Condominio si cambia! Prosegue il viaggio nella disciplina del condominio che si modifica. Il 18 giugno, data di entrata in vigore della legge 11 dicembre 2012 n. 220, si avvicina ed è forse bene cercare di comprendere ciò che cambierà. E via! Parti comuni dell edificio. Articolo 117 del codice civile. Sono quelle parti che, secondo la giurisprudenza, sono necessarie per l esistenza dell edificio stesso o che siano destinate permanentemente all uso o al godimento comune. Il legislatore, delle parti comuni, fa un elenco, che non è tassativo, ma semplicemente esemplificativo. Dette parti si presumono comuni, salvo prova contraria, ovverosia tranne che vi sia un titolo contrario (ad esempio il contratto di acquisto) che ne attribuisca la titolarità esclusiva ai proprietari delle singole unità immobiliari. Parti comuni, secondo la nuova formulazione dell art. 1117 c.c., sono quindi tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate. Sempre secondo il nuovo testo dell'articolo 1117, parti comuni sono altresì le aree destinate a parcheggio, nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, ad uso comune. Sono parti comuni dell'edificio pure le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, degli impianti idrici fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento e condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo e i relativi collegamenti, e ciò fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza. La riforma del condominio non ha toccato il principio, elaborato dalla giurisprudenza, secondo cui il condominio è un ente di gestione, privo di una propria personalità giuridica, distinta da quella dei singoli condomini. La legge 220 ha anche stabilito, all'articolo 1118 del codice civile così come modificato, quali sono i diritti dei singoli condomini sulle parti comuni. Si dispone, invero, che il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni sia proporzionale al valore dell'unità immobiliare che gli appartiene (in sostanza, il suo valore millesimale), e ciò salvo che il suo titolo, che l atto di acquisto, non dispongano diversamente. Viene precisato che il condomino non possa rinunciare al suo diritto sulle parti comuni e non possa nemmeno sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d'uso della propria unità immobiliare, fatto salvo quanto disposto dalle leggi speciali.
Una novità della legge 220 del 2012 è la possibilità per il condomino di rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento. Il condomino infatti può rinunziare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non ne derivino notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altre condomini. In tal caso, il condomino che rinunzia resta comunque tenuto a concorrere al pagamento delle spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione è messa a norma. In altre parole, il condomino può staccarsi dall'impianto centralizzato di riscaldamento e però alle condizioni previste appunto dall'articolo 1118 del codice civile. E, si badi bene, questo suo distacco non lo esonera dal pagamento delle spese di manutenzione straordinaria dell'impianto e della sua conservazione e tenuta a norma di legge. Viene altresì previsto che le parti comuni dell'edificio non siano soggette divisione, a meno che la divisione non possa farsi senza render più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino. Ciò è quanto stabilisce l'articolo 1119 del codice civile che, nella sua nuova formulazione, aggiunge anche che la divisione possa avvenire solo con il consenso di tutti i partecipanti al condominio. La riforma del condominio disciplina pure le opere che possono essere svolte su parti di proprietà un uso individuale. Non parliamo in questo caso di parti di proprietà comune, bensì di proprietà esclusiva. Si dispone che nell unità immobiliare di sua proprietà (oppure nelle parti normalmente destinate all'uso comune che siano però state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale), il condomino non possa eseguire opere che rechino danno le parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio. In ogni caso, se ne deve dare preventiva notizia all'amministratore, il quale ne riferisce all'assemblea. Si introduce anche, sempre ad opera della legge 220 del 2012, una disciplina diversa per le innovazioni e le modificazioni delle destinazioni d'uso. Ciò ha creato qualche perplessità, atteso che ci si domanda quale differenza vi sia tra la nozione di modifica della destinazione d'uso del termine di innovazioni. Infatti, per innovazione, secondo l'interpretazione data dalla giurisprudenza di tale termine, devono intendersi quelle modifiche le quali, determinando l'alterazione dell'entità materiale o mutamento della destinazione originaria, comportano che le parti comuni, in seguito all'attività o alle opere eseguite, presentino una diversa consistenza materiale ovvero possano essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti. È evidente che la nozione giurisprudenziale di innovazione porti inevitabilmente a porsi la predetta domanda. In attesa di vedere quale sarà l'interpretazione che ne verrà data dalla giurisprudenza, i primi commentatori della riforma del condominio ritengono che per destinazione d'uso ci si debba riferire all ipotesi in cui un bene o un impianto comune sia praticamente trasformato, fino a consentirne un uso completamente estraneo rispetto alla sua originaria destinazione. Tale conclusione deriva dalla considerazione che il legislatore ha previsto un quorum deliberativo più elevato: pertanto pare ragionevole ritenere che, proprio
per la richiesta necessità di tale requisito, la modificazione della destinazione d'uso possa riferirsi ad un cambiamento più radicale della cosa comune. Ora, l'articolo 1120 del codice civile disciplina le innovazioni. Si dispone, infatti, che il condominio, con la maggioranza indicata dal quinto comma del dell'articolo 1136, vale a dire con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti e i due terzi del valore dell'edificio, possa disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Queste sono le cosiddette innovazioni ordinarie. Vi sono poi innovazioni le quali possono definirsi agevolate, nel senso che possono essere deliberate con la maggioranza indicata dal secondo comma dell'articolo 1136 del codice civile (cioè con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio). Trattasi delle innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto: 1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti; 2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio, nonché per la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche o solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune; 3) l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo anche da