Politiche del lavoro: lavoro la formazione continua Uno dei capitoli di maggiore condivisione tra le Organizzazioni sindacali di Pietro Nocera Responsabile Comunicazione UILCA Gruppo UBI Banca
Sono trascorsi più di quindici anni da quando Governo e Parti sociali ravvisarono, nell ambito di un fondamentale accordo di concertazione (luglio 1993), la necessità di promuovere la nascita nel nostro Paese di un sistema di formazione professionale continua e più di dieci dal primo provvedimento volto a promuovere la costituzione dei Fondi interprofessionali, mediante la destinazione di risorse progressivamente crescenti al finanziamento di piani formativi di formazione continua. Nascono così i Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua: uno dei maggiori veicoli di professionalizzazione dei lavoratori, strumento innovativo e irrinunciabile, considerando anche il ruolo strategico della formazione continua nella corsa alla competitività dell Italia in questo momento storico. Ma come sono normati i percorsi di formazione continua oggi in Italia? Quali sono le sostanziali novità apportate dalle leggi sulla materia? I fondi, gestiti pariteticamente dalle Associazioni imprenditoriali e dalle Organizzazioni sindacali dei lavoratori, hanno quale primum movens la promozione e lo sviluppo della formazione continua, per creare nuove opportunità di aggiornamento, in una prospettiva di lifelong learning, per aumentare la competitività delle imprese private e l occupabilità dei lavoratori dipendenti. Per le imprese appartenenti al settore creditizio-finanziario e assicurativo il fondo paritetico interprofessionale per la formazione continua è stato For.Te (costituito il 5 settembre 2002 da Confcommercio, Abi, Ania, Confetra e da Cgil, Cisl e Uil). Dal 1 gennaio 2009, in seguito del Decreto Ministeriale n. 91/V/2008 del 16 aprile 2008, il settore delle banche e delle assicurazioni ha istituito un suo specifico fondo di settore denominato Fondo Banche Assicurazioni (FBA). Quale migliore occasione, quindi, per fare una prima riflessione dopo quasi un anno dalla sua costituzione, cercando di trarre i motivi che hanno sollecitato la nascita di questo nuovo fondo settoriale. Fondo che, analogamente agli altri, serve per cofinanziare la formazione continua finalizzata, tra l altro, all occupabilità del personale. Tutto ciò è poco conosciuto, come il fatto che i piani formativi per i quali le aziende possono chiedere il cofinanziamento devono essere concordati con i sindacati confederali in azienda. Sono quindi due i concetti cardine: la formazione continua e la condivisione della formazione aziendale. Ed è proprio qui che sorgono le note dolenti in quanto non tutti hanno ancora capito che la formazione continua è quella che deve fornire gli strumenti per aumentare concretamente le conoscenze e le competenze dei dipendenti e non, per esempio, per far imparare a vendere uno specifico prodotto o servizio della singola azienda, conoscenze perfettamente inutili al di fuori della stessa. Le politiche dell occupazione e del lavoro sono state oggetto, a partire dalla seconda metà degli anni novanta, di un profondo processo di trasformazione e ripensamento, peraltro tuttora in corso, fondato sui principi della promozionalità, della concertazione e della differenziazione. Accanto a questi caratteri delle nuove politiche del lavoro, si è progressivamente affermato il ruolo dell individuo quale soggetto attivo e centrale nelle iniziative volte a incidere sul funzionamento del mercato del lavoro. Da destinatario passivo di strumenti per lo più di sostegno al reddito, il lavoratore è divenuto protagonista degli interventi volti ad accrescerne le competenze e, di conseguenza, a migliorarne le chance occupazionali. La formazione, in tal senso, rappresenta un elemento centrale delle politiche del lavoro, caratterizzandosi come strumento attivo di inclusione socio-lavorativa. In relazione a questi obiettivi e alla necessità di porre al centro del processo di crescita l individuo, si è diffusa negli ultimi anni la formazione continua a domanda individuale, dove il lavoratore chiede di essere formato e le istituzioni predispongono percorsi formativi finalizzati alla soddisfazione e alla valorizzazione dei bisogni delle singole persone. L obiettivo perseguito è, così come più in generale nella formazione continua, la crescita del lavoratore in termini di occupabilità e adattabilità. La modifica sostanziale al modello delineato dalla L. 196/97, oltre a dare indicazioni specifiche per la costituzione e il finanziamento dei Fondi paritetici interprofessionali, riguarda un aspetto molto importante e diversificante: l esser passati dalla gestione di un unico fondo avente diverse gestioni per settori, all istituzione di più fondi, uno per ogni settore professionale. I fondi, associazioni senza fini di 1
