La riforma del mercato del lavoro Articolo 18 e non solo



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Transcript:

La riforma del mercato del lavoro Articolo 18 e non solo Aprile 2012 www.100news.it Il 5 agosto dello scorso anno la Banca centrale europea inviò all Italia una lettera, firmata sia dall allora presidente Jean-Claude Trichet che dal suo successore Mario Draghi, con una serie di richieste al governo di Roma, che andavano dalle pensioni alla flessibilità del lavoro e alle norme sui licenziamenti. Temi rilanciati poi dalla stessa Commissione europea a novembre in un documento con 39 domande al governo italiano. Sarà Mario Monti, insediatosi proprio in quei giorni a Palazzo Chigi al posto di Berlusconi, a doversi assumere l onere della risposta. I tempi dei mercati - lo sa pure il professore - non sono normalmente quelli della politica, ma questa volta occorre sbrigarsi. E Monti non si fa attendere: «Dobbiamo vincere la sfida del riscatto e dell equità», dichiara ottenendo la fiducia delle Camere. In quel brevissimo richiamo al programma che intende attuare, molti osservatori intravedono l antipasto di una minestra che tutti gli italiani dovranno deglutire. Una partita inedita anche per Susanna Camusso e Pier Luigi Bersani, perché i «sacrifici» invocati dal presidente del Consiglio si tradurranno certamente anche in interventi sulle pensioni e sul lavoro. Il Pd potrà votare le severe misure di un governo tecnico, sostenuto anche dal centro destra, con la Cgil in piazza a protestare? Non sarà facile. Lo dimostrano il confronto e il dibattito di questi ultimi mesi, le dichiarazioni, le interviste, le proteste, le spaccature. Uno scontro che vede nell articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori l origine di tutti i guai del nostro Paese o - sul fronte opposto - la trincea invalicabile della nuova resistenza di classe. In questo dossier - in cui raccogliamo gli interventi più significativi di questi ultimi mesi su tali temi - pubblichiamo anche integralmente il documento unitario per il lavoro, la crescita, l equità sociale e fiscale presentato al governo da Cgil-Cisl-Uil e le proposte di riforma del mercato del lavoro presentate alle parti sociali dal ministro del Lavoro Elsa Fornero.

Sommario Il risanamento pilotato. Cosa ci chiede l Europa Aumento dell età pensionabile, pressing sul lavoro di Francesca Basso e Giovanni Stringa (corriere.it, 14 novembre 2011, 10:05) Monti studia le prime misure Il vertice con imprese e sindacati, un decreto per patrimoniale e Ici di Alessandro Barbera (lastampa.it, 14 novembre 2011) Ma i democratici sono già divisi su pensioni e mercato del lavoro. Il gelo della Cgil su Monti spaventa il partito Posizioni opposte sulle ricette anti crisi. Morando: ma non siamo succubi della Camusso di Roberto Mania (la Repubblica, 15 novembre 2011) Il merito del Pd di Alfredo Reichlin (l Unità, 15 novembre 2011) Pro-memoria lavoro di Francesco Riccardi (avvenire.it, 15 novembre 2011) Ichino: «Sul lavoro il Pd non può star fermo» (unita.it, 22 novembre 2011) Solo un giovane su 10 entra in azienda con tutte le garanzie Il Contratto unico punta a eliminare almeno in parte l enorme massa di lavoratori precari di Tonia Mastrobuoni (lastampa.it, 23 novembre 2011) Pd, Liberal contro Fassina: Si dimetta. Bersani: Una richiesta che non capisco Nel mirino il responsabile economico dei democratici dopo le critiche alle richieste fatte dalla Ue all Italia e quelle dell altro ieri al commissario Olli Rehn. Su

pensioni e lavoro è in minoranza (repubblica.it, 23 novembre 2011) Pd, Ichino chiede le dimissioni di Fassina (unita.it, 23 novembre 2011) Caso Fassina nel Pd: i Liberal chiedono le dimissioni, Bersani cade dalle nuvole Secondo il gruppo guidato da Enzo Bianco, le posizioni espresse dal responsabile Economia dei democratici non rappresentano tutte le varie anime del Pd e sono in netto contrasto con la linea scelta dal segretario, che però difende l accusato (ilfattoquotidiano.it, 23 novembre 2011) Il caso Fassina apre la resa dei conti nel Partito democratico Troppo di sinistra, i liberal chiedono la testa del responsabile economia del partito, Bersani lo difende. È il fischio di inizio della battaglia interna del Pd contro il segretario, dopo la tregua sul governo Monti di Daniela Preziosi (ilmanifesto.it, 24 novembre 2011) Intervista a Damiano (Pd): 40 è il numero magico. Camusso ha ragione di Frida Nacinivich (liberazione.it, 1 dicembre 2011) Gli italiani in pensione a 58,7 anni. L Inps: Siamo lontani dall Europa I dati del Istituto rivelano che due terzi dei pensionati per anzianità nel 2010 sono usciti con 40 anni di contributi. Il presidente Mastrapasqua: Con il sistema contributivo diventa obbligatorio aumentare il ricorso alle integrative. (repubblica.it, 1 dicembre 2011) Reddito minimo garantito. Lo strumento per recuperare chi ha perso il lavoro In Italia ha visto solo una breve sperimentazione di Raffaello Masci (stampa.it, 2 dicembre 2011) La Fornero e le pensioni: punto all addio all anzianità dal 2018 Il ministro lo ha detto durante un audizione alla Camera. «È una soluzione drastica, abbiamo usato l accetta» (corriere.it, 6 dicembre 2011, 14:32)

