IL DISEGNO DI DIO E L ANNUNCIO DEL REGNO ALLA LUCE DI At 28,17-31. L. D. Chrupcała



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IL DISEGNO DI DIO E L ANNUNCIO DEL REGNO ALLA LUCE DI At 28,17-31 L. D. Chrupcała Anche da una prima lettura dei racconti evangelici si può constatare che il regno di Dio costituisce l oggetto della predicazione di Gesù. Se poi dai vangeli ci si porta agli altri scritti delle origini cristiane si può facilmente fare un altra constatazione: il contenuto dell annuncio cristiano gravita intorno all evento Cristo. Questo spostamento di interesse si vede chiaramente nel vocabolario. Al di fuori dei vangeli sinottici, l espressione hj basilei a touv qeouv è debolmente attestata. La stessa osservazione vale per Luca. Nella sua opera in due parti (III Vangelo e Atti degli apostoli) il termine basilei a compare 54 volte (su un totale di 162 volte in tutto il NT), di cui però soltanto 8 volte negli Atti. Ne risulta quindi che anche nello scriba mansuetudinis Christi si scorge la tendenza generale del NT: l annuncio del regno di Dio viene affiancato dall annuncio della salvezza universale in Gesù Cristo 1. Il regno di Dio negli Atti degli apostoli L opinione predominante oggi fra gli studiosi, condivisa pure da noi, attribuisce a Luca la paternità di due scritti del NT. Il suo vangelo si distingue senz altro per un marchio originale ma nel contempo riflette anche in gran parte uno schema tradizionale. Il genio letterario e teologico di Luca si fa conoscere propriamente negli Atti, il cui genere e contenuto non trovano paralleli nel panorama neotestamentario. La conclusione viene spontanea: per conoscere il punto di vista di Luca sul regno di Dio non esiste via migliore di quella offerta dal secondo libro della sua opera 2. * Ringrazio padre Claudio G. Bottini e padre Alviero Niccacci dello Studium Biblicum Franciscanum, cui debbo molto per l elaborazione del presente contributo. 1. Occorre precisare tuttavia che la differenza nell oggetto dell annuncio, che si osserva nelle due parti dell opera lucana (III Vangelo: l evangelium Christi / Atti: l evangelium de Christo), non va immaginata così netta. Per Luca infatti il regno di Dio non è mai staccato dalla persona di Gesù; il regno costituisce un evento cristologico-soteriologico; cf. L.D. Chrupcała, «Il tema del regno di Dio nell opera lucana», Ant 69 (1994) 6. 2. Per una visione d insieme sono utili alcuni studi generali: W. Bieder, «Die Königsherrschaft Gottes in der Apostelgeschichte des Lukas», EvMiss 104 (1960) 2-8; R.F. LA 47 (1997) 79-96

80 L. D. CHRUPCAŁA Negli Atti il tema del regno forma un inclusione (At 1,3.6; 28,23.31) e si trova in punti centrali del racconto. Luca riferisce che in seguito alla persecuzione scoppiata dopo l uccisione di Stefano i discepoli di Gesù furono dispersi e per la prima volta cominciarono a diffondere la parola di Dio al di fuori di Gerusalemme; uno di questi era Filippo che alla popolazione di Samaria «recava la buona novella del regno di Dio» (8,12a). Il sommario sull annuncio pubblico di Paolo ad Efeso all inizio del terzo viaggio missionario informa che per ben tre mesi l apostolo si incontrava con i giudei nella sinagoga, «discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori circa il regno di Dio» (19,8b). A Mileto, al termine della sua attività nella provincia d Asia, Paolo svelerà agli anziani di Efeso un suo presentimento: «Ecco, ora so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunziando il regno di Dio» (20,25). Ad eccezione di At 14,22, in cui è riflesso il detto tradizionale sull entrata nel regno di Dio 3, tutti gli altri sommari degli Atti sul regno appartengono al patrimonio di Luca. Lo si riconosce sulla base di una caratteristica dello stile: l espressione «regno di Dio» compare con un verbum dicendi (annunziare, proclamare, parlare, persuadere, testimoniare): At 1,3; 8,12; 19,8; 20,25; 28,23.31 4. L interrogativo sul tempo della venuta finale del regno rappresenta una seconda particolarità lucana. «Signore chiedono a Gesù risorto i suoi discepoli è questo il tempo in cui ricostituirai il regno per Israele?» (At 1,6) 5. O Toole, «The Kingdom of God in Luke-Acts», in W. Willis (ed.), The Kingdom of God in 20th-Century Interpretation, Peabody MA 1987, 147-162; A. Weiser, «Reich Gottes in der Apostelgeschichte», in C. Bußmann - W. Radl (hrsg.), Der Treue Gottes trauen. Beiträge zum Werk des Lukas. Für Gerhard Schneider, Freiburg - Basel - Wien 1991, 127-135. Un attenzione particolare merita tuttavia la recente monografia di A. Prieur, Die Verkündigung der Gottesherrschaft. Exegetische Studien zum lukanischen Verständnis von basilei a touv qeouv (WUNT 89), Tübingen 1996; cf. la nostra recensione su LA 47 (1997). Da questo studio ho tratto molte idee presenti in questo articolo. 3. Cf. Mt 5,20; 7,21; Mc 9,47; Lc 18,17//Mt 18,3//Mc 10,15; Lc 18,24-25//Mt 19,23.24//Mc 10,23-25; Lc 23,42; Gv 3,5. Su origine, caratteristiche formali e funzione di questo genere di detti si veda F.W. Horn, «Die synoptischen Einlaßsprüche», ZNW 87 (1996) 187-203. 4. In tutto il NT soltanto in Luca abbiamo i collegamenti di questo tipo, sia negli Atti sia anche nel III Vangelo: «annunziare la buona novella del regno di Dio» (Lc 4,43); «predicare e annunziare la buona novella del regno di Dio» (8,1); «predicare il regno di Dio» (9,2); «parlare del regno di Dio» (9,11); «proclamare il regno di Dio» (9,60); «annunziare la buona novella del regno di Dio» (16,16). 5. Vedi anche Lc 17,20a: «quando verrà il regno di Dio?»; 19,11b: «essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all altro»; 21,7: «quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?» (cf. v. 31: «quando voi vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino»).

