Era cristiana, era spagnola, era israelitica, era islamica: cronologia e fine secolo nell'opera storiografica di Rodrigo Ximénez de Rada



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ANDREA ZINATO Università di Pisa Era cristiana, era spagnola, era israelitica, era islamica: cronologia e fine secolo nell'opera storiografica di Rodrigo Ximénez de Rada L'era cristiana si fa comunemente risalire a Dionigi il Piccolo, il quale nel VI secolo e.v. ', fissò la nascita di Gesù il 25 dicembre dell'anno 753 di Roma, pertanto il primo anno dell'era cristiana viene a corrispondere al 754 anno di Roma. L'era cristiana venne usata inizialmente dai cronisti e dagli storici: il primo esempio è in documenti imperiali dell'840, mentre la prima testimonianza del suo uso negli atti pontifici risale al 968, in un atto del pontefice Giovanni XIII. In Spagna venne introdotta ufficialmente nel regno di Aragona con una ordinanza di Pietro IV datata 16 dicembre 1349. Nei documenti l'era cristiana veniva indicata con le formule anno incarnationis, ab incarnatione Domini, anno domini, a nativitate domini, orbis redemptis, salutis gratiae e via dicendo. Verso il V secolo si introdusse in Spagna l'uso dell'era spagnola, che datava dall'anno in cui, compiuta da Augusto la conquista della Spagna, venne adottato il calendario giuliano, vale a dire dal 1 gennaio dell'anno 38 avanti l'era cristiana. Com'è risaputo dagli ispanisti veniva usata nei documenti con la formula sub aera o semplicemente era. Fu in uso per quasi tutto il Medioevo nella penisola iberica, in Africa e nelle province meridionali visigotiche della Francia. Fu abolita nel 1180 in Catalogna, nel 1349 in Aragona, nel 1358 a Valenza e nel 1383 nel Regno di Castiglia e León, per ordine del re Juan I, che la sostituì con l'era cristiana con principio dell'anno al 25 dicembre. L'ultima notazione è importante perché in realtà in Spagna, in epoca precedente la riforma di Juan I o, l'inizio d'anno era fissato al I o gennaio, indicato nei documenti con la formula anno cir- 1 La sigla e.v. indica l'era volgare, la sigla a.e.v. ante e.v. Per le concordanza cronologiche ho utilizzato A. Cappelli, Cronologia, Cronografia e calendario perpetuo, Milano, Hoepli, 1983.

52 Andrea Zinato concisionis, poiché in tale giorno allora si ricordava la circoncisione di Gesù. La datazione coincideva inoltre con l'anno civile romano, che fino al 153 a.e.v. cominciava in questo giorno. Gli Ebrei dal IV al III secolo a.e.v. utilizzarono Vera seleucidica, che parte dal 312 a.e.v. e prende il nome dalla dinastia Macedone che governò sul regno ellenistico di Siria fino al 65 a.e.v. Tuttavia gli Ebrei fin dal IX-X secolo a.e.v. avevano introdotto un computo basato sulla presunta data della creazione del mondo, che venne fatta risalire al 3760 a.e.v. e che prese il nome di era israelitica. Il tempo dell'era israelitica si compirà con la venuta del Mashiach, la data della sua venuta è un segreto gelosamente custodito, sconosciuto all'uomo, avverrà "a suo tempo" (Isaia 60,22), predeterminato fin dall'inizio della creazione. Infine l'era musulmana, era arabum nella storiografia di Ximénez de Rada, è computata dal 16 luglio 622, quando ha inizio l'egira o migrazione di Maometto dalla Mecca a Medina. Altre datazioni venivano utilizzate dai cronografi: ad esempio l'era delle Olimpiadi e quella consolare, solo per citare le più conosciute e, come vedremo, ambedue utilizzate da Ximénez de Rada. Sul Medioevo e sul rapporto dell'uomo medievale con la fine del secolo e la fine del Millennio incombe il luogo comune del Millenarismo. Tale movimento fu così impropriamente chiamato dalla storiografia in base a una credenza della fine del 16 secolo documentata soprattutto dai Centuriatori di Magdeburgo 2 e da Baronio, derivata dall'interpretazione estrema di un passo dell'apocalisse di Giovanni 3. 