In pensione più tardi. Via dal lavoro sei anni dopo Che cosa cambia con la riforma, età per età 2012 Dal 1 gennaio sistema contributivo per tutti di Domenico Comegna (corriere.it, 6 dicembre 2011, 8:03) Neoliberisti, ecco come ci portano alla catastrofe di Stefano Fassina (unita.it, 12 dicembre 2011) Riforma del lavoro, Ichino striglia il Pd: Deve scegliere con chi stare In un intervista il giuslavorista apre alla riforma Monti e rilancia la sua proposta. Un anno fa il partito ne ha preso le distanze, ma a gennaio sarà costretto a riflettere di Stefano Feltri da Il Fatto Quotidiano del 18 dicembre 2011 Camusso rompe con il governo: «Sulle pensioni un intervento folle» «La Fornero aggredisce i lavoratori». Il contratto unico? Sarebbe solo un nuovo apartheid a danno dei giovani di Enrico Marro (corriere.it, 19 dicembre 2011, 11:46) Articolo 18, sindacati all attacco. Fornero: Reazione che preoccupa Camusso: È una norma di civiltà che dice che nessun datore di lavoro può licenziare qualcuno perché gli sta antipatico, perché non ha opinioni, perché è iscritto a un sindacato o fa politica. Il ministro: Contro di me linguaggio del passato. Il presidente di Confindustria Marcegaglia: Serve serietà e pragmatismo (repubblica.it, 19 dicembre 2011) Bonanni: «Articolo 18? Pagare di più il lavoro flessibile». Camusso: «Venite nel paese reale» Protesta a Roma contro la manovra, Piazza Montecitorio piena. Bonanni (Cisl): Fornero fa la maestrina, metta incentivi per precari A. D. G. (corriere.it, 19 dicembre 2011, 14:16) L inutile ossessione della flessibilità in uscita di Massimo D Antoni

(unita.it, 19 dicembre 2011) «Alzare i salari, sfidiamo la Fornero». E lei: «Manovra equa, io la difendo» Bonanni in pressing: «Parliamone». E il ministro apre. Ma sull articolo 18 è scontro governo-sindacati (corriere.it, 20 dicembre 2011, 17:24) Fornero: Bisognerebbe alzare i salari. La Cgil: stesse idee del vecchio governo. Bonanni avverte: se si tocca l articolo 18 coesione sociale. E sfida il ministro sull aumento degli stipendi (lastampa.it, 20 dicembre 2011) Il rimedio miracoloso di Loris Campetti (ilmanifesto.it, 20 dicembre 2011) Modifiche all articolo 18: no di Bersani Il leader del Pd: «Roba da matti toccarlo ora quando il problema è entrare nel mondo del lavoro, non uscirne». (corriere.it, 21 dicembre 2011, 17:51) Articolo 18, quel «deterrente» poco usato dalle imprese di Rocco Di Michele (ilmanifesto.it, 21 dicembre 2011) Ichino: «Riforma del lavoro urgente come le altre» di Simone Collini (unita.it, 29 dicembre 2011) L obiettivo di un contratto unico contro la giungla dei lavori flessibili Il governo alla ricerca di una soluzione per uscire dal dualismo del mercato del lavoro, dove c è chi è garantito e chi non ha praticamente protezioni: una strategia che Monti e il ministro Fornero studiano mentre preparano il difficile confronto con i sindacati. Ecco le alternative di Roberto Mania (repubblica.it, 2 gennaio 2012) Oggi più che mai è il lavoro la vera priorità di Guglielmo Epifani

(l Unità, 2 gennaio 2012) La Cgil al governo: «Parli chiaro sulla riforma del lavoro, Cisl e Uil solisti stonati» «Serve un piano del lavoro per i giovani. Usare il contratto di inserimento e formazione per cancellare i contratti precari» (corriere.it, 4 gennaio 2012, 14:42) Monti: «Non occorrono altre manovre» Il presidente del consiglio: «Dobbiamo ammodernare alcuni aspetti del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali» di Fabio Savelli (corriere.it, 8 gennaio 2012, 23:15) Bersani: «Art. 18, unico tabù è buonsenso» Dipinto come diviso, accusato di avere tre o quattro posizioni in materia, il Partito democratico serra i ranghi su una proposta articolata di riforma del mercato del lavoro. Il documento è stato messo a punto dal dipartimento Lavoro guidato da Stefano Fassina. L art.18 sulla carta non si tocca, ma governo potrebbe provare a forzare, chiedendo anche un sacrificio, magari parziale. (unita.it, 9 gennaio 2012) Articolo 18, Marcegaglia all attacco: Il reintegro è un anomalia italiana La leader di Confindustria vede il ministro Fornero: ora riforma. Camusso: La Cgil è seriamente interessata ad trovare un intesa (lastampa.it, 11 gennaio 2012) Il documento dei sindacati per il lavoro, la crescita, l equità sociale e fiscale Pubblichiamo il testo integrale del documento presentato al governo Monti da Cgil-Cisl-Uil Roma, 17 gennaio 2012 Intervista ad Anna Finocchiaro: «Cancellare subito la vergogna delle dimissioni in bianco» La presidente dei senatori Pd: «Usano questo strumento per aggirare l articolo 18. Noi in prima linea in una battaglia di civiltà. Il centrodestra dovrà cedere all indignazione» di Maria Zegarelli (l Unità, 21 gennaio 2012)

Intervista a Susanna Camusso. «Vogliono fare i liberisti colpendo il costo del lavoro» Il segretario Cgil: «Troppo entusiasmo, vedo rischi di smobilitazione dei servizi pubblici. Si torni a parlare sul serio di occupazione» di Oreste Pivetta (l Unità 22 gennaio 12) Oggi il tavolo sulla riforma del lavoro. Fornero vuole cause di lavorolampo Incontro governo-parti sociali, l idea dell esecutivo è quella di rendere standard gli indennizzi di Fabio Martini (lastampa.it, 23 gennaio 2012) Tre proposte sul tavolo per riformare il lavoro L obiettivo: rilancio del Pil cercando nuove regole di Roberto Bagnoli (corriere.it, 23 gennaio 2012, 8:27) Lavoro, le linee del governo in cinque capitoli. «Uso limitato della cassa integrazione» Reddito minimo. Indennità risarcitoria in caso di perdita del lavoro. Flessibilità più cara. Cgil sulle barricate (corriere.it, 23 gennaio 2012, 15:45) Marcegaglia: no al salario minimo.ammortizzatori vanno mantenuti almeno per i prossimi due anni (ilsole24ore.com, 25 gennaio 2012) «No al salario minimo, meglio la Cig» La Marcegaglia contro il progetto del governo di riforma degli ammortizzatori sociali (corriere.it, 25 gennaio 2012, 16:28) Una lettera per la Camusso che viene da lontano di Eugenio Scalfari (repubblica.it, 29 gennaio 2012) Quante differenze dagli anni di Lama. Oggi la precarietà è il primo problema di Susanna Camusso

