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ORDINANZA. GUIDA FRANCESCA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI. TRASONE 22, presso lo studio dell'avvocato ANNAMARIA

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ORDINANZA. - ricorrente -

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ORDINANZA. - ricorrente - contro. - controricorrente -

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE CIVILE -1. Dott. CARLO DE CHIARA - Consigliere - ORDINANZA

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE CIVILE - T ORDINANZA. SRL, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, V

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE CIVILE -1 ORDINANZA

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CORTE DI CASSAZIONE ORDINANZA N ICI aree edificabili successione delle leggi nel tempo norma interpretativa retroattività - sussiste

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Civile Sent. Sez. 5 Num Anno 2016 Presidente: CHINDEMI DOMENICO Relatore: CHINDEMI DOMENICO Data pubblicazione: 03/11/2016

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ORDINANZA. Contro. udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non FATTO E DIRITTO

7/7. Corte di Cassazione - copia non ufficiale ORDINANZA. - ricorrente principale- contro. - intimata - nonché

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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE CIVILE - T ORDINANZA

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Cass /2018. Casella piena: la notifica PEC è valida. Scritto da Francesco Annunziata Mercoledì 23 Maggio :54

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SESTA SEZIONE CIVILE - T ORDINANZA

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La notifica va fatta al domicilio reale del procuratore anche in assenza di rituale comunicazione alla controparte del trasferimento

Transcript:

Civile Ord. Sez. 6 Num. 14676 Anno 2016 Presidente: CIRILLO ETTORE Relatore: NAPOLITANO LUCIO Data pubblicazione: 18/07/2016 ORDINANZA sul ricorso 14681-2015 proposto da: COSTRUZIONI CARIMELE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, P.Z A DEL POPOLO 18, presso lo studio dell'avvocato SALVATORE DI PARDO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso; - ricorrente - contro COMUNE di ROCCARASO, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. DENZA 20, presso lo studio dell'avvocato LAURA ROSA, rappresentato e difeso dagli avvocati EMILIA MONTI, VALERIA D'ILIO giusta procura in calce al controricorso; controricatrenti -

avverso la sentenza n. 1390/3/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di L'AQUILA del 27/11/2014, depositata il 15/12/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO NAPOLITANO. FATTO E DIRITTO La Corte, costituito il contraddittorio camerate sulla relazione prevista dall'art. 380 bis c.p.c., all'esito della quale parte ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue: Con sentenza n. 1390/3/14, depositata il 15 dicembre 2014, non notificata, la CTR dell'abruzzo ha respinto l'appello proposto da Costruzioni Cerimele S.r.l. (di seguito società) nei confronti del Comune di Roccaraso per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di L'Aquila, che aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di accertamento ICI relativo all'anno 2011 per aree fabbricabili. La sentenza della CTR respinse i motivi di gravame, con i quali la contribuente aveva sostanzialmente riproposto le cesure avverso l'atto impugnato disattese in primo grado, ritenendo l'avviso di accertamento sufficientemente motivato, la non necessità di allegazione all'atto impugnato delle delibere comunali determinative delle aliquote ICI e di stima delle aree omogenee, stante la loto natura di atti a contenuto generale soggetti a pubblicazione, la natura di area fabbricabile comprovata dalla stessa sussistenza di manufatti edificati dalla società, sebbene non ancora ultimati, l'insussistenza della dedotta illegittimità dell'avviso di accertamento impugnato per violazione degli artt. 51 e 52 del d.p.r. n. 131/1986, non risultando essere stata effettuata alcuna rettifica della base imponibile con l'avviso di accertamento impugnato. Ric. 2015 n. 14681 sez. MT - ud. 25-05-2016

Avverso detta pronuncia la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso il Comune. Con il primo motivo parte ricorrente cumula in realtà una pluralità di diverse censure per violazione di legge, il cui nucleo centrale è costituito dalla dedotta violazione dell'art. 36 digs. n. 546/1992 e 132 c.p.c., quanto alla carenza motivazionale della decisione impugnata circa l'asserito vizio di motivazione dell'atto impositivo in relazione ai requisiti previsti dall'art. 7 della legge n. 212/2000 (erroneamente è indicato nel 2002 l'anno di pubblicazione della legge medesima) e dell'art. 3 della legge n. 241/1990. Le censure sono poste in relazione sia all'art. 360 n. 3 c.p.c. sia al n. 5 del citato articolo del codice di rito. Il motivo è inammissibile. La censura in relazione all'art. 360, l comma, n. 5 c.p.c., nella sua nuova formulazione applicabile al presente giudizio avente ad oggetto ricorso per cassazione avverso sentenza depositata il 15 dicembre 2014, è inammissibile in relazione all'ari 348 ter c.p.c. penultimo comma, trattandosi di c.d. doppia conforme, essendo la relativa disposizione applicabile, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 7 aprile 2014, n. 8053 e 8054) anche al ricorso per cassazione avverso sentenze pronunciate in grado d'appello dalle Commissioni tributarie regionali. Il motivo, anche sotto il profilo delle dedotte violazioni di legge, è ugualmente inammissibile per difetto di autosufficienza, avendo questa Corte più volte ribadito il principio secondo cui la parte che deduca l'illegittimia della sentenza impugnata, laddove erroneamente abbia ritenuto l'atto impositivo sufficientemente motivato, ha l'onere di trascriverne il contenuto onde porre la Corte in condizione di poter esprimere il giudizio richiesto (cfr, tra le altre, più di recente, Cass. sez. 5, 17 ottobre 2014, n. 22003; Cass. sez. 5, 19 aprile 2013, n. 9536). Ptic. 2015 n. 14681 sei. MT ud. 25-05-2016 3

