Il Problema della libertà religiosa nell insegnamento scolastico



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Il Problema della libertà religiosa nell insegnamento scolastico Luca Paparella

INTRODUZIONE Questa trattazione non si pone quale obiettivo quello di dare una soluzione concreta al difficile problema dell IR nelle scuole pubbliche, italiane e d Europa, ma quello di affrontare in maniera problematica lo stesso, proponendo spunti di riflessione partendo da fatti concreti, usi e statuizioni. Per inquadrare subito la questione, dobbiamo considerare come la libertà religiosa, diritto inviolabile sancito in primis nella nostra costituzione (ma anche degli altri paesi europei), si inserisce prepotentemente nell ambito scolastico, in diretto riferimento all insegnamento religioso (IR). L IR si andrà a porre necessariamente in modo diverso a seconda dell ordinamento che andiamo ad analizzare, in merito però a soluzioni concrete adottate dai singoli paesi; il principio di base che fonda il nostro argomento si pone invece più astrattamente, come libertà religiosa dello studente di poter scegliere i propri corsi d insegnamento. La possibilità cioè di avvalersi o meno dell insegnamento religioso e, nel contempo, se questa scelta sia un obbligo o una facoltà; ma ancora, se nella possibilità di scelta siano previste alternative e se nella pratica siano concretamente attuate. Solo nel momento in cui queste condizioni siano realizzate si potrà iniziare a parlare di libertà religiosa nell insegnamento. PANORAMICA EUROPEA CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL ITALIA La religione è necessariamente presente nelle scuole europee non solo in ossequio al rispetto ed alla valorizzazione della libertà di coscienza e convinzione dello studente, ma ancor più in funzione della loro più alta finalità. Pertanto rendere lo studente europeo capace di affrontare le sfide di una società globalizzata e nel contempo multiculturale, impone con altrettanta forza, una attenzione speciale alla dimensione religiosa. Il fattore religioso compare nel piano di studi sotto diverse forme: esso entra tra i saperi negli insegnamenti storico-umanistici o socio-geografici, ma anche nel corso di morale non confessionale. Vi è poi la religione nella sua dimensione più spiccatamente identitaria. Il religioso dunque è parte del patrimonio storico-culturale di una società, si incarna storicamente e costituisce una delle possibili e varie identità collettive:

l appartenenza religiosa resta, infatti, un fattore identitario di primaria importanza anche in una società laica e plurale. La pluralità religiosa ha un effetto benefico perché arricchisce la domanda religiosa e pone problemi di confronto, di convivenza, di superamento di concezioni ingenuamente identitarie (cuius regio eius et religio); può però produrre anche effetti negativi. C è infatti, accanto a un relativismo sano (le nostre religioni sono continue approssimazioni all Assoluto e dunque sono relative), anche un relativismo negativo, che si manifesta come indifferenza, disinteresse, soggettivismo assoluto, scetticismo. A volte si assume la propria religione come fattore identitario, indipendentemente dalla fede e dall adesione interiore, per combattere i portatori di religioni diverse. Questa forma di relativismo, di cui è forma anche l assolutismo strumentale, ha effetti negativi anche sulla morale, in particolare nella scuola pubblica. La scuola non può né deve ignorare i fatti e i valori religiosi, ma deve affrontarli in termini di conoscenza e di riflessione critica, onesta e non pregiudizialmente ostile o apologetica; non in termini di catechesi volta a produrre consenso, o, peggio, di indottrinamento e di proselitismo. In Europa è vero che le cose sono cambiate ovunque e la situazione attuale è in continuo movimento. È dunque importante contestualizzare il discorso dell insegnamento del fatto religioso per non credere che l immobilismo ed il confessionalismo italiano siano un fenomeno europeo. È vero il contrario. Qualche piccolo flash per motivare quanto sto dicendo e che mostra come la questione trovi soluzioni diverse. a) Nel maggio 2009, a Berlino, è stato indetto un referendum per introdurre nella scuola pubblica, accanto ad un insegnamento di etica, la materia «religione», sin qui facoltativa. Il referendum era stato promosso dalle due confessioni, cattolica ed evangelica (iniziativa «Pro Reli») al fine di riproporre l obbligatorietà dell insegnamento religioso nella scuola pubblica, con la possibilità di scelta tra etica e religione: un tentativo «ecumenico» finito male per chi lo proponeva a una popolazione che nei territori della ex Ddr non appartiene, per circa il 70%, ad alcun credo religioso. In ogni caso si è trattato di un dato in controtendenza rispetto ad altri contesti europei in cui la religione sembra avanzare e trovare credibilità anche in ambienti sostanzialmente indifferenti.

b) Gli altri tre flash si riferiscono invece ad una diversa realtà, la Svizzera, in cui la problematica religiosa è di competenza cantonale. Non da oggi si assiste, per quanto riguarda l insegnamento del fatto religioso nella scuola pubblica, a una pluralità di esperimenti e di soluzioni: nel cantone di Zurigo per esempio (dove cattolici e protestanti si equivalgono), dopo lunghe discussioni e ipotesi, è entrato in vigore, ormai da qualche anno, un insegnamento curricolare aconfessionale, che tratta la questione religiosa da un punto di vista della cultura europea; la catechesi vera e propria è invece rinviata alle diverse comunità di fede. Il fatto religioso, come fatto culturale, è dunque chiaramente distinto dal problema della diversa appartenenza religiosa e confessionale; nel cantone di Basilea è invece stato soppresso qualsiasi insegnamento religioso nella scuola pubblica: anche per motivi di costi, il cantone ha deciso di non farsene più carico e tale insegnamento è ora affidato alla cura delle Chiese che lo devono finanziare L insegnamento della religione nella scuola pubblica italiana è un nodo irrisolto da quasi un secolo e mezzo, cioè per tutta la storia del nostro Stato unitario: dal 1870 quando una circolare del Ministero della Pubblica istruzione rendeva possibile l istruzione religiosa dello studente, ma solo su richiesta dei genitori al 2009, anno in cui le varie e contrapposte visioni non solo non hanno trovato una qualche composizione ma hanno avuto modo e tempo per acutizzarsi. D altronde il problema non è di poco conto se si pensa a come chiami in causa, in un sol colpo, la tradizione culturale della nazione e il suo principio costituzionale della libertà religiosa; a come metta di fronte uno Stato laico e le Chiese, prima di tutte una, la cattolica; a come riproponga in continuazione alle istituzioni pubbliche il dovere e la possibilità di mantenersi laiche. Il 5 maggio 2009 la Congregazione vaticana per l educazione cattolica ricordava perentoriamente alla Conferenza episcopale italiana che «l insegnamento della religione cattolica è una materia scolastica con le stesse esigenze di sistematicità e rigore delle altre discipline»; da difendere, quindi, come diritto esclusivo e da tutelare da ogni confronto e contaminazione. Di luglio, la sentenza del Tar del Lazio (n. 7076) che dichiara illegittime due ordinanze emanate due anni prima (2007/08) dall allora ministro Fioroni in cui si riconosceva una valutazione di privilegio all Irc, discriminando di fatto chi, liberamente e legittimamente, sceglieva di non avvalersi dell ora di religione cattolica