lucro, sono soggetti dotati di personalità giuridica e sono strumento di finanziamento aziendali. La peculiarità fondamentale dei fondi sta nella pariteticità di tutti i loro organismi costitutivi e nella bilateralità che ne contraddistingue il modo di operare. L attivazione dei Fondi interprofessionali è comunque subordinata al rilascio di autorizzazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previa verifica della conformità. Con l avvio dei fondi è nata l esigenza di creare un coordinamento tra tutti gli attori pubblici e privati che sul territorio nazionale si occupano di promuovere la formazione continua; a tale scopo, è stato costituito l Osservatorio per la formazione continua (art. 48 L. 298/02). L Osservatorio ha il compito di elaborare proposte di indirizzo sull attività dei fondi, attraverso la predisposizione di linee-guida, esprimere pareri e valutazioni in ordine alle attività svolte da detti fondi. Di esso fanno parte rappresentanti del Ministero del lavoro, della Commissione centrale per l impiego, un rappresentante di ciascuna delle Confederazioni delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e delle organizzazioni datoriali. In Italia, i Fondi interprofessionali sono finanziati attraverso l adesione volontaria espressa dalle aziende. Il contributo, come previsto dalla normativa, è pari allo 0,30% della massa salariale dei lavoratori dipendenti versata dalle imprese all Inps. Resta fermo l obbligo, per i datori di lavoro che non aderiscono ad alcun fondo, di versare all Inps (Fondo di rotazione) il contributo integrativo di cui all art. 25 della L. 845/78. L obbligo contributivo, dunque, permane, ma cambia la destinazione dei soldi versati in caso di adesione ad un Fondo interprofessionale. La legge demanda all Inps il compito di disciplinare le modalità di adesione, la riscossione della relativa contribuzione e il successivo trasferimento delle risorse ai singoli fondi indicati dal datore di lavoro. Il comma 1, art. 118 L. 388/00 ha posto le basi per la costruzione di un sistema di adesione ai fondi su base associativa, prevedendo che le organizzazioni di rappresentanza datoriale e sindacale maggiormente rappresentative a livello nazionale possano, attraverso accordi interconfederali, costituire degli organismi finalizzati alla promozione, al sostegno e al finanziamento di piani formativi concordati per la formazione di lavoratori. Possiamo però chiederci perché, nonostante ciò, molte aziende non sfruttano l opportunità di aderire ad un Fondo interprofessionale e beneficiare quindi di formazione gratuita per i propri dipendenti. Le risposte sono molte, ma le più rilevanti sono tre: in primo luogo, la non conoscenza da parte degli imprenditori dell esistenza e del funzionamento dei Fondi interprofessionali; in secondo luogo, troviamo coloro che, pur essendo a conoscenza di questa opportunità, la rifiutano perché non sono ancora convinti che aderire non costi nulla; in terzo luogo, molti imprenditori ritengono che la formazione sia inutile. Per quanto riguarda i piani formativi, che sul piano teorico e normativo non sono certo una novità nata con i Fondi interprofessionali, in quanto introdotti con la L. 236/93 e in seguito ripresi nella L. 196/97, essi si esplicano in un programma organico che risponde a finalità e obiettivi definiti dagli attori del sistema. I progetti formativi, che completano la progettazione del piano, sono lo strumento attraverso cui vengono realizzati gli intenti e gli obiettivi dichiarati e sottoscritti dalle Parti sociali. Il piano formativo non è rappresentabile come una scatola chiusa, contenente i progetti di formazione, ma come un sistema aperto, un terreno fertile di confronto e di gestazione della formazione continua. Quali sono quindi le particolarità interessanti introdotte dalla L. 388/00? Una sostanziale novità è rappresentata dalla possibilità di progettare e finanziare, attraverso i piani formativi, attività propedeutiche finalizzate alla migliore realizzazione delle attività formative e degli obiettivi del piano formativo (per attività propedeutiche si intendono: l analisi dei fabbisogni formativi, i bilanci di competenze, il miglioramento e l aggiornamento delle competenze degli operatori del sistema, la sperimentazione di modelli condivisi di formazione continua). Un altra importante novità è rappresentata dal legame che proprio la norma sancisce tra piano formativo e progetto. L intenzione è di uscire dalla logica di programmazione ed erogazione a breve termine e di eventi spot della formazione continua, per 2
entrare nella logica di un piano organico di più ampio respiro e prospettiva volto a fortificare la relazione che si va instaurando tra sistemi produttivi con quelli formativi sempre più interdipendenti. Esso è, inoltre, una garanzia nella pratica quotidiana di programmazione della formazione, poiché la sua realizzazione è a medio e lungo termine, in un ottica di continuità nel tempo. Uno degli interventi legislativi inerenti la formazione riguarda la concessione ai lavoratori di congedi. In questo caso, ai lavoratori è riconosciuto il diritto alla sospensione del rapporto di lavoro in ragione di percorsi di accrescimento del livello di preparazione culturale e professionale. Infatti, in aggiunta a quanto previsto dall art. 10 dello Statuto dei lavoratori, l art. 5 della legge 8 marzo 