Il rapporto di lavoro tra la cooperativa sociale e il suo presidente

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32-36_REGOLE Mosconi 7-09-2007 18:07 Pagina 32 Il rapporto di lavoro tra la cooperativa sociale e il suo presidente L Inps interviene in merito alla possibilità di instaurare un rapporto di lavoro subordinato tra una società cooperativa e il suo presidente e chiarisce che, a seguito della progressiva estensione ai soci lavoratori di cooperativa delle tutele previste per i lavoratori subordinati, anche ai presidenti vanno applicate le norme che prevedono l incompatibilità di prestazione di attività lavorativa subordinata, così come già avviene per presidenti di Cda, amministratori unici e consiglieri delegati delle società. Ma il messaggio non è privo di incongruenze che provocano dubbi di legittimità sul contenuto. Messaggio Inps 7 giugno 2007, n. 15031 - Rapporto di lavoro subordinato e presidente di cooperativa legge n. 142/2001. Il presente messaggio chiarisce i dubbi interpretativi sollevati da parte di alcune sedi dell Istituto, concernenti la possibilità di instaurare un valido rapporto di lavoro subordinato tra una società cooperativa e il Presidente della medesima. Prima dell entrata in vigore della legge n. 142/2001, l attività lavorativa svolta dai soci di cooperativa, volta al perseguimento dei fini istituzionali della società, non si riteneva assimilabile a un rapporto di lavoro, ma solo a un rapporto meramente associativo. La giurisprudenza, in mancanza di una chiara legislazione di riferimento, ha provveduto all estensione ai soci lavoratori di cooperativa di alcune specifiche tutele del lavoro subordinato, che in caso contrario non avrebbero trovato applicazione. Per quanto riguarda la tutela previdenziale, le norme relative ai lavoratori subordinati in base alla previsione dell art. 2 del R.D. 28 agosto 1924, n. 1422 e successive modifiche D.P.R. 30 aprile 1970, n. 602, sono state sempre applicate dall Istituto, oltre che nei confronti dei soci addetti ad attività amministrativa, alle condizioni e nei limiti specificati dall art. 2, lett. e) del D.P.R. n. 602/1970, anche nei confronti dei presidenti di cooperative sulla base di direttive impartite dal Ministero del Lavoro (Cfr. circ. 8 agosto 1989, n. 179 e circ. 15 aprile 1999, n. 89). La legge n. 142/2001 all art. 1, comma 3, ha introdotto nel nostro ordinamento un nuovo concetto di mutualità, che discende dalla separazione dello status di lavoratore da quello di socio; infatti la prestazione di lavoro è oggetto di un rapporto giuridico totalmente autonomo da quello mutualistico. Le recenti abrogazioni apportate dalla legge n. 30/2003 non contribuiscono a eliminare la predetta distinzione, in quanto la prestazione di lavoro non può essere identificata nella prestazione mutualistica, la prima è strumentale al raggiungimento della mutualità medesima. Pertanto, la progressiva estensione da parte del legislatore della disciplina relativa al la- 32 N 9 - settembre 2007

32-36_REGOLE Mosconi 7-09-2007 18:07 Pagina 33 voro subordinato al socio lavoratore di cooperativa, comporta l applicazione anche nei confronti di quest ultimo della regola generale dell incompatibilità di prestazione d attività lavorativa subordinata contemplata nella circolare n. 179/1989 per i presidenti del Cda, gli amministratori unici e i consiglieri delegati. IL COMMENTO di Romano Mosconi* La Direzione centrale delle entrate contributive dell Inps con l emanazione del messaggio 7 giugno 2007, n. 15031, avente per oggetto Il rapporto di lavoro subordinato del presidente di società cooperativa alla luce della legge n. 142/2001 consente di escludere la compatibilità della prestazione lavorativa subordinata, contemplata nella circolare n. 179/1989, per i presidenti del Cda, gli amministratori unici e i consiglieri delegati di società cooperative. Un attento esame di tale circolare, però, permette di osservare come la conclusione raggiunta si basi, di fatto, su un elaborazione interpretativa e dottrinale singolare, che addirittura, in alcuni punti fa insorgere il dubbio di non essere del tutto supportata dalla normativa vigente, se non addirittura in contrasto con la stessa o con precedenti pronunciamenti dello stesso ente di previdenza. Appare quindi necessario, per approfondire la tematica, percorrere tutto il contenuto del messaggio in