L'insegnamento della religione cattolica in Italia, comunemente chiamato ora di religione, è un'istituzione del concordato tra Stato italiano e Chiesa cattolica. Prevede che in tutte le scuole pubbliche italiane siano riservate lezioni settimanali (un'ora e mezza per materna, due ore per primaria, un'ora per secondaria di primo grado e secondo grado) all'insegnamento della religione cattolica. Ogni anno, all'atto dell'iscrizione alla classe successiva, lo studente decide se avvalersi o meno di tale possibilità. Il valore educativo dell'irc è particolarmente discusso: da parte cattolica, ma anche da parte di alcuni esponenti laici la conoscenza della Bibbia e del cattolicesimo è ritenuta opportuna per conoscere una parte integrante del patrimonio storico, culturale, artistico dell'italia; da parte laica, ma anche di alcuni ambienti religiosi (ad esempio la Chiesa Valdese) è ritenuta in contrasto con la laicità costituzionale della Repubblica Italiana e dunque della scuola pubblica, in quanto insegnamento di parte. La Tavola Valdese, in particolare, è convinta che l'educazione e la formazione religiosa della gioventù siano di specifica competenza delle famiglie e delle chiese e non vada svolto l'insegnamento di catechesi o di dottrina religiosa o pratiche di culto nelle scuole pubbliche o gestite dallo Stato. «Nel quadro delle finalità della scuola e in conformità alla dottrina della Chiesa Cattolica, l'i.r.c. concorre a promuovere l'acquisizione della cultura religiosa per la formazione dell'uomo e del cittadino e la conoscenza dei principi del cattolicesimo che fanno parte del patrimonio storico del nostro Paese» (Art. 1 Nuovi programmi IRC) «Con riguardo al particolare momento di vita degli studenti e in vista del loro inserimento nel mondo del lavoro e civile, l'irc offre contenuti e strumenti specifici per una lettura della realtà storico - culturale in cui essi vivono; viene incontro ad esigenze di verità e di ricerca del senso della vita, contribuisce alla formazione della coscienza morale e offre elementi per scelte consapevoli e responsabili di fronte al problema religioso» (Art. 2 Nuovi programmi IRC)

Gli insegnanti di religione, come i colleghi delle altre materie, hanno programmi di riferimento, pubblici e approvati dall'autorità scolastica. Recentemente, in accordo con l'avvio della riforma Moratti, sono stati approvati e sono entrati in vigore precisi Obiettivi Specifici di Apprendimento (OSA) per il ciclo primario e la secondaria di primo grado. Ad essi devono fare riferimento anche i libri di testo. Per l Italia, che dal 1984 non ha più una religione di Stato e che in questi ultimi 20 anni ha subìto dei profondi cambiamenti, sociologici, culturali e religiosi, il cattolicesimo si presenta come se fosse, nei fatti, religione di Stato. Di qui tre domande: 1) come mai la Conferenza episcopale italiana non prende atto che non esiste più una religione di Stato e che di conseguenza anche l Irc (Insegnamento della religione cattolica) è materia facoltativa, di parte, che non si può proporre a tutta la nazione? 2) essendo l unica titolare dell insegnamento religioso nella scuola di Stato, perché la Chiesa cattolica nulla dice sui «non avvalentisi» dell Irc, che pure hanno diritto ad una formazione di cultura religiosa non-confessionale, ecumenica e interreligiosa che anche numerosi cattolici richiedono? 3) numerose Agenzie in Europa hanno avanzato proposte per un insegnamento religioso aconfessionale e rispettoso delle minoranze religiose e dei non credenti, a cui hanno partecipato illustri studiosi cattolici. Perché queste proposte in Italia non vengono presentate, discusse? In quale direzione si stia andando (anche tenendo presente i quesiti appena posti) lo ha detto il Congresso dei docenti di Religione cattolica, organizzato dalla Cei il 23-25 aprile 2009, presente la ministra Gelmini. Nella sua relazione al congresso il cardinal Bagnasco ha rivendicato «il pieno riconoscimento dell Irc da parte dello Stato» e il dovere di «superare ancora residue contraddittorie limitazioni». Dice ancora Bagnasco: «Per gli studenti che hanno altro credo religioso o si riferiscono ad altro sistema di significati, conoscere e comprendere la religione cristiano-cattolica significa anche comprendere meglio la cultura italiana, cioè la cultura nella quale si vive». Certamente questo nessuno lo mette in discussione ma è onesto ridurre tutto alla tradizione del cattolicesimo, quando altre e significative tradizioni hanno contribuito. Ancora, il cardinale: «L Irc è strumento adatto a interpretare la storia e a proporre orizzonti di senso». Ma è soltanto il cattolicesimo a essere in grado di interpretare e dare senso alla vita? Oggi l IR dovrebbe fornire una presentazione onesta e non faziosa dell insegnamento cattolico; laddove vi siano connessioni con le altre confessioni, si deve entrare con serietà nel loro merito. Questo non significa che si pretenda di