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(ilmessaggero.it, 26/3/2012) Partite Iva, così funziona la stretta. Circa 400mila le finte consulenze di Rossella Lama (ilmessaggero.it, 26/3/2012) Poteri di veto e costituzione di Angelo Panebianco (corriere.it, 26/3/2012) Al buon cuore del padrone di Alessandro Robecchi (ilmanifesto.it, 26/3/2012) L estremismo del capitale di Guido Viale (ilmanifesto.it, 27/3/2012) Manifestazione unitaria dei sindacati: «Contro l intervento disastroso sulle pensioni» Mobilitazione delle tre maggiori sigle sindacali per risolvere il nodo della platea di esodati : esclusi dal mondo del lavoro ma non ancora in possesso dei requisiti pensionistici (corriere.it, 28/3/2012) Pensioni, Cgil, Cisl, Uil e Ugl in piazza contro la riforma (repubblica.it, 28/3/2012) Sciopero unitario sulle pensioni contro la Fornero anche Cisl e Uil Il segretario della Cgil Susanna Camusso per la prima volta usa twitter per annunciare la mobilitazione di tutte le sigle sindacali. Sugli esodati c è intesa con Bonanni: È iniquo far pagare a loro tutto il peso della riforma pensionistica lasciandoli in mezzo alla strada e senza ammortizzatori (ilmanifesto.it, 28/3/2012) L articolo 18 e la Costituzione Lettera di Gianluigi Pellegrino al direttore del quotidiano la Repubblica (la Repubblica, 28/3/2012) Pensioni, proposta di legge Pd per gli esodati. Nori (Inps): non sono 350mila non abbiamo il numero (ilsole24ore.com, 29/3/2012)

Il risanamento pilotato. Cosa ci chiede l Europa Aumento dell età pensionabile, pressing sul lavoro di Francesca Basso e Giovanni Stringa (corriere.it, 14 novembre 2011, 10:05) Il 5 agosto scorso la Banca centrale europea ha inviato una lettera all Italia, firmata dall allora presidente Jean-Claude Trichet e dal suo successore Mario Draghi, con una serie di richieste al governo, che vanno dall intervento su pubblico impiego e pensioni alla flessibilità del lavoro (rivedendo anche la norma sui licenziamenti), passando per le privatizzazioni. Temi rilanciati dalla Commissione europea l 8 novembre scorso in un documento con 39 domande al governo italiano sui tempi dell introduzione del pareggio di bilancio nella Costituzione, su infrastrutture, scuola, concorrenza e costi della politica. Statali Taglio dei costi e mobilità Nella lettera della Bce all Italia del 5 agosto scorso si chiedeva al governo di «valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover e, se necessario, riducendo gli stipendi». Sul tema torna anche la Commissione europea, che chiede conto dei tempi della modernizzazione della pubblica amministrazione. Bruxelles vuole sapere quando sarà completamente operativa, e come e quando saranno attuate le misure di mobilità e di flessibilità per i dipendenti statali, anche in relazione alla soppressione delle Province. Inoltre viene chiesto di dettagliare i progressi concreti prodotti dalla riforma Brunetta. La legge di Stabilità, contenente il maxi emendamento del governo, promulgata venerdì, prevede che gli statali in soprannumero potranno essere posti «in disponibilità» con un indennità pari all 80% dello stipendio per due anni. Inoltre saranno soppresse alcune indennità e rimborsi per trasferimento. Fisco Le nuove tasse e la crescita Poche parole, una sola domanda, ma molta sostanza. «Come verrà spostata la tassazione dal lavoro ai consumi e alla proprietà immobiliare?», ha chiesto l Europa. L Iva è già stata alzata di un punto percentuale, ora toccherà alla casa? L eventuale reintroduzione dell Ici sulla prima casa porterebbe nelle casse dello Stato un gettito di circa 3,5 miliardi di euro, è stata la risposta di Giulio Tremonti. L idea di fondo suggerita dall Europa è quella di spostare il peso della tassazione dal lavoro per rilanciare l occupazione alle imposte indirette e al mattone, considerato meno determinante per la crescita del Paese. Quest ultima, però, non viene certo aiutata almeno in modo diretto dall inasprimento dell Iva, o anche

dal calo del reddito disponibile per l aumento delle tasse sugli immobili. Resta il fatto che il debito pubblico va riequilibrato, e l indirizzo sembra chiaro: meno debito grazie al mattone, più crescita grazie al lavoro. Servizi Più mercato meno privilegi La liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali ha chiesto la Banca centrale europea deve essere «piena». E nei servizi locali vengono auspicate «privatizzazioni su larga scala». Inoltre, per l Europa, gli introiti stimati delle vendite ai privati in generale devono essere al netto dei minori dividendi e del maggior costo per gli affitti. Auspicati più poteri all Antitrust, l abolizione delle barriere d accesso alle professioni e le liberalizzazioni dai servizi postali ai trasporti. Lavoro Contratti locali e licenziamento Uno dei punti chiave della lettera della Bce riguarda il lavoro. Bruxelles sottolinea «l esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi a livello d impresa». La Banca centrale europea chiede anche «un accurata revisione delle norme che regolano l assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse». Pensioni «Quota 67» non basterà «L età pensionabile a 67 anni nel 2026 è sufficiente?». La domanda, arrivata direttamente a Roma dalla Commissione europea, lascia capire che, forse, gli sforzi già messi in campo a livello previdenziale potrebbero non bastare. La Banca centrale europea ha poi chiesto di «intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, così ottenendo dei risparmi già nel 2012». Non è quindi sotto la lente dell Europa solo la «quota (anagrafica) 67 anni» nel 2026, ma ci sono anche le pensioni di anzianità, che oggi consentono di andare in pensione prima di 65 anni (pur con requisiti sempre più stringenti), e le dipendenti d azienda. Che, stando agli auspici europei, potrebbero andare in pensione dai 65 anni d età già dall anno prossimo.

