SCICLI (RAGUSA): IL CASTELLO DEI TRE CANTONI di GIOVANNI DI STEFANO, SALVINA FIORILLA

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SCICLI (RAGUSA): IL CASTELLO DEI TRE CANTONI di GIOVANNI DI STEFANO, SALVINA FIORILLA In gran parte abbandonati per le distruzioni causate dal terremoto del 1693, i castelli della Sicilia orientale difficilmente sono stati oggetto di ricerche archeologiche che ne indagassero le fasi medievali sia perché le strutture murarie del XVI e del XVII secolo in questi edifici hanno generalmente obliterato le fasi precedenti, sia perché la notevole estensione e la complessità degli edifici stessi raramente hanno consentito un indagine sistematica. Il castello di Scicli ben documentato attraverso le fonti d archivio, recentemente è stato oggetto di alcuni interventi da parte della sezione archeologica della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Ragusa. Si presentano in questa sede i primi risultati di quest indagine nella convenzione che in un prossimo futuro sarà sempre più difficile realizzare una ricerca estensiva e sempre più importante incrociare l analisi delle fonti documentarie con i dati archeologici, rilevati attraverso ricognizioni di superficie e saggi di verifica alle strutture murarie, per selezionare le aree in cui effettuare saggi di scavo. Solo così si potrà realizzare una verifica incrociata che possa dare i migliori risultati con il minore impegno economico possibile. LA STORIA E LO SCAVO Il castello di Scicli, nella Sicilia sudorientale, alle pendici degli Iblei, a circa otto chilometri dal mare, sorge su uno sperone roccioso di sbarramento alla confluenza di due profondissime valli, quella di S. Maria la Nova, ad occidente e quella di S. Bartolomeo, ad oriente. Si tratta di una vera e propria acropoli naturale, alta circa 227 metri, stretta ed allungata, con i fianchi laterali del Balso e di Chiafura ad ovest, e di S. Lucia, ad est, direttamente precipiti sulle due cave sottostanti. Al di là degli strapiombi delle due gole, che confluiscono nel torrente di Scicli, la cerchia delle creste collinari continua, da una parte con la collina della Croce e dall altra, ad occidente, con la catena collinare della Santa Cassa e di Monferrato (DI STEFANO 1985). Il nome di S.CLAH compare nelle fonti arabe della conquista musulmana della Sicilia. La più antica descrizione del sito è quella di Idrisi: La rocca di Scicli posta in alto sopra un monte è una delle più nobili, e la sua pianura delle più ubertose. Idrisi cita pure l attracco relativo, Marsa Siklah (BAS,I, p. 123). In Al-Umari e in Ad- Dimisci, altri autori musulmani posteriori ad Edrisi, il sito compare nell elenco delle città esistenti, come pure in Ibn-al Atir e in Ibin-al Haldùm Scicli è citata, assieme a Noto, nell ambito degli avvenimenti militari che portarono nell 864 alla conquista araba dell isola (BAS, I, pp. 244, 261, 74-75; II, p. 183). La pur tarda tradizione del topos di Sancta Maria Militum che appare sulla spiaggia di Scicli e combatte con i cristiani contro i Turchi, riflette, probabilmente, piuttosto che una semplice scorreria, una delle fasi decisive della presa normanna di questa parte della Sicilia, intorno al 1091 (LA ROSA 1988). La continuità del sito in età medievale è attestata da alcuni documenti d archivio in latino: una bolla di Papa Urbano II, del 1093; una bolla di Papa Alessandro III del 1169; un privilegio dell imperatore Arrigo VI, del 1195; una lettera di Papa Alessandro IV, del 1255 (PIRRO 1733, pp. 618,622; WHITE 1948, p. 346; SOLARINO 1885, I, p. 31). Il ricordo di Scicli è legato pure ad alcuni avvenimenti della guerra del Vespro del 1301 allorquando il figlio di Carlo II d Angiò, Duca Roberto di Calabria, sarebbe stato respinto proprio a Scicli in occasione della visita al castello fatta da Ruggero Loria. In un contratto del 7 novembre del 1346 (SIPIONE 1968, p. 