I peptidi sono polimeri formati da più amminoacidi, coniugati attraverso legami detti ammidici o peptidici.



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MODULO 5 IL METABOLISMO DEI COMPOSTI AZOTATI RICHIAMI SULLA CHIMICA DI AMMINO ACIDI E PROTEINE Introduzione Gli amminoacidi sono composti organici caratterizzati dalla presenza nella molecola di un gruppo carbossilico e di un gruppo amminico. Hanno un ruolo biologico fondamentale in quanto costituiscono i blocchi da costruzione delle proteine e dei peptidi non proteici, che svolgono innumerevoli funzioni, essenziali per la vita di tutti gli organismi. Possono inoltre essere utilizzati dalle cellule come fonte di energia e alcuni di essi possiedono, come tali, anche importanti attività fisiologiche. Obiettivi Questa lezione presenta una rapida panoramica delle caratteristiche chimiche e fisiche principali di una classe di amminoacidi, gli α-amminoacidi, che sono i costituenti delle proteine nell uomo. La conoscenza di queste nozioni di base è fondamentale per comprendere le correlazioni che esistono tra le caratteristiche degli amminoacidi e la complessità di struttura e funzioni delle proteine. Definizione Gli amminoacidi sono composti che contengono sia un gruppo amminico (-NH 2 ), basico, sia un gruppo carbossilico (-COOH), acido. Negli organismi esistono molti di questi composti, ma quelli per noi più interessanti e di cui ci occuperemo in questa lezione sono gli α-amminoacidi, i blocchi costituitivi delle proteine nell uomo. Gli amino acidi come precursori delle proteine Peptidi e proteine. Gli amminoacidi sono molecole di estrema importanza biologica proprio in quanto costituiscono i peptidi e le proteine, macromolecole essenziali per la vita. I peptidi sono polimeri formati da più amminoacidi, coniugati attraverso legami detti ammidici o peptidici.

Un sistema di classificazione dei peptidi Classe Numero di amminoacidi Dipeptide 2 Tripeptide 3 Tetrapeptide 4 Pentapeptide 5 Esapeptide 6 Eptapeptide 7 Ottapeptide 8 Nonapeptide 9 Decapeptide 10 Oligopeptide da 2 a 11 Polipeptide > 11 Proteina > 50 b Il termine residuo amminoacidico indica un amminoacido nel contesto di un peptide. Si utilizzano i termini oligopeptide e polipeptide per indicare rispettivamente macromolecole contenenti alcuni (in genere da 2 a 10) o molti (più di 10) residui amminoacidici. Con il termine di proteina si indicano polipeptidi con più di 50 residui che esercitano una funzione biologica solo se assumono una specifica conformazione tridimensionale. Esistono quindi peptidi proteici e peptidi non proteici ed entrambi i tipi di peptidi svolgono azioni biologiche importanti nel nostro organismo. Proteine e funzioni. Ciascuna proteina svolge una o più funzioni nell organismo, generalmente attraverso l interazione specifica con altre molecole. La conformazione (struttura tridimensionale) di ciascuna proteina determina il tipo di interazioni possibili e quindi la specifica funzione; essa dipende dalla sequenza dei residui amminoacidici contenuti nella proteina. L abolizione (denaturazione) della conformazione proteica determina la perdita della funzione.tra le funzioni più importanti esercitate dalle proteine negli organismi ricordiamo: 1. funzione strutturale (collagene) 2. funzione di trasporto (emoglobina, apolipoproteine, albumina) 3. funzione di difesa e protezione (immunoglobuline, fibrinogeno) 4. funzione di controllo e regolazione (ormoni, recettori di diversi ormoni, fattori di trascrizione) 5. funzione catalitica (tutti gli enzimi) 6. funzione di movimento (actina, miosina). Peptidi non proteici Anche numerosi peptidi non proteici esercitano diverse attività fisiologiche molto importanti. Alcuni fungono da ormoni o sostanze regolatrici; per esempio, il glucagone, costituito da 29 residui amminacidici, ha un ruolo essenziale nella regolazione del metabolismo glucidico e lipico; la vasopressina (ormone antidiuretico), un nonapeptide, stimola il riassobimento dell acqua a livello renale, mentre l ossitocina stimola la produzione di latte e la contrazione uterina durante la gravidanza. Altri peptici agiscono da fattori di crescita e regolano divisione cellulare e crescita dei tessuti. Infine i peptidi oppiacei (encefaline, endorfine) hanno un ruolo importante nella regolazione della sensazione del dolore: interagiscono con recettori del sistema nervoso centrale che legano sostanze ad azione analgesica come la morfina ed i derivati dell oppio. Anche per i peptidi non proteici la funzione specifica correla direttamente con la natura e la sequenza dei residui amminoacidici costitutivi, anche se non attraverso la determinazione di una conformazione tridimensionale specifica.

Peptide Numero di unità Ruolo, funzione, attività amminoacidiche Angiotensina II 8 Regola la pressione del sangue Bradichinina 9 Un vasodilatatore e un diuretico Gastrina 17 Stimola la secrezione di acido da parte dello stomaco Glucagone 29 Regola il metabolismo del glucosio Endotelina 1 21 Regola la pressione del sangue; partecipa al controllo del differenziamento durante lo sviluppo embrionale Metionina-encefalina 5 Un peptide oppiaceo e un neurotrasmettitore; un analgesico naturale Ossitocina 9 Stimola la lattazione e la contrazione dell'utero Sostanza P 10 Un neurotrasmettitore Fattore di rilascio della tirotropina 3 Ormone ipotalamico che stimola il rilascio della tirotropina da parte della ghiandola pituitaria Vasopressina (ormone antidiuretico [ADH]) 9 Regola la pressione del sangue e il riassorbimento dell'acqua da parte dei reni; un neurotrasmettitore Altre funzioni degli amino acidi AA neurotrasmettitori. Anche se il ruolo fondamentale degli amminoacidi è quello di mattoni costitutivi di proteine e peptici, essi possono svolgere altre funzioni importanti sotto forma di molecole singole. Innanzitutto possono essere una fonte di energia: le cellule sono dotate di sistemi enzimatici capaci di utilizzare lo scheletro carbonioso degli amminoacidi per formare glucosio o altri metaboliti, poi utilizzabili per la produzione di ATP. Alcuni amminoacidi hanno un ruolo importante quali neurotrasmettitori, ovvero quali messaggeri chimici nella comunicazione tra neuroni. Il glutammato (il sale dell amminoacido acido glutammico) è l esempio più significativo, ma anche glicina e aspartato possono agire in modo simile. Altri, come la tirosina, sono precursori necessari per la sintesi di ormoni o neurotrasmettitori. α amino acidi Anche se nell uomo sono stati individuati numerosi composti di natura amminoacidica, quelli più importanti e abbondanti, in quanto contenuti nelle proteine, sono gli α-amminoacidi. Essi sono caratterizzati dal fatto che entrambi i gruppi funzionali (amminico e carbossilico) sono legati allo stesso carbonio, detto appunto carbonio α. Esistono tuttavia anche amminoacidi diversi, che, in base allo spostamento del gruppo amminico rispetto a quello carbossilico, sono definiti: β, γ o Δ amminoacidi. Negli α-amminoacidi il carbonio centrale lega, oltre ai due gruppi funzionali, un atomo di idrogeno (-H) ed una catena laterale o gruppo R (-R) di natura diversa nei diversi amminoacidi.