2 Sotto il nome di Centuriatori di Magdeburgo è conosciuta una collezione di scritti (13 volumi in tutto), opera di protestanti tedeschi, sulla storia della chiesa, trattata per secoli. L'opera si basava su un piano rigoroso, nella sostanza disatteso, alla cui base stava la ricerca, possibilmente diretta in tutta Europa, delle fonti. Collaboratori principali furono G. Wigand, M. Iudex, B. Faber, A. Corvino, T. Holthuter. L'opera giunge fino al 1300. La prima edizione uscì in 13 volumi a Basilea dal 1559 al 1574, sotto il titolo Ecclesiastica Historia integram ecclesìae ideam continens ecc... A questa storia la Chiesa cattolica rispose con i conosciuti Annales ecclesiastici di Cesare Baronio, pubblicati tra il 1588 e il 1607. 3 «Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima resurrezione. Beati e santi coloro che prendon parte alla prima resurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui mille anni.» [20,4-20,6]. Per Y Apocalisse ho consultato la traduzione di M. Bontempelli, con prefazione di A. Tagliapietra, Milano, Feltrinelli, 1987.

Era cristiana, era spagnola, era israelitica, era islamica 53 In questa visione apocalittica, la fine del mondo, secondo queste tradizioni tutto sommato all'epoca poco diffuse, doveva coincidere con il compimento del millennio. In realtà erano l'anarchia e la degradazione in cui si dibattevano la società laica e quella ecclesiastica a suggerire di guardare con disperazione alla decadenza generale ed indicare ai fedeli lo spettro della fine del mondo e del giudizio universale. «Gli storici hanno a lungo creduto che, man mano che si avvicinava il millennio, le popolazioni, paralizzate dal terrore, attendessero nell'ansia, ammassate nelle chiese, con i volti prostrati a terra, la catastrofe nella quale credevano il mondo dovesse sprofondare. Brani tratti da documenti dell'epoca, male interpretati, sono responsabili di questa erronea impressione. In realtà all'approssimarsi dell'anno 1000, la gente, umili e potenti, religiosi o laici, mantenne le stesse abitudini di vita del passato, senza farsi allarmare da quelle minacce apocalittiche alle quali peraltro, anche quando l'anno 1000 fu passato, certi lugubri intelletti continuarono ad abbandonarsi 4.» L'inquietudine derivante dalla precarietà dell'esistenza, dalle suggestioni e dai segni del giudizio era solo una delle tante paure che accompagnava la vita dell'uomo medievale: una vita noiosa, legata al ciclo del lavoro, della terra, minata dalle malattie, dalle epidemie, dall'ignoranza, una vita breve della durata media di 35 anni. Nella storiografia in latino di Rodrigo Ximénez de Rada le preoccupazioni per le datazioni e per la fine del secolo e del millennio riguardano la difficoltà di individuare e stabilire un criterio omogeneo di datazione che gli permetta un computo cronografia) di buona affidabilità. Ximénez de Rada nacque a Puente de la Reina nel 1170. Secondo il costume delle famiglie nobili della Navarra cui egli appartenenva per parte materna e a causa della preponderanza culturale araba nella Penisola compì gli studi fuori dalla Spagna, a Bologna e a Parigi. Rientrato in Spagna nel 1207 divenne consigliere di Alfonso Vili di Castiglia, e successivamente di Enrico I e di Fernando III. Partecipò al Concilio Lateranense: fu tra gli organizzatori della battaglia de Las Navas de Tolosa (16 luglio 1212), ispiratore delle Uni- 4 Storia del mondo medievale, voi. IV, La riforma della chiesa e la lotta fra papi ed imperatori, a cura di Z.N. Brooke, H.M. Gwatkin et alii, Milano, Garzanti, 1979, pp. 18-9. Si veda anche G. Duby, Mille e non più mille, Milano, Rizzoli, 1994.