222-223), redatto dal notaio Arcade de Ioccia, è ancora menzionata la terra di Scicli e le opere fortificate, mentre terram, castrum et locum Xichili compaiono nella donazione del 20 Giugno 1392 da parte di Martino il Giovane a Manfredi Chiaramonte e poi con la stessa menzione, ancora, nella convenzione fra G.B. Cabrera e Alfonso il Magnanimo del 1451 (SIPIONE 1966, pp. 128-143). Nel 1461 ancora, abbiamo notizie dell esistenza di Scicli e vicino Porta Modica, di una sinagoga rupestre (Atto del notaio Giovanni Vaccaro); sinagoga poi alienata nel 1492 (Atto del notaio Giovanni Vaccaro) (SOLARINO 1885). L importanza militare di Scicli è ancora confermata dall elezione del primo castellano nel 1462, dall elenco dell armeria del castello redatto per l insediamento del magnifico Costantino Escobar e dalla scelta, nel 1535, della città a sede della quarta sergenzia con compiti di difesa del territorio e di sorveglianza doganale (CARIOTI 1994). Da un privilegio del 1576 di Manfredi Chiaramonte è attestata anche la crescita urbana della città di Scicli verso la valle, dove sappiamo che vennero pure costruiti un abbeveratoio, ospedali ed una vetreria. Infine prima del terremoto del 1693, l ultima notizia relativa agli apprestamenti militari della città è contenuta in un atto del notaio P. Miccichè del 20 Aprile 1621, in cui è compreso un vero e proprio capitolato relativo al restauro, affidato ad un capomastro maltese, Antonio Cassar, della torre del castello, fino all astraco per un importo di 40 onze (DI STEFANO 1984, p. 414). Sulla collina di S. Matteo si sono conservati fino ad oggi, sia i resti di un esteso insediamento rupestre, una vera e propria città trogloditica, sulle pendici di Chiafura, sia un complesso monumentale fortificato. Facevano parte di questo alcuni monumenti fra cui il così detto Castello dei Tre Cantoni con il Castellaccio, un grande fossato ad est ed una fortificazione, lungo il perimetro della roccaforte. Il sito di Scicli ripropone con evidenza il problema della storia urbana delle città rupestri medievali della cuspide sud orientale della Sicilia (Modica, Ispica); cioè il problema della dislocazione dei vari quartieri rupestri, della viabilità esterna ed interna, delle architetture rupestri civili e religiose. Questo sito ripropone, soprattutto, e con maggiore evidenza, il problema della nascita e dell evoluzione dei castra fortificati, dall età tardo-bizantina fino all epoca araba e normanna. L area monumentale del così detto Castello dei tre Cantoni è il nucleo fortificato principale dell intero sito e nonostante a causa di una realtà edilizia pluristratificata risulti di difficile lettura è possibile coglierne le caratteristiche principali. Recentemente, sono state tentate due letture (MILITELLO 1989; CANZONIERI 1995-1996) architettoniche del Castello, abbastanza interessanti per la ricostruzione della storia edilizia del sito. Il complesso fortificato del castello di forma allungata, in direzione nord-sud, costituisce un vero e proprio sbarramento fra la collina di S. Matteo e il contiguo altipiano. Questo sistema fortificato era rafforzato, sul lato orientale, da un largo fossato scavato nella roccia. Questa linea di difesa era conclusa alle due estremità da accessi fortificati da torri. Complessivamente, il Castello appare come il risultato di una continua crescita edilizia, disorganica e asimmetrica. Il corpo centrale del complesso è costituito da una torre a pianta triangolare forse già esistente al 1300, da un doppio sistema di torri quadrate all estremità settentrionale; da un terrapieno antistante la torre, sostenuto da un basamento quadrangolare; dal fossato e, a sud, da alcuni ambienti, appartenenti alla fase finale di vita del Castello, 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 1