esame, considerando sia separatamente i vari periodi che lo caratterizzano sia nella loro complessiva unitarietà. Analisi del provvedimento «Il presente messaggio chiarisce alcuni dubbi interpretativi sollevati da parte di alcune sedi dell Istituto, concernenti la possibilità dell instaurazione di un valido rapporto di lavoro subordinato tra una società cooperativa ed il presidente della medesima». Non è dato sapere quali siano i dubbi interpretativi sollevati da alcune sedi dell Istituto, con la conseguenza di non poter rilevare l effettiva correlazione fra i dubbi presentati e lo sviluppo successivo della tematica esaminata. «Prima dell entrata in vigore della legge n. 142/2001, l attività lavorativa svolta dai soci di cooperativa, volta al perseguimento di fini istituzionali della società, non si riteneva assimilabile ad un rapporto di lavoro, ma solo a un rapporto meramente associativo». L affermazione contenuta nel secondo periodo, se è totalmente vera sul piano generale, civilistico e contrattuale, si presenta in totale contraddizione con il dettato di una lunga serie di norme speciali che, a differenza di quanto affermato nel messaggio in esame, hanno continuamente ed esplicitamente assimilato la posizione del socio lavoratore di cooperativa a quella del lavoratore dipendente. Una per tutte, è possibile ricordare la norma fiscale contenuta nell art. 47, lett. a), D.P.R. n. 597/1973 e successivamente nell art. 50, lett. a), D.P.R. n. 917/1986, che hanno continuamente inquadrato il reddito del socio lavoratore di cooperativa fra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. «La giurisprudenza in mancanza di una chiara legislazione di riferimento, ha provveduto all estensione ai soci lavoratori di cooperativa di alcune specifiche tutele del lavoro subordinato che in caso contrario non avrebbe trovato applicazione». Il terzo periodo della circolare Inps riprende la formulazione contenuta nel quarto capoverso della circolare del Ministero del Lavoro 17 giugno 2002, n. 34, dove però alla funzione di supplenza della giurisprudenza si associa un continuo, anche se frammentario, intervento del legislatore che «ha proceduto a includere, di volta in volta, i soci di lavoratori di cooperative fra i destinatari dei vari provvedimenti N 9 - settembre 2007 33

32-36_REGOLE Mosconi 7-09-2007 18:07 Pagina 34 emanati per la generalità dei lavoratori». Come rilevato in commento al secondo periodo, non appare quindi del tutto vero che nel corso del tempo l estensione ai soci lavoratori di cooperativa di alcune specifiche tutele del lavoro subordinato sia derivata esclusivamente da decisioni giurisprudenziali, bensì, in applicazione del dettato costituzionale, che tutela il lavoro in tutte le sue forme, è stato possibile verificare come il legislatore abbia provveduto continuamente a intervenire sul tema, determinando specifiche soluzioni normative applicate alla fattispecie in esame. «Per quanto riguarda la tutela previdenziale, le norme relative ai lavoratori subordinati in base alla previsione dell art. 2 del R.D. 28 agosto 1924, n. 1422 e successive modifiche D.P.R. 30 aprile 1970, n. 602, sono state sempre applicate dall Istituto, oltre che nei confronti dei soci addetti ad attività amministrativa, alle condizioni e nei limiti specificati dall art. 2, lett. e) del D.P.R. n. 602/1970, anche nei confronti dei presidenti di cooperative sulla base di direttive impartite dal Ministero del Lavoro (Cfr. Circ. 8 agosto 1989, n. 179 e Circ. 15 aprile 1999, n. 89)». Anche quanto appena rilevato non appare del tutto vero, in quanto per l applicazione di specifiche tutele (si pensi all ammissibilità al fondo nazionale di garanzia del Tfr) precedentemente negate, è stato necessario l intervento del Ministero del Lavoro che, correggendo l indirizzo precedentemente assunto dall ente di previdenza, ne ha determinato la modificazione dei comportamenti fino a quel momento assunti. «La legge n. 142/2001 all art. 1, comma 3, ha introdotto nel nostro ordinamento un nuovo concetto di mutualità, che discende dalla separazione dello status di lavoratore da quello di socio, infatti la prestazione di lavoro è oggetto di un rapporto giuridico totalmente autonomo da quello mutualistico». Status di lavoratore e di socio L affermazione contenuta nel quinto periodo rende in termini incompleti la problematica esaminata, infatti