Gli aa delle proteine. Gli α-amminoacidi che si riscontrano nelle proteine sono 20 e la tabella ne indica nome e abbreviazioni con cui vengono comunemente identificati.

Questi 20 amminoacidi si differenziano l uno dall altro esclusivamente in base alle caratteristiche chimiche della catena laterale R. Peptidi e proteine sono costituiti quindi da questi 20 residui amminoacidici, che possono essere legati in innumerevoli combinazioni di sequenza e numero. A questo livello di complessità, si aggiunge il fatto che alcuni residui amminoacidici possono essere chimicamente modificati una volta inseriti nel contesto della proteina (modifiche post-traduzionali). Un esempio tipico di questo fenomeno è la fosforilazione (attacco di un gruppo fosfato) di residui di serina o treonina contenuti nella catena amminoacidica di alcuni enzimi. Amino acidi essenziali. I 20 α-ammioacidi che costituiscono le proteine sono distinti in essenziali e non essenziali in base alla possibilità per le nostre cellule di sintetizzarli a partire da altri substrati. Otto amminoacidi sono essenziali e devono necessariamente essere assunti con l alimentazione. Per tutti gli altri esistono sistemi enzimatici che ne rendono possibile la biosintesi endogena. Proiezioni di fisher e enantiomeri L/D. La formula di proiezione di Fisher rappresenta il modo più semplice per descrivere su un piano bidimensionale la struttura di un α-amminoacido. Ricordiamo che in questa proiezione la catena carboniosa viene posta in una colonna verticale con il carbossile in alto. Le linee verticali rappresentano i legami che, nello spazio tridimensionale, si allontanano dall osservatore, quelle orizzontali i legami che si avvicinano. Da questa proiezione è facile osservare che il carbonio α di tutti gli α-amminoacidi (tranne glicina e prolina) lega quattro residui diversi; è quindi un atomo chirale o asimmetrico, che da luogo a due configurazioni assolute diverse, l una l immagine speculare dell altra, definite enantiomeri. Nella proiezione di Fisher, l enantiomero L ha il gruppo amminico a sinistra, l enantiomero Da destra. Gli enantiomeri L e D possono essere distinti per la proprietà fisica di ruotare il piano della luce polarizzata in senso opposto.

Gli α-amminoacidi presenti nelle proteine appartengono tutti alla serie L e molti organismi viventi, tra cui l uomo, non sono in grado di utilizzare gli amminoacidi della serie D. Proprietà acido-base. Possedendo contemporaneamente almeno un gruppo carbossilico ed un gruppo ammidico (ma altri gruppi protonabili possono essere presenti nelle catene laterali) gli amminoacidi possono avere carica netta (la somma complessiva delle cariche dei diversi atomi della molecola) variabile. Infatti questi gruppi funzionali si dissociano (perdita di uno ione idrogeno) o meno in base al ph dell ambiente in cui si trovano: in condizioni fisiologiche (ph 7.4), il gruppo carbossilico è deprotonato (COO - ) mentre quello amminico è protonato (NH 3 + ); quindi la carica netta di amminoacidi con i soli due gruppi funzionali principali è zero. A ph molto acidi (< 2), anche il gruppo carbossilico è indissociato e la carica netta pari a +1. Infine a ph fortemente basici (>10), il gruppo carbossilico è dissociato mentre quello amminico è indissociato: la carica netta dell amminoacido è 1.

Proprietà fisiche e Punto Isoelettrico. Questo comportamento dei gruppi protonabili principali e della catena laterale determina alcune caratteristiche fisiche degli amminoacidi, quali la solubilità in acqua e l elevato punto di fusione. Gli stessi fenomeni a carico delle catene laterali si manifestano anche per i residui amminoacidici nel contesto di peptidi e proteine. La presenza di cariche elettriche nei polimeri di amminoacidi contribuisce alla formazione di interazioni elettrostatiche intra- ed intermolecolari che contribuiscono sia al raggiungimento di una specifica conformazione sia alla specificità di interazione con ligandi diversi. Alla presenza di gruppi protonati o meno si associa un altra caratteristica fisica di amminoacidi e peptidi: il punto isolelettrico, ovvero il valore di ph al quale la carica netta della molecola è pari a zero. Questo valore può essere facilmente calcolato per gli amminoacidi di cui si conoscono numero e caratteristiche di acidità dei gruppi protonabili; per i peptici il valore deve invece essere determinato sperimentalmente. Caratteristiche degli α-amminoacidi. Gli α-amminoacidi possono essere distinti in gruppi diversi in base alle caratteristiche chimio-fisiche delle catene laterali. Individuiamo: amminoacidi idrofobici, amminoacidi neutri o polari ma non carichi, amminoacidi acidi, amminoacidi basici. Gli amminoacidi prevalentemente idrofobici possono avere catene laterali puramente alifatiche (alanina, valina, leucina ed isoleucina) o aromatiche (enilalanina, inosina e triptofano); gli amminoacidi

neutri o polari presentano catene laterali eterogenee, ma non protonabili; comprendono serina e treonina, che contengono un gruppo ossidrile, cisteina, che presenta un gruppo sulfidrile, glutammina e asparagina, con gruppi ammidici non protonabili.