garantire un insegnamento super partes, perché un punto di vista c è sempre, anche quando si insegna storia o letteratura. Nell Irc si dà il punto di vista cattolico, non la verità oggettiva. Per quanto riguarda l obbligatorietà o meno nel nostro Paese dell IR, data anche la forte presenza e pressione confessionale, dobbiamo rilevare come nessuno desideri che l ora di Irc sia obbligatoria; ma il motivo della facoltà di non avvalersene non dipende dall essere cattolici o no. L ora di IR intende porre la questione della verità ultima, proponendo la risposta della Chiesa cattolica La storia della cultura italiana è segnata da un pesante storicismo, per cui tutte le discipline eccetto quelle matematiche vengono lette in chiave storica. In questo contesto, il rischio dell insegnamento del «fatto» religioso è quello di svuotarlo dell impatto squisitamente religioso, che è la questione della verità e la domanda di senso. Un insegnamento aconfessionale potrebbe ridursi facilmente ad una presentazione stinta e sbiadita, poggiata unicamente sulle manifestazioni storicosociali. In momenti recenti la questione dell'insegnamento della religione ha destato polemiche in almeno cinque occasioni. La prima fu alcuni mesi fa, quando il Consiglio di Stato diede torto al ministero sul fatto che la frequenza dell'ora di religione cattolica potesse costituire un credito scolastico in più per lo studente frequentante. Successivamente a destare polemiche è stata la scelta del Ministro Gelmini di non prevedere la presenza agli scrutini degli insegnanti di attività alternative. In seguito vi è stata la proposta della stessa Gelmini di attribuire il voto in decimi alla IRC con conseguenze sulla media complessiva dell'alunno. Tra l'una e l'altra proposta vi è stato il rifiuto del Vaticano a prevedere una disciplina di materia religiosa multiconfessionale. Infine, da ultimo vi è stata la proposta del sottosegretario D'Urso di prevedere per gli alunni di religione mussulmana l'insegnamento dell'islam nelle scuole alternativo alla religione cattolica. In tutte queste polemiche, non ultima quella sull'insegnamento dell'islamismo, ciò che spesso è emerso è stata l'ignoranza diffusa circa la situazione di reale difficoltà di fruizione delle attività alternative (accentuata anche dai tagli di questi anni) o delle altre scelte che garantiscono la facoltatività della disciplina. La laicità positiva è la sfida dei nostri tempi: ogni credo religioso dovrebbe avere la capacità di accettare e confrontarsi con questo concetto, la laicità dovrebbe diventare uno strumento di dialogo paritario tra religione e politica e società civile. L obiettivo è quello di una convivenza in un ottica laica di una pluralità di religioni, all interno di un contesto democratico.

La pluralità religiosa ha un effetto benefico perché arricchisce la domanda religiosa e pone problemi di confronto, di convivenza, di superamento di concezioni ingenuamente identitarie (cuius regio eius et religio); può però produrre anche effetti negativi. C è infatti, accanto a un relativismo sano (le nostre religioni sono continue approssimazioni all Assoluto e dunque sono relative), anche un relativismo negativo, che si manifesta come indifferenza, disinteresse, soggettivismo assoluto, scetticismo. A volte si assume la propria religione come fattore identitario, indipendentemente dalla fede e dall adesione interiore, per combattere i portatori di religioni diverse. Questa forma di relativismo, di cui è forma anche l assolutismo strumentale, ha effetti negativi anche sulla morale, in particolare nella scuola pubblica. La scuola non può né deve ignorare i fatti e i valori religiosi, ma deve affrontarli in termini di conoscenza e di riflessione critica, onesta e non pregiudizialmente ostile o apologetica; non in termini di catechesi volta a produrre consenso, o, peggio, di indottrinamento e di proselitismo. A fronte di tali riflessioni sulla situazione Europea e con particolare riferimento alla situazione italiana, è bene anticipare, seppur riservando più ampia e specifica trattazione successivamente, la questione della libertà di scelta nel nostro ordinamento e la soluzione. Per gli studenti che non intendano frequentare l'ora di religione esiste la possibilità di non avvalersene, scegliendo una delle possibilità che ogni scuola deve offrire: 1. attività didattiche e formative (i cosiddetti "insegnamenti alternativi"); 2. studio individuale assistito; 3. studio individuale libero; 4. uscita dall'edificio scolastico (eccezion fatta per gli alunni delle scuole materne comunali, i quali hanno solo la possibilità di non avvalersi dell'irc). Le attività dei non avvalentisi hanno pari dignità di quelle degli avvalentisi. Sullo stato dei non avvalentisi, dalla firma del Concordato del 1984 e per i successivi cinque anni la disputa giuridica ruotò attorno al tema della opzionalità oppure della facoltatività dell'insegnamento della religione cattolica. Una corrente di pensiero reputava che i non avvalentisi fossero tenuti in alternativa a frequentare delle attività organizzate dalla scuola, e pertanto non fosse loro concesso uscire dall edificio scolastico. In contrapposizione, un'altra sosteneva che si trattasse di un insegnamento del tutto facoltativo, e quindi coloro che sceglievano di non seguirlo erano esonerati dalla frequenza. La controversia fu risolta dalla sentenza n. 203 emessa l 11 aprile 1989 dalla Corte Costituzionale, secondo cui lo studente che non

