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Transcript:

Scorre il treno, scorre via veloce, con qualche fermata ogni tanto, corre verso un unica meta: Cracovia. 700 persone sullo stesso treno, alla stessa velocità, tutti uniti da uno spirito comune: conoscere, ricordare ciò che è stato perché non succeda più. Condividere tutti, conoscenti e non, gli stessi spazi, a volte ristretti, per 24 ore per vivere tutti insieme un esperienza educativa e indimenticabile. Un viaggio lungo, una metafora della vita, un viaggio di riflessione per prepararci a ciò a cui saremmo andati incontro. Un viaggio di discussione, di questionari, di impressioni, di emozioni un viaggio di memoria. Poi finalmente Cracovia. Veloce sistemazione negli ostelli, breve visita della città, cena polacca e infine nanna per riprendersi dalle fatiche del viaggio e prepararsi per il giorno più impegnativo. Sveglia, colazione veloce e poi si parte, direzione Auschwitz, con il pullman, sul quale ci viene proposta una videocassetta per prepararci soprattutto emotivamente a ciò a cui saremmo andati incontro. Auschwitz: un campo di lavoro? Non sembra. Tutto intorno, case e edifici sono stati costruiti e non pare che in questo luogo migliaia di persone siano morte, eppure è così. Uomini, donne e bambini sistemati in block, così si chiamavano le case dove erano alloggiati e dove trascorrevano, per la maggior parte, gli ultimi giorni della loro vita. Si alzavano al mattino sotto le urla delle SS, un pezzo di pane, una lavatina se andava bene, e poi subito in marcia verso il lavoro, accompagnati dal ritmo dell orchestra del campo. Dopo 12-14 ore interminabili di duro ed estenuante lavoro, tornavano alle loro cuccette per riposarsi e riprendere energie per il giorno successivo. All entrata compare una scritta: Arbeit macht frei, il lavoro rende liberi. Una presa in giro, un ironia che gli ariani utilizzano spesso nei confronti dei prigionieri e non solo in questo caso. Forse solo un modo per tranquillizzare i deportati e fare loro fare ciò che volevano senza doverli costringere, oppure un mezzo per umiliarli ulteriormente. Filo spinato, torrette di controllo e block era tutto ciò che c era all interno del campo, il tutto di una ripetitività e regolatezza snervante. Vi è inoltre una camera a gas e i forni, dove migliaia di persone impotenti hanno perso la vita. All esterno invece le case dei comandanti e delle SS, che dopo

aver passato la giornata a veder morire o, peggio, a uccidere centinaia di persone, se ne tornavano alle loro case, dalle loro famiglie come se nulla fosse. Auschwitz: un memorial, un luogo della storia, oggi ci appare come un museo che non ci fa realmente comprendere ciò che avvenne, che toglie l atmosfera e decontestualizza il tutto. La trasformazione delle baracche in sale da museo, lo ha privato di quei significati; quantifica solo, senza dar peso agli elementi propri di chi ci ha vissuto e morto. Auschwitz: una strage della seconda guerra mondiale, luogo in cui bisogna portare rispetto ai nostri Padri, che lì hanno finito brutalmente la loro esistenza. Un luogo un po museale sì, ma dove comunque si provano emozioni tramite letture, immagini, oggetti, fotografie di queste ultime ce ne sono tante, e tra queste, molte rappresentano i volti disorientati, paurosi e preoccupati di centinaia di persone che sono morte nei campi. Impossibile ricordare tutti i volti, tutte le storie, possibile, invece, ricordarne uno tra le centinaia, una persona, una storia da portare nel nostro cuore per tutto il viaggio e per tutta la vita. Auschwitz: un campo di lavoro, una base per costruire successivamente il campo di sterminio. Ogni giorno, infatti, i deportati partivano da qui, facevano qualche kilometro a piedi e poi passavano la giornata a costruire con le loro stesse mani altri campi di sterminio come Auschwitz 2 o Birkenau dove altre migliaia di persone, forse anche loro cari, hanno passato gli ultimi istanti della loro vita. Birkenau: luogo ampio, distesa enorme in cui lo sguardo si disperde e si amplia allo stesso tempo, in cui qualsiasi pensiero si dissolve immediatamente. La volontà di voler vincere con lo sguardo i confini è insanabile. L enormità del luogo sconvolge, grande come 250 campi da calcio messi insieme. In assenza di quel filo spinato, di quelle torrette di controllo e di quelle baracche, anch esse di una ripetitività snervante, sarebbe una magnifica distesa d erba, un luogo d enorme pace, lontano da tutti e da tutto. E invece, con l artificio degli uomini, con le loro orribili idee di morte, vi si è costruito il luogo dei desideri spezzati, un luogo d isolamento e solitudine che conduce alla pazzia. Qui il treno può arrivare diretto, vi sono addirittura tre binari che terminano simbolicamente nel campo, da questi treni sono scese migliaia di persone disorientate e la maggior parte di queste condotte subito ai crematori, nascosti

