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Penale Ord. Sez. 3 Num. 13982 Anno 2012 Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE Relatore: ROSI ELISABETTA Data Udienza: 16/11/2011 sul ricorso proposto da: ORDINANZA 1) VOLGHI CLAUDIO N. IL 15/04/1948 avverso l'ordinanza n. 7/2011 TRIB. LIBERTA' di MONZA, del 11/03/2011 sentita la relazione fatta dal Consigliere 139.g. c ELISABETTA ROSI; ltt ee/senta le conclusioni del PG Dott. t ' m kajtyl.,- (20 at ~(`/ tii\vaalc C,D 410ND (A-401e_ (iej3:21 I g Uditi difensor Avv.; c-b-p-ato "ACCL9--t_Aa, t-t-01al Q ktu

t RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale della libertà di Monza con ordinanza dell'il marzo 2011. rigettato l'istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso in relazione all'art. l c-. 143 della legge n. 244 del 2007 dal G.I.P. presso il Tribunale di Monza in data 29 ottobre 2010, nei confronti (tra gli altri) di Volghi Claudio, indagato per i reati di cui agli artt. 2, 3, 4 e 8 del d.lgs n. 74 del 2000, fatti accertati in Sesto San Giovanni dal 2004 al 30/11/2007, in relazione alla qualità di commercialista di altri coindagati, sequestro sino alla concorrenza della somma di 1.287.474,62 euro, in relazione alle annotazioni di fatture per operazioni inesistenti ed ai loro inserimento nelle dichiarazioni dei redditi dei vari clienti in riferimento all'esercizio 2007 ed anche perché, nelle dichiarazioni fiscali relative ai redditi propri per gli anni di imposta 2006 e 2007, al fine di evadere le imposte dirette e IVA, aveva indicato elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, concorrendo con lo stesso la moglie Viganò Fulvia la quale aveva messo a disposizione il proprio conto corrente per farvi confluire i pagamenti in nero ricevuti dai clienti ed altre somme di denaro di proprietà del Volghi. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Volghi, chiedendone l'annullamento, per i seguenti motivi: 1) Il decreto di sequestro non conterrebbe alcun riferimento al reato di cui all'art. 4 (infedele dichiarazione) né recherebbe menzione della Viganò, coindagata in relazione a tale fatto; essendo quindi il vincolo stato posto in relazione alle altre fattispecie di reato ipotizzate, connesse al concorso dello stesso con le infedeli dichiarazioni dei redditi presentate dagli altri indagati, la confisca per equivalente potrebbe trovare applicazione solo in via residuale, quando non sia stato possibile confiscare il prezzo del reato; tra l'altro non risulterebbe alcuna pertinenza delle somme in sequestro con il reato, elemento che benché non richiamato nell'art. 322 ter c.p. deve ritenersi necessario, mentre nel caso di specie il ricorrente non ha ricavato alcun profitto da tali reati. 2) Il sequestro per equivalente ha natura sussidiaria e quindi deve prima essere sperimentata la possibilità di eseguire il sequestro in via diretta presso il prenditore del profitto, pena una palese disparità di trattamento tra persone in attesa di giudizio, in quanto il destinatario del sequestro per equivalente non potrebbe in alcun modo rivalersi sugli altri concorrenti, né avrebbe altro strumento giuridico di tutela. 3) Da ultimo si censura il fatto che il sequestro abbia per destinatario il ricorrente nonostante sia ineseguibile, in quanto lo stesso non ha la proprietà, né la disponibilità di beni. 3. Il difensore dei ricorrente ha poi depositato memoria difensiva, con la quale ha posto in evidenza che i beni sottoposti a sequestro preventivo sono di

proprietà della Viganò Fulvia moglie del ricorrente, che non può essere chiamata in causa in relazione al fatto che il titolo del sequestro colpisce solo i fatti ascritti al Volghi quale concorrente nei reati propri di infedeltà delle dichiarazioni a fini fiscali, riconducibili ai suoi clienti. Invece il Tribunale del riesame avrebbe giustificato il vincolo reale collegandolo al reato di cui all'art. 4 del d.lgs n. 74 del 2000 contestato in riferimento alle sue dichiarazioni dei redditi, reato in relazione al quale risulta indagata anche la Vigenti, moglie separata del Volghi, la quale ha evidenziato la provenienza lecita delle somme sequestrate sul suo conto corrente (provenienti dalla sua professione di medico). CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Va innanzitutto premesso che il ricorso per cessazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. (così, Sez. U, n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv. 239692; in precedenza, con la sentenza Sez. U, n. 5876 del 13 febbraio 2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710, è stato precisato che mentre rientra nel sindacato di legittimità la mancanza di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, non vi rientra la sua eventuale illogicità manifesta). Il controllo operato dai giudici di legittimità, in sintesi, investe la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (in tal senso, Sez. 6, n. 3529 dell'1/2/1999, Sabatini, Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050 del 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104). Per quanto riguarda l'ambito del poteri esercitabili dal giudice del riesame, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che se è vero che non può compiere accertamenti, "può integrare e correggere il provvedimento impugnato (nella specie: decreto di sequestro preventivo) sulla scorta dei documenti in suo possesso" (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 3103 del 18/12/2007, dep. 21/1/2008, Di Vincenzo, Rv. 239267); difetti può sempre "trarre argomenti per il proprio sindacato sul merito del provvedimento dai fatti storici risultanti dagli atti, seppure essi non risultino indicati nella motivazione, ai fini del corretto inquadramento giuridico della fattispecie e di una migliore giustificazione delle esigenze cautelari" (vedi Sez. 3, n. 10058 del 10/2/2005, dep. 15/3/2005, La Pietra, Rv. 231608). 2. Per quanto attiene in particolare alla materia dei reati tributari, questa Corte ha da tempo affermato che è legittimo il sequestro preventivo, funzionale alla