54 Andrea Zinato versità di Palencia e Salamanca e instancabile promotore di edificazioni religiose tra cui la fabbrica della cattedrale di Toledo. Lottò strenuamente per imporre il primato ecclesiastico della diocesi di Toledo e morì il 10 giugno 1247 in Francia, sul fiume Rodano, mentre rientrava da un incontro con Innocenzo IV. È uno dei più importanti storiografi spagnoli in lingua latina autore di alcune opere fondamentali per la conoscenza della storia di Spagna: la Historia de Rebus hispaniae in nove libri, la Historia romanorum, la Historia ostrogothorum, la Historia hunnorum, vandalorum, suevorum, alanorum et silinguorum e infine la Historia arabum, cui va aggiunto il Breviarium historia catholice in sei libri. La necessità di applicare un uniforme criterio cronologico era fondamentale per la serietà dell'indagine e del resoconto storico, che non è scevro, in Ximénez de Rada, di un respiro che oltrepassa la tradizione annalistica dei cronisti regi. Nel capitolo III del De Rebus hispaniae'' leggiamo: «Phaleg autem tempore cuius linguarum divisio facta fuit, usque ad Geryonem sub quo Hercules fuit natus, MCCLXIII sunt anni. A morte Herculis usque ad captionem Troiae, anni XIII. A captione Troaie usque ad Romulum, qui Romam condidit, anni CCCCXLII. A Romulo usque ad Cónsules, anni CCXLI. A Tarquinio Superbo ultimo Regum Cónsules rexerunt populum Romanum per annos CCCCLXIII. Et post hunc regnavit solus Caius Iulius Caesar annis III. mensibus VI. Tempore Consulum Africa et Hispania a Scipione destructis, Tolemon et Brutus duo Cónsules condiderunt Toletum centum et octo annis antequam Julius Caesar regnare coepisset, tempore Ptolomaei Evergetis Regis AEgypti.» 5 Tutte le citazioni dal Breviarum Historie catholice e dal De Rebus hispanie sive Historia gotica provengono dall'edizione critica pubblicata nel Corpus Christianorum Continuatio Mediaeualis, voli. LXXII, LXIIa, LXXIIb, cvra et studi Juan Fernández Valverde, Tvrnholti, Typographi Brepols editores Pontificii, MCMLXXXVII, alla cui introduzione rinvio per le questioni filologiche e per la tradizione testuale dell'opera di Ximénez de Rada. Per le rimanenti opere storiografiche ho consultato PP. Toletanarum/ quotquot extantl opera./ Tomus tertius.l Roderici ximenii de Rada,/ toletanae ecclesiaeparaesulisj opera praecipua complectens./ opera, auctoritate, et expensisl eminentissimi domini franciscil cardinalis de lorenzana,/ archiepiscopi toletani, hispaniarum primatis./ Maitiù MDCCXCIII./ apud viduam ioachimi barra, dignitatis archiep. tolet. typogra./ regio permissu, utilizzando la riproduzione anastatica pubblicata a Valencia, 1968, curata da Ma. Desamparados Cabanes Pecourt. La traduzione dal latino è mia.