IL DISEGNO DI DIO E L ANNUNCIO DEL REGNO 81 Secondo il terzo evangelista, come per gli altri sinottici, il regno di Dio si è fatto storicamente presente nelle parole, opere e nella persona di Gesù di Nazaret (cf. Lc 11,20; 17,21b). Ma come interpretare questa presenza dopo l ascensione? Come Luca concepisce il passato (la vita pubblica di Gesù), il presente (la missione universale della chiesa) e il futuro (la parusia gloriosa di Cristo) del regno di Dio? Qual è il nesso tra il regno e verbum dicendi? A che cosa pensa Luca, quando fa del regno di Dio il contenuto dell annuncio di Gesù e successivamente dei discepoli? Per rispondere, almeno in parte, a queste domande, studieremo da vicino il brano di At 28,17-31, una «chiave ermeneutica» per la comprensione degli Atti 6, mettendo l accento sulle due frasi che contengono la menzione del regno di Dio. Il piano salvifico e l annuncio universale del regno Con At 28,17-31 Luca conclude il racconto della messa in atto del piano divino della salvezza. Che questo piano costituisca il tema dominante dell intera opera lucana è convinzione largamente condivisa dagli studiosi contemporanei e solidamente fondata su alcuni testi significativi 7. Il vecchio Simeone, prendendo tra le braccia il bambino Gesù, proclamava nel suo cantico l «ora» (nuvn) dell adempimento della profezia di Israele: «i miei occhi han visto la tua [del Signore] salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» (Lc 2,30-32). Questo testo che echeggia vari annunci della salvezza, in particolare quelli deutero-isaiani sul Servo di Dio (Is 42,6; 49,6), dimostra che la questione della salvezza dei gentili assume un importanza cruciale nella visione lucana del rapporto tra Dio e 6. Cf. in tal senso J. Dupont, «La conclusion des Actes et son rapport à l ensemble de l ouvrage de Luc», in J. Kremer (par), Les Actes des Apôtres. Tradition, rédaction, théologie (BETL 48), Gembloux - Leuven [1978], 359-404. Per C.M. Martini, At 28,23-28 costituisce «la scena culminante del libro»: Atti degli Apostoli (NVdB 37), Roma 1974 3, 325. L ampio spazio dedicato da Prieur al brano finale degli Atti (Die Verkündigung, 20-83) è una ulteriore prova dell importanza di questo testo per la teologia di Luca. 7. Fra i numerosi studi dedicati a questo argomento cf. E. Lohse, «Lukas als Theologe der Heilsgeschichte», EvTh 14 (1954) 256-275; G.P.V. Du Plooy, «The design of God in Luke- Acts», Scriptura 25 (1988) 1-6; G.C. Bottini, Introduzione all opera di Luca. Aspetti teologici (SBF Analecta 35), Jerusalem 1992, 49-58; J.T. Squires, The Plan of God in Luke-Acts (SNTS MS 76), Cambridge 1993; S. Zedda, Teologia della salvezza nel vangelo di Luca (Studi biblici 18), Bologna 1991; Teologia della salvezza negli Atti degli Apostoli. Studi sulla terminologia (Studi biblici 20), Bologna 1994.

82 L. D. CHRUPCAŁA Israele 8. Anche Giovanni Battista, chiamando i peccatori a convertirsi, profetizzava ispirandosi all oracolo di Isaia: «ogni uomo vedrà la salvezza di Dio» (Lc 3,6 = Is 40,5 LXX). Allungando la citazione del testo profetico rispetto ai passi paralleli di Mc 1,2-3 e Mt 3,3, Luca vuole indicare che la salvezza di Gesù è destinata all intera umanità, oggetto del beneplacito di Dio (cf. Lc 2,14; 6,35b). Questo tema ricompare all inizio della missione pubblica di Gesù. Come è noto, Lc 4,14-44 ha una grande importanza per la teologia lucana. Ora, proprio in questo contesto ricorre la prima menzione del regno di Dio 9. Più avanti, alle folle desiderose di trattenerlo, Gesù risponde: «Bisogna che io annunci il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato» (Lc 4,43). Il passo richiama la predicazione di Gesù nella sinagoga di Nazaret. Il suo punto centrale è costituito dalla proclamazione del compimento della Scrittura, fatta da Gesù a commento di Is 61,1-2 LXX 10. E significativo però che Luca elimini dal testo profetico la frase «giorno di vendetta». Non solo sparisce la minaccia di punizione per i nemici di Israele, ma addirittura nel seguito del discorso di Gesù (vv. 25-27) i pagani vengono presentati come possibili destinatari della salvezza 11. Letto alla luce della scena di Nazaret, l annuncio del regno di Dio rappresenta così un messaggio sul compimento del disegno di Dio, preannunciato nella Scrittura e giunto con Gesù alla fase di realizzazione storica (v. 21: «oggi») 12. Dall altro lato, l annuncio del regno di Dio significa che il piano di Dio ha quale obiettivo la salvezza di tutti gli uomini. 8. Lo ha sottolineato D.L. Tiede, «Glory to Thy People Israel! : Luke-Acts and the Jews», in K.H. Richards (ed.), Society of Biblical Literature 1985 Seminar Papers (SBL Seminar Papers 25), Atlanta 1986, 142-151. 9. Cf. A. Del Agua Pérez, «El cumplimiento del Reino de Dios en la misión de Jesús: Programa del Evangelio de Lucas (Lc. 4,14-44)», EstBíb 38 (1979-80) 269-293; Prieur, Die Verkündigung, 167-181. 10. Cf. J.A. Sanders, «From Isaiah 61 to Luke 4», in C.A. Evans - J.A. Sanders, Luke and the Scripture. The Function of Sacred Tradition in Luke-Acts, Minneapolis MN 1993, 46-69. 11. E una prefigurazione programmatica dell accoglienza del vangelo dai pagani e non un preannuncio del suo rigetto da parte di Israele. Mi sembra limitativo voler vedere nell allusione biblica un semplice invito alla conversione, come pensa invece B.-J. Koet, «Today this Scripture has been fulfilled in your ears. Jesus explanation of Scripture in Luke 4,16-30», Bijdragen 47 (1986) 368-394 = Five Studies on Interpretation of Scripture in Luke- Acts (Studiorum NT Auxilia 14), Leuven 1989, 24-55. Vedi inoltre C.A. Evans, «The Function of the Elijah / Elisha Narratives in Luke s Ethic of Election», in Evans - Sanders, Luke and the Scripture, 70-83. 12. La «promessa-compimento», presente in varia misura in tutto il NT, ricopre un ruolo importante nella teologia lucana della salvezza. Si veda C.H. Talbert, «Promise and