Gli amminoacidi acidi (acido glutammico ed aspartico) contengono gruppi carbossilici (possibili cariche negative), mentre quelli basici(lisina, arginina ed istidina) hanno gruppi con atomi di azoto protonabili (possibili cariche positive).

Residui importanti per la conformazione. Glicina e prolina si distinguono dagli altri amminoacidi: la catena laterale del primo è rappresentata da un atomo di idrogeno.

E quindi l amminoacido più piccolo, con flessibilità (rotazione degli angoli di legame) nettamente superiore a quella di tutti gli altri. Questo spiega il fatto che, nel contesto di polipeptidi, si trovi in corrispondenza di punti di ripiegamento brusco della catena. Nella prolina invece la catena laterale è un anello che include l azoto del gruppo ammidico principale (gruppo imminico); ciò rende l amminoacido estremamente rigido, con ovvie conseguenze conformazionali quando inserito nel contesto di catene peptidiche. Idrofilicità. La presenza di catene laterali con caratteristiche fisiche ben distinte influenza direttamente l idrofilicità di ciascun amminoacido, che sarà ovviamente elevata per quelli con gruppi protonabili oppure polari, per diminuire progressivamente passando a quelli con catene neutre o idrofobiche. Questa caratteristica fisica gioca un ruolo importante nel contesto dei peptici proteici, che normalmente svolgono la propria funzione in ambiente acquoso: la conformazione più stabile dei peptici tenderà infatti a non esporre all ambiente circostante le catene laterali idrofobiche e, al tempo stesso, a porre sulla superficie di contatto le catene laterali polari e cariche. Proprio questo fenomeno rappresenta una delle forze determinanti per il raggiungimento della struttura tridimensionale finale delle proteine. Il legame peptidico Gli aminoacidi sono uniti dal legame peptidico. La formazione di peptidi deriva dalla concatenazione di più α-amminoacidi attraverso legami ammidici (o peptidici) in cui il gruppo carbossilico di un amminoacido reagisce con quello amminico di un altro amminoacido con eliminazione di una molecola d acqua. Più amminoacidi si possono unire a formare catene lineari, in cui entrambi i gruppi funzionali di ciascun residuo amminoacidico sono coinvolti in legami peptidici. Solo il primo amminoacido e l ultimo presenteranno l uno un gruppo amminico e l altro un gruppo carbossilico liberi. In una catena peptidica si può quindi individuare una direzionalità: il primo amminoacido identifica l estremità NH 2 terminale (gruppo amminico libero) e l ultimo l estremità COOH terminale (gruppo carbossilico libero).

Risonanza. Il legame peptidico presenta caratteristiche peculiari, che influenzano considerevolmente la conformazione di catene polipeptidiche. E un legame forte, con una lunghezza di circa 1.32 Å, che è maggiore di quella di un legame doppio ma inferiore a quella di un legame semplice. Il legame peptidico può infatti essere descritto dalle due forme limite di risonanza rappresentate nella figura. Ne consegue che è un legame rigido, ovvero che non consente rotazione lungo il proprio asse, e planare. Configurazioni Cis e Trans. La rigidità del legame peptidico rende possibili isomeri geometrici, caratterizzati da una configurazione cis o da una configurazione trans. Per ragioni di impedenza sterica, la configurazione trans è molto più stabile e quindi assunta praticamente dalla totalità dei legami peptidici negli organismi viventi.

I piani peptidici nella catena proteica Angoli phi e psi. Il legame peptidico è anche planare: gli atomi coinvolti nel legame (C-N) e quelli ad essi legati si trovano tutti sullo stesso piano, definito piano ammidico. Così una catena peptidica può essere descritta, dal punto di vista strutturale, non solo come una sequenza di residui amminoacidici, ma anche come una sequenza di piani peptidici. Ciascun carbonio α appartiene a due piani peptidici successivi e rappresenta quindi il loro atomo di connessione. Ramachandran Plots. Tale connessione avviene attraverso legami semplici tra Ca ed N amminico e tra Ca e C carbossilico; sono legami non rigidi e quindi i piani peptidici sono liberi di ruotare l uno rispetto all altro. Gli angoli di torsione (definiti phi e psi) possono avere valori diversi: per definizione sono possibili tutti i valori compresi tra 180 e +180 ; nella realtà, l ingombro sterico dovuto alle catene laterali di ciascun residuo amminoacidico limita notevolmente tali possibilità ed il fisico Ramachandran (grafico di Ramachandran) ha stabilito come prevedere tali valori sulla base della natura degli amminoacidi coinvolti nel legame peptidico.

Solo la glicina, avendo il solo idrogeno come catena laterale, rende possibile qualsiasi angolo di rotazione. Questo spiega quanto accennato in precedenza in relazione alla corrispondenza tra glicina e punti di maggiore flessibilità (torsione) nelle catene proteiche. Da quanto detto appare evidente che, alla determinazione della conformazione strutturale di un polipeptide, concorrono forze e vincoli diversi, quali: i piani di rigidità del legame peptidico, la possibilità di torsioni attorno agli angoli phi e psi, l ingombro sterico, il grado di idrofilicità delle catene laterali dei vari residui. Forze che determinano la struttura tridimensionale delle proteine Forze per la struttura 3D. Abbiamo visto come la definizione di proteina implica l assunzione da parte della catena amminoacidica di una conformazione tridimensionale specifica che determina la funzione del polimero stesso. In termini generali le proteine possono essere distinte in globulari (simili a gomitoli) o fibrose (simili a bastoncini). Tuttavia ciascuna proteina ha una sua forma specifica e unica. Diversi fattori e forze concorrono alla definizione di questa struttura. Si è precedentemente discusso come una delle forze trainanti è quella che porta le catene laterali idrofobiche verso l interno della struttura, al riparo da interazioni con l ambiente acquoso, esponendo contemporaneamente quelle idrofiliche sulla superficie di