in forza della legge n. 142/2001 la separazione fra status di lavoratore e status di socio non si è mai presentata assolutamente, in quanto il primo tipo di rapporto è sempre stato strumentale al secondo, non potendosi determinare come novazione di contratto l eventuale passaggio da socio lavoratore a lavoratore subordinato, nel caso in cui si fosse interrotto il rapporto associativo. La condizione di presupposto per un socio di poter lavorare in cooperativa è sempre stata quella di appartenere alla compagine sociale a seguito di ammissione, cosicché, interrompendosi il rapporto sociale e mutualistico, è apparsa sempre preclusa la possibile continuazione del rapporto di lavoro. Non solo, lo stesso ente di previdenza nell operato dei suoi organi ispettivi ha sempre assunto come elemento discriminante fra la condizione di socio lavoratore e quella di lavoratore dipendente, l esistenza o meno in cooperativa del regolamento interno definito all art. 6 della medesima legge n. 142/2001. «Le recenti abrogazioni apportate dalla legge 30/2003 non contribuiscono ad eliminare la predetta distinzione, in quanto la prestazione di lavoro non può essere identificata nella prestazione mutualistica, la prima è strumentale al raggiungimento della mutualità medesima». Anche l affermazione appena formulata appare totalmente difforme dalla norma della legge n. 30/2003, c.d. legge Biagi, che interviene proprio a eliminare dal testo della legge n. 142/2001 il termine distinto prima collocato fra l individuazione dei due rapporti sociale e di lavoro, che caratterizzano la partecipazione del socio in cooperativa. Tale affermazione è sostenuta da tutto il contesto della legge che addirittura condiziona l instaurarsi del rapporto lavorativo all ammissione a socio e lega l interruzione del medesimo rapporto al recesso o all esclusione dallo status di socio. Appare quindi, chiaramente, il contrario di quanto contenuto nel sesto periodo della circolare Inps. 34 N 9 - settembre 2007

32-36_REGOLE Mosconi 7-09-2007 18:07 Pagina 35 Quanto esposto nel messaggio in commento appare altresì in contrasto sia con la citata circolare del Ministero del Lavoro n. 34/2002, sia con la successiva circolare 18 marzo 2004, n. 10, nella quale si illustrano proprio le novità introdotte dalla legge Biagi, dove si evidenzia la preminenza del rapporto associativo su quello di lavoro. La circolare infatti fugando «ogni possibile dubbio sul fatto che il rapporto di lavoro sia strumentale al vincolo di natura associativa, peraltro puntualmente descritto al comma 1, tramite la definizione degli obblighi sociali posti a carico del socio lavoratore di cooperativa: il concorso nella gestione dell impresa, la partecipazione alle decisioni aziendali, la contribuzione alla formazione del capitale sociale, la messa a disposizione delle proprie capacità professionali». La più recente circolare del 2003 prosegue poi precisando che «la dipendenza del rapporto di lavoro da quello associato è resa ancora più evidente dall introduzione del secondo comma dell articolo 5, ai sensi del quale il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l esclusione del socio delineati nel rispetto delle previsioni statutarie ed in conformità con gli articoli 2526 e 2527 del Codice civile, previsione rispetto alla quale l eliminazione delle parole e distinto è certamente funzionale». Si conferma così, come già illustrato precedentemente che, «con tale norma le dinamiche del rapporto di lavoro sono chiaramente assoggettate a quelle del rapporto associativo, in caso di estinzione di quest ultimo». Tali affermazioni rappresentano il motivo conduttore di tutta la riforma apportata dalla legge n. 30/2003 e, conseguentemente, della circolare ministeriale illustrativa che così prosegue sul tema «come già evidenziato il comma 2 dell art. 5 rafforza la prevalenza del rapporto associativo ed evidenzia la strumentalità del rapporto di lavoro in funzione del raggiungimento dello scopo mutualistico: è, infatti, prevista come conseguenza automatica dello scioglimento del vincolo associativo, l estinzione del rapporto di lavoro». La circolare in conclusione mette in luce la rilevanza del regolamento interno che qualifica tutto il rapporto cooperativa/soci: «si sottolinea infine che, in mancanza di adozione del regolamento interno, le cooperative non possono: a) inquadrare i propri soci