si avvale è in uno stato di «non obbligo», e perciò non deve forzatamente frequentare attività alternative. SITUAZIONE EUROPEA ED ITALIANA ATTRAVERSO L ANALISI DELLE DUE POSIZIONI DELL UAAR E DELLA DIOCESI DI VERONA Prima di iniziare la trattazione occorre premettere che i due punti di riferimento presi come estremi sono stati considerati dallo scrivente come due punti fermi agli antipodi, come estremi entro i quali si possono articolare le diverse soluzioni anche a livello europeo, rientranti nel più ampio diritto alla libertà religiosa. Da una parte ho considerato l UAAR ( l Unione Atei e Agnostici Razionali) come sostenitori di una totale libertà di scelta dell insegnamento religioso ma soprattutto delle attività alternative per la quale peraltro si sono schierati in prima linea per il riconoscimento dello stesso a livello giudiziario e politico e da altra parte ho considerato la Diocesi di Verona, solamente quale esempio di sostenitore dell insegnamento cattolico nella nostra penisola. L UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, è un associazione nazionale che rappresenta le ragioni dei cittadini atei e agnostici. Da qui è partito un progetto per ottenere, come primo obiettivo, una reale parità tra chi si avvale dell insegnamento della religione cattolica (IRC) nella scuola pubblica e chi decide di non frequentarlo In particolare, questo progetto è rivolto ai genitori, agli studente, agli insegnanti, interessati alle attività formative alternative previste dalla legge, che però incontrano difficoltà normative, finanziarie e organizzative che ne impediscono l effettuazione. Il secondo obbiettivo del progetto, più ambizioso e sostanziale, è il superamento dell attuale sistema educativo che discrimina gli scolari in base alle scelte religiose

dei genitori, per arrivare a proposte formative rivolte a tutti e che studino una pluralità di concezioni del mondo, religiose o meno, la loro storia, le loro differenze e i loro punti comuni. Laddove l insegnamento della religione cattolica è garantito, strutturato e finanziato adeguatamente, le altre attività sono precarie e senza nessuna regola nell assegnazione degli insegnanti e dei finanziamenti. Ne risulta una doppia discriminazione: per il diritto ad un insegnamento previsto dalla legge che viene, nei fatti, negato e alla libertà di coscienza dei non cattolici che ne viene violata. Il panorama religioso italiano è peraltro radicalmente mutato, in quanto con l aumento dell immigrazione sono aumentati notevolmente i piccoli studenti con genitori non cattolici; sono in aumento anche le nuove religioni (New Age, Scientology, Testimoni di Geova ); il paese è sempre più secolarizzato: anche il numero dei non credenti è in aumento. Per rimediare a questa situazione, e per far affermare concretamente il supremo principio costituzionale della laicità dello Stato, l UAAR ha deciso di lanciare un progetto sull ora alternativa, in fase di elaborazione e da attuarsi all inizio del prossimo anno scolastico, che prevede di: 1) Dare assistenza ai genitori e agli studenti che chiedono l attivazione di insegnamenti alternativi 2) Creare uno spazio online dove genitori, studenti e insegnanti possano trovare informazioni, documentazione, materiale di studio e supporto didattico sugli insegnamenti attivati, contribuendo essi stessi all arricchimento della piattaforma. 3) Sensibilizzare le istituzioni e l opinione pubblica su queste tematiche, affinché tutti soggetti coinvolti siano in grado di effettuare consapevolmente le proprie scelte. L ora di religione costituisce una garanzia di identità e si caratterizza come insegnamento della religione cattolica e non semplicemente di una storia delle religioni : deve inoltre cercare di far cogliere i valori e i significati, che le persone che credono nel Dio di Gesù Cristo, manifestano con le loro scelte di vita. Lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, parlando a Roma al congresso degli insegnanti di religione cattolica. Nello stesso tempo, l IRC è in grado di promuovere una mentalità accogliente, perché non richiede di per sé che l alunno aderisca personalmente al credo religioso cristiano : l IRC arricchisce e completa la personalità dell alunno poiché tale insegnamento, proprio per la sua nativa vocazione è chiamato a interpretare la storia e a proporre orizzonti di senso, pertanto offrendo un contributo originale e specifico al percorso educativo delle giovani generazioni, anche con lo scopo di ricercare il significato

della scelta e dell esercizio di una professione. Bagnasco ha anche chiesto al governo il pieno riconoscimento scolastico dell identità dell IRC, con il superamento di alcune residue e contraddittorie limitazioni. Il ministro dell Istruzione Mariastella Gelmini, intervenuta allo stesso convegno, si è detta d accordo: l insegnamento della religione deve avere la stessa dignità delle altre materie : anzi, poiché ha una valenza educativa maggiore di altre discipline, deve assumere ancor più una valenza centrale. Questi i punti di vista di due delle personalità più rilevanti per il nostro discorso. In particolare, a far eco a questo intervento del Ministro Gelmini, troviamo il modulo da compilarsi ad inizio anno scolastico inerente la scelta dell insegnamento religioso, il quale contiene solo due possibilità: attività individuali o di gruppo con assistenza di personale docente e non frequenza della scuola, mentre mancano le attività didattiche e formative, cioè, appunto, l ora di educazione alternativa. Oltre al più ampio problema della previsione di corsi alternativi a quello religioso nel più ampio discorso della libertà di scelta, non può però passare in secondo piano quello pratico, risultante dalla valutazione e dalla rilevanza della stessa ai fini di media scolastica o eventuali promozioni: infatti, considerando come le altre materie l insegnamento religioso e dandogli pertanto uguale influenza, si andrebbero automaticamente a discriminare tutti quegli studenti i quali non si sono avvalsi dell insegnamento religioso (come da diritto a loro espressamente riconosciuto) ma che non hanno però potuto frequentare lezioni alternative, perché nel concreto assenti. Il Consiglio di Stato, riformando la sentenza del Tar della scorsa estate, ha riconosciuto la legittimità delle ordinanze nelle quali si stabiliva che ai fini dell attribuzione del credito scolastico, determinato dalla media dei voti riportata dall alunno, occorreva tener conto anche del giudizio espresso dal docente di religione. Il ministero Gelmini era ricorso al Consiglio contro la sentenza del TAR del Lazio dello scorso agosto, emanata in seguito a un ricorso presentato da confessioni religiose di minoranza e associazioni laiche. Le prerogative del docente di religione sono teoricamente estese anche al docente dell ora alternativa: ma in pratica questo insegnamento viene impartito solo tra molte difficoltà, in seguito ai tagli praticati dalla stessa Gelmini, provocando così una palese discriminazione tra studenti avvalentesi e studenti non avvalentisi. Contrariamente a tale posizione del Consiglio di Stato troviamo però una successiva decisione del tribunale di Padova. E stato presentato ricorso per discriminazione da due genitori che avevano chiesto - inutilmente - l attivazione delle attività alternative all insegnamento della religione