contatto. Al raggiungimento di questo obiettivo concorre anche la formazione di ponti idrogeno che coinvolgono i gruppi amminici e carbossilici dello scheletro peptidico degli amminoacidi idrofobici: quando impegnate in tali legami, queste parti potenzialmente idrofiliche possono accomodarsi lontane dall ambiente acquoso, insieme alle catene laterali apolari. Il mantenimento della forma tridimensionale è inoltre raggiunto grazie all istaurarsi di interazioni elettrostatiche tra catene laterali cariche e di interazioni idrofobiche tra catene laterali apolari. Ponti disolfuro. Anche alcuni legami covalenti possono dare un contributo importante; è il caso dei ponti disolfuro tra i gruppi sulfidrile (-SH) di cisteine localizzate in punti distanti della stessa catena o di catene diverse (nel caso di proteine multimeriche). La forza di questi legami comporta una notevole stabilizzazione della forma tridimensionale definitiva. Ordini di struttura delle proteine Anche se ciascuna proteina ha una forma specifica e diversa da quella di ogni altro polipeptide, quando si confrontano e studiano conformazioni di proteine diverse si possono trovare elementi in comune, che aiutano a capire come tale livello di complessità possa essere raggiunto partendo da catene di 20 elementi costitutivi diversi. Per semplificare lo studio della forma delle proteine si distinguono quattro ordini di struttura diversi, identificati con i termini di struttura primaria, secondaria, terziaria e quaternaria. La struttura primaria indica la sequenza dei residui amminoacidici che costituiscono la catena. Tale sequenza è determinata dalla sequenza dei nucleotidi presenti nel gene codificante per la specifica proteina.

Ogni proteina ha una sequenza specifica che è un determinante importante per la struttura finale.questa catena di amminoacidi non rimane in uno stato completamente esteso, ma tende a ripiegarsi e arrotolarsi. A livello locale, si osserva spesso la tendenza a formare strutture ordinate, che mantengono caratteristiche simili in tutte le proteine e costituiscono appunto la struttura secondaria. Essa include α eliche e foglietti β. L unione di tutte le porzioni della catena con una precisa struttura secondaria e non in una organizzazione tridimensionale complessiva definisce la struttura terziaria, che corrisponde quindi alla forma definitiva di una proteina costituita da una singola subunità. In molti casi, la funzione biologica può essere svolta solo quando più subunità uguali o diverse si assemblano in complessi proteici multimerici; in questo caso la forma e l organizzazione dell intero complesso viene definita struttura quaternaria. Un esempio di proteina: l emoglobina Struttura dell emoglobina e l EME. L emoglobina è un esempio di proteina con struttura quaternaria; nell adulto (emoglobina A, HbA) è infatti costituita da 2 catene α e 2 catene β, unite in un unica struttura globulare attraverso interazioni non covalenti. Ciascuna sub-unità adatta in un particolare ripiegamento idrofobico una molecola non proteica, l eme, che, grazie all atomo di ferro in esso contenuto, può legare reversibilmente composti quali l ossigeno, l anidide carbonica, il monossido di carbonio. L emoglobina contenuta nei globuli rossi è la molecola che consente l efficace trasporto dell ossigeno nel nostro sangue, catturando 4 molecole di ossigeno/molecola di emoglobina a livello dei polmoni e cedendole nei distretti periferici. Curve di saturazione per O 2 e effetti dell ossigenazione sulla struttura 4. La struttura quaternaria dell emoglobina è fondamentale per consentire la funzione dell emoglobina, che si basa sulla reversibilità del legame con l ossigeno. Il grafico confronta, per diversi valori di pressione parziale di ossigeno (asse X, PO 2 ), la saturazione in ossigeno (asse Y, YO 2 ) dell emoglobina e della mioglobina, una

proteina dei muscoli. Quest ultima è una proteina monomerica, formata da un unica sub-unità molto simile alle catene presenti nell emoglobina. Osserviamo come la mioglobina raggiunge la saturazione in ossigeno anche in presenza di poco ossigeno nell ambiente, mentre l emoglobina raggiunge gli stessi livelli di saturazione solo in presenza di molto ossigeno. Questo significa che nei polmoni, dove la PO 2 è elevata, l emoglobina può caricarsi di ossigeno, ma, quando raggiunge distretti periferici, in cui la PO 2 è inferiore, rilascia l ossigeno, che può così raggiungere le cellule. Questo fenomeno è reso possibile dalla presenza delle 4 sub-unità; infatti, quando una subunità dell emoglobina lega una molecola di ossigeno, va incontro a lievi modifiche conformazionali che vengono trasmesse alle sub-unità vicine, aumentandone la capacità di legare a loro volta l ossigeno.

Tale fenomeno è tipico di proteine multimeriche e viene definito allosterismo. La caratteristica principale delle proteine allosteriche è quella di poter modificare la propria conformazione e, di conseguenza, la propria funzione, in seguito ad interazioni con molecole diverse, dette effettori allosterici. Riepilogo Gli amminoacidi sono composti organici caratterizzati dalla presenza nella molecola di un gruppo carbossilico e di un gruppo amminico. I più importanti per le cellule sono gli α amminoacidi, in cui entrambi i gruppi chimici sono legati allo stesso atomo di carbonio, detto appunto carbonio α. Essi sono infatti gli elementi costitutivi delle proteine e dei peptidi, che svolgono innumerevoli funzioni essenziali per la vita di tutti gli organismi. Gli α amminoacidi presenti nelle proteine di cellule eucariotiche sono 20 e si distinguono per la natura chimica della catena laterale R, che determina le caratteristiche chimico-fisiche (punto isoelettrico, idrofobicità e idrofilia) di ciascun amminoacido. Alcuni amminoacidi sono essenziali per il nostro organismo e devono essere apportati con la dieta. L unione degli amminoacidi a formare catene polipeptidiche avviene attraverso un legame chimico di tipo ammidico tra il gruppo amminico di un amminoacido e quello carbossilico di un altro. Il legame peptidico è un legame rigido, che non consente rotazione attorno al proprio asse. Determina quindi punti di rigidità nel contesto di una catena peptidica, influenzando significativamente la conformazione tridimensionale assunta dalla stessa. La capacità funzionale di ciascuna proteina dipende strettamente dal mantenimento di una struttura tridimensionale specifica (struttura terziaria o quaternaria per proteine multimeriche), correlata alla sequenza degli amminoacidi nella catena polipeptidica (struttura primaria), ma caratterizzata da motivi tridimensionali riscontrabili in molte proteine diverse (struttura secondaria: α elica e foglietto β).