Tav. Ia - L attuale abitato di Scicli ed il castello dei tre cantoni o Castellaccio. Tav. Ib - Castello dei tre Cantoni : planimetria dei resti attualmente visibili con l indicazione dei saggi effettiati dalla Soprintendenza ai Bb. CC. AA. di Ragusa. che si saldano con la porta urbica sulla cava di S. Bartolomeo. Certamente, il così detto castello dei tre Cantoni rappresenta un unicum nell ambito dell evoluzione delle architetture fortificate siciliane. La Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Ragusa-la sezione Beni Archeologici- ha iniziato dal 1991 una serie di rilievi delle strutture murarie, alcune indagini di scavo per la migliore conoscenza della struttura ed alcuni primi restauri. 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 2

Tav. II b - Ceramiche dal saggio II:a sinistra il frammento di protomaiolica privo della seconda cottura; a destra un frammento di scodella smaltato della prima metà del XV secolo. Tav. II a - Ceramiche da dispensa e da mensa del saggio III, secc. XIII-XIV. Tav. IIc - Ceramiche da fuoco e da mensa dal saggio II, secc. XIII-XIV. Tav. II d - Ceramiche prive di rivestimento dal saggio I, sec. XII. Un saggio di scavo è stato aperto ad ovest del Castello, in un area danneggiata da scavi di frodo, dove è stato messo in luce un ambiente di m 4 m 3, che per l orientamento dei muri e per la posizione spaziale appartiene, molto probabilmente, alla fase più antica del complesso. L orientamento dei muri è nord-sud e la struttura di essi, direttamente poggianti sulla roccia di base, è in buona tecnica, a grossi conci. L ambiente potrebbe essere messo in rapporto con altri resti appartenenti ad un primitivo sistema fortificato direttamente proiettato verso il versante settentrionale del pianoro. La struttura muraria che chiude il Castello, ad occidente, e che si sovrappone all angolo Nordest di questo ambiente è certamente successiva e deve appartenere al momento in cui, edificata la torre triangolare, il Castello assunse una dimensione architettonica diversa e più articolata verso sud. In questo momento, il cui terminus ante quem, potrebbe ben essere, almeno stando ai documenti d archivio, il 1255, viene cancellata ogni precedente architettura. Il primo lotto di ceramica proveniente da scavi regolari, che qui presenta la Dott.ssa Salvina Fiorilla, costituisce un primo valido indizio cronologico che conferma questa prima analisi. Bisognerà, invece estendere le nostre indagini di scavo nell ambito delle fasi più antiche per poter affermare con certezza, che l inizio dell incastellamento a Scicli, possa risalire alla tarda epoca bizantina, in coincidenza con l istituzione del thema nella Sicilia Orientale. G. Di S. I RINVENIMENTI I manufatti ceramici provengono da rinvenimenti superficiali: per la maggior parte sono riferibili alle ultime fasi di abitazione del castello, cioè al XVI-XVII secolo; solo alcuni di essi documentano una fase antica da datare fra il XII, il XIV ed il XV secolo e pongono una serie di problemi interessanti per la ricostruzione delle vicende del castello e dei suoi rapporti con l abitato di Scicli. Vengono presentati tre diversi nuclei di materiali ceramici che provengono da punti diversi del castello: il I nucleo dal saggio 3, il II nucleo dal saggio 2 (muro 19) ed il III nucleo dall area fra il muro P ed il muro 5 (tav. 2); comprendono manufatti d uso e classi ceramiche complessivamente omogenee. Il I nucleo è il più consistente; è rappresentato dai rinvenimenti del saggio 3 che ha messo in luce l ambiente D fino al suo piano di calpestio a q. -m 0,40 dal piano di campagna attuale ed è suddiviso in due gruppi di rinvenimenti poiché i manufatti, tutti molto frammentari, appartengono a ceramiche d uso quotidiano e documentano due fasi di vita diverse. Il primo gruppo poco numeroso appare importante per la datazione dell ambiente individuato, poiché proviene dal piano di calpestio antico; comprende anfore, scodelle invetriate piombifere in verde, protomaioliche decorate in bruno e verde o esclusivamente in bruno. Le anfore di cui restano larghe anse a nastro solcato presentano talora parete decorata con motivi ondulati impressi a pettine e i boccali a corpo globulare sono decorati in bruno ad aree partite e tro- 2001 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 3