tra gli alberi come se si volesse non far sapere, quando invece tutti vedevano il fumo nero uscire da quei camini, tutti sentivano l odore di carne bruciata che ancora oggi si sente: tutti quindi sapevano. Birkenau: luogo di fame, luogo di fatica, luogo di lavoro, ma soprattutto luogo di morte. Un immenso cimitero, un campo, un campo di sterminio. Se pensiamo alla parola campo, questa, di per sé, ci riconduce a un terreno fertile, ricco di vita, figlio di prosperità campo di mele, campo di grano, campo di girasoli e invece no, campo di sterminio. Sterminare che verbo orribile. Qui non si vede nemmeno più un uccello volare. In questo luogo si è riusciti anche a distruggere quello spontaneo rapporto uomo-natura che ti sorge immediatamente dentro appena vi giungi. Birkenau: un enorme distesa di terra, un bosco, un lago.. che pace si potrebbe dire se non sapessimo cos è successo. Un prato per costruirci le baracche, un bosco per nascondere i crematori e un lago per buttare le ceneri provenienti dai forni. Pace? No disperazione, fatica, morte Birkenau: luogo sterminato, così com è sterminata la follia dei suoi ideatori, crudele alla stessa maniera. Auschwitz e Birkenau: due campi di lavoro e di sterminio, due luoghi di morte, due cimiteri. Dopo la visita una commemorazione per tutti coloro che hanno vissuto gli ultimi istanti della loro vita in questo luogo orribile. Una commemorazione con letture, parole, emozioni, ricordi. Chi vuole può andare al microfono per ricordare ad alta voce il proprio deportato, quello scelto tra le foto, perché ricordarli tutti è impossibile, uno invece sì. Poi c è chi accende dei lumini sulle rotaie del treno come speranza, come rispetto e come ricordo. Sulla via del ritorno siamo tutti increduli, non pensavamo fosse così toccante e emotivo, dentro di noi vi sono tante domande che non trovano risposta, fra tutte sicuramente ne prevale una: come può un essere umano aver compiuto queste atrocità verso i suoi simili? E poi trovarsi lì, quando il sole tramonta, è praticamente buio. L angoscia di immaginarsi rinchiusi lì..di non poter uscire..è un pensiero insostenibile. Cena e poi uno spettacolo. Una rappresentazione sulla guerra bosniaca per comprendere che non c è stato solo il nazismo, la deportazione, il razzismo, ma ci sono centinaia di cose negative da combattere e ognuno di noi, anche nel