Monti studia le prime misure Il vertice con imprese e sindacati, un decreto per patrimoniale e Ici di Alessandro Barbera (lastampa.it, 14 novembre 2011) I tempi dei mercati non sono quelli della politica, ma questa volta occorre bruciare i tempi. Lo ricordava ieri Napolitano: di qui ad aprile vanno a scadenza 200 miliardi di euro di titoli pubblici. I primi tre miliardi di Btp quinquennali sono all asta oggi stesso, quando i mercati riapriranno per la prima volta dopo il conferimento dell incarico. Comunque vada, Mario Monti deve accelerare. Per questo, mentre cerca l accordo sui ministri, proseguirà con gli incontri per discutere del primo decreto da approvare entro la prima metà di dicembre. L incontro più importante sarà quello di domani, finora tenuto riservato, con sindacati e imprese. Non è detto che per allora il premier incaricato abbia giurato, ma a questo punto poco importa. Il primo punto di cui dovrà discutere con le parti sociali è come recuperare credibilità sui mercati e convincerli che il pareggio di bilancio al 2013 è possibile. E poiché questa è la priorità, avrà di fronte a sé almeno per ora un fronte favorevole alla introduzione di una nuova tassa sui patrimoni, mobiliari e immobiliari. «Dobbiamo vincere la sfida del riscatto e dell equità». Ieri, in quel brevissimo richiamo di Monti al programma che intende attuare, molti hanno intravisto l antipasto di una minestra che gli italiani più ricchi dovranno deglutire. L ultimo raffronto fatto dal Fondo monetario nel 2010 su dati del 2007 quando ancora c era l Ici sulla prima casa dice che in Italia il peso delle imposte sul patrimoni, con la sola eccezione della Germania, resta fra i più bassi del mondo. Se in Italia quel tipo di imposta valeva il 2,1% del prodotto interno lordo, negli Stati Uniti era il 3,1%, in Gran Bretagna il 4,5%. Ciò detto, nei sindacati e fra le imprese ciascuno è convinto di avere la ricetta migliore. Confindustria non vuole la reintroduzione dell Ici e propone l 1,5 per mille annuo sui patrimoni superiori a un milione e mezzo di euro, la Cgil chiede l 1% annuo sui patrimoni superiori a 800mila euro e l Ici sulla prima casa. Guido Tabellini, il papabile ministro dell Economia, ha più volte proposto una soluzione intermedia che, a differenza di una patrimoniale «alla francese» (lì si paga sopra 1,3 milioni di patrimonio), colpirebbe anche la rendita immobiliare: una tassa del cinque per mille annuo sui patrimoni finanziari e le rivalutazioni delle rendite catastali. Nella lettera di risposta all Ue sui 39 quesiti posti la scorsa settimana, Giulio Tremonti ha ricordato che la reintroduzione dell Ici varrebbe da sola 3,5 miliardi l anno, poco più di ciò che l erario ha perso con la sua abolizione. Ma la stessa lettera ricorda un altro dettaglio: con l introduzione dell Imu Imposta municipale unica il governo ha già previsto la reintroduzione della tassazione sulla prima casa già dal prossimo anno. Lo ha fatto dopo le proteste dei Comuni per i troppi tagli nella manovra estiva e successivamente nel decreto del 24 ottobre che (in via

preliminare) modifica la legge sul federalismo fiscale. «Il decreto si legge nella lettera prevede una diversa forma di tassazione dei servizi offerti dai comuni agli occupanti di proprietà residenziali, anche nel caso che queste vengano usate come prima casa». Insomma, se Monti vorrà, la strada per la reintroduzione dell Ici è spianata dallo stesso governo che nel 2008 aveva decisa di abolirla. È però improbabile che il nuovo governo, se vorrà mostrarsi «equo» si fermi a questo: in Italia otto persone su dieci sono proprietarie della casa in cui vivono. A quello stesso ceto medio il nuovo governo dovrà chiedere altri sacrifici come l aumento dell età pensionabile. Di qui la probabile richiesta di un contributo ai più ricchi, sempre che il Pdl, da sempre contrario alla patrimoniale, non dica no.