IL DISEGNO DI DIO E L ANNUNCIO DEL REGNO 83 L universalità della redenzione viene chiaramente affermata alla fine del terzo vangelo. Dopo la risurrezione Gesù svela agli apostoli il senso delle Scritture riguardo a Cristo e alla missione universale dei discepoli, e annuncia l ormai prossima predicazione della salvezza «a tutte le genti» (Lc 24,47a). Questo programma missionario-teologico viene ripreso all inizio degli Atti, dove il Risorto affida agli apostoli il compito della testimonianza a sé «fino agli estremi confini della terra» (At 1,8b). La frase, più che un indicazione geografica (Roma o la provincia di Spagna), si riferisce ai destinatari del messaggio salvifico: i pagani. Analogamente nell espressione di At 1,8a: «a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria» (//Lc 24,47b: «cominciando da Gerusalemme») bisogna vedere l annuncio destinato ai giudei. In tale direzione conduce, del resto, Is 49,6 LXX le cui ultime parole vengono riprese da Luca in At 1,8b. A somiglianza del Servo, inviato sia alle tribù di Giacobbe / superstiti di Israele che alle nazioni, il Cristo risorto annuncia «la luce al popolo (Israele) e ai pagani» (At 26,23). Egli opera mediante gli apostoli, incaricati di testimoniarlo davanti ai giudei e ai gentili; gli apostoli devono diffondere l annuncio della portata universale dell evento Cristo, dando così testimonianza al piano salvifico preordinato e compiuto da Dio 13. Parlando con i discepoli «sulle cose riguardanti il regno di Dio» (At 1,3), il Risorto tematizza quindi l opera salvifica di Dio. Quest opera, centrata sulla persona del Messia, è stata preannunciata nella Scrittura e si è realizzata nell attività di Gesù e nel suo mistero pasquale (Lc 24,44-46). Ma il compimento del piano di Dio non è ancora terminato. Altri eventi devono compiersi prima della data finale (la parusia), nota soltanto a Dio. Per questo motivo è inutile porre domande sul momento di una «ricostituzione del regno per Israele» (At 1,6). L apocatastasi è già iniziata con la glorificazione di Cristo (At 3,20-21), il quale è diventato, secondo la promessa abramitica, una bene- Fulfillment in Lucan Theology», in Idem (ed.), Luke-Acts. New Perspectives from the SBL Seminar, New York 1984, 91-103; D. Peterson, «The Motif of Fulfilment and the Purpose of Luke-Acts», in B.W. Winter - A.D. Clarke (ed.), The Book of Acts in Its First Century Setting. I: Ancient Literary Setting, Grand Rapids - Michigan 1993, 83-104; Zedda, Teologia (Luca), 13-28; Teologia (Atti), 11-22; B.C. Frein, «Narrative Predictions, Old Testament Prophecies and Luke s Sense of Fulfilment», NTS 40 (1994) 22-37; R.I. Denova, The Things Accomplished among Us. Prophetic Tradition in the Structural Pattern of Luke-Acts (JSNT SS 141), Sheffield 1997. 13. Per tutta la questione e la bibliografia cf. Bottini, Introduzione, 69-70. Di recente J. Winandy, «La finale des Actes: Histoire ou théologie», ETL 73 (1997) 103-106, ha riesumato la vecchia ipotesi di T. Zahn, secondo la quale l annuncio lucano del vangelo eºwß e sca tou thvß ghvß si riferirebbe ad un progetto geografico e quindi il racconto interrotto di At 28,30-31 richiederebbe un seguito. Ci atteniamo a P. Pokorný, Theologie der lukanischen Schriften (FRLANT 174), Göttingen 1998, 105: «Eines ist klar: Das Ende der Erde muß im Grunde mit der direkten Heidenmission zusammenhängen».

84 L. D. CHRUPCAŁA dizione per «tutte le famiglie della terra» (At 3,25b). Quindi all interno del popolo d Israele, ricostituito intorno ai Dodici, devono essere radunate tutte le genti che riconosceranno la signoria di Dio in Cristo (At 15,14-18 con la cit. di Am 9,11-12 LXX 14 ). In questo modo la missione universale, destinata ai giudei e ai pagani, essendo oggetto del piano salvifico di Dio, rientra a pieno titolo nel tema lucano dell «annuncio del regno di Dio» 15. Il messaggio di salvezza che alla fine degli Atti è portato da Paolo ai giudei e ai gentili abitanti nella capitale dell impero romano, costituisce pertanto il compimento del disegno di Dio svelato dal Risorto ai discepoli (Lc 24,47; At 1,8). A quel punto volge pure a termine la predicazione universale di Paolo (At 20,21), inviato dal Signore a «portare la salvezza sino all estremità della terra» (At 13,47 16 ; cf. 9,15; 22,15.21; 26,17-18). Le ultime parole dell apostolo registrate da Luca richiamano l annuncio fatto nel vangelo e, nel contempo, riassumono la missione di Paolo e l intero contenuto degli Atti. «Sia dunque noto a voi dirà Paolo ai giudei rimasti insensibili al suo insegnamento che questa salvezza di Dio è stata mandata alle genti ed esse ascolteranno» (At 28,28). La finale degli Atti si inserisce in questo ampio contesto dell universale disegno salvifico di Dio, promesso, adempiuto o in via di realizzazione, e ne viene illuminata. Il brano di At 28,17-31 può essere suddiviso in tre unità: 1) primo incontro di Paolo con i capi della comunità giudaica di Roma (vv. 17-22); 2) secondo incontro di Paolo con un gruppo più numeroso di giudei (vv. 23-28); 3) sommario conclusivo sull attività romana di Paolo (vv. 30-31) 17. 14. Nel TM si parla invece del dominio di Israele sulle nazioni pagani. Sull idea di un piano di Dio in At 15,15-18 vedi E. Richard, «The Divine Purpose: The Jesus and the Gentile Mission (Acts 15)», in Talbert (ed.), Luke-Acts, 188-209. Sul «decreto apostolico» e le sue prescrizioni vedi J. Wehnert, Die Reinheit des «christlichen Gottesvolkes» aus Juden und Heiden. Studien zum historischen und theologischen Hintergrund des sogenanten Aposteldekrets (FRLANT 173), Göttingen 1997. 15. M. Wolter, «Reich Gottes bei Lukas», NTS 41 (1995) 541-563, ha affrontato per primo la questione del regno di Dio in rapporto alla salvezza dei giudei e dei pagani. Secondo lui, Luca ha posto nell universalismo della salvezza un nuovo centro del concetto giudaico del regno di Dio (Lc 13,29; At 1,6-8), eliminando così le connotazioni semantiche dell attesa tradizionale del regno: la centralità del popolo di Israele e di Sion-Gerusalemme (Lc 19,11-27). «Lukas stellt das Basileia-Thema erneut in den Kontext von Israelfrage und universalistischer Verkündigungsperspektive» (p. 559). 16. Secondo J.B. Tyson, «The Gentile Mission and the Authority of Scripture in Acts», NTS 33 (1987) 623: «This is probably the most explicit place in Luke-Acts where a prophetic scripture is used to legitimate the Gentile mission». 17. Per le questioni letterarie del testo rinvio allo studio di H.J. Hauser, Strukturen der Abschlußerzählung der Apostelgeschichte (Apg 28,16-31) (AnBib 86), Rome 1979.