DIGESTIONE E ASSORBIMENTO DEI COMPOSTI AZOTATI Introduzione L organismo umano non è in grado di sintetizzare tutti i diversi tipi di L-α-amminoacidi necessari per la sintesi proteica; alcuni di essi sono essenziali e devono essere apportati con l alimentazione. Le proteine che si assumono con la dieta non sono importanti in quanto tali, bensì quale fonte principale di amminoacidi per l organismo. Esse sono molecole di considerevoli dimensioni, contenenti sia legami covalenti forti che altri numerosi legami deboli, che ne determinano la conformazione. Per poter essere assorbite vanno incontro ad un processo digestivo che prevede due tappe: la denaturazione proteica, l idrolisi dei legami peptidici. Queste fasi avvengono nello stomaco e nell intestino, per un azione coordinata del succo acido gastrico e degli enzimi contenuti nelle secrezioni enteriche. Una volta semplificate a tripeptidi, dipeptidi e singoli amminoacidi, possono essere assorbite dagli enterociti e veicolate nel sangue per confluire nel pool degli aminoacidi liberi. Obiettivi Questa unità descrive i processi biochimici che consentono la digestione delle proteine assunte con la dieta ed i meccanismi di assorbimento intestinale degli aminoacidi. Metabolismo degli Amino Acidi: aspetti generali Diversi processi biochimici vitali dell organismo umano utilizzano composti azotati quali gli amminoacidi, le porfirine e le ammine biogene. Le cellule umane tuttavia non posseggono sistemi enzimatici che consentono di incorporare l azoto inorganico presente nell atmosfera (N 2 ) in composti di natura organica. Questo processo, denominato fissazione dell azoto, è realizzato solo da alcuni microrganismi e vegetali, e l uomo può semplicemente apportare composti azotati dall esterno, attraverso l alimentazione, e utilizzarli quali blocchi di partenza per le biosintesi endogene. Le proteine, essendo formate da amminoacidi, rappresentano la maggiore fonte di azoto organico. L assunzione di proteine garantisce da un lato la disponibilità degli amminoacidi essenziali, e quindi la sintesi proteica endogena, dall altro il mantenimento di un pool di amminoacidi liberi necessario per la biosintesi di tutti gli altri composti azotati. Circa il 2% delle proteine endogene viene rinnovato quotidianamente. Anche se una buona percentuale degli amminoacidi liberati da questo turnover vengono riutilizzati per i processi biosintetici, una parte viene invece eliminata e deve essere quindi rimpiazzata attraverso l apporto esogeno. Gli amminoacidi non possono infatti essere accumulati sotto forma di riserve come i lipidi o i carboidrati. Mentre eventuali eccessi vengono trasformati in altri metaboliti, eventuali deficit non possono essere colmati semplicemente da trasformazioni metaboliche endogene, in quanto non esistono sistemi enzimatici in grado di produrre gli otto amminoacidi essenziali. L apporto di amminoacidi con la dieta è quindi necessario per la vita. Anche se il loro compito principale è di natura strutturale, dobbiamo ricordare che gli amminoacidi possono svolgere, in condizioni particolari, anche un ruolo energetico nell organismo, ovvero essere utilizzati per produrre glucosio.

Digestione e assorbimento degli amino acidi Digestione ed assorbimento. Le proteine sono macromolecole complesse, formate da aminoacidi uniti da forti legami peptidici in catene che generalmente assumono conformazioni tridimensionali complesse. Per poter essere assorbite, le proteine devono subire un processo di semplificazione notevole, che porta alla liberazione dei singoli amminoacidi o dei dipeptidi e tripeptidi presenti nella catena polipeptidica. Il processo inizia nello stomaco, grazie al succo fortemente acido secreto dalle cellule parietali, che consente la denaturazione iniziale della massa proteica. In questa sede inizia anche la vera lisi dei legami peptidici ad opera della proteasi pepsina; il processo prosegue e viene portato a termine nell intestino, dove altre proteasi presenti nel secreto pancreatico e negli enterociti completano l idrolisi dei legami covalenti. Denaturazione Proteica. Molto spesso le proteine alimentari subiscono un iniziale processo di denaturazione nel corso dei processi di cottura. L esposizione ad alte temperature distrugge i legami deboli (ponti idrogeno, interazioni elettrostatiche, interazioni idrofobiche) che contribuiscono alla definizione della conformazione proteica. Lo stesso effetto viene raggiunto nello stomaco, ad opera dell acido cloridrico presente nel succo gastrico. Il venir meno di tutte le interazioni intra- ed intercatenarie determina la trasformazione delle proteine in semplici strutture lineari, in cui i singoli legami peptidici sono facilmente accessibili all attacco di enzimi proteolitici. Pepsina. Nel lume gastrico inizia anche l idrolisi delle proteine esogene. Le cellule gastriche secernono uno zimogeno, il pepsinogeno, che viene attivato ad enzima attivo, la pepsina, ad opera del ph acido. L attivazione comporta il distacco di una porzione della catena amminoacidica, con conseguente esposizione del sito attivo. Le molecole di pepsina attivate dall acidità ambientale velocizzano l attivazione del resto del pepsinogeno con un processo autocatalitico. La pepsina è un endopeptidasi che scinde specificamente legami peptidici, in cui sono coinvolti amminoacidi aromatici o bicarbossilici; in questo modo degrada le proteine denaturate in grossi frammenti polipetidici.

Endopepeptidasi. Le proteine grossolanamente frammentate giungono nel duodeno, dove le secrezioni pancreatiche e biliari neutralizzano l acidità del secreto gastrico, rendendo l ambiente modicamente basico. Il secreto pancreatico contiene endopeptidasi ed esopeptidasi che continuano la degradazione delle proteine; si tratta di: tripsina, chimotripsina ed elastasi (endopeptidasi) procarbossipeptidasi A e B (esopeptidasi). Questi enzimi sono rilasciati nel lume intestinale come zimogeni (tripsinogeno, chimotripsinogeno, proelastasi e procarbossipeptidasi). Un enzima prodotto dalle cellule della mucosa intestinale, l enterochinasi, attiva per proteolisi il tripsinogeno liberando la tripsina, che, a sua volta attiva gli altri zimogeni pancreatici.

Le tre endopeptidasi hanno specificità diverse e, idrolizzando i legami peptidici interni delle catene polipeptidiche, riducono le catene amminoacidiche a piccoli frammenti. Questi sono attaccati dalle cabossipeptidasi che, idrolizzando i legami peptidici posti all estremità carbossi-teminale dei peptidi, liberano singoli amminoacidi e accorciano progressivamente le catene amminoacidiche.