cattolica (sostenuto dall UAAR), ma respinto dal tribunale di Padova. Secondo il giudice monocratico, dott.ssa Sacchetto, non esiste un diritto soggettivo ad avere l ora alternativa ( sussiste discrezionalità nella scelta ), e la scuola può dunque organizzare liberamente il tempo dei non avvalentisi, compatibilmente con le risorse disponibili (la scelta, secondo la corte, necessariamente risente della disponibilità dei mezzi economici ). Di qui l assenza di discriminazione a carico dello studente. Il giudice ha inoltre condannato al pagamento delle spese i ricorrenti. La sentenza si pone in diretta contrapposizione con quanto recentemente stabilito dal Consiglio di Stato, che ha esplicitamente evidenziato che la mancata attivazione dell insegnamento alternativo può incidere sulla libertà religiosa dello studente o delle famiglia. Il provvedimento verrà comunque appellato. A seguito dello svolgimento dell appello, il collegio ha modificato la sentenza di primo grado, accertando il carattere discriminatorio del comportamento dell Istituto e comminando una sanzione pecuniaria quale risarcimento e ordinando al Ministero della Pubblica Istruzione di cessare tale comportamento discriminatorio. - L ora alternativa è un diritto, e ogni scuola è obbligata a garantirla. È quanto ha stabilito il Tribunale di Padova, accogliendo il reclamo presentato dai genitori di una bambina frequentante una scuola primaria statale della città veneta. Mentre ai suoi compagni era impartito l insegnamento della religione cattolica, l alunna era stata costretta prima a rimanere in classe, poi a trasferirsi in classi parallele, senza che l istituto provvedesse ad attivare le lezioni alternative richieste. Secondo il tribunale, la loro attivazione costituisce invece un obbligo, e la scuola ha pertanto praticato nei confronti della bambina una doppia discriminazione, «nell esercizio del diritto all istruzione e alla libertà religiosa». Per questo «comportamento discriminatorio illegittimo» l istituto e il ministero dell istruzione sono stati condannati anche al pagamento della somma di 1.500 euro. Estratto sentenza - p.q.m. accoglie il reclamo e, accertato il carattere discriminatorio del comportamento posto in essere dall Istituto Comprensivo xxxxxx ordina allo stesso ed al Ministero dell Istruzione,dell Università e della Ricerca la cessazione del comportamento stesso; condanna l Istituto Comprensivo xxxxxx ed il Ministero dell Istruzione, dell Università e della Ricerca al pagamento della somma di euro 1.500,00 in favore di xxxxxx e xxxxxx; compensa tra le parti le spese di lite. Padova, 30.7.2010

Quindi, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, delle disposizioni del ministro Gelmini del luglio 2010 ( circolare del ministero dell'istruzione n. 59 del 23 luglio 2010, inerente l Adeguamento degli organici di diritto alle situazioni di fatto per l anno scolastico 2010/2011, richiama l attenzione sulla necessità che deve essere assicurato l insegnamento dell ora alternativa alla religione cattolica agli alunni interessati. La previsione rappresenta un inversione di rotta da parte del ministro Gelmini, che probabilmente ha preso atto di quanto stabilito da una recente sentenza del Consiglio di Stato) e l appello della precedente sentenza del Tribunale di Padova(agosto 2010), il diritto all attivazione di insegnamenti alternativi a quello della religione cattolica è ormai giuridicamente inattaccabile. Gli uffici scolastici regionali stanno cominciando ad adeguarsi: tra i primi a farlo, quelli della Liguria e del Veneto, i cui uffici scolastici hanno emanato specifiche indicazioni operative per la nomina dei docenti. Come accennavamo prima facendo anche riferimento alla sentenza del Tar, è di estremo rilievo anche la questione della rilevanza del voto dell insegnante di religione. In alcune scuole serve per fare media e promuovere gli alunni. Il voto espresso dall insegnante di religione cattolica, in sede di scrutinio finale degli alunni che si sono avvalsi di quell insegnamento, non può fare media ai fini della promozione. Se il giudizio è determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale; anche in caso di rischio per la bocciatura. La controversia sulla rilevanza del voto dell insegnante di religione cattolica è riesplosa a un mese dagli scrutini finali. A riaccendere la miccia, a un filone sempre incandescente, è stata la Flc, il sindacato scuola e università della Cgil, che ha denunciato pressioni indebite che sarebbero state esercitate in alcune scuole perché il voto di religione fosse determinante ai fini della promozione, decretando il passaggio alla classe successiva oppure l ammissione all esame di maturità. Le pressioni sarebbero state esercitate prendendo a modello alcune pronunce dei Tribunali regionali amministrativi, che hanno stabilito che il voto dell insegnante di religione deve essere conteggiato, anche se determinante. La norma, che parla di giudizio motivato, è prevista dall Intesa tra l autorità scolastica italiana e la Conferenza episcopale italiana del 16 dicembre 1985, come modificata il 23 giugno 1990 (dpr di recezione n. 202/1990). Secondo queste pronunce, avrebbe solo inteso responsabilizzare maggiormente l insegnante di