Ma i democratici sono già divisi su pensioni e mercato del lavoro. Il gelo della Cgil su Monti spaventa il partito Posizioni opposte sulle ricette anti crisi. Morando: ma non siamo succubi della Camusso di Roberto Mania (la Repubblica, 15 novembre 2011) La Cgil ago della bilancia. La posizione che Corso d Italia assumerà sul nascituro governo Monti peserà eccome sul Partito democratico, sui suoi equilibri interni e sulle sue alleanze future. Questa è una partita inedita per Susanna Camusso e per Pier Luigi Bersani. Un crocevia decisivo. Perché i «sacrifici» richiamati già ieri dal presidente del Consiglio incaricato si possono tradurre, più semplicemente, in interventi sulle pensioni e sul lavoro per quanto temperati da un eventuale patrimoniale in versione soft. Il Pd potrà votare misure severe di un governo tecnico, sostenuto anche dal centro destra, con la Cgil in piazza a protestare? Un dilemma. O addirittura il dilemma di queste ore per la sinistra laburista italiana. Si confida nella tradizionale lentezza di maturazione della confederazione rossa e sulla cautela che ha già mostrato Monti. Ma le incognite restano tutte. Non è lo scenario dei primi anni Novanta con i partiti in ritirata per via di Tangentopoli e le forze sociali costrette ad assumere un ruolo di supplenza attraverso la concertazione. Oggi c è il bipolarismo e ci sono i partiti, ciascuno pronto a giocarsi le sue carte in vista delle prossime elezioni. Ieri la Camusso ha riunito fino a sera la segreteria confederale per prepararsi all incontro di oggi a Palazzo Giustiniani. La Cgil è stata l unica organizzazione di interessi a non aver sottoscritto la scorsa settimana l ultimo appello a favore di un governo Monti in tempi rapidi. Uno sganciamento che ha lasciato perplessi i piddini. Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, aveva personalmente telefonato alla Camusso per convincerla. «No, noi non firmiamo», è stata la risposta. D'altra parte all inizio di questa crisi politica, Camusso ha sposato l idea delle elezioni subito, per poi ripiegare sull opzione del governo di emergenza. In ogni caso non aveva e non ha alcuna intenzione di schierarsi a sostegno di un esecutivo che dovrà ridurre in tempi rapidi la spesa corrente i cui capitoli sono sanità, pubblico impiego e previdenza. E, infatti, il leader della Cgil anche ieri ha ribadito la linea: «Non si fa cassa con le pensioni». Altro discorso ha aggiunto è parlare delle future pensioni dei giovani. Su questo concorda la maggioranza del Pd. Dice Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, esponente di AreaDem, la componente di Dario Franceschini, ma soprattutto uomo di cerniera con la Cgil: «Le pensioni non debbono di nuovo essere toccate. Mi piacerebbe che si contassero i miliardi che si sono risparmiati con gli

ultimi interventi sulle pensioni e se ne cercassero altrettanti dai grandi patrimoni, dalle rendite e dagli speculatori. Vorrei proprio vedere se si vuole obbligare chi è entrato in fabbrica a quindici anni a rimanerci per 45 e passa anni». Barricate, dunque. Al pari di quelle della Cgil. O di quelle innalzate sull articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, un altro campo socialmente sensibile, dal giovane membro della segreteria bersaniana Matteo Orfini: «Nominare Ichino ministro sarebbe, per il Pd, una vera e propria provocazione». Parole molto gradite alla Cgil ma che hanno indignato i veltroniani. Ancora ieri il liberal Enrico Morando: «Parole veramente tristi. Questo governo può essere un occasione formidabile per affrontare i temi del mercato del lavoro senza pregiudizi. È finita la stagione della nostra subalternità nei confronti della Cgil». Ma se saltasse il patto di non belligeranza Bersani-Camusso cambierebbe la geografia del Pd. E Vendola e Casini sono gli spettatori più interessati.

Il merito del Pd di Alfredo Reichlin (l Unità, 15 novembre 2011) Questo è davvero un grande passaggio per l Italia. Sul governo (ministri, programmi, governo di emergenza, di transizione ecc.) non ho nulla da aggiungere. Sono molto colpito dal modo come si è mosso il Presidente della Repubblica: uno statista. Propongo solo qualche riflessione sull insieme della situazione. Prima di tutto sul ruolo che ha giocato il Pd e che è stato a mio parere molto grande. Con serietà e pacatezza la nostra leadership ha ben compreso la grandezza del problema. Di fatto, noi stiamo pilotando una crisi che è anche la crisi di un semiregime, durato quasi un ventennio. Qualcosa che ricorda il passaggio del 1901. Di questo si tratta. Non solo di ritrovare la fiducia dei cosiddetti mercati ma di sgombrare le macerie create anche (ma non solo) da un lungo regime populistico, guidato dall uomo più ricco d Italia. Non l hanno ancora capito quelli che adesso si stracciano le vesti perché la politica uscirebbe umiliata dal governo dei professori Sciocchezze. Che cos è per costoro la politica? La politica non è quel triste gioco per cui una bella donna può indifferentemente passare dai night club alla direzione di un ministero della Repubblica e non è la formazione di una maggioranza parlamentare grazie alla compravendita di alcuni deputati. La politica è quello che abbiamo visto, finalmente, in questi giorni. È l assumere la responsabilità di governare questo passaggio drammatico in nome della polis (la politica, appunto) e cioè degli interessi generali e della consapevolezza dei rischi terribili che corre questo Paese. La politica è l idea dell Italia. Questa nostra Italia che è arrivata a un appuntamento con la sua vicenda storica. Dopotutto, una grande storia. Poche settimane fa nel salone della Banca d Italia Gianni Toniolo ci ricordava che il reddito per abitante, al momento dell unità d Italia era grossomodo equivalente a quello medio attuale dell Africa sub-sahariana. La vita media era di circa 30 anni, una famiglia operaia viveva nelle stamberghe e spendeva solo per il cibo tre quarti del suo salario. In 150 anni il reddito per abitante è aumentato di 13 volte e la vita media è arrivata a 82 anni. Ci rendiamo conto di cosa significa soprattutto per i nostri figli e nipoti la paurosa marcia indietro che è avvenuta sotto i nostri occhi in questi ultimi anni? Sta tornando la povertà, quella vera. Il nostro debito pubblico è arrivato a 1900 miliardi di euro e su questa montagna di soldi dobbiamo pagare interessi crescenti che si mangiano le spese per i servizi sociali, l occupazione, il sostegno all economia reale. Per pagare gli interessi stiamo bruciando i mobili di famiglia: il capitale umano, i giovani. E ci siamo così indeboliti che i francesi si sono già comprati a prezzi di saldo la Bnl, la Parmalat, la Edison, le industrie della moda e tanto altro. La Fiat sta traslocando in America. Anche questo è il lascito del lungo regno del bungabunga. Adesso basta. Deve finire, anche a sinistra il chiacchiericcio su chi comanda

