cosa succede se si riscalda un vetro con una velocità diversa rispetto a quella utilizzata nel raffreddamento. In prossimità della temperatura fittizia il liquido sottoraffreddato tende alla situazione di equilibrio definita dalla temperatura fittizia, quindi diminuisce il proprio volume specifico riorganizzando i propri elementi strutturali (atomi, molecole, ecc.) se è riscaldato più lentamente di quanto è stato raffreddato. Il vetro si espande invece se riscaldato più velocemente. In entrambi i casi il vetro tende ad assumere quindi una nuova temperatura fittizia. 5

Il diagramma a sinistra evidenzia il comportamento di due vetri portati nell intervallo di transizione vetrosa e ivi mantenuti a temperatura costante. A destra è mostrata la corrispondente evoluzione della densità. Un vetro portato a una temperatura (T f ) leggermente inferiore alla sua T f2 tende alla struttura di equilibrio e aumenta la propria densità. Tende cioè ad una nuova temperatura fittizia T f, cercando di arrivare all equilibrio con il liquido stabile a quella temperatura. Se invece un vetro viene portato a una temperatura leggermente superiore alla propria T f1, tende alla situazione di equilibrio a quella temperatura espandendosi. Tali diagrammi aiutano a comprendere il significato di temperatura fittizia ovvero temperatura alla quale il vetro si trova in situazione di equilibrio (senza mostrare cioè rilassamento o densificazione). Vetri ottenuti per raffreddamento più rapido posseggono temperature fittizie più elevate e viceversa. 6

I diagrammi riportano alcuni dati sperimentali determinati in una precedente esercitazione di laboratorio; essi confermano la variabilità della Tg e della densità di un vetro sodico-calcico al variare della velocità di raffreddamento. 7

Gli aspetti strutturali che causano la genesi di vetro sono tipici dei vetri a base di silice e, più ingenerale, di ossidi. Il diagramma della distribuzione radiale in un cristallo è costituito da bande verticali situate a valori ben precisi di r. Il diagramma per un vetro assomiglia molto di più a quello di un liquido e per questo motivo in genere si parla di liquido sottoraffreddato. 8

Lo spettro di diffrazione dei raggi X di un vetro di silice (silica glass) è simile a quello di un liquido congelato. Si osserva infatti una banda allargata in corrispondenza del picco principale della cristobalite. Ricordando che nella diffrazione di raggi X, tanto più grande è il cristallo, tanto più stretti sono i picchi di diffrazione, si può attribuire una banda molto larga a cristalli di infinitesime dimensioni, paragonabili al tetraedro di silice (o a cristalli costituiti da pochi tetraedri). 9

Zachariasen ha codificato alcune regole per la formazione di un vetro da un liquido, partendo dall osservazione che la differenza di energia libera tra un vetro e il corrispondente cristallo è limitata. Per reticolo o rete si intende una maglia non ordinata di unità fondamentali (es. tetraedri). Regole di Zachariasen: L ossigeno deve avere numero di coordinazione = 2 Se il numero di coordinazione del catione è 4 si ha una grossa probabilità di formare strutture ordinate. Se i poliedri condividono le facce si ottiene una struttura ordinata. Se i poliedri condividono un solo spigolo non si ottiene un solido; se ne condividono due si hanno unità lineari ovvero ordinate. 10

Sono state proposte due teorie fondamentali a riguardo della struttura di un vetro: attualmente quella di Porai-Koshits sembra essere quella più accreditata. Entrambe le teorie tengono conto comunque dell ordine a corto raggio e del disordine a lungo raggio (vedi, oltre al resto detto in precedenza,il diagramma degli angoli di legame). 11

Gli studi di dinamica molecolare si basano sul calcolo del minimo (relativo) dell energia di un sistema costituito da atomi diversi e permettono di determinare la struttura di un vetro a partire dagli atomi costituenti. Si parte da un insieme ordinato di atomi (cristallo) o casuale e si analizza l a possibile evoluzione del sistema. In genere si osservano zone con densità più elevata di alcuni ioni a dimostrazione della validità della teoria di Porai- Koshits. 12

Sulla base delle regole di Zachariasen gli ossidi si dividono in: formatori: soddisfano cioè le quattro regole e formano vetro partendo dallo stato liquido; danno forte legame covalente e generano strutture in cui i tetraedri non si deformano (con la conseguente difficoltà di ottenere strutture ordinate). intermedi: da soli non formano vetro, ma introdotti in un sistema di formatori, sono comunque formatori di reticolo modificatori: non formano vetro da fuso e, introdotti in un vetro, interrompono il reticolo; formano legami ad elevato grado di ionicità con l ossigeno; abbassano la temperatura di fusione. Gli atomi di ossigeno si definiscono pontanti se legano le unità fondamentali e non pontanti se sono legati a modificatori di reticolo. In questo caso la struttura locale è definibile sulla base delle regole di Pauling. 13