IL DISEGNO DI DIO E L ANNUNCIO DEL REGNO 85 Incontro di Paolo con i giudei di Roma (At 28,17-22) Ai rappresentanti della comunità ebraica romana Paolo racconta la vicenda giudiziaria che lo ha portato, in conformità al piano di Dio (il verbo hjnagka sqhn rimanda al dei di At 19,21; 23,11; 27,24), fino al tribunale di Cesare (vv. 17b-19). Richiamandosi alle accuse a lui rivolte da parte dei giudei asiatici e alla sommossa sollevata nei suoi confronti dai giudei di Gerusalemme (cf. At 21,27-25,12), l apostolo dichiara di non aver commesso niente contro il popolo né contro le tradizioni dei padri. Dall apologia di Paolo appare chiaramente la convinzione della sua innocenza; egli è soltanto un giudeo osservante che professa la fede in Cristo 18. Nel v. 20 si arriva al vertice del primo discorso. La prigonia di Paolo ha una motivazione teologica: «è a causa della speranza d Israele». Guardiamo più da vicino questa locuzione da cui dipende, in buona parte, la comprensione della testimonianza paolina del regno di Dio (v. 23). L evangelista Luca è consapevole che il popolo eletto ha ricevuto da Dio le promesse e, fin quando mantiene la speranza nel loro compimento, resta oggetto della predilezione divina 19. Ma in che cosa consiste tale speranza? Il termine e lpi ß è specificamente lucano e assume un valore escatologico-messianico 20. Secondo un filone dell attesa giudaica, con la venuta del Messia iniziava l era escatologica che sarebbe culminata con l instaurazione del regno di Dio, visibile nei segni di risurrezione o restaurazione (metaforica o reale) del popolo 21. Anche Luca volge lo sguardo alle 18. Sulla figura di Paolo nell opera lucana si può vedere R.I. Pervo, Luke s Story of Paul, Minneapolis 1990; C.-J. Thornton, Der Zeuge des Zeugen. Lukas als Historiker der Paulusreisen (WUNT 56), Tübingen 1991; J.C. Lentz, Luke s Portrait of Paul (SNTS MS 77), Cambridge 1993. 19. Cf. J. Jervell, «Gottes Treue zum untreuen Volk», in Bußmann - Radl (hrsg.), Der Treue Gottes trauen, 15-27. Ma vedi soprattutto il pregevole studio di D. Ravens, Luke and the Restoration of Israel (JSNT SS 119), Sheffield 1995. 20. Tra gli evangelisti solo Luca si serve del sostantivo e lpi ß (8 volte negli Atti). Egli utilizza anche il verbo e lpi zw (Lc 24,21; At 26,7). 21. Su questa attesa nell AT cf. P. Welten, «Die Vernichtung des Todes und die Königsherrschaft Gottes. Eine traditionsgeschichtliche Studie zu Jes 25,6-8; 24,21-23 und Ex 24,9-11», ThZ 38 (1982) 129-146. La tradizione giudaica si riflette in Lc 7,22//Mt 11,5; 1Cor 15,50. In tal senso potrebbe essere letto At 1,6. Cf. poi Lc 2,25.38; 23,51b; 24,21. Per uno sguardo complessivo sull attesa messianica nell AT rimando all agile libretto di J. Becker, Messiaserwartung im Alten Testament (SBS 83), Stuttgart 1977; cf. anche E. Zenger, «Jesus von Nazaret und die messianischen Hoffnungen des alttestamentlichen Israel», in U. Struppe (hrsg.), Studien zum Messiasbild im Alten Testament (SBAB AT 6), Stuttgart 1989, 23-66.

86 L. D. CHRUPCAŁA promesse fatte ad Israele, ma insieme se ne distanzia radicalmente: nel «come» del compimento, che non corrisponde alle attese popolari, e soprattutto nel «chi» sia il Messia di Israele 22. Per Luca la «speranza» del tempo finale ha ormai una dimensione storica: coincide con la risurrezione di Gesù di Nazaret, il Messia sofferente di Israele. Questo tema attraversa tutto il libro degli Atti (cf. At 2,24.31-32; 13,23.32-37 ecc.). La «speranza nella risurrezione dai morti», di cui parla Paolo nella sua apologia qualificandola come «speranza d Israele», ha quindi di mira propriamente la risurrezione di Gesù (17,31-32; 23,6; 26,6-8.22-23); da cui dipende e su cui si fonda la speranza nella risurrezione universale (24,14-15.21) 23. Anche se nel brano finale degli Atti manca una menzione esplicita della risurrezione, essa tuttavia è implicita nell espressione «speranza d Israele», compresa alla luce di quanto l apostolo dice nelle due apologie precedenti e di quanto gli accade (At 23; 25). «Testimoniare il Risorto» sia a Gerusalemme che a Roma (23,11; 25,19) è il compito che Paolo ha ricevuto dal Signore ed è per questo motivo che egli deve affrontare il giudizio. Contenuto della «speranza d Israele» è anche l attesa del compimento della promessa divina riguardante l intronizzazione regale di un discendente di Davide 24. Secondo Luca, questa «speranza d Israele» si è compiuta nel momento dell esaltazione celeste del Messia Gesù alla destra di Dio (At 2,33-34.36; 3,20-21; 7,55; cf. Lc 22,69). Il Risorto ha ricevuto il regno davidico (Lc 1,32-33; 19,38.11-27; 22,29-30; 23,38.42; cf. anche At 17,7) e l ufficio di giudice dei vivi e dei morti (At 10,42; 17,31), ma soprattutto è diventato il salvatore universale (At 4,11-12; 5,31; 13,23; cf. Lc 2,11). 22. Così Pokorný, Theologie, 42. Con Wolter, «Reich Gottes», 552-553, possiamo notare in Luca una «semantische Innovation des überkommenen eschatologischen Heilskonzepts der Königsherrschaft Gottes». Questa innovazione semantica comporta non solo la precisazione del modo in cui il regno escatologico si è fatto «vicino», ma soprattutto la determinazione dei suoi nuovi confini (l universalità della salvezza) e dei criteri d accesso (la fede nel Messia Gesù). 23. Cf. R.J. Kepple, «The Hope of Israel, the Resurrection of the Dead, and Jesus: A Study of their Relationship in Acts with particular Regard to the Understanding of Paul s Trial Defense», JEvThS 20 (1977) 231-241; K. Haacker, «Das Bekenntnis der Paulus zur Hoffnung Israels nach der Apostelgeschichte des Lukas», NTS 31 (1985) 437-451; Die messianischen Hoffnungen Israels verbinden sich für ihn [Lukas] also ganz besonders mit der Auferstehung Jesu» (p. 447). Sul tema della risurrezione nell opera lucana cf. C.H. Talbert, «The Place of Resurrection in the Theology of Luke», Interp 46 (1992) 19-30. 24. Si vedano gli studi, per certi aspetti complementari, di M.L. Strauss, The Davidic Messiah in Luke-Acts. The Promise and Its Fulfillment in Lukan Christology (JSNT SS 110), Sheffield 1995; A.W. Zwiep, The Ascension of the Messiah in Lukan Christology (NT SS 87), Leiden - New York - Köln 1997 (contiene una ricca bibliografia).