e sui piccoli giochi di schieramento. Il bisogno di restituire all Italia una dignità perduta e di impedire la bancarotta di un grande Stato che dopotutto è la settima economia del mondo, è assoluto. È del tutto evidente che dobbiamo affrontare l emergenza e che da qui è necessario partire. Ma per andare in quale direzione? Il bisogno che sento è questo. È rendere molto chiara la direzione di marcia e la svolta che è ormai necessaria. Basta guardare al dibattito europeo per capire che sta diventando evidente il fatto che non solo l Italia ma l Europa rischiano di essere travolte se il potere politico non riesce a imporre una nuova regolazione allo strapotere di una certa oligarchia finanziaria. Una finanza che si mangia l economia reale e il capitale sociale e umano. È chiaro che il mondo non può essere governato in questo modo. Ed è per una ragione di fondo, oggettiva, non ideologica che proprio da questa stessa crisi, ormai conclamata, può nascere l esigenza di un nuovo compromesso tra il capitalismo e la democrazia. È solo una speranza ma il grande tema del riformismo europeo è questo: la lotta per un nuovo ordine economico, ciò che fece Roosevelt. Resta da capire se le classi dirigenti italiane e i loro intellettuali si rendano conto che non solo i poveracci ma l insieme di quella che chiamiamo civiltà occidentale rischia di non sopravvivere se continua questa crescita spaventosa e immorale delle disuguaglianze. Il rapporto tra il salario di un operaio e i guadagni di un grande manager sono passati da un rapporto di 1 a 30 a un rapporto di 1 a 300. Stiamo molto attenti. Questa non è più solo un problema di equità, sta diventando una questione antropologica. Ce lo dicono tante cose: della massa dei giovani cacciati nel limbo di chi ha finito gli studi e non ha prospettive di lavoro, alla vergogna dei braccianti di colore ridotti nelle campagne del Sud a quasi schiavi. Anche la Chiesa si è resa conto (uso le sue parole) che siamo di fronte a gravi perdite di identità dell individuo, sempre più indotto a consumare a debito cose di cui non ha bisogno, che perde il senso della cittadinanza, cioè dei diritti e dei doveri, e al limite non sa più distinguere tra il bene e il male. Queste sono le macerie. Certo non è colpa solo di Berlusconi. Ma è in questo quadro più ampio che il populismo di quel signore straricco si è inserito portando al governo l Italia delle veline e delle consorterie. Rimuovere queste macerie non sarà facile. Ma chi può farlo? Ed è così che arrivo a una grande domanda che mi preme assai. Io penso che proprio alla luce di questo interrogativo può (e deve) cambiare parecchio il modo di essere del Pd e la sua cultura politica ancora in formazione. Ma deve cambiare anche il modo di guardare ad esso da parte di mondi diversi dalla sinistra storica. Dovete farvene una ragione, cari amici con la puzza sotto il naso. Dovete riconoscere che per fortuna c è Napolitano ma dovete aggiungere che per fortuna è rimasta in vita la grande tradizione democratica del vero riformismo italiano. Parlo di una idea anti-notabilare della democrazia intesa come democrazia che si organizza perché solo così essa offre alle classi subalterne lo strumento per contare, per lottare in nome della giustizia, per partecipare alla vita statale, per dare uno sbocco di governo ai movimenti.

Lo sforzo di mescolare questa tradizione con quelle del mondo cristiano e del cattolicesimo, raccogliendo anche il meglio della cultura liberale e repubblicana, è stata una grande idea. Certo non ci siamo ancora e c è un grande lavoro da fare. Però in solo quattro anni siamo già diventati il primo partito italiano. Se ne facciano una ragione i nostri critici che affollato i talk show televisivi. La ricostruzione dell Italia non è un problema di tecnici più bravi. Essa dipende in larga misura dalla capacità del Pd di dar vita a un nuovo blocco storico in alternativa a quello della destra. Io non dimentico che la destra ci ha governato per tanto tempo non solo perché c è una cattiva legge elettorale ma perché i riformisti avevano perso l egemonia culturale e sociale.

Pro-memoria lavoro di Francesco Riccardi (avvenire.it, 15 novembre 2011) Ci sono cifre che non vengono più strillate sui media, coperte come sono dal fragoroso impennarsi degli spread, ma che non per questo sono meno drammatiche. Si tratta dei tassi di occupazione, mai così bassi nel nuovo secolo. Della disoccupazione, a malapena contenuta. Del precariato ormai endemico. Peggio: dell inattività divenuta sistemica. Non indici freddi, ma istantanee roventi della realtà, fotografie drammatiche, nelle quali sono fissati volti, persone giovani e anziane, famiglie e interi pezzi d Italia. E allora, per il governo che si appresta a prendere forma, tra le emergenze da affrontare c è una missione che merita di essere considerata con appassionata dedizione: il lavoro. In questi tre anni di crisi grazie a un uso sapiente e massivo della cassa integrazione da parte dell esecutivo uscente si è riusciti a contenere l ondata di esuberi e licenziamenti che ha caratterizzato la gran parte delle economie europee e mondiali. Ma la rete di protezione, pur allargata, non ha coperto tutti allo stesso modo. I giovani, gli autonomi, i diversi parasubordinati, hanno pagato per primi e a prezzo più caro, la recessione: restando senza posto e senza ammortizzatori. Quasi un terzo dei giovani è disoccupato, ma quel che è peggio, da noi solo 1 ragazzo su 5 lavora. In Germania sono 1 ogni 2, in Francia 1 su 3, persino in Spagna, che pure detiene il record europeo della disoccupazione, va un po meglio con 1 ogni 4. Ci sono poi 2,2 milioni di persone del tutto inattive: non studiano né lavorano né sono inserite in un programma di formazione. Altri 2 milioni e 764mila italiani per più della metà donne pur essendo disponibili a lavorare non cercano più un posto, perché sono scoraggiati. E ancora ci sono i sottoccupati. E quelli che l Istat classifica come occupati, ma hanno lavorato solo 1 ora nella settimana di rilevazione. E ancora cifre e ancora analisi che portano a conclusioni univoche: non possiamo permetterci un così basso numero di cittadini che lavorano e non possiamo più accettare disparità di trattamento tanto forti. Il lavoro va assolutamente rilanciato, rivalorizzato, riportato al centro dell azione politica. Sì, politica. Anche nell era di un governo ad alto tasso tecnico come quello al quale Mario Monti sta lavorando in queste ore. Le ultime misure adottate dall esecutivo Berlusconi sull apprendistato contratto a tempo indeterminato con contenuto formativo e una flessibilità limitata ai primi anni vanno nella direzione giusta. Ma non bastano: è necessario (ri)costruire un mercato del lavoro dove anzitutto non ci siano lavori di serie A per gli italiani e di serie B per gli stranieri, dove le occupazioni manuali abbiano pari dignità e valore e prevedano un salario equo rispetto a quelle intellettuali. Nel quale alle attività in nero si fa una lotta serrata come e, se possibile, di più che all evasione fiscale. Un mercato, con ammortizzatori sociali universali, senza apartheid per i giovani e che non discrimini gli anziani. Perché e le imprese debbono assumersene la responsabilità non si