Era cristiana, era spagnola, era israelitica, era islamica 55 [Inoltre al tempo di Faleg vennero divise le lingue, e fino all'epoca di Gerione, al tempo del quale nacque Èrcole, sono 1263 anni. Dalla morte di Èrcole fino alla conquista di Troia sono XIII anni, dalla presa di Troia fino a Romolo che fondò Roma, sono 442 anni. Da Romolo fino ai consoli 241. Dall'epoca di Tarquinio Superbo, ultimo re, i Consoli ressero il popolo romano per 443 anni. E, dopo costoro, regnò da solo Caio Giulio Cesare per IV anni e VI mesi. Al tempo dei consoli, l'africa e la Spagna vennero distrutti da Scipione, Tolemone e Bruto i due consoli fondarono Toledo cento e otto anni prima che Giulio Cesare cominciasse a regnare, al tempo di Tolomeo Evregete re d'egitto.» Nelle concise Ostrogothorum historia e Hunnorum, vandalorum, et cetera... historia, per indicare le datazioni Ximénez de Rada utilizza invece Y aera, ovvero l'era spagnola, ad esempio [Ostrog. hist, p. 226]: «Amalaricus autem nepos eius coepit regnare Aera DLXV, et quinqué annis regnavit sine avo (...) [Amalarico, suo nipote (di Teodorico n.d.a.), cominciò a regnare nell'anno 565 secondo l'era spagnola (526 dell'era cristiana) e per cinque anni regnò senza il nonno (...).] Di conseguenza, in osservanza del criterio cronologico, nella Historia arabum, così come nel De rebus hispanie per i fatti successivi al 713, Ximénez de Rada introduce accanto alle altre datazioni, anche l'era araba [Hist. arab., VII, 248-9]: «Cap. VI. De Abubacar, Ornar et Moabia, et eorum proeliis. Mortuo Mahomat, Abubacar, eius gener, et contribulis, in regni solio subrogatur. Huius tempore Romani Persidem reliquerunt, quam Abubacar bellis indesinentibus occupavit, Aera DCLXIX anno Heracli vicésimo, Arabum decimo tertio.» [Cap. VI. Di Abubacar, Ornar e Moabia e delle loro battaglie. Morto Maometto, Abubacar, suo genero appartenente alla stessa tribù, venne chiamato al sommo potere reale. Al suo tempo i Romani abbandonarono la Persia, che Abubacar aveva conquistato con guerre incessanti, nell'anno 669 dell'era spagnola, nel ventesimo anno del regno di Eraclio, nel tredicesimo anno arabo.] La data, calcolata togliendo i 38 anni di sfasatura dell'era spagnola, corrisponde al 639 e.v. Parimenti nel Breviarum historie catholice la necessità di stabilire un me-

56 Andrea Zinato todo cronologico soddisfacente a collocare nel tempo una narrazione storica che va dalla erezione dell'universo alla morte di Gesù, pone lo storico di fronte a più complessi problemi. Nel Breviarium hist. cath. [I, iii] viene dapprima fissato l'inizio d'anno secondo le tradizioni romana, araba e ebraica: «Annum autem Romani a Ianaurio incipiunt (...). Árabes inchoant annum post solsticium estiuum; Iudei in natione Aprilis, quia et tune creditur mundus factus. [Inoltre i Romani iniziano l'anno da gennaio (...). gli Arabi lo cominciano dopo il solstizio d'estate; gli Ebrei, dal mese di aprile poiché proprio allora si crede che sia stato fatto il mondo.] Stabiliti l'inizio e la durata dell'anno, va determinato il modo del computo della datazione, che per la creazione si baserà giocoforza sugli anni delle generazioni e del ciclo della vita senza un riferimento assoluto, pertanto [Brev. I, xviii-xviiii] : «Vixit autem Adam CXXX annis et genuit fìlium (...). Et facti sunt dies Adam postquam genuit Seth DCCC anni et genuit filios et filias, et mortuus est generatione quinta. Et factum est omne tempus quo vixit Adam DCCCXXX anni. [Adamo visse 130 anni e generò un figlio. E questi sono i giorni compiuti di Adamo, da quando generò Seth 800 anni e generò figli e figlie, e morì al tempo della quinta generazione. E il computo compiuto del tempo in cui visse Adamo è 830 anni.] Il problema della cronologia si pone in tutto il Breviarum, ma per ovvi motivi è maggiormente avvertito nella parte vetero-testamentaria, come lo storico segnala con puntualità filologica [Brev. hist. cath. I, xxiii-xvi] : «Et est sciendum quod Ieronimus et Eusebius Cesariensis, Isidorus, Sulpicius, Hidicius in hoc conveniut: quod ab Adam usque ad diluvium fuerunt annii IIMCCXLII; Septuaginta interpretes dicunt fuisse IIMCCXLIII; item Ieronimus; secundum Hebraicam veritatem non piene duo M; Methodius IIM; secundum bibliotecam que apud nos est piene II milia. Estimo vicio scriptorum quod in numeris sepe regnat, fuisse depravatam, vel ex alia causa quod magis puto tantam contrarietatem provenisse.»