religione, richiedendogli di aggiungere una motivazione da iscrivere a verbale, quando il suo voto è determinante per la sorte scolastica di un alunno. Valga per tutti il Tar della Puglia (Lecce), sez. I, 5 gennaio 1994, n. 5, che si è così espresso sull argomento: In sede di esami e scrutini il voto del docente di religione, ove determinante, deve essere espresso a mezzo di un giudizio motivato, che ha però carattere decisionale e costitutivo della maggioranza. La sentenza diede spunto a un interrogazione parlamentare, alla quale il 29 novembre 1995 il ministro della pubblica istruzione Giancarlo Lombardi (cattolico, governo Dini) rispose affermando che la normativa deve essere interpretata nel senso che quando il voto dei docenti (di religione) diviene determinante, esso deve trasformarsi in un giudizio motivato che non rientra nel conteggio. In sostanza, il ministro attribuì al verbo utilizzato il suo significato letterale, che tutti i dizionari riportano, di: Subire un processo di trasformazione, passare da uno stato a un altro. Come il bruco diviene (si trasforma) in farfalla, perdendo le primitive caratteristiche, così il voto dell insegnante di religione, se determinante, diviene (si trasforma in) un giudizio motivato, perdendo la sua originaria qualità di voto. L orientamento dei Tar (le sentenze, peraltro non tutte univoche, si sono susseguite fino a tempi recentissimi) è condiviso dalle associazioni degli insegnanti di religione cattolica, dagli uffici scuola diocesani, da altri organismi e associazioni. I ricorsi, per altro, sono stati proposti da insegnanti di religione oltre che da quanti, soprattutto genitori, non sono rimasti soddisfatti dalla gestione degli scrutini finali. Ma quando è determinante il voto dell insegnante di religione? Premesso che, in caso di parità di voti, il regolamento scolastico prevede che prevalga la proposta di ammissione o di non ammissione votata dal presidente del consiglio di classe, il voto dell insegnante di religione è determinante, quando (sempre nel caso di parità) coincide con quello dato dal presidente. Nel caso di un solo voto di scarto tra i sì e i no, è determinante solo quando l insegnante di religione ha votato con la maggioranza e il presidente con la minoranza. In questi due casi, secondo la norma, così come da allora applicata dopo l interpretazione data dall amministrazione centrale per bocca O.M. n. 26 del 15 marzo 2007, prot. n. 2578 Art.8 Creditoscolastico 13. I docenti che svolgono l insegnamento della religione cattolica partecipano a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernenti l attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento. Analoga posizione compete, in sede di attribuzione del credito scolastico, ai docenti delle attività didattiche e formative alternative all insegnamento della religione cattolica, limitatamente agli alunni che abbiano seguito le attività medesime.

14. L attribuzione del punteggio, nell ambito della banda di oscillazione, tiene conto, oltre che degli elementi di cui all art. 11, comma 2, del D.P.R. n. 323 del 23/7/1998, del giudizio formulato dai docenti di cui al precedente comma 13 riguardante l interesse con il quale l alunno ha seguito l insegnamento della religione cattolica ovvero l attività alternativa e il profitto che ne ha tratto, ovvero di altre attività, ivi compreso lo studio individuale che si sia tradotto in un arricchimento culturale o disciplinare specifico, purché certificato e valutato dalla scuola secondo modalità deliberate dall istituzione scolastica medesima. Nel caso in cui l alunno abbia scelto di assentarsi dalla scuola per partecipare ad iniziative formative in ambito extrascolastico, potrà far valere tali attività come crediti formativi se presentino i requisiti previsti dal D.M. n. 49 del 24/2/2000. A fronte di questa statuizione però, applicazione retroattiva dei commi 13 e 14 dell art. 8 dell Ordinanza Ministeriale n.26 del 15 marzo 2007 viola il diritto degli studenti che non hanno optato per usufruire dell insegnamento della religione cattolica di godere di pari opportunità, nell acquisizione di crediti scolastici, con chi invece ha scelto questa opzione. Non essendo tali studenti stati informati, al momento dell iscrizione al corrente anno scolastico, che la mancata attivazione dell ora alternativa e la mancata presentazione di un programma di approfondimento culturale personale avrebbe pregiudicato la loro possibilità di acquisire crediti scolastici, non sono stati messi nella condizione di operare una scelta informata, in quanto al momento dell iscrizione non erano previsti crediti né per chi avesse optato per la frequenza dell ora di religione cattolica né per chi avesse optato per altre scelte che la legislazione vigente pone su un piano di assoluta parità. NORMATIVA Legge n. 449 dell 11 agosto 1984 D.P.R. n. 751 del 16 dicembre 1985 Circolare ministeriale n. 368 del 20 dicembre 1985 Circolare ministeriale n. 131 del 3 maggio 1986 Circolare ministeriale n. 211 del 24 luglio 1986 Legge n. 281 del 18 giugno 1986 Sentenza Corte Costituzionale n. 203 del 12 aprile 1989 Sentenza Corte Costituzionale n. 13, 14 gennaio 1991 Circolare ministeriale n. 9 del 18 gennaio 1991

Sentenza TAR dell Emilia-Romagna n. 250 del 17 giugno 1993 Decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994 Sentenza del Consiglio di Stato n. 2749 del 7 maggio 2010 Circolare Miur n. 59 del 23 luglio 2010 Ordinanza del Tribunale di Padova del 30 luglio 2010 Legge n. 449 dell 11 agosto 1984 Articolo 9. La Repubblica italiana, nell assicurare l insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, materne, elementari, medie e secondarie superiori, riconosce agli alunni di dette scuole, al fine di garantire la libertà di coscienza di tutti, il diritto di non avvalersi delle pratiche e dell insegnamento religioso per loro dichiarazione, se maggiorenni, o altrimenti per dichiarazione di uno dei loro genitori o tutori. Per dare reale efficacia all attuazione di tale diritto, l ordinamento scolastico provvede a che l insegnamento religioso e ogni eventuale pratica religiosa, nelle classi in cui sono presenti alunni che hanno dichiarato di non avvalersene, non abbiano luogo in occasione dell insegnamento di altre materie, e secondo orari che abbiano per i detti alunni effetti comunque discriminanti. D.P.R. n. 751 del 16 dicembre 1985 Articolo 2.1. a) il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell insegnamento della religione cattolica assicurato dallo Stato non deve determinare alcuna forma di discriminazione, neppure in relazione ai criteri per la formazione delle classi, alla durata dell orario scolastico giornaliero e alla collocazione di detto insegnamento nel quadro orario delle lezioni; b) la scelta operata su richiesta dell autorità scolastica all atto dell iscrizione ha effetto per l intero anno scolastico cui si riferisce e per i successivi anni di corso nei casi in cui è prevista l iscrizione d ufficio, fermo restando, anche nelle modalità di applicazione, il diritto di scegliere ogni anno se avvalersi o non avvalersi dell insegnamento della religione cattolica. Circolare ministeriale n. 368 del 20 dicembre 1985 Articolo 1. Ciascuna scuola di ogni ordine e grado [ ] dovrà informare, in tempo utile per l iscrizione, i genitori dei propri alunni o chi esercita la patria potestà o gli alunni stessi se maggiorenni per aver già compiuto il 18 anno di età, circa le norme che sono a base delle procedure previste per l esercizio di tale diritto. A tal fine, onde assicurare univoci criteri, le scuole faranno pervenire alle famiglie, tramite gli stessi alunni, o direttamente agli alunni se maggiorenni, l allegato modulo nonché copia della presente circolare. L allegato modulo, da riproporre, per gli anni successivi non conterrà la parte relativa alla prima applicazione. Il modulo dovrà