può spingere per l innalzamento dell età pensionabile e contemporaneamente considerare obsoleto o troppo costoso un dipendente cinquantenne. Sono risposte, queste all emergenza lavoro, che dobbiamo a noi stessi, assai prima che ai mercati finanziari. Perché dietro quelle cifre sull occupazione ci siamo noi, ci sono i nostri ragazzi. Senza retorica, c è il futuro di questo Paese, del Nord e del Sud assieme. E non c è speculatore, non c è istituzione internazionale, per quanto autorevole, che possa imporci cosa vogliamo essere, quale Paese vogliamo diventare. Non abbiamo bisogno di ricette preconfezionate, di modelli da applicare pedissequamente, di trofei ideologici da ostentare. Soprattutto non possiamo invertire l eventuale approdo finale con la mossa di partenza. Abbiamo competenze e disponibilità, abbiamo forze sociali ormai abbastanza riformiste e consapevoli della portata della sfida per poter rimodellare con un progetto originale il nostro modello di coesione sociale. Agendo con rigore ed equità, favorendo sì lo sviluppo ma solo attraverso l inclusione.

Ichino: «Sul lavoro il Pd non può star fermo» (unita.it, 22 novembre 2011) All inizio di questa legislatura erano due i grandi temi caldi della politica del lavoro individuati dal manifesto programmatico del Partito democratico, sotto il titolo Per dare valore al lavoro. Il primo era quello dello spostamento del baricentro della contrattazione collettiva verso i luoghi di lavoro. Uno spostamento pensato anche per aprire il Paese agli investimenti stranieri e ai piani industriali più innovativi che essi sovente portano con sé. Il secondo era quello del superamento del dualismo del nostro mercato del lavoro, del regime attuale di feroce apartheid fra lavoratori protetti e non protetti, attraverso il nuovo disegno di un diritto del lavoro capace di applicarsi in modo davvero universale a tutti, conciliando il massimo possibile di flessibilità delle strutture produttive con il massimo possibile di sicurezza economica e professionale per i lavoratori nel mercato del lavoro. Nel 2009 i due punti programmatici vengono tradotti in altrettanti disegni di legge, rispettivamente n. 1872 e n. 1873, presentati da 55 senatori (la maggioranza del gruppo Pd al Senato). Il primo dedicato alla riforma del sistema delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva, con la previsione della derogabilità del contratto nazionale da parte di quello aziendale, nell ambito di regole precise di democrazia sindacale. Il secondo dedicato al disegno di un nuovo diritto del lavoro capace di applicarsi in modo universale, ricomprendendo davvero tutti i nuovi rapporti di lavoro dipendente destinati a costituirsi da qui in avanti, voltando pagina rispetto al dualismo attuale. Entrambi i disegni di legge, però, a seguito della conferenza programmatica del partito del maggio 2010, sono stati accantonati dalla nuova maggioranza nata dall ultimo congresso. Per quel che riguarda la prima questione, la critica rivolta nel 2010 dai responsabili del Lavoro e dell Economia al ddl n. 1872 è quella di attentare al ruolo centrale e insostituibile del contratto collettivo nazionale di lavoro, riducendo la sua inderogabilità. Senonché, collocandosi su questa posizione, il Pd si trova impreparato di fronte alla vicenda degli accordi Fiat di Pomigliano e Mirafiori (poi anche Grugliasco), contenenti alcune deroghe al contratto nazionale; basti ricordare, in proposito, il commento imbarazzato e inadeguato dei vertici del partito al primo dei tre accordi: «Sì, purché sia un eccezione». Quella stessa vicenda sindacale è destinata, però, a determinare nel giro di un anno, una svolta epocale nell evoluzione del nostro sistema delle relazioni industriali, con la firma anche da parte della Cgil dell accordo interconfederale del 28 giugno 2011. L elemento di maggiore novità in questo accordo è costituito proprio dal rilevantissimo ampliamento della possibilità di deroga al contratto nazionale ad opera del contratto aziendale, nel rispetto di regole precise di democrazia sindacale (altro che «eccezione»!): sostanzialmente, si tratta della stessa riforma che è prevista nel ddl. n. 1872. A me sembra evidente che, se il Pd nel 2009 e 2010 avesse confermato la linea cui si ispira quel disegno di legge, la vicenda degli accordi Fiat nel 2010 si