Parte ricorrente non ha adempiuto detto onere, ciò precludendo l'esame della censura e, conseguentemente, quella tesa ad evidenziare la carenza di motivazione della sentenza impugnata (sotto il profilo della motivazione totalmente omessa) quanto alla ritenuta osservanza del requisito motivazionale da parte dell'atto impositivo. Né l'analogo rilievo di cui alla relazione depositata in atti risulta colto nella sua essenza dal contenuto della memoria depositata da parte ricorrente, che confonde, ai fini dell'autosufficienza del ricorso, in parte qua, la trascrizione del contenuto della sentenza impugnata con la mancata trascrizione del contenuto dell'avviso di accertamento ai fini del sindacato sul mancato rispetto dell'obbligo motivazionale dell'atto impositivo. Del tutto generico e, quindi, inammissibile, è anche il motivo con riferimento alla dedotta violazione dell'art. 11 del d.lgs. n. 504/1992, il cui comma 2 bis, che riguardava il contenuto degli avvisi di accertamento e liquidazione in tema di 1Cl, risulta peraltro abrogato dall'art. 1, comma 173 della legge n. 296/2006, con decorrenza dal primo gennaio 2007. Il secondo motivo, con il quale la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, 1' comma n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del digs. n. 504/1992, sollevando anche questione di legittimità costituzionale in relazione agli artt. 3, 53 e 97 Cost., è infondato. Esso tende a rimettere in discussione il principio, espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con la nota sentenza 30 novembre 2006, n. 25506, secondo cui l'edificabilità di un'area, ai fini dell'applicazione del criterio di determinazione della base imponibile, fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita dal piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente Ric. 2015 n. 14681 sez. MT ud. 25-05-2016 4

dall'approvazione di esso da parte della Regione e dell'adozione di strumenti urbanistici attuativi, principio di seguito costantemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le molte Cass. Cass. sez. 5, 27 luglio 2007, n. 16174; Cass. sez. 5, 16 novembre 2012, n. 20137; Cass. sez. 5, 5 marzo 2014, n. 5161; Cass. sez. 5, 27 febbraio 2015, a 4091), in un quadro di riferimento segnato anche da pronuncia della Corte costituzionale (ord. 27 febbraio 2008, n. 41), che ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale della norma d'interpretazione autentica dell'art. 2 lett. b) del digs. 504/1992, rappresentata dall'art. 36, comma 2 del d.l. n. 223/2006, come convertito nella legge a 248/2006. Il motivo, anche con specifico riferimento all'eccezione di legittimità costituzionale, nei diversi profili articolati in ricorso, non apporta elementi nuovi che consentano d'investire nuovamente la Corte costituzionale del sindacato richiesto o di sollecitare alle Sezioni Unite di questa Corte un mutamento dell'indirizzo sopra citato. Quanto alla censura formulata in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., valgono le analoghe considerazioni svolte nella disamina del primo motivo. Anche il terzo motivo, con il quale la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 51 e 52 del d.p.r. n. 131/1986 e dell'art. 2697 c.c., in relazione all'art. 5 del digs. n. 504/1992, è infondato, avendo correttamente il giudice tributario d'appello ritenuto insussistente l'obbligo di allegazione all'avviso di accertamento oggetto d'impugnazione da parte del contribuente della delibera comunale attributiva del valore sulla base di criteri omogenei per le aree aventi le medesime caratteristiche, in conformità ai principi di diritto più volte affermati da questa Corte in materia, trattandosi di atto giuridicamente noto per effetto delle formalità di legge inerenti alla sua pubblicazione Ric. 2015 n. 14681 sei MT - ucl. 25-05-2016 5

(cfr, oltre alle pronunce richiamate dal controricorrente Cass. sez. 5, n. 1295, 1296, 1297 e 1298 del 26 gennaio 2015, Cass. sez. 5, ord. 25 luglio 2012, n. 13105; Cass. sez. 5, 17 ottobre 2008, n. 25371). Il ricorso va pertanto rigettato per manifesta infondatezza. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione in favore del Comune wntroricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in C 200,00 per esborsi ed in C 2.300,00 per compenso, oltre rimborso spese generali ed accessori, se dovuti. Ai sensi dell'art. 13, comma comma 1 quater del d.p.r. ti. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 maggio 2016 Il Presidente