essere compilato e restituito alla segreteria della scuola all atto dell iscrizione. La scelta operata su richiesta dell autorità scolastica all atto dell iscrizione ha effetto per l intero anno scolastico cui riferisce e per i successivi anni di corso nei casi in cui è prevista l iscrizione di ufficio, fermo restando, anche per le diverse modalità di applicazione, il diritto di scegliere ogni anno se avvalersi o non avvalersi dell insegnamento della religione cattolica. Pertanto, il capo dell istituto, nell approssimarsi dei termini di scadenza stabiliti, è tenuto a far pervenire agli aventi diritto il modulo prescritto perché possano esercitare il diritto di scelta di avvalersi o non avvalersi. Articolo 2. La scelta in ordine all insegnamento della religione cattolica non deve in alcun modo interferire o condizionare, o costituire comunque criterio per la composizione delle classi. Il rispetto del pluralismo, oltre a essere un valore peculiare della nostra Costituzione, deve costituire un principio educativo fondamentale del nostro sistema scolastico. La scelta di avvalersi o non avvalersi dell insegnamento della religione cattolica non deve quindi dar luogo a nessuna forma diretta o indiretta di discriminazione [ ] Il rispetto dell anzidetto principio implica che la scuola, e per essa il capo di istituto e il collegio dei docenti ai quali compete la responsabilità complessiva della programmazione educativa e didattica ai sensi dell art. 4 del D.P.R. 31 marzo 1974, n. 416, assicura agli alunni che non si avvalgono dell insegnamento della religione cattolica ogni opportuna attività culturale e di studio, con l assistenza degli insegnanti, escluse le attività curriculari comuni a tutti gli allievi. Circolare ministeriale n. 131 del 3 maggio 1986 Al fine di assicurare agli studenti, ai loro genitori o a chi esercita la potestà la completa conoscenza della nuova disciplina in materia di insegnamento della religione cattolica e delle attività culturali e di studio assicurate dalla scuola per gli studenti che non si avvalgono di detto insegnamento, si dispone quanto segue: Entro il 10 giugno p.v. devono essere consegnate agli studenti: Allegato A, quale modulo per l esercizio del diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell insegnamento della religione cattolica da allegare alla domanda di iscrizione. Allegato B, quale scheda informativa relativa alle attività culturali e di studio per gli studenti che non si avvalgono dell insegnamento della religione cattolica. Le attività di cui all allegato B) sono programmate dal Collegio dei docenti tenuto conto delle proposte degli studenti, entro il primo mese dall inizio delle lezioni,

conformemente a quanto esplicitato nello stesso allegato. Dette attività sono svolte dai docenti, nell ambito dell orario di servizio, con esclusione delle venti ore. Le ore eventualmente eccedenti sono da remunerarsi secondo le norme contenute nell art. 88 - quarto comma - del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, fermo restando il carattere non obbligatorio dell utilizzazione dei docenti oltre il normale orario di servizio. La partecipazione alle attività culturali e di studio programmate non è obbligatoria e agli studenti che non se ne avvalgono è comunque assicurata dalla scuola ogni opportuna disponibilità per attività di studio individuale. Allegato B. Agli studenti delle scuole secondarie superiori che non si avvalgono dell insegnamento della religione cattolica la scuola assicura attività culturali e di studio programmate dal Collegio dei docenti, tenuto conto delle proposte degli studenti stessi. Al fine di rendere possibile l acquisizione di tali proposte, il Collegio dei docenti programma lo svolgimento di tali attività entro il primo mese dall inizio delle lezioni. Fermo restando il carattere di libera programmazione, queste attività culturali e di studio devono concorrere al processo formativo della personalità degli studenti. Esse saranno particolarmente rivolte all approfondimento di quelle parti dei programmi, in particolare di storia, di filosofia, di educazione civica, che hanno più stretta attinenza con i documenti del pensiero e dell esperienza umana relativi ai valori fondamentali della vita e della convivenza civile. Circolare ministeriale n. 211 del 24 luglio 1986 Tra i problemi che le SS.LL. hanno qui evidenziato si ritengono meritevoli di prioritaria considerazione quelli le cui soluzioni consentano di assicurare il rispetto delle scelte operate dalle famiglie e dagli studenti e nel contempo siano idonee a garantire il diritto di tutti gli allievi a fruire, con riferimento ai singoli ordini e gradi di istruzione frequentati, di un uguale tempo scuola. Allo scopo di realizzare tale effettiva parità di posizioni si sottolinea la necessità che i collegi dei docenti, tenuto conto delle proprie competenze in ordine alla programmazione delle attività previste per gli alunni che non si avvalgono dell insegnamento della religione cattolica o delle attività educative di religione cattolica (per la scuola materna), acquisiscano - secondo le modalità già previste dalle precedenti circolari n. 128-129 - 130 e 131 del 3 maggio 1986 e dalla circolare n. 211 del 24 luglio 1986 - concrete proposte, nell ambito dell azione programmatoria in parola, anche da parte di coloro che comunque non abbiano dichiarato di avvalersi nel menzionato insegnamento o delle predette attività educative di religione cattolica. Al riguardo, è appena il caso di precisare come la programmazione delle attività per gli alunni che comunque non abbiano dichiarato di avvalersi dell insegnamento della religione cattolica, costituendo momento integrante della più generale funzione di programmazione dell azione educativa attribuita alla competenza dei collegi dei docenti dall art. 4 del D.P.R. n. 416/74, venga a configurarsi con i caratteri di