sarebbe svolta in modo molto meno lacerante. Il Pd ci arriva, invece, solo dopo l accordo del giugno 2011. Meglio tardi che mai. D accordo. Ma non sarebbe stato inutile che qualcuno dei protagonisti della linea precedentemente tenuta, i quali oggi fanno propria come Bibbia la linea sancita dall accordo interconfederale di giugno, riconoscesse almeno la bontà dell idea che era alla base del progetto contenuto nel ddl n. 1872. Desse atto, cioè, ai 55 senatori che lo avevano sostenuto di aver visto giusto. Di questo non si è sentita, invece, neppure mezza parola. Qualche cosa di strettamente analogo sembra ora destinato ad accadere anche sul secondo versante, quello del superamento del regime di apartheid fra lavoratori protetti e non protetti. Perché il progetto flexsecurity contenuto nel ddl n. 1873, il secondo della coppia proposta due anni fa dalla maggioranza dei senatori del Pd, ha raccolto in questi ultimi mesi il consenso della quasi totalità degli altri gruppi parlamentari; e giovedì scorso è stato inequivocabilmente indicato come base per la riforma da Mario Monti nel primo atto del suo nuovo governo, cui il Pd ha promesso pieno sostegno. La proposta uscita, su questo terreno, dalle ultime due assemblee programmatiche del Pd (2010 e 2011) cioè quella di aumentare i contributi previdenziali degli atipici è già stata prontamente attuata dalla legge di stabilità, ultimo atto del governo Berlusconi; e con tutta evidenza non basta per affrontare incisivamente il problema. Il Pd come ciascuna delle altre forze politiche che fanno parte della nuova maggioranza ora può proporre delle modifiche o integrazioni al progetto che il governo indicherà come base di discussione; ma è difficile pensare che possa schierarsi contro un iniziativa mirata a riunificare progressivamente il mondo del lavoro allineandolo ai migliori standard europei, e che comunque non pregiudica in alcun modo la posizione di chi un rapporto di lavoro stabile regolare già oggi ce l ha. Non può davvero essere il partito che si qualifica come fondato sul lavoro a chiedere al nuovo governo di restare fermo su questo terreno.

Solo un giovane su 10 entra in azienda con tutte le garanzie Il Contratto unico punta a eliminare almeno in parte l enorme massa di lavoratori precari di Tonia Mastrobuoni (lastampa.it, 23 novembre 2011) È una delle poche idee che siamo riusciti anche ad esportare all estero. Da tempo economisti come Pierre Cahuc, Francis Kamarz, Samuel Bentolila e Juan Dolado propongono il «contratto unico» inventato da Tito Boeri e Pietro Garibaldi anche in Francia e Spagna. Ma da noi il dibattito incontra sin dal 2002, quando è stato proposto dai due economisti del lavoro un totem insormontabile: l articolo 18. Il fatto è che da quando quella norma dello Statuto dei Lavoratori è stato al centro di uno scontro al calor bianco tra il governo Berlusconi bis e la Cgil di Sergio Cofferati con l epilogo dei tre milioni a Circo Massimo è complicato parlare di diritto del lavoro senza scivolare sul terreno dello scontro ideologico. Elsa Fornero, neo ministro del Lavoro ha già detto cosa ne pensa: il contratto unico è «in grado di conciliare la flessibilità in ingresso richiesta dalle imprese con l aspirazione alla stabilità rivendicata dai lavoratori». Sarà un tassello importante dell agenda di governo dell economista torinese. Ma è anche uno dei motivi per cui la Cgil continua a rimarcare la diffidenza nei confronti del governo Monti. Il contratto unico tenta di rispondere a un mondo del lavoro che si è fortemente precarizzato e dove si è creato un dualismo crescente tra chi è tutelato dal contratto a tempo indeterminato e le miriadi di atipici che hanno spesso livelli salariali infimi, non sono garantiti da contratti nazionali e sono quasi senza tutele. Soprattutto, avendo una data scritta sul contratto, gli ormai milioni di lavoratori precari non sanno neanche cos è, l articolo 18. Stiamo parlando del 90 per cento di chi comincia oggi un lavoro: ormai solo un giovane su dieci inizia una professione o un mestiere con un contratto a tempo indeterminato. Gli altri nove entrano con contratti a termine, interinali, co.co.pro, eccetera. Fuori dal perimetro dello Statuto dei lavoratori. E, molto spesso, dall ombrello dei sindacati. Anni fa al «contratto unico di ingresso», in breve Cui (che è confluito in una proposta del senatore Pd Nerozzi), se n è affiancato uno analogo del giuslavorista e senatore Pd Pietro Ichino che ne riprende l idea di fondo ma differisce su alcuni punti. Nella versione Boeri-Garibaldi è un contratto a tempo indeterminato e la difesa dal licenziamento senza giusta causa è prevista dal primo giorno. Solo che per i primi tre anni «il licenziamento può avvenire solo dietro compensazione monetaria», (un indennità pari a 5 giorni di retribuzione per ogni mese di anzianità), insomma viene sospeso l obbligo di reintegro previsto dall articolo 18. Diventa una sorta di lungo apprendistato durante il quale anche il datore di lavoro può capire se il

dipendente corrisponde alle sue aspettative. Allo scadere dei tre anni vengono riconosciute tutte le tutele del tempo indeterminato. Il ricorso a forme di contratti flessibili viene scoraggiato con delle restrizioni. Infine, dettaglio rilevantissimo, il Cui non sostituisce gli attuali contratti nazionali, ma garantisce in più tutele minime a chi non ce l ha cosa che quelli flessibili oggi non fanno. A partire da un salario minimo. Nella testa di Boeri e Garibaldi, il contratto unico dovrebbe essere affiancato da una seria riforma degli ammortizzatori che garantisca un sussidio di disoccupazione a tutti. Ma cosa circa 15 miliardi di euro ed è difficile che veda la luce nel prossimo anno e mezzo. Anche nella proposta di Ichino non c è una data sul contratto ma viene introdotto il licenziamento «per motivi economici e organizzativi» e non ci sono i tre anni di prova. L articolo 18 viene depotenziato. Ma dal 20esimo anno di anzianità «l onere della prova circa il giustificato motivo economico tecnico o organizzativo è a carico del datore di lavoro». Per chi perde il lavoro viene introdotto un sistema che ricalca a quello danese della «flessicurezza». Il datore di lavoro si impegna a ricollocare il lavoratore attraverso la riqualificazione professionale.