IL DISEGNO DI DIO E L ANNUNCIO DEL REGNO 87 Per il lettore dell opera lucana è chiaro quindi che, quando Paolo parla della «speranza d Israele», ha in mente la risurrezione di Cristo. A questo evento sono strettamente collegate la passione-morte di Gesù (il passato) e la missione tra giudei e pagani (il futuro). Ne segue allora che gli scontri tra Paolo e i suoi connazionali non sorgevano a motivo di interpretazioni divergenti circa le pratiche cultuali o a causa del modo diverso di concepire la risurrezione universale. La controversia aveva invece un fondamento assai più profondo e riguardava precisamente la cristologia e il ruolo di Gesù di Nazaret nel piano salvifico di Dio. I notabili giudei di Roma ignorano comunque i fatti di cui Paolo aveva parlato. Nondimeno vogliono sentire da lui, considerato da essi rappresentante di una setta «che trova dappertutto opposizione», la sua opinione in merito (vv. 21-22). La testimonianza sul regno di Dio (At 28,23-28) Terminato così il primo incontro di Paolo con i giudei romani (vv. 17-22), si presenta come un introduzione alla scena seguente (vv. 23-28). Gli uditori del secondo discorso di Paolo sono «molti» giudei (v. 23a). «Dal mattino fino alla sera» l apostolo espone ad essi la sua dottrina (v. 23b), il cui contenuto viene caratterizzato in due modi paralleli e complementari: «rendendo testimonianza del regno di Dio» e «cercando di convincerli riguardo a Gesù» 25. Il v. 23 ha stretti paralleli con At 8,12; 28,31. In tutti e tre i casi si tratta di sommari che descrivono in breve il messaggio annunciato. La costruzione è identica: verbum dicendi + il regno di Dio (+ verbum dicendi) + il dato cristologico. Luca narra che Filippo «recava la buona novella del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo» (8,12); Paolo, a sua volta, «predicava il regno di Dio e insegnava le cose riguardanti Gesù Cristo» (28,31) 26. 25. M. Völkel, «Zur Deutung des Reiches Gottes bei Lukas», ZNW 65 (1974) 67, parlava di «Präzisierung», mentre Prieur, Die Verkündigung, 61.65, vede nella seconda frase una «Konkretion der Basileiaverkündigung / des Bezeuges der basilei a touv qeouv». 26. In questo modo l «annuncio del regno di Dio» coincide con l annuncio di Cristo. L istanza cristologica emerge anche in altri sommari di Atti: cf. 19,8 con 19,10.13b; 20,25 con 20,21.25.27. Lo stretto legame tra il regno di Dio e Gesù Cristo è presente già nel vangelo: cf. Lc 4,43 con 4,18-21; 9,2 con 9,7.9; 11,20; 17,20-21. Wolter, «Reich Gottes», 551: «Lukas geht es also darum, den Inhalt der nachösterlichen Basileia-Verkündigung christologisch zu qualifizieren»; simile Pokorný, Theologie, 46: «die christliche Verkündigung des Reiches eigentlich die Christusverkündigung ist».

88 L. D. CHRUPCAŁA Il verbo «convincere / persuadere» 27 caratterizza il modo della predicazione paolina. Particolarmente significativi sono i passi di At 13,43; 18,4; 19,8; 28,23. Si tratta di espressioni situate nel contesto dei quattro viaggi di Paolo in cui ricorre lo stesso schema: andata di Paolo verso i giudei per «convincerli», rifiuto o scarsa accoglienza, rottura con i giudei e successivo cambio di direzione verso i pagani. Il verbo indica perciò un tentativo tenace di esortazione a cui segue un successo limitato o addirittura nullo. «Nello sforzo di convincere» i giudei, Paolo ricorre sempre alla prova biblica. L esposizione «riguardo a Gesù» viene fatta «in base alla Legge di Mosè e ai Profeti» 28. Da ciò possiamo dedurre che a Paolo interessa presentare una visuale «razionale» dell evento Cristo. In Atti si trovano vari passi di carattere cristologico in cui compare la locuzione «riguardo a [le cose riguardanti] Gesù» ([ta»] peri«ihsouv) accompagnata dalla prova biblica (13,29; 18,25; 23,11; cf. anche Lc 24,19.27). Queste testimonianze scritturistiche, centrate perlopiù sulla passione-morte-risurrezione di Gesù, servono per indicare in lui il Messia promesso. Anche all uditorio romano Paolo cerca di dimostrare la messianicità di Gesù e il suo significato storico-salvifico, oggetto delle promesse di Dio. Il ragionamento che l apostolo fa per persuadere i suoi ascoltatori mi pare si possa esprimere sinteticamente in questi termini. Il piano divino della salvezza, promesso e attestato nelle Scritture, si è compiuto nella morte e risurrezione di Gesù Messia. Ne segue che la morte e risurrezione di Gesù, avvenute in conformità alle Scritture (cf. At 17,2-3; 26,22b-23), costituiscono l evento della salvezza sulla cui realizzazione Paolo cerca di «persuadere» gli ascoltatori 29. A questo punto bisogna rispondere alla domanda: che cosa intende Luca con la frase participiale «testimoniando il regno di Dio»? 27. Pei qw compare 6 volte in Atti. 28. E evidente perciò che per Luca la storia di Gesù sarebbe incomprensibile senza la Scrittura, ma anche la Scrittura senza la storia Gesù risulterebbe incompiuta; cf. Pokorný, Theologie, 38-39. Va sottolineato però che la locuzione preposizionale «in base alla Legge di Mosè e ai Profeti» non si riferisce soltanto all esposizione relativa a Gesù. «Da die Zuhörer nach V23 Juden sind, denen gegenüber Paulus immer mit Berufung auf die Schrift argumentiert, liegt es schon aus diesem Grund nahe, aópo/ te touv no/mou Mwu se wß kai«tw n profhtw n auf das Hauptverb zu beziehen [e kti qhmi], weil für den auctor ad Theophilum nur so die geordnete Darlegung der Hoffnung Israels (V20) ihre sachgemäße Begründung erhält. Ist das richtig, dann kann nach Lukas auch die basilei a touv qeouv vom AT her bezeugt werden» (Prieur, Die Verkündigung, 43). 29. Si veda T. Holtz, «Geschichte und Verheißung. Auferstanden nach der Schrift», EvTh 57 (1997) 179-196; l autore studia in particolare At 17,2-3.