prestazione di un servizio obbligatorio posto a carico dei collegi dei docenti medesimi. Di conseguenza, qualora tale puntuale adempimento non sia stato ancora compiuto dal collegio dei docenti, sarà cura dei capi d istituto intervenire perché subito l organo collegiale predetto vi provveda, onde rendere possibile l immediato avvio delle attività in parola. Relativamente alla scuola elementare e media, le attività formative da offrire agli alunni che comunque non abbiano dichiarato di avvalersi dell insegnamento della religione cattolica rientrano, come esplicitato in precedenti circolari, tra quelle integrative da realizzarsi nel quadro di quanto previsto dagli artt. 2 e 7 della legge 4 agosto 1977 n. 517. Legge n. 281 del 18 giugno 1986 Articolo 1. 1. Gli studenti della scuola secondaria superiore esercitano personalmente all atto dell iscrizione, a richiesta dell autorità scolastica, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell insegnamento della religione cattolica. 2. Viene altresì esercitato personalmente dallo studente il diritto di scelta in materia di insegnamento religioso in relazione a quanto previsto da eventuali intese con altre confessioni. 3. Le scelte in ordine a insegnamenti opzionali e a ogni altra attività culturale e formativa sono effettuate personalmente dallo studente. 4. I moduli relativi alle scelte di cui ai precedenti commi devono essere allegati alla domanda di iscrizione. 5. La domanda di iscrizione a tutte le classi della scuola secondaria superiore di studenti minori di età - contenente la specifica elencazione dei documenti allegati di cui ai commi 1, 2 e 3 - è sottoscritta per ogni anno scolastico da uno dei genitori o da chi esercita la potestà, nell adempimento della responsabilità educativa di cui all art. 147 del codice civile. Sentenza Corte Costituzionale n. 203 del 12 aprile 1989 Questa Corte ha statuito, e costantemente osservato, che i principî supremi dell ordinamento costituzionale hanno «una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango costituzionale». [ ] In particolare, nella materia vessata gli artt. 3 e 19 vengono in evidenza come valori di libertà religiosa nella duplice specificazione di divieto: a) che i cittadini siano discriminati per motivi di religione; b) che il pluralismo religioso limiti la libertà negativa di non professare alcuna religione. I valori richiamati concorrono, con altri (artt. 7, 8 e 20 della Costituzione), a strutturare il principio supremo della laicità dello Stato, che è uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica. La previsione come obbligatoria di altra materia per i non avvalentisi sarebbe patente discriminazione a loro danno, perché proposta in luogo dell insegnamento di religione cattolica, quasi corresse tra l una e l altro lo schema logico dell obbligazione alternativa, quando dinanzi all insegnamento di religione cattolica

si è chiamati a esercitare un diritto di libertà costituzionale non degradabile, nella sua serietà e impegnatività di coscienza, a opzione tra equivalenti discipline scolastiche. Lo Stato è obbligato, in forza dell Accordo con la Santa Sede, ad assicurare l insegnamento di religione cattolica. Per gli studenti e per le loro famiglie esso è facoltativo: solo l esercizio del diritto di avvalersene crea l obbligo scolastico di frequentarlo. Per quanti decidano di non avvalersene l alternativa è uno stato di non-obbligo. La previsione infatti di altro insegnamento obbligatorio verrebbe a costituire condizionamento per quella interrogazione della coscienza che deve essere conservata attenta al suo unico oggetto: l esercizio della libertà costituzionale di religione. Sentenza Corte Costituzionale n. 13, 14 gennaio 1991 Sorge questione se lo stato di non-obbligo possa avere tra i suoi contenuti anche quello di non presentarsi o allontanarsi dalla scuola. Occorre qui richiamare il valore finalistico dello stato di non obbligo, che è di non rendere equivalenti e alternativi l insegnamento di religione cattolica e altro impegno scolastico, per non condizionare dall esterno della coscienza individuale l esercizio di una libertà costituzionale, come quella religiosa, coinvolgente l interiorità della persona. Non è pertanto da vedere nel minore impegno o addirittura nel disimpegno scolastico dei non avvalentisi una causa di disincentivo per le future scelte degli avvalentisi, dato che le famiglie e gli studenti che scelgono l insegnamento di religione cattolica hanno motivazioni di tale serietà da non essere scalfite dall offerta di opzioni diverse. Va anzi ribadito che dinanzi alla proposta dello Stato alla comunità dei cittadini di fare impartire nelle proprie scuole l insegnamento di religione cattolica, l alternativa è tra un sì e un no, tra una scelta positiva e una negativa: di avvalersene o di non avvalersene. A questo punto la libertà di religione è garantita: il suo esercizio si traduce, sotto il profilo considerato, in quella risposta affermativa o negativa. E le varie forme di impegno scolastico presentate alla libera scelta dei non avvalentisi non hanno più alcun rapporto con la libertà di religione. Lo stato di nonobbligo vale dunque a separare il momento dell interrogazione di coscienza sulla scelta di libertà di religione o dalla religione, da quello delle libere richieste individuali alla organizzazione scolastica. Alla stregua dell attuale organizzazione scolastica è innegabile che lo stato di non-obbligo può comprendere, tra le altre possibili, anche la scelta di allontanarsi o assentarsi dall edificio della scuola. Circolare ministeriale n. 9 del 18 gennaio 1991 La Corte ha chiarito che per quanti decidono di non avvalersi dell insegnamento di religione cattolica, lo schema logico non è quello dell obbligazione alternativa: per i predetti si determina uno stato di non-obbligo. Ha, quindi, ritenuto che i moduli organizzativi predisposti dall amministrazione scolastica per corrispondere al non