satellite o via cavo e relativi collegamenti fino alla diramazione delle singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune o di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto. In tal caso, l'amministratore è tenuto convocare l'assemblea entro 30 giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all'adozione di queste cosiddette innovazioni agevolate. La richiesta deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l'amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni. Restano in ogni caso sempre vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. È stato rilevato che le innovazioni cosiddette agevolate, così come riformate dalla legge 220, vadano a toccare molte ipotesi, le quali risultavano separatamente disciplinate dalla normativa speciale. Si osserva che l'inciso testuale "nel rispetto della normativa di settore" contenuto nell'articolo 1120 probabilmente sta a significare che vadano tenute comunque in considerazione tutte le condizioni e i requisiti previsti per la realizzazione di queste particolari innovazioni. È possibile però che si creino conflitti interpretativi tra
questo nuovo articolo di legge e le prescrizioni contenute nella legislazione speciale, anche perché la riforma del condominio va a modificare spesso anche i quorum deliberativi previsti dalla predetta legislazione speciale L'articolo 1117 del codice civile disciplina invece le modificazioni delle destinazioni d'uso. Si dispone che per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l'assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e quattro quinti del valore dell'edificio, possa modificare la destinazione d'uso delle parti comuni. La convocazione dell'assemblea deve essere affissa per non meno di 30 giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollente mezzi telematici, in modo da pervenire almeno 20 giorni prima della data di convocazione. La convocazione dell'assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione della nuova destinazione d'uso. La deliberazione deve contenere la dichiarazione espressa che sono stati effettuati gli adempimenti di cui si è appena fatto cenno. Restano in ogni caso vietate le modificazioni delle destinazioni d'uso le quali possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterino il decoro architettonico. La riforma del condominio ha altresì introdotto un apposito articolo di legge, precisamente l'articolo 1122 ter del codice civile, al fine di disciplinare gli impianti di videosorveglianza sulle parti comuni. È stabilito infatti che le deliberazioni che riguardano l'istallazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse possano essere approvate dall'assemblea con la maggioranza del secondo comma dell'articolo 1136 c.c., ovverosia viene richiesto il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio. Una particolare disposizione, l'articolo 1122 bis del codice civile, riguarda invece gli impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili. Invero, l'installazione di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso qualunque altro genere di flusso informativo anche da satellite via cavo e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione del singolo utente sono realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliare di proprietà individuali, preservando in ogni caso il decoro architettonico dell'edificio, salvo quanto previsto in materia di reti pubbliche. È possibile quindi possibile installare impianti non centralizzati nella ricezione radiotelevisiva o per l'accesso di flussi informativi da satellite via cavo ma col il limite di recare il minor danno alle parti comuni e alle proprietà immobiliari dei singoli e in ogni caso preservando il decoro architettonico. Ovviamente, rimane sempre il limite di non derogare a quanto previsto dalla legge in materia di reti pubbliche. E poi consentita, sempre dall'articolo in questione, l installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità al condominio sul lastrico solare, su ogni altra
idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuali dell'interessato. Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comune, l interessato deve darne comunicazione all'amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L'assemblea può prescrivere, con la maggioranza di cui al quinto comma dell art. 1136 c.c., cioè il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti e almeno due terzi del valore dell'edificio, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio. Infine in relazione all installazione degli impianti, provvede, richiesta degli interessati, a ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L assemblea, con la stessa maggioranza può anche subordinare l'esecuzione alla prestazione, da parte dell'interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali. L'accesso all'unità immobiliare di proprietà individuale deve essere consentito se necessario per la progettazione e l'esecuzione delle opere. Non sono soggetti ad autorizzazioni di impianti destinate le singole unità abitative. La riforma del condominio poi ha pure modificato l'articolo 1138 relativo al regolamento di condominio. Rimane invariato il numero dei condomini, che fa scattare l'obbligo di avere un regolamento di condominio, restando tale numero superiore di 10. Quando infatti si raggiunge tale numero di condomini, deve poter essere formato un regolamento che contenga le norme circa l'uso delle cose comuni, la ripartizione delle spese secondi i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e le norme relative all'amministrazione. Resta fermo, anche nella nuova disciplina, il diritto di ciascun condomino di prendere l'iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quelle esistenti. È stabilito che regolamento debba essere approvato dall'assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell'articolo 1136, con ciò senza nulla innovare rispetta alla vecchia disciplina, ma aggiungendo che detto regolamento debba essere allegato al registro indicato dal numero 7 dell'articolo 1130 del codice civile, vale dire uno di quei registi che debbono essere tenuti dall'amministratore. Si stabilisce espressamente inoltre che il regolamento di condominio possa essere impugnato secondo quanto previsto dalla stessa legge. Resta fermo infine che le norme del regolamento condominiale non possano in alcun modo menomare i diritti di un condomino, quali risultino dagli atti di acquisto e che in nessun caso possono derogare alle disposizioni di alcuni articoli di legge specificamente indicati. Infine, quale ulteriore novità, viene prevista, dalla riforma del condominio, che le norme del regolamento non possano vietare di possedere di detenere animali domestici. A cura dell avv. Monica Bombelli e dell avv. Matteo Iato