IL DISEGNO DI DIO E L ANNUNCIO DEL REGNO 89 Il verbo «rendere testimonianza» 30 è un termine tecnico con cui Luca designa l annuncio apostolico e paolino. Il titolo «testimone» (ma rtuß), riservato agli apostoli e a Paolo, ha per Luca un significato che supera quello di semplice missionario o annunciatore 31. I «tredici testimoni» sono distinti dagli altri cristiani per l elezione (apostoli: At 1,2; 10,41) o per la nomina divina ad essere testimoni del Risorto (Paolo: At 22,14-15; 26,16). La testimonianza oculare è riservata agli apostoli, ma essa non esaurisce il concetto di testimonianza. Infatti, non tutti quelli ai quali è apparso il Risorto vengono da Luca considerati testimoni della risurrezione di Gesù. Cosa vuol dire allora «testimone» per Luca? La risposta viene dalla finale del vangelo 32. In Lc 24,45-47 il Risorto spiega agli apostoli il senso delle promesse scritturistiche che riguardano la cristologia: la sofferenza del Messia, la sua risurrezione dai morti, l annuncio missionario fatto in nome suo. «Di questo» (tou/twn) essi sono testimoni (v. 48). L oggetto della testimonianza non comprende quindi né l attestazione oculare della morte-risurrezione di Gesù, né la futura missione tra le genti. Non si tratta di essere testimoni di singoli eventi, bensì di saper leggere e comprendere tali eventi quale parte integrante del piano divino della salvezza. Gli Undici sono allora «testimoni» della verità del compimento in Gesù Cristo delle promesse divine contenute «nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi» 33. 30. Diamartu/resqai ricorre 15 volte nel NT, di cui 9 volte in At e 1 volta in Lc. 31. Sul concetto lucano di «testimonianza» si può vedere Ch. Burchard, Der dreizehnte Zeuge. Traditions- und kompositionsgeschichtliche Untersuchungen zu Lukas Darstellung der Frühzeit des Paulus (FRLANT 103), Göttingen 1970, 130-135; E. Nellessen, Zeugnis für Jesus und das Wort. Exegetische Untersuchungen zum lukanischen Zeugnisbegriff (BBB 43), Köln - Bonn 1976; R. Gebauer, «Mission und Zeugnis. Zum Verhältnis von missionarischer Wirksamkeit und Zeugenschaft in der Apostelgeschichte», NT 40 (1998) 54-72. 32. Su Lc 24 vedi ad es. P. Schubert, «The Structure and Significance of Luke 24», in W. Eltester (hrsg.), Neutestamentliche Studien für R. Bultmann zu seinem siebzigsten Geburtstag am 20. August (BZNW 21), Berlin 1954, 165-186; R.J. Dillon, From Eye- Witnesses to Ministers of the Word. Tradition and Composition in Luke 24 (AnBib 82), Rome 1978; J. Plevnik, «The Eyewitnesses of the Risen Jesus in Luke 24», CBQ 49 (1987) 90-103. 33. E chiaro quindi che per Luca la Scrittura ebraica indica complessivamente, più che un periodo della storia, il tempo delle promesse a cui corrisponde il tempo del compimento oppure, per usare il linguaggio esplicativo di Luca, il tempo dell «annuncio del regno di Dio». Di conseguenza, la celebre tesi di H. Conzelmann, costruita intorno a Lc 16,16, sulle tre epoche della salvezza (tempo di Israele / tempo di Gesù = centro del tempo / tempo della chiesa) non coincide con l intenzione di Luca; per une recente critica cf. M. Korn, Die Geschichte Jesu in veränderter Zeit. Studien zur bleibenden Bedeutung Jesu im lukanischen Doppelwerk (WUNT 51), Tübingen 1993, 272-273 e passim. Semmai i tempi sono due: quello del preannuncio del disegno di Dio: ÔO no/moß kai«oi profhvtai me cri Iwa nnou, e

90 L. D. CHRUPCAŁA Abilitati dal Risorto a comprendere il senso autentico della Scrittura, gli apostoli diventano (At 1,22: gene sqai) testimoni qualificati del piano divino, capaci di proclamare la piena corrispondenza dell evento realizzato da Dio in Cristo con quanto è stato preannunciato nella Scrittura. In quanto «testimoni» gli Undici non sono chiamati ad essere in primo luogo operatori di conversione e di fede, ma anzitutto tutori della fede. Lo stesso vale per Paolo. Anche la sua testimonianza non si limita alla «visione» di singoli eventi (cf. At 16,9-10; 18,9; 26,19; 27,23; 1Cor 9,1; 2Cor 12,1-4), ma consiste nel comprendere tali eventi quale parte del piano salvifico di Dio. Lo dice chiaramente At 26,22-23 34 : Paolo è testimone che quanto la Scrittura preannuncia si è realizzato nella morte-risurrezione di Cristo e nella predicazione universale della salvezza «al popolo e ai pagani» (cf. anche 13,31-33; 17,2-3; 22,15). In conclusione: per Luca il «testimone» è una persona scelta da Dio (gli apostoli e Paolo), alla quale il Risorto fa conoscere il piano divino e che autorizza a testimoniare il compimento attuale (storico) dell evento salvifico di Dio predetto nella Scrittura. Il «rendere testimonianza» del v. 23 va compreso alla luce del concetto lucano di testimone. Come già altrove (cf. At 18,5; 20,21.24; 23,11), la testimonianza di Paolo ha per contenuto la cristologia: la spiegazione del mistero di Cristo in conformità al piano di Dio predetto nella Scrittura. Ma nel v. 23 al posto di Cristo Luca colloca «il regno di Dio» quale oggetto della testimonianza! Questo vuol dire che l «annuncio del regno» è da collegare direttamente con la visione cristologica del terzo evangelista: la storia di Gesù Cristo, essendo il compimento delle promesse, è diventata il mezzo interpretativo per comprendere il legame tra le predizioni della Bibbia ebraica e l attività salvifica di Dio nella storia 35. «Rendendo la sua testimonianza quello del compimento storico del piano della salvezza: aópo\ to/te hj basilei a touv qeouv eujaggeli zetai. Perciò il tempo in cui «il regno di Dio viene annunciato» costituisce per Luca l epoca dell avveramento delle promesse bibliche. Essa abbraccia l annuncio fondante di Gesù (cf. Lc 4,21 con 4,43), dei suoi discepoli e della chiesa di tutti i tempi fino alla parusia, cioè fino al compimento definitivo del disegno salvifico di Dio. 34. Cf. J. Dupont, «La mission de Paul d après Actes 26,16-23 et la mission des apôtres d après Luc 24,44-49 et Actes 1,8», in M.D. Hooker - S.G. Wilson (ed.), Paul and Paulinism. Essays in Honour of C.K. Barrett, London 1982, 290-301. 35. Questa lettura sarebbe impossibile senza un illuminazione da parte di Gesù. E vero che il compimento delle promesse inizia con la comparsa di Giovanni (Lc 3,3-6; 7,27), ma il Precursore, a differenza di Gesù, non è ancora capace di capire la sua attività nell ottica del compimento né di riconoscere in Gesù l inizio del tempo salvifico (Lc 7,19-20). Egli annuncia la buona novella (Lc 3,18) ma non il regno di Dio (Mt 3,2 è ritenuto comunemente redazionale). Unicamente Gesù, compiendo gli annunci profetici ed essendo consapevole