vano confronti con esemplari ritrovati nei pozzi di Gela (FIORILLA 1996): i catini con orlo a tesa piana, parete troncoconica e fondo piano, sono decorati in bruno e verde o solo in bruno sulla tesa o sulla parete e invetriati solo all interno e sull orlo; le scodelle con orlo assottigliato, bassa parete emisferica o appena carenata e piede a disco sono invetriate stannifere all interno e sull orlo e potrebbero essere avvicinate a recenti rinvenimenti di Caltanissetta (CUO- MO DI CAPRIO-FIORILLA 1994). Dalle caratteristiche di questi manufatti si potrebbe dedurre una frequentazione dell ambiente D nell ambito del XIII secolo preferibilmente nella seconda metà del secolo come potrebbe confermare l assenza della protomaiolica del tipo Gela. Il secondo gruppo di manufatti comprende frammenti di ciotole con orlo arrotondato estroflesso, parete emisferica e fondo apodo, piatti a tesa con orlo lievemente rialzato, cavo poco profondo e basso piede ad anello, boccali con orlo trilobato, collo cilindrico, parete globulare su piede a disco, un ansa a nastro a sezione ovoidale. Tutti questi recipienti sono caratterizzati da smalto monocromo che nelle forme aperte è limitato all interno ed all orlo ed in quelle chiuse all esterno con colature all interno. Alcuni esemplari sono arricchiti con rapidi motivi vegetali tracciati in azzurro o in blu (ARCIFA-FIORILLA 1994). Non mancano frammenti pertinenti a brocchette invetriate piombifere in giallo del tipo già in uso nel XV secolo e attestato al Castellazzo di Delia (FIORILLA 1990, p. 115, nn. 163-165), forse da considerare in dotazione ai militari. I rinvenimenti considerati segnano la fase d abbandono dell ambiente D quando i resti dell ambiente furono utilizzati come luogo di scarico; questa fase pare da collegare al XV e soprattutto al XVI ed al XVII secolo. Il II nucleo di manufatti proviene dal saggio n. 2 che ha comportato poco più che la pulizia alla base del muro 19, pertinente alla torre triangolare su cui bisognava intervenire per operazioni di restauro; dal saggio sono emersi frammenti ceramici utili per effettuare una primo esame dell area. Oltre ai catini con orlo a piccola tesa piana ed ai piatti con tesa piana ed orlo rialzato e segnato da profilo bruno del tipo già noto in contesti di XIV secolo di Gela e Caltanissetta (FIORILLA 1991, pp. 140-141) ne fanno parte scodelle con orlo arrotondato estroflesso e decorate a piccole pennellate verdi sull orlo del tipo già noto dal Castelluccio di Gela e da contesti della prima metà del XV secolo (FIORILLA 1989, p. 28) che segnano la frequentazione nell area in un periodo non documentato dal saggio precedente (saggio 3) ed infine un frammento di scodella forse inserito nelle murature, come farebbero pensare le incrostazioni che lo caratterizzano, decorato in bruno su invetriatura stannifera solo all interno e privo della seconda cottura. Quest ultimo frammento per le caratteristiche della superficie sembrerebbe essere stato scartato dopo la prima cottura, l invetriatura e la decorazione. Pur con le dovute cautele connesse alle modalità del rinvenimento ed al fatto che si tratta di un unicum, il frammento apre una serie di interrogativi in relazione alla possibile esistenza di produzioni ceramiche in un area come quella di Scicli finora poco nota. Inoltre se collegato al rinvenimento di altri scarti di fornace utilizzati per il rivestimento di una cisterna del Castello di Pietrarossa (CUOMO DI CAPRIO-FIORILLA 1995) suggerisce l ipotesi che anche in questo caso, nei dintorni del castello