suo piccolo, può fare qualcosa per sé, per gli altri, per tutti. Ritorno in ostello e subito letto, la giornata più faticosa è finita. L indomani ci aspettavano due attività. La prima al mattino con gli educatori. Un dialogo, non una lezione, tra persone che hanno vissuto insieme un esperienza e vogliono condividere le proprie emozioni e i propri pensieri. Un dialogo senza limiti tra i più svariati argomenti che sorgono spontanei tra le parole, un dialogo libero. Un dibattito per farci capire che ciò che è successo non deve avvenire più, per comprendere che anche nella società di oggi ci sono atteggiamenti simili seppur in forma meno grave e per renderci conto che noi giovani siamo il futuro e il cambiamento deve iniziare da noi, noi possiamo e dobbiamo opporci a tutto ciò che c è di negativo nella società e nello stato per costruire un futuro migliore. Pranzo e subito dopo la seconda attività, una conferenza sulla mafia. Tre testimonianze: Margherita che ha vissuto la morte di sua madre e dei suoi fratellini, uccisi dalla mafia che voleva colpire un magistrato con un autobomba. La loro macchina si trovava in mezzo alle altre due. Morti solo perché si trovarono nel posto sbagliato al momento sbagliato. Poi Rosario che ha vissuto la morte del cugino invalido, ucciso dalla mafia in una sparatoria in un bar, senza colpa e senza aver mai avuto nulla a che fare con la criminalità. E infine Pino, un imprenditore che senza paura ha denunciato tutti coloro che volevano coinvolgerlo negli affari sporchi e fargli pagare il pizzo. Ha fatto piazza pulita senza pensare alle conseguenze. Da 11 anni non ha una dimora fissa, deve continuare a spostarsi per salvaguardare la propria integrità fisica e quella della sua famiglia. Tre storie diverse, ma accomunate tutte da un unica volontà, quella di voler fare qualcosa per migliorare il mondo ed evitare le ingiustizie. Parole, pianti, momenti di riflessione indimenticabili. Da questa conferenza e dall'incitamento degli animatori sono emersi una gran voglia e l'impegno di cambiare le situazioni che non riteniamo giuste mediante il dialogo,l'informazione e l'unione che hanno sostituito il nostro pessimismo,la nostra rabbia e l'opinione generale: "tanto noi non possiamo farci niente". Cena e poi un concerto per festeggiare tutti insieme questa esperienza che sicuramente ci ha cambiato, arricchito e umanizzato un po di più. Torniamo

poi in ostello e ci prepariamo già per fare ritorno alle nostre case. L indomani abbiamo tutto il mattino per fare la valigia, per un po di shopping, per comprare souvenirs e cartoline come ricordo, anche se quest esperienza è indimenticabile. Poi c imbarchiamo sul treno, siamo oramai sulla via del ritorno, contenti di tornare a casa, ma vogliosi di restare in quel luogo ancora tutto da scoprire e capire. E tempo di resoconti, di riflessione, di tirare le somme. Un viaggio con altri dialoghi, con un altro questionario, con altre parole spese per noi e per il futuro. Un esperienza indimenticabile per tutti noi, che ci ha cambiato, che ci ha fatto riflettere e a volte anche piangere, provare emozioni e sensazioni mai provate prima. Ad alcuni ha suscitato un vuoto dentro, ad altri un gelo, per tutti è stato un pugno in pancia, più forte per qualcuno, meno per altri. Un esperienza formativa sul piano umanitario, che ci ha sensibilizzato, arricchendoci nei valori dell uomo che lo rendono tale. Un esperienza che ha cambiato 700 giovani, futuro, forse migliore, dell umanità. Un esperienza che tutti dovrebbero vivere per capire anche solo in minima parte ciò che è stato, per comprendere che ognuno può fare qualcosa per cambiare il futuro e renderlo migliore. Un conto è studiare questa parte di storia e un altro conto è viverla o immedesimarsi nella situazione come abbiamo fatto noi. Si provano sentimenti ed emozioni indescrivibili, tanto sono profondi. Ricorderemo tutti quest esperienza per gli approfondimenti e per le nuove conoscenze che ci ha permesso di acquisire e per il sentimento di unione continua che c'è stata tra i compagni di viaggio. Nessuno dimenticherà mai ciò che ha appreso in questo viaggio: che chi ha vinto, chi ha sopraffatto Auschwitz, sono proprio quei morti come il reverendo Massimiliano Kolbe e quei sopravvissuti come Primo Levi, Italo Tibaldi, Ida Désandré, Ferruccio Maruffi perché non hanno ceduto al gioco dei nazisti, resistendo fino alla fine: prigionieri solidali tra prigionieri. Alla cerimonia d apertura Ferruccio disse: Auschwitz mi ha insegnato ad amare. Io non odio i miei persecutori, anzi li compiango. Se la forza di un uomo si vede dalle parole, allora non v è alcun dubbio che quest uomo è stato e continua ad essere un faro in mezzo all oscurità. Un grazie è quindi doveroso a Terra del Fuoco, Acmos e Libera che si sono impegnati per la realizzazione di questo treno della memoria e un

incoraggiamento a continuare a fare tutto ciò che stanno facendo essendo importante per tutti noi e per la società attuale e futura. Un altro ringraziamento alle istituzioni che hanno aderito e partecipato economicamente a questo progetto per farci vivere un esperienza indimenticabile che ha arricchito 700 persone. GRAZIE Classi 4 A, 5 A e 5 B ISISM PSM