2000, n. 53, attribuisce al lavoratore che abbia almeno cinque anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda il diritto a usufruire di congedi non retribuiti finalizzati «al completamento della scuola dell obbligo, al conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro». La norma non riguarda dunque solo la formazione continua, ma estende la sua sfera di influenza anche all educazione permanente. La sospensione del rapporto per tali congedi non potrà comunque superare il periodo, continuativo o frazionato, di undici mesi nell arco dell intera vita lavorativa. Al lavoratore che usufruisca dei congedi è data facoltà di avvalersi di specifiche agevolazioni sul piano previdenziale: egli può procedere al riscatto dei periodi di congedo formativo ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria, ma può anche scegliere di prolungare il rapporto di lavoro di un periodo corrispondente alla durata dei congedi utilizzati, anche in deroga alle disposizioni concernenti l età di pensionamento obbligatorio. Il lavoratore potrà dunque usufruire di congedi per seguire attività di formazione (anche di formazione professionale) scelte autonomamente in relazione alla propria vocazione, prescindendo dalle esigenze aziendali. Il valore dell art. 5 sta proprio nell aver affermato un principio che fino a ora ha incontrato notevoli resistenze e cioè che l interesse del lavoratore a migliorare la propria cultura e professionalità, anche non in relazione alle scelte aziendali, merita una particolare attenzione dell ordinamento, in quanto il suo soddisfacimento corrisponde a un interesse della collettività, di rilievo costituzionale. Per questa ragione, come peraltro accade in altre situazioni analoghe, il datore di lavoro è chiamato a concorrere al perseguimento dell interesse generale, seppur entro il limite descritto e cioè del consentire al lavoratore di assentarsi per partecipare ad attività formative, facendosi carico degli effetti negativi che l utilizzo dei congedi può determinare sull organizzazione del lavoro. L esperienza di alcuni anni di applicazione della norma insegna però che il suo principale punto di debolezza può essere rinvenuto nell assenza di permessi retribuiti, la cui eventuale previsione è demandata alla contrattazione collettiva. Nello specifico del settore del credito non sono molte le ore a disposizione per uno dei percorsi formativi specificati precedentemente. Lo sviluppo del ricorso ai congedi andrebbe dunque sostenuto anche con congedi retribuiti e non necessariamente il costo dovrebbe gravare sul datore di lavoro; esso potrebbe infatti essere in tutto o in parte mutualizzato, per quei datori di lavoro che aderiscono ai Fondi interprofessionali per la formazione continua. C è un fiorente sviluppo dei Fondi e vi è stata una buona accoglienza del sistema da parte dei datori di lavoro interessati (i dati relativi al 2005 testimoniano dell adesione di oltre 400.000 imprese con circa 5.600.000 lavoratori, potenziali destinatari della formazione). Negli ultimi decenni si è verificato un forte cambiamento tecnologico e organizzativo delle strutture produttive, che ha indotto una sostituzione pervasiva delle tecnologie preesistenti, generando ampi bisogni di nuove professionalità e ha imposto una velocità diversa al cambiamento stesso, che è diventato continuo nel tempo e non più connesso a particolari innovazioni e contingenze. Da qui, l importanza e l enfasi posta sulla formazione continua dei lavoratori, che è diventata un requisito indispensabile e funzionale agli obiettivi aziendali. Peraltro, la formazione continua offre benefici che sono equamente 3
spartiti tra i lavoratori che vi partecipano e l impresa che li impiega. I benefici per il lavoratore consistono in un aumento dell occupabilità, in un possibile avanzamento di carriera e di miglioramento delle attività svolte, in un possibile aumento di retribuzione. L impresa, da parte sua, trae dalla formazione la possibilità di disporre di personale più qualificato, maggiormente adattabile alle diverse esigenze organizzative, più autonomo e in grado di intervenire con maggiore cognizione nella soluzione dei problemi aziendali. La formazione continua è una responsabilità delle Parti sociali che dovrebbero gestirla congiuntamente. Le sfide dell innovazione e della competitività coinvolgono non solo le imprese ma altrettanto direttamente anche il sindacato. La capacità di affrontarle è uno dei test significativi per il futuro delle relazioni sindacali. Voglio concludere ricordando la mission che deve essere baluardo per i sindacalisti: avere sempre ben presente che è proprio il sindacato che deve mettere in atto cambiamenti radicali, fornendosi di strumenti teorici, politici, culturali e operativi per concertare la formazione nei diversi livelli di competenza. Sono le rappresentanze sindacali le titolari della contrattazione aziendale, ed è proprio l azienda il luogo in cui si gioca la partita ; materia negoziale non è più solo il salario, ma, sempre di più, la formazione come principale strumento di sviluppo delle competenze dei lavoratori. 4