esistessero officine per la produzione ceramica e che spesso, nell edilizia del tempo, si recuperassero gli scarti di fornace. Il III nucleo di manufatti è stato recuperato nel corso dei restauri al muro P ed al muro 5 nello spazio intermedio; esso, pur comprendendo manufatti simili a quelli del saggio 3 pertinenti alla fase di vita del XVI secolo, include anche frammenti di anfore a parete cordonata con orlo a fascia del tipo già noto dal Castellazzo di Delia e dal castello di Pietrarossa di Caltanissetta collegabili a contesti di XII secolo (CUOMO DI CAPRIO-FIORILLA 1995) e un fondo ombelicato che si può ritenere appartenente ad una brocchetta con filtro (FIORILLA 1991, pp. 122-123); pochi frammenti di scodelle con ampio cavo su basso piede ad anello che ricordano le scodelle invetriate verdi a parete emisferica ribassata delle fornaci di Agrigento (FIORILLA 1991, pp. 124-129). Tutti questi manufatti sono caratterizzati da schiarimento superficiale; le scodelle in particolare potrebbero essere state usate prive di rivestimento, tuttavia per le caratteristiche del corpo ceramico potrebbero anche essere scarti di lavorazione, ipercotti. Quanto emerso da questa fase preliminare della ricerca evidenzia anzitutto l assenza di testimonianze relative alla fase bizantina citata in un lavoro precedente (MILITELLO 1989, pp. 40-41, tavv. VII), documentata con monete forse provenienti da una collezione privata e che potrebbe riguardare un altra area del castello. Al momento pare invece documentata come fase più antica, sulla base dei rinvenimenti quella del XII secolo (II e III nucleo). I manufatti ceramici di questo periodo risultano concentrati nel saggio 2 (presso il muro 19) e nell area fra il muro P e il muro 5, includono anfore e ceramiche da mensa prive di rivestimento; tutto sommato manufatti piuttosto poveri mancando le ceramiche invetriate. Per il XIII e il XIV secolo sono attestate le protomaioliche e i rinvenimenti riguardano sia l ambiente D che la torre triangolare da cui potrebbero essere stati scaricati i manufatti rinvenuti presso il muro 19. La fase relativa al secolo XV sembra ridotta ancora all area esterna alla torre triangolare mentre non risulta attestata all esterno del perimetro murario dove sorgeva prima l ambiente D. Nelle ultime fasi di vita del XVI e del XVII secolo si direbbe che fosse aumentata la popolazione del castello e che pertanto gli scarichi finissero anche all esterno del perimetro murario; sembrerebbe inoltre che fossero migliorate le condizioni di vita degli abitanti come testimonia la presenza di numerose maioliche bianche e decorate in blu. In linea generale si potrebbe ipotizzare che ad una fase di XII secolo collegata ad un impianto a scopo militare possa essere seguito un ampliamento che includerebbe l ambiente D nel corso del XIII secolo. L ambiente obliterato, forse nel XIV secolo, dopo la costruzione del muro di cinta, che lo taglia, sarebbe stato dimenticato e ricoperto dagli scarichi delle fasi di vita successive che sembrano indicare un migliore tenore di vita fra XVI e XVII secolo, fatto questo confermato dalla presenza del castellano Costantino Escobar (supra DI STEFANO) nel XVI secolo quando Scicli divenne la quarta sergenzia della Sicilia. S. F. BIBLIOGRAFIA AMARI M. 1933, Storia dei Musulmani di Sicilia, a cura di C.A. Nallino, 3 voll., Catania 1933-1939 (rist. anast. Catania 1977). ARCIFA L., FIORILLA S. 1994, La ceramica postmedievale in Sicilia: primi dati archeologici, in Atti del XXIII Convegno Internazionale della Ceramica, Albisola 1994, in corso di stampa. CANZONIERI E. 1995-1996, Il Castello dei Tre Cantoni di Scicli (Ragusa). Tesi di laurea Università degli studi della Tuscia. Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali. Istituto di Scienze dell antichità. Viterbo. Relatrice Prof.ssa G. Maetzke. 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