Era cristiana, era spagnola, era israelitica, era islamica 57 [Bisogna sapere ciò in cui Gerolamo, Eusebio di Cesarea, Isidoro, Sulpicio 6 e Idazio 7 concordano, vale a dire che da Adamo fino ai diluvio furono 2242 anni, la Bibbia dei Settanta dice fossero 2243; così anche Gerolamo; secondo la verità ebraica non furono completati 2000 anni; Metodio sostiene 2000; secondo la nostra biblioteca furono 2000 anni compiuti. Ritengo che la verità sia stata distorta dall'errore degli amanuensi così frequente per ciò che concerne i numeri, oppure per altre cause da cui ritengo maggiormente possibile dipendessero tali discrepanze.] Nei fatti neo-testamentari il computo cronologico si basa sulle datazioni tradizionali cui abbiamo brevemente accennato nell'introduzione [Brev. hist. cath.w\\\,yi\. «Natus est autem salvator anno Octaviará Cesaris Augusti XLIP, Rufino et Cammino consulibus, a morte vero Antonii et Cleopatre XXVII o anno, regni Herodis XXX o, Olimpiadis centesime LXXXXII anno tercio, ab urbe condita anno DCCLIP. Natus est autem nocte Dominica diei, quod patet si tabulam compoti retro percurras. Et inchoata est Via aetas. Et fluxerunt a principio mundi iuxta Hebreos tria milia DCDLII, iuxta Septuaginta V milia CCCXXVI, secundum cronica Eusebii V milia CLXXXVIII.» [Il Salvatore nacque nel 42 anno di Cesare Ottaviano Augusto, sotto il consolato di Rufino e Camino, nel 37 anno dalla morte di Antonio e Cleopatra, nel 30 anno del regno di Erode nel terzo anno della 192.ma olimpiade, nel 752.mo dalla fondazione di Roma. Nacque nella notte di domenica, come risulta consultando a ritroso le tavole dei computi. Ed è cominciata la VI età. E sono trascorsi dall'inizio del mondo secondo gli Ebrei 3652 anni, secondo i Settanta 5326, secondo la cronaca di Eusebio 5188.] La storiografia di Ximénez de Rada è scevra da ogni preoccupazione millenaristica, il passaggio delle ere, dei millenni e dei secoli si compie sì secondo la volontà divina, ma le res gestae e gli acta humana si computano con la misu- 6 Sulpicio Severo Aquitano (360-413) scrittore cristiano nativo dell'aquitania. Si convertí all'ascetismo con Paolino di Noia e fondò il monastero di Primuliacum (forse Prémillac nel Périgord). Fu autore di una Chronica dalle origini del mondo al 400. La sua fama è dovuta ai Diabgi e alla Vita Martini, dedicati a celebrare la gloria di Martino di Tours. Si conservano anche le lettere a Eusebio, Aurelio e Bassula (madre della sposa defunta). 7 Hydatius/Idatius, nato a Limica in Galizia (oggi Guizo de Limcia, Ourense) nel 395 mori nel 470.