Le cellule della parete intestinale producono o espongono sulla loro superficie enzimi quali l amminopeptidasi o specifiche dipeptidasi, che scindendo rispettivamente i legami peptidici posti all estremità amino-terminale dei peptidi, oppure quelli contenuti in specifici dipeptidi, contribuiscono alla liberazione dei singoli amminoacidi costitutivi delle proteine assunte con l alimentazione. Assorbimento AA. I prodotti finali della digestione proteica sono amminoacidi liberi, dipeptidi e tripeptidi; e tutti vengono assorbiti dalla mucosa enterica. Dipeptidi e tripeptidi possono essere efficacemente semplificati all interno degli enterociti, ad opera di aminopeptidasi citoplasmatiche. Gli amminoacidi a ph fisiologico presentano i gruppi amminico e carbossilico in forma protonata (-NH3 + e COO - ), e quindi, in quanto ioni, non possono superare la membrana plasmatica passivamente. Esistono trasportatori attivi o facilitati che veicolano questi composti attraverso le membrane; sono dotati di specificità diverse per i vari tipi di amminoacidi e molti di essi utilizzano il gradiente della concentrazione di sodio, esistente ai due lati delle membrane, quale fonte di energia per il trasporto. Riepilogo La digestione delle proteine è un processo fondamentale per garantire l apporto di amminoacidi all organismo. Il processo digestivo inizia con la denaturazione della complessa struttura tridimensionale delle molecole ad opera del ph gastrico. La linearizzazione della catena amminoacidica rende attaccabili i legami peptidici dalle endopeptidasi e carbossipeptidasi. La pepsina presente nel secreto gastrico inizia l idrolisi dei legami, che viene completata nel lume intestinale dalle peptidasi secrete dal pancreas. Questi enzimi, secreti in forma inattiva, vengono attivati per proteolisi parziale e determinano la semplificazione delle proteine ad amminoacidi liberi, dipeptidi e tripeptidi. Dipeptidasi ed amminopeptidasi presenti sulla membrana e nel citoplasma degli enterociti completano il processo digestivo. L assorbimento degli amminoacidi attraverso la mucosa intestinale avviene attraverso l intervento di trasportatori specifici.

CARATTERISTICHE GENERALI DEL CATABOLISMO AMMINOACIDICO Introduzione Gli animali non partecipano al processo di fissazione dell azoto, ovvero non sono in grado di ridurre l azoto atmosferico ad azoto amminico, nitrati e nitriti. Essi assumono ed eliminano azoto allo stato di ossidazione dell ammoniaca. Si utilizza il termine di bilancio dell azoto per indicare l equilibrio tra azoto apportato con l alimentazione e quello escreto con urina e feci. L azoto eliminato deriva principalmente dal catabolismo delle proteine e quindi degli amminoacidi. In condizioni normali, gli amminoacidi non sono una fonte energetica importante per il nostro organismo, tuttavia, in alcune situazioni, non potendo essere accumulati, essi vengono attivamente ossidati. Il loro catabolismo può essere distinto in due fasi separate: 1. l eliminazione del gruppo amminico, 2. l utilizzo dello scheletro carbonioso. La prima fase è molto delicata in quanto genera ammoniaca (NH 3 ), un composto tossico per gli animali; una serie di reazioni spendono energia per trasformare l ammoniaca in un composto meno tossico e facilmente eliminabile. Quando questi meccanismi biochimici non funzionano correttamente possono insorgere sintomatologie cliniche gravi, dovute appunto all accumulo di ammoniaca nel sangue. Obiettivi In questa lezione sono descritti i processi biochimici che determinano e regolano l ossidazione degli amminoacidi. In particolar modo vengono descritte le reazioni che portano all eliminazione del gruppo amminico degli amminoacidi sotto forma di urea e quelle che consentono l utilizzo dello scheletro carbonioso di tali composti. La lezione include anche alcuni cenni alle patologie che insorgono quando questi processi sono difettosi. Catabolismo degli amino acidi: aspetti generali Gli amminoacidi sono la principale forma di azoto nell organismo. Essi sono utilizzati principalmente per la sintesi proteica e, a differenza di quanto accade per acidi grassi e glucosio, non possono essere accumulati in quanto tali. Quando la loro assunzione con la dieta è in eccesso rispetto alle esigenze biosintetiche, oppure quando la disponibilità di altri nutrienti è insufficiente per mancato apporto dall esterno (digiuno) o stati dismetabolici (p.es.: diabete), gli amminoacidi possono essere attivamente ossidati, e il loro scheletro carbonioso utilizzato quale fonte di energia. Poiché gli amminoacidi contengono un gruppo amminico, la loro ossidazione prevede una tappa fondamentale, in cui tale gruppo viene separato dal resto della struttura molecolare ed indirizzato verso

processi biochimici che ne consentono l eliminazione. La restante parte della molecola può poi essere trasformata in intermedi metabolici importanti (glucidi, lipidi e corpi chetonici) ed essere utilizzata da circuiti biochimici ossidativi che portano alla produzione di energia chimica. Le transamminasi Biosintesi dell urea. Gli animali eliminano l azoto proveniente dai composti azotati sotto forma di tre diversi prodotti finali: ammoniaca, acido urico, urea. L uomo è un organismo ureotelico, che elimina l azoto sotto forma di urea. La biosintesi dell urea avviene attraverso una serie di tappe diverse: 1. la transamminazione, 2. la deamminazione ossidativa del glutammato, 3. il trasporto dell ammoniaca, 4. il ciclo dell urea. Le reazioni di transamminazione consentono il trasferimento del gruppo amminico α da un amminoacido donatore (nella figura amminoacido 1) ad un chetoacido accettore (chetoacido 1), creando in questo modo il chetoacido corrispondente all amminoacido di partenza (chetoacido 2) e un nuovo amminoacido (amminoacido 2). Si tratta di reazioni reversibili, che non comportano la perdita netta di un gruppo amminico, bensì semplicemente il suo trasferimento. Sono quindi reazioni importanti anche dal punto di vista anabolico, in quanto consentono di creare nuovi amminoacidi (non essenziali) a partire da altri. Specificità e coenzima PLP. Il piridossal fosfato (PLP), derivato dalla vitamina B6, è il cofattore presente nel sito attivo di tutte le transaminasi, che sono accomunate dallo stesso meccanismo di reazione. Il coenzima agisce da trasportatore intermedio del gruppo amminico ceduto da un amminoacido. Quando quest ultimo lascia il sito attivo sotto forma di chetoacido, un secondo chetoacido si lega al sito attivo e riceve il gruppo amminico dal PLP, trasformandosi in un amminoacido. Ciascuna transferasi è specifica per una coppia di substrati, ma non per l altra coppia. Così l alanina piruvato transaminasi trasforma alanina in piruvato (e viceversa) interagendo con coppie diverse di α -chetoacido/ α -amminoacido, mentre la glutammato α -chetoglutaratotransaminasi trasforma specificamente α -chetoglutarato in glutammato e viceversa.