IL DISEGNO DI DIO E L ANNUNCIO DEL REGNO 91 del regno di Dio», Paolo parla quindi del piano di Dio previsto nella Scrittura e diventato realtà con la venuta del promesso Messia, Gesù di Nazaret, e negli eventi successivi alla sua glorificazione, in primo luogo la discesa dello Spirito e la missione universale della chiesa 36. Come è noto, la teologia degli Atti concentra l interesse soprattutto sulla risurrezione di Gesù, ordinata da Luca in due eventi separati nel tempo: la risurrezione (ratifica del Giusto da parte di Dio: At 17,31) e l ascensione (l «assunzione» / «salita» in cielo: At 1,2.11.22; cf. Lc 9,51; 24,51; At 1,9; 2,34 oppure l «esaltazione» / «innalzamento» di Gesù alla gloria divina: At 2,33; 5,31; cf. Lc 24,26). L accento messo sulla glorificazione di Gesù è dovuto all importanza soteriologica di questo evento per il tempo della chiesa. In certo senso, il Gesù pre-pasquale suscita interesse ed è (in particolar modo nei discorsi missionari degli Atti) oggetto della predicazione, in quanto le sue opere e la sua morte rientrano nella volontà di Dio fissata nella Scrittura (cf. At 1,21-22; 2,22-24; 10,37-41; 13,23-35) 37. Dire perciò che «Gesù costituisce il contenuto del regno di Dio» 38, non significa che tale contenuto corrisponde in tutto a quanto narra il vangelo, ma che la presente dignità di Cristo risorto e innalzato, colui che ha adempiuto il disegno di Dio con la sua missione terrena, esprime il compimento del piano salvifico di Dio prefigurato nella Scrittura. La salvezza realizzata nel passato continua ad essere presente per la chiesa, perché «il tempo di Gesù» che rende sempre attuale «il tempo della salvezza» non è sensu stricto quello di Gesù terreno ma quello di Cristo glorificato. «Annunciare il regno di Dio» non vuol dire allora parlare soltanto di quanto è avvenuto nel passato di Gesù (il tempo di Gesù terreno) ma soprattutto del presente salvifico (il tempo di Cristo risorto e innalzato alla destra di Dio) in cui il Signore glorificato attualizza la sua opera compiuta nel passato. dell avveramento storico delle promesse divine, tematizza l «annuncio del regno di Dio», il quale proprio «da allora» (Lc 16,16: aópo\ to/te) prende il via. Ma il ruolo di Cristo si rivela essenziale anche per il seguito. Come Giovanni (Lc 7,21), parimenti i discepoli (Lc 8,10; 24,26-27.44-46; At 1,3) avranno bisogno di un illuminazione per cogliere negli eventi storici il compimento del piano di Dio, predetto nella Scrittura. Quest opera necessaria sarà svolta, dopo la pasqua, dallo Spirito santo, ritenuto da Luca un testimone divino di Cristo (At 5,32), e dai discepoli, garanti dell autentico e integro annuncio (cf. At 19,26 con 19,25.28; At 20,21.24.25.27 con 20,29-30). 36. Commenta Martini, Atti, 57: «regno di Dio: l espressione vuole indicare l attuarsi dell iniziativa divina definitiva di salvezza predetta dai profeti, che si ha nella vita, morte e risurrezione di Gesù e nella effusione dello Spirito» (cf. inoltre pp. 144, 260). 37. Vedi su ciò G. Delling, «Die Jesusgeschichte in der Verkündigung nach Acta», NTS 19 (1972-73) 373-389. 38. Oppure, usando il neologismo di Origene, egli è il regno in persona: hj aujtobasilei a (Comm. in Evangelium secundum Matthaeum XIV,7: PG 13,1198B).