58 Andrea Zinato ra tutta terrena della datazione cronologica degli avvenimenti. E pertanto lo scadere del primo millennio è segnato dagli avvenimenti politici, fermo restando che utilizzando lo storico un principio narrativo unitario i fatti e gli accadimenti sono spesso riuniti in unità cronologiche compiute e dunque indipendenti [De Rebus hispaniae, V, xii-xiii] : «Cap. XIII De Rege Vermudo et minutilo Tauri. Mortuo itaque Ranimirio Veremudus filius regis Ordonii veniens Legionem ab omnibus suscipitur et ad regni gloriam promovetur, eo quod mortuo sancio patruo suo et Ranimiro consobrino ad ipsum erat de iure regni successio devoluta, era Ma., et regnavit annis XVII.» [Cap. XIII Del re Vermudo e del miracolo del toro. Morto dunque Ramiro, Vermudo, figlio del re Ordonio, mentre si recava in León, viene acclamato da tutti e innalzato alla gloria del regno, dato che morto lo zio Sancho e il cugino Ramiro, allo stesso Vermudo spettava, secondo la legge, la successione nel regno, anno Mille secondo l'era spagnola, e regnò per XVII anni.] Probabilmente per i cristiani spagnoli all'alba dell'anno Mille la vera sciagura era il condottiero arabo Almancor, al secolo Muhammad ibn Abi 'Amir al-mansur (?-1012). La sua morte avvenne nel XIII anno del regno di Vermudo, vale a dire nel 1012, dopo una scorreria in Portogallo e la distruzione di Santiago de Compostela, atto sacrilego che provoca una violenta epidemia di dissenteria nell'esercito arabo. Il fatto viene registrato dallo storiografo con lucida obiettività, naturalmente collegato all'atto sacrilego della profanazione di Santiago de Compostela. Così Ximénez de Rada narra gli ultimi momenti di Almancor, incalzato dagli eserciti cristiani [De Rebus hispaniae, V, xvi] : «Unde et de nocte fugiens, cum venisset ad vallem Borgecorrexi 8, dolore vexatus animam exalavit et ad Medinam, que Celim dicitur, est delatus [Poi, di notte fuggendo, giunto nella vallata di Almazán di Soria, spirò vinto dal dolore e venne trasportato a Medina, denominata Celi 9 (Medinaceli).] e commenta [De Rebus hispaniae, V, xvi] : Bordecore oggi Almazán, Soria. Si tratta di Medinaceli, provincia di Soria, in arabo Medinat Abnacelim.

Era cristiana, era spagnola, era israelitica, era islamica 59 «Almancor autem qui semper invictus fiierat, tanto dolore prosternitur ut a die prelii neque cibum neque potum sumpserit, donec diem conclusit extermum.» [Almansor, colui che non era mai stato vinto, viene prostrato così tanto dal dolore che dal giorno della battaglia non riuscì a prendere né cibo né bevanda alcuna, fintantoché non giunse alla fine.] L'intervento divino non è assente dalla storiografia di Ximénez de Rada, né potremmo aspettarci una messa al bando dell'avvenimento prodigioso e del miracolo in uno storiografo ecclesiastico del XIV secolo. Pur tuttavia il respiro e l'acuta intuizione di inserire le vicende umane in un divenire che nella sua datazione è umano e relativo non mancherà di influenzare la più matura storiografia alfonsina che utilizzerà la sua opera come autorevole fonte. Con solenne gravita e scrupolo di precisione Ximénez de Rada segna la morte umana e terrena di Gesù [Brev. Vili, cxliii-cxliii] : «Itaque octavo decimo anno Tyberii Cesari, incarnationis autem sue XXX o tercio, Dominus Ihesus Christus, postquam salutarem populis viam annunciaverat et signis et virtutibus que docuerat vera probaverat, passus est VIII o kalenda Aprilis.» [Così nel diciottesimo anno dell'imperatore Tiberio, nel 33.mo anno della sua incarnazione, nostro signore Gesù Cristo, dopo