Transamminasi e medicina. Le trasamminasi sono enzimi presenti in molti tessuti, tuttavia la concentrazione maggiore si riscontra nel fegato, organo in cui può avvenire la produzione di urea, e nel miocardio. Come molti altri enzimi sono riscontrabili anche nei liquidi biologici (soprattutto nel sangue) in conseguenza del normale processo di ricambio cellulare.

La quantificazione della concentrazione sierica di due tipi di transamminasi l alanina-amminotransferasi (ALT) e l aspartato-amminotransferasi (AST), ha una valenza importante nella diagnostica medica. Il primo enzima (ALT) è un marcatore biochimico utile per valutare patologie epatiche. Le maggiori elevazioni (valori normali sono 35-40 Unità/L) si riscontrano in corso di danno epatocellulare (epatiti). Incrementi della concentrazione della AST (valori normali = 35-40 Unità/L) si manifestano invece in caso di infarto miocardio, ma anche in seguito a patologie epatiche (epatiti, carcinomi epatici) e muscolari (traumi, interventi chirurgici, distrofie). La deamminazione del glutammato Il glutammato. Dal punto di vista catabolico, l importanza delle reazioni di transamminazione deriva dal fatto che l accettore più frequente o finale è l α -chetoglutarato. In questi casi si ha la formazione di glutammato per trasferimento del gruppo amminico di vari amminoacidi. Reazioni quali quelle catalizzate dagli enzimi Aspartato Aminotransferasi (AST) e Alanina Aminotransferasi (ALT), trasferendo il gruppo amminico sull α -chetoglutarato non determinano l eliminazione del gruppo azotato potenzialmente tossico, ma lo convogliano su un unico metabolita, il glutammato. Questo fenomeno è importante in quanto il glutammato è l amminoacido che con maggiore facilità va incontro a processi di deamminazione. Deamminazione. La deamminazione ossidativa del glutammato è catalizzata dalla glutammato deidrogenasi, un enzima localizzato nella matrice mitocondriale, che richiede NAD + o NADP + quale coenzima ossidante. Il gluatammato formatosi nel citosol ad opera delle transaminasi entra nei mitocondri e subisce il distacco del gruppo amminico, liberato sotto forma di ammoniaca, trasformandosi nuovamente in α -chetoglutarato. Metaboliti. La liberazione di ammoniaca dagli amminoacidi è quindi un processo che richiede l azione coordinata di transaminasi e glutammato deidrogenasi. Questo processo è particolarmente efficace a livello epatico, dove l attività della glutammato deidrogenasi è sottoposta a regolazione allosterica da parte di diversi metaboliti: GTP, ATP, NADH, ADP.

I primi tre hanno un effetto inibitore, l ultimo ha un effetto attivante. Sempre a livello epatico avviene la trasformazione dell ammoniaca in urea. Anche la deamminazione del glutammato è una reazione completamente reversibile e quindi ha un ruolo anche nei processi anabolici, potendo catalizzare l attacco di un gruppo amminico all α -chetoglutarato, con conseguente formazione di glutammato. Produzione di glutammina. L ammoniaca prodotta nei tessuti extraepatici a partire dagli amminoacidi e da altri composti azotati deve essere trasportata al fegato per essere trasformata in urea. Essendo un prodotto altamente tossico, non viene liberata come tale, bensì rapidamente incorporata in composti organici. La via principale di questo processo è catalizzata dall enzima glutamminasintetasi, che aggiunge ammoniaca al carbossile terminale del glutammato, trasformandolo appunto in glutammina. La reazione consuma un legame altamente energetico dell ATP. La glutammina liberata nel sangue viene attivamente captata dal fegato, ove va incontro a deamminazione (glutamminasi) formando glutammato, che può essere ulteriormente trasformato in α -chetoglutarato.

Ciclo Alanina-Glucosio. Un circuito metabolico particolare ed importante si instaura tra muscolo e fegato in condizioni in cui la degradazione proteica ai fini energetici è abbastanza elevata. I gruppi amminici derivati dagli amminoacidi vengono trasferiti normalmente al glutammato; questo può essere trasportato al fegato come glutammina, oppure essere convertito per transamminazione in alanina utilizzando come chetoacido accettore il piruvato proveniente dalla glicolisi. L alanina viene trasportata al fegato e ritrasformata in glutammato, che entra nel processo di deamminazione ossidativa, e piruvato. Quest ultimo viene incanalato verso la neosintesi di glucosio che, rilasciato nel sangue sarà captato dai muscoli. Questo ciclo glucosio-alanina rappresenta un meccanismo di economia metabolica, in quanto fa sì che il fegato spenda energia per sintetizzare il glucosio, mentre il muscolo utilizza l ATP solo ai fini della contrazione. L eliminazione dell azoto: il ciclo dell urea L'eliminazione dell'azoto. L eliminazione dell ammoniaca procede attraverso un percorso biochimico ciclico denominato ciclo dell urea. Esso prevede più tappe enzimatiche, di cui alcune avvengono nei mitocondri ed altre nel citosol. Tappa preliminare del ciclo iniziale è l incorporazione dell ammoniaca presente all interno dei mitocondri nel composto carbammil-fosfato. La reazione avviene nei mitocondri, ad opera dall enzima carbammilfosfato sintetasi I, che utilizza ammoniaca, anidride carbonica (sotto forma di HCO 3 - ) e 2 molecole di ATP. La reazione è fortemente irreversibile ed è attivata allostericamente da N-acetilglutammato.