con rapporto diverso da quello subordinato; b) deliberare nelle materie di cui alle lett. d), e) e f), dell art. 6 (legge n. 142/2001). Si tratta, infatti, di aspetti che trovano la loro fonte istitutiva e la relativa disciplina esclusivamente nel regolamento interno. L art. 6, comma 1, lett. a) prevede, tra gli elementi che il regolamento deve in ogni caso contenere, il richiamo ai contratti collettivi applicabili, per ciò che attiene ai soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato. Al riguardo resta ferma la disposizione di cui all art. 3, comma 1, che richiama l applicazione dei contratti collettivi nazionali del settore o della categoria affine con riferimento al trattamento economico del socio lavoratore e per quanto attiene ai minimi previsti, per prestazioni analoghe». Armonizzazione degli obblighi per i presidenti «Pertanto, la progressiva estensione da parte del legislatore della disciplina sul lavoro subordinato al socio lavoratore di cooperativa, comporta l applicazione anche nei confronti di questi ultimi della regola generale dell incompatibilità di prestazione d attività lavorativa subordinata contemplata nella circolare n. 280/1989 per i presidenti del Cda, gli amministratori unici e i consiglieri delegati». La circolare Inps conclude con un salto logico che si evidenzia in due specifici elementi: viene richiamata l espressione di un pronunciamento già formulato prima dell emanazione della legge n. 142/2001 e della successiva legge mo- N 9 - settembre 2007 35

32-36_REGOLE Mosconi 7-09-2007 18:07 Pagina 36 dificatrice n. 30/2003 e che, già era stato ritenuto discutibile prima della emanazione della normativa che ha regolato e disciplinato tutta la materia. Non a caso la legge di disciplina del socio lavoratore, come già ricordato, contiene all art. 1 «una definizione del socio lavoratore a cui viene riconosciuto anche un ruolo nella gestione della cooperativa: potrà infatti partecipare alla formazione degli organi sociali e alla struttura di direzione, conduzione e rischio dell impresa. Sono norme di principio che richiamano disposizioni contenute nel Codice civile e/o nella legislazione speciale dedicate alle cooperative» (circolare n. 34/2002); non si tiene conto che anche i presidenti del Cda, amministratori unici e consiglieri delegati sono ordinariamente soci della cooperativa e, quindi, rientrano appieno nell applicazione delle norme sopra richiamate. Considerazioni conclusive In conclusione, è opportuno rilevare come l affermazione dell incompatibilità di prestazione lavorativa subordinata nelle cooperative sia contrastata dall obbligo di rendiconto e di subordinazione che i presidenti di Cda hanno nei confronti dell organo collegiale che li ha nominati, essendo di quest ultimo soggetto tutte le competenze di alta amministrazione societaria e, non anche del presidente, che assume ordinariamente la funzione di legale rappresentante. Sviluppati gli approfondimenti che precedono, si ritiene che ogni determinazione finale deve essere ricondotta al contenuto dell art. 1, comma 3 e dell intero art. 6 della legge n. 142/2001. L accordo fra le parti socio e cooperativa definisce l ulteriore (e non distinto) rapporto di lavoro da instaurare per lo svolgimento della attività della cooperativa e tale tipo di rapporto (subordinato, di collaborazione o autonomo) trova all interno del regolamento interno la sua definizione e la sua disciplina che, come voluto dal legislatore, quale regola generale insuperabile, vale per tutti i soci, compresi quindi i presidenti, gli amministratori unici e consiglieri delegati. Questi soggetti trovano, poi, quale ultima istanza a cui rendere conto del loro operato, i consigli di amministrazione e le assemblee dei soci, all interno delle quali, ricorrendo il voto capitario (1) esplicita espressione della regola mutualistica si collocano come unus inter pares e, non anche, in posizione dominante. [Note:] * dottore commercialista 1) Voto capitario: chi partecipa all impresa, in sostanza, nelle scelte dell impresa stessa esprime un solo voto, indipendentemente dalla quota di capitale posseduta. Software Gestionale Gestione Studio Legale Il software innovativo per la gestione del moderno studio legale NOVITÀ Aggiornamenti periodici on line Per maggiori informazioni: www.agenti24.it/coupon387 www.ilsole24ore.com/diritto 36 N 9 - settembre 2007