aver annunciato all'umanità la via della salvezza e aver provato essere vero ciò che aveva insegnato con le virtù e i presagi, trapassò nell'viii calenda di aprile.] E a suggello della propia fatica di storiografo, con pari rigore cronologico e scrupolo di precisione conclude il De Rebus hispaniae [Vili, xviii] : «Hoc opusculum, ut scivi et potui, consumavi anno Incarnationis Domini MCCXL tercio, era MCCLXXX prima, anno XXVI o regni regis Fernandi, Va feria, pridie kalendas Aprilis, anno pontificatus mei XXXIII o, sede apostolica vacante anno uno, mensibus Vili, diebus X, Gregorio Papa nono viam universe carnis ingresso.» [Questo libro, come ho saputo e ho potuto, portai a termine nell'anno 1243 dell'incarnazione del Signore, nell'anno 1281 dell'era spagnola, nel 26 anno di regno del re Fernando, venerdì, nella vigilia delle calende d'aprile, nel XXXIII anno del mio episcopato, nel primo anno di vacanza della sede apostolica, nel-

60 Andrea Zinato l'ottavo mese, nel decimo giorno, papa Gregorio IX (1227-1241 n.d.a.) passato a vita eterna.] Il rigore e lo scrupolo per le fonti e le datazioni concorrono a realizzare l'ambizioso progetto storiografico che Ximénez de Rada aveva intrapreso per conto di Fernando III, e che lo storico, nella dedica al sovrano, cela sotto la consueta dichiarazione di modestia. L'estensione delle ere raccontate (da Iafet all'epoca di Fernando III) è di impronta annalistica, ma le fonti sono sottoposte, pur con alcune attribuzioni erronee, a un vaglio critico, fermo restando che, nella storiografia del XIV secolo, i miracoli e gli interventi della divinità sulle vicende umane sono fatti storici. L'accesso alle fonti era reso difficile dalle devastazioni seguite all'invasione araba, la vera apocalisse di fine millennio per i cristiani spagnoli, come si legge nel prologo del De rebus, [De rebus hisp., prologus] : «Tempore enim vastationis arabum scripta et libri cum pereunte patria perierunt, nisi qod pauca diligencium custodia evaserunt. Itaque ea que ex libris beatorum Ysidori et Ildefonsi et Ysidori iunioris et Hidicii Gallecie episcopi et Sulpici Aquitanici et conciliiis Toletanis et Iordani sacri palacii cancellarii et Claudii Ptholomei orbis terre descriptoris egregii et Dionis, qui fuit histori Gothice scriptus verus, et Pompei Throgi, qui fuit historiarum orientalium sollicitus supputator, et aliis scripturis, quas de membranis et pitaciis laboriose investigatas laboriosius compilavi, a tempore Iaphet Noe filii usque ad tempus vestrum, gloriosissime, rex Fernande, ad historiam Hispaniae contexendam, quarti sollicite postulastis, prout potui fideliter laboravi» [All'epoca del saccheggio arabo i documenti scritti e i libri andarono perduti con la perduta patria, tranne quella piccola parte rimasta integra grazie a una premurosa custodia. Dunque tra questi vi sono testi dalle opere di san Isidoro e san Ildefonso, di Isidoro il giovane e di Idizio di Galizia, di Sulpicio d'aquitania e dai concili di Toledo anche di Giordano, cancelliere del sacro palazzo e di Claudio Tolomeo illustre descrittore dell'orbe terracqueo, e di Dionigio, che scrisse una importante storia dei Goti, e di Pompeo Trogo, che fu preciso annalista delle storie orientali, e da altre compilazioni, che con fatica ritrovate in pergamene e pecie, ancor più faticosamente redassi, dal tempo di Iafet, figlio di Noè, fino alla vostra epoca, gloriosissimo re Ferdinando, per riunire la storia di Spagna, che avevate richiesto e sollicitato, ad essa mi adoperai con quanta obiettività mi è stato possibile.]