confisca per equivalente, di somme di denaro che avrebbero dovuto essere impiegate nel pagamento dell'iva dovuta, in quanto "la confisca di somme di denaro, beni o valori è consentita anche in relazione al profitto del reato. (Nella specie, si trattava di frode fiscale attuata mediante presentazione di una dichiarazione annuale in cui erano stati indicati elementi passivi fittizi derivanti da annotazione in contabilità di operazioni oggettivamente inesistenti, con sottrazione al Fisco del pagamento dell'iva dovuta)" (cfr. da ultimo, Sez.3, n. 25890 del 26/5/2010, dep. 7/7/2010, Molon, Rv. 248058), in quanto il sequestro preventivo può essere disposto non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato, sulla base di una corretta interpretazione del richiamo all'art. 322-ter c.p. contenuta nell'art. 1, c. 143 della legge finanziaria 2008 (in tal senso, Sez.3, n.35807 del 7/7/2010, dep. 6/10/2010, Bellonzi, Rv. 268618). In riferimento, poi, alla responsabilità del professionista per i reati tributari posti in essere in concorso con i propri clienti, è ben possibile il concorso nell'art. 8 del d.lgs n. 74 del 2000, che sanziona la condotta di emissione di fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi l'evasione, ed è ben possibile che il concorso nella fattispecie possa essere ascritto al consulente-professionista (nel caso qui in esame il commercialista) in base all'art. 110 c.p., con il ruolo di istigatore, non ostandovi né il disposto di cui all'art. 9 del medesimo d.lgs, né l'eventualità che non venga realizzato l'obiettivo di evasione fiscale avuto di mira (e quindi che non si sia verificato alcun danno erariale) (si veda per tali considerazioni la parte motiva di Sez. 3, n. 35453 del 26/5/2010, dep. 1/10/2010, Castello, non mass. sul punto) 2. Per quanto attiene alle argomentazioni svolte con il primo motivo di ricorso, le stesse si palesano infondate. L'itinerario argomentativo che sorregge la decisione impugnata è congruo ed immune da vizi logici ed i giudici del riesame hanno esercitato il loro ruolo nella fase cautelare facendo corretta applicazione dei principi di diritto che la giurisprudenza ha enucleato in tema di sequestro per equivalente nei reati tributari. In particolare è stato dato atto che il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. nei confronti del Volghi riguardava una serie di reati tributari (artt. 81 cpv. 110 c.p., 2, 3 ed 8 del d.lgs n. 74 del 2000) alcuni commessi quale compartecipe professionista curatore della contabilità delle società riconducibili agli altri indagati, altri con la Viganò Fulvia, in riferimento al tentativo di intestazione (fittizia) alla stessa dei proventi dell'attività illecita riconducibile al Volghi. Il Tribunale ha individuato gli elementi del fumus delicti anche avendo a riferimento gli elementi raccolti a carico dello stesso nel procedimento che lo ha visto quale concorrente-emittente della emissione di fatture per operazioni inesistenti non solo in veste di commercialista consulente, ma quale "dominus" di fatto di numerose società intorno alle quali ruotava la frode fiscale; da tale gravità indiziaria il Collegio del riesame ha

perfino adombrato la possibilità che le somme sequestrate risultino direttamente riconducibili ai reati al medesimo ascritti. Peraltro, in ogni caso, il profitto è dato dal risparmio conseguente all'evasione fiscale per cui può anche non sussistere alcuna pertinenzialità con il reato delle somme di denaro oggetto del vincolo, pertinenzialità che è per l'appunto comunque esclusa dall'ambito assegnato dalla legge al sequestro per equivalente. 3. Anche il secondo motivo è infondato. li costante orientamento della giurisprudenza di legittimità ha precisato che nella fase cautelare, in caso di illecito plurisoggettivo, si deve applicare il principio solidaristico che implica l'imputazione dell'intera azione e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e pertanto, una volta che sia stata perduta l'individualità del profitto illecito, la sua confisca, e quindi il sequestro preventivo finalizzato ad essa, possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato (in tal senso SSUU n. 26654 del 27/3/2008, dep. 2/7/2008, Fisia Impianti spa, Rv. 239926 e Sez. 5, n. 13277 del 24/1/201.1, dep. 30/3/2011, Farioli, Rv. 249839; per una ricostruzione della giurisprudenza sul tema, si veda anche la parte motiva di Sez.3, n. 41731 del 7/10/2010, dep. 25/11/2010, Giordano, Rv.248697). 4. Per quanto attiene alla terza censura, è stato già chiarito che anche Viganò Fulvia è coindagata nel reato ascritto al ricorrente, quanto alle infedeli dichiarazioni dei redditi, proprio sulla base del fatto che il deposito del profitto delle frodi e delle evasioni fiscali sia confluito sul conto alla stessa intestato, ma direttamente riconducibile al Volghi, per le ragioni che l'ordinanza ha puntualmente evidenziato alle pagg. 4 e 5 della parte motiva dell'ordinanza. Il ricorso deve pertanto essere rigettato e, di conseguenza, il ricorrente deve essere condannato, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento PQM Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 16 novembre 2011.