Esiste anche un isoforma citosolica di questo enzima (carbammilfosfato sintetasi II), che interviene nella biosintesi delle pirimidine. Ciclo dell UREA. Il carbammilfosfato è un composto attivato che entra nel ciclo dell urea reagendo con ornitina per formare citrullina. La citrullina esce quindi dai mitocondri e il ciclo continua nel citsol. Un secondo gruppo amminico viene apportato al ciclo dell urea tramite una reazione di transamminazione che trasferisce il gruppo azotato dall amminoacido aspartato alla citrullina. La reazione, catalizzata dall argininosuccinato sintetasi consuma una molecola di ATP. La successiva scissione dell argininosuccinato produce fumarato e arginina. Il fumarato può entrare nel ciclo di Krebs, mentre l arginina viene idrolizzata ad opera dell enzima citosolico arginasi, che produce urea ed ornitina, il substrato iniziale del ciclo. L urea così prodotta passa nel sangue per essere escreta dai reni con l urina; l ornitina invece viene veicolata nei mitocondri per iniziare un nuovo ciclo. La stechiometria del ciclo dell urea può essere riassunta nella reazione: CO 2 + 2NH 4 + + 3 ATP + Aspartato + H 2 O -> UREA + 2ADP + AMP + PPi + Fumarato. Dato che il pirofosfato prodotto nella formazione di carbammilfosfato viene ulteriormente idrolizzato a fosfato inorganico, il ciclo prevede il consumo di quattro legami altamente energetici. Tuttavia il fumarato generato nel ciclo viene trasformato in malato e questo in ossalacetato, con produzione di una molecola di NADH.

Poiché la riossidazione del coenzima ridotto ad opera della catena respiratoria produce circa 3 molecole di ATP, si può affermare che il costo energetico del ciclo dell urea non così elevato. La velocità con cui procede il ciclo dell urea è strettamente legata alla dieta. Se sono assunte molte proteine oppure se si è in una fase di digiuno, si ha un intensa attività di degradazione proteica, con conseguente incremento del flusso produttivo di urea. La regolazione della velocità del ciclo avviene soprattutto attraverso meccanismi a lungo termine che determinano maggiore o minore biosintesi degli enzimi coinvolti nel ciclo e della carbammilfosfato sintetasi. Destino dello scheletro carbonioso Se l organismo investe energia per eliminare il gruppo amminico degli amminoacidi sotto forma di urea, può tuttavia ricavare energia dall ossidazione dello scheletro carbonioso delle stesse molecole. In condizioni normali il catabolismo degli amminoacidi può contribuire per una percentuale del 10-15% alla produzione totale di energia chimica. Il catabolismo dei diversi amminoacidi presenti nelle proteine converge verso la formazione di prodotti che sono in grado di entrare nel ciclo di Krebs per essere quindi completamente ossidati ad anidride carbonica ed acqua. Alcuni di essi possono tuttavia essere utilizzati per la gluconeogenesi o la chetogenesi. In particolar modo sei amminoacidi vengono trasformati in piruvato (e successivamente acetil-coa), cinque in α -chetoglutarato, quattro in succinil-coa, due in fumarato, due in ossalacetato: nel loro insieme, potendo dar luogo a molecole utilizzabili per la gluconeogenesi, questi amminoacidi vengono definiti glucogenici. Altri amminoacidi producono acetoacetil-coa ed acetil-coa, che possono essere utilizzati per produrre corpi chetonici; vengono così definiti chetogenici. Per alcuni amminoacidi, una porzione dello scheletro carbonioso è chetogenica e l altra porzione è glucogenica: rientrano quindi in entrambi i gruppi. Solo lisina e leucina sono esclusivamente chetogenici.

Amminoacidi glucogenici e cheto genetici. Lo scheletro carbonioso (o parte di esso) di: alanina, glicina, cisteina, serina, treonina, triptofano, viene degradato a piruvato. Quest ultimo è generalmente convertito in acetil-coa ed entra nel ciclo dell acido citrico. Ovviamente può essere trasformato anche in ossalacetato e rifornire la gluconeogenesi. Una parte della struttura di: triptofano, fenilalanina, tirosina, leucina, isoleucina, produce acetil-coa direttamente oppure attraverso la formazione di acetoacetil-coa.

Fenilalanina e Tirosina. Fenilchetonuria (PKU). Il catabolismo della fenilalanina inizia con una reazione di idrossilazione dell anello benzenico generando tirosina. Questa tappa biochimica è catalizzata dall enzima fenilalanina idrossilasi. La mancanza dell enzima è associata ad una grave patologia, nota come fenichetonuria. La fenilalanina, non potendo essere adeguatamente catabolizzata, si accumula e da luogo a metaboliti alternativi quali: fenilpiruvato, fenilacetato, fenillattato, che si possono facilmente riscontrare nelle urine. Se presenti nei primi giorni di vita, questi metaboliti alterano i normali processi di sviluppo cerebrale portando a ritardo mentale. Per questo è obbligatorio eseguire screening sui neonati (vengono quantificati i metaboliti sopraccitati), in modo da attuare, in caso di test positivo, adeguate misure preventive (eliminare la fenilalanina dalla dieta).

Amminoacidi glucogenici. Lo scheletro carbonioso di prolina glutammato, glutammina, arginina ed istidina è convertito ad α -chetoglutarato. Quello di metionina, treonina, valina ed isoleucina genera invece succinil-coa. Aspartato ed asparagina sono trasformati in ossalacetato, mentre fenilalanina e tirosina producono anche fumarato. Riepilogo Gli amminoacidi derivati dalla degradazione delle proteine endogene o apportate dall esterno possono essere utilizzati nell organismo per produrre energia chimica. Se limitato in condizioni normali, questo fenomeno catabolico può divenire importante in condizioni di digiuno o in stati patologici (diabete) che precludono il normale utilizzo di altri nutrienti. In questi stati la demolizione della massa muscolare e il catabolismo amminoacidico risultano sensibilmente aumentati. Il catabolismo degli amminoacidi può essere distinto in due fasi: l eliminazione del gruppo amminico sotto forma di urea, e la degradazione ossidativa dello scheletro carbonioso. La prima parte viene espletata tramite processi di transamminazione che convogliano la maggior parte dei gruppi azotati dei diversi amminoacidi sul glutammato. Quest ultimo può essere efficacemente deamminato ad opera della glutammato deidrogenasi. L ammoniaca staccata dal glutammato viene convogliata verso la produzione di urea, un composto organico meno tossico dell ammoniaca stessa.