92 L. D. CHRUPCAŁA Quando Luca parla dell annuncio del regno di Dio, si tratta quindi principalmente di Cristo e della funzione da lui svolta nel piano di Dio. Ma questo piano di indole cristologica non si limita all attività pubblica di Gesù. Di conseguenza il regno di Dio non è presente unicamente negli atti di Gesù pre-pasquale; d altra parte non va visto come una realtà soltanto futura 39. Esso comprende: le opere di Gesù terreno «fin dall inizio» (Lc 1,2: aóp aórchvß), ossia «tutto ciò che Gesù incominciò (h rxato) a fare e insegnare» (At 1,1) e in particolare la sua passione-risurrezione-ascensione; il presente della chiesa, che è «l inizio» (At 11,15: aórch/) del proseguimento dell attività del Signore per mezzo del suo Spirito; e l avvenire con la parusia e il giudizio finale. In tutti questi eventi, che sono storici ma vengono letti da Luca nell ottica teologica, Dio «ha compiuto e continua a compiere» (Lc 1,1: peplhroforhme nwn, perfetto al passivo) la sua volontà salvifica, adombrata nelle antiche promesse, cioè il suo piano: preannunciato, avveratosi già in parte e proteso verso la realizzazione definitiva 40. «Il regno di Dio» significa fondamentalmente: Dio regna salvando! E poiché le promesse bibliche sulla salvezza si sono avverate o sono ancora nella fase del compimento, il regno di Dio può (anzi, deve: cf. Lc 4,43: dei ) essere ora testimoniato e annunciato. Secondo il v. 24 la reazione dei giudei alla «testimonianza» di Paolo sul regno di Dio è duplice, di parziale assenso e di rifiuto: «alcuni aderirono alle cose da lui dette, ma altri non vollero credere». Tra i sinottici soltanto Luca (se si eccettua Mc 16,11.16) impiega il verbo «non credere» (aópiste w) per caratterizzare la risposta negativa all annuncio della risurrezione di Gesù (Lc 24,11.41; cf. anche v. 25). E un ulteriore conferma del fatto che il centro dell esposizione paolina era costituito proprio dal messaggio sulla risurrezione e sulla portata universale dell evento Cristo. I non credenti sono coloro che non riconoscono il compimento del piano di Dio e quindi vanno contro la testimonianza scritturistica 41. 39. A questo proposito è utile consultare L. Guy, «The Interplay of the Present and the Future in the Kingdom of God (Luke 19:11-44)», TynB 48 (1997) 119-137. 40. Le tre fasi del piano salvifico di Dio corrispondono, nell ottica di Luca, alle tre tappe, successive e collegate fra di loro, della diffusione del regno di Dio ad opera del Padre (la promessa del regno: Lc 12,32), del Figlio Gesù Cristo (l inaugurazione del regno: Lc 17,20-21) e dello Spirito santo (la consumazione finale del regno: Lc 11,20). Sulla visione trinitaria del regno nella prospettiva lucana cf. L.D. Chrupcała, Il regno opera della Trinità nel vangelo di Luca (SBF Analecta 45), Jerusalem 1998. 41. Si tratterebbe di un procedimento narrativo tipico di Luca; cf. J.L. Ray, Narrative Irony in Luke-Acts. The Paradoxical Interaction of Prophetic Fulfillment and Jewish Rejection (Mellen Biblical Press Series 28), Lewiston 1996.

IL DISEGNO DI DIO E L ANNUNCIO DEL REGNO 93 Il rifiuto del messaggio salvifico da parte dei giudei di Roma è il motivo decisivo del cambio radicale nel metodo missionario di Paolo. D ora in avanti l annuncio del vangelo non passerà più ai pagani attraverso i giudei, ma proprio i pagani diventeranno i destinatari diretti della sua predicazione sul regno di Dio e su Gesù (v. 31), ossia sulla «salvezza di Dio» (v. 28) 42. L indurimento dei giudei e la missione ai pagani fanno anch essi parte del piano di Dio testimoniato nella Scrittura (vv. 26-28) 43. Per cui anche questi eventi appartengono alla testimonianza paolina sul regno di Dio, dato che dimostrano alla luce della Scrittura che Dio è il Signore della storia 44. L annuncio del regno di Dio ai pagani (At 28,30-31) Paolo, da testimone perfetto, annuncia il regno «con tutta franchezza» e «senza impedimento», ossia senza paura per le conseguenze che tale annuncio avrebbe potuto procurare. Niente e nessuno, né i giudei ostili né il potere imperiale, sono in grado di arrestare la diffusione del vangelo che 42. Così ad es. R.F. O Toole, The Unity of Luke s Theology. An Analysis of Luke-Acts (Good News Studies 9), Wilmington - Delaware 1984, 39. 43. Qui viene citato Is 6,9-10 LXX, un testo di fondamentale importanza per la teologia dei sinottici; vedi J. Gnilka, Die Verstockung Israels. Isaias 6,9-10 in der Theologie der Synoptiker (StANT 3), München 1961, da completare con C.A. Evans, To See and Not Perceive: Isaiah 6,9-10 in Early Jewish and Christian Interpretation (JSOT SS 64), Sheffield 1989. Del previsto indurimento dei giudei e della missione ai pagani parla anche At 13,47 (con citazione di Is 48,6) e At 26,22b-23: «i profeti e Mosè dichiararono». Su questa scia andrebbe letto inoltre, secondo una convincente ipotesi di Prieur, Die Verkündigung, 227-228, il passo di Lc 10,11. L incredulità degli uditori all annuncio del regno di Dio illustrata da Gesù ai discepoli (Lc 8,10 con citazione di Is 6,10; cf. Lc 13,28-29) è un anticipazione di quanto avverrà durante la missione post-pasquale. Nell ottica di Luca, il rifiuto del messaggio salvifico da parte dei giudei (ora come nel passato: cf. At 7,25.35.39.51-53) è un chiaro segno che le predizioni bibliche si realizzano e quindi h ggiken hj basilei a touv qeouv, ossia il regno comincia a rendersi realmente presente. 44. Notiamo a questo punto con Tyson, «The Gentile Mission», 619-631, una «tensione» nell impiego lucano della Scrittura. Per giustificare la missione ai pagani, Luca predilige appoggiarsi sull autorità dei profeti (Lc 4,16-30; At 8,26-40; 13,44-47; 15,13-21; 28,23-28), mentre sembra contestare il valore normativo di alcune parti della Legge mosaica (At 10,1-11.18; 15,19-20.28-29). Ma come intendere la funzione della Legge? La questione è discussa. Ad es. per S.G. Wilson, Luke and the Law (SNTS MS 50), Cambridge 1983, 27-51, si tratterebbe di un abrogazione o alterazione; invece J.A. Fitzmyer, Luke the Theologian. Aspects of His Teaching, New York - Mahwah 1989, 175-202, che identifica tre sensi della Legge in Luca (normativo, predicativo e supplementare), la vede completata dall annuncio del regno di Dio. Per una rassegna degli studi più recenti sul rapporto di Luca con l AT e la Scrittura ebraica cf. P. Tremolada, «La teologia di Luca (1986-1996)», ScCatt 126 (1998) 71-74.82-86.

94 L. D. CHRUPCAŁA proclama il compimento del piano salvifico di Dio. Questo è il significato delle ultime parole degli Atti. Il cambio dell indirizzo missionario lascia pensare che «quelli che venivano da» Paolo erano in prevalenza i pagani 45. Ma il contenuto essenziale del suo annuncio rimane immutato, nonostante alcune differenze formali: manca il riferimento alla Scrittura, come già nei due discorsi di Paolo ai pagani (14,15-17; 17,22-31) e il piano di Dio riguardo ai pagani non viene esposto con il ricorso alle promesse fatte ad Israele 46. Il contenuto cristologico, già in certo modo implicito nei due verba dicendi (v. 31: khru/ssein, dida skein), viene esplicitato. Paolo passa due anni interi «annunciando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo». Il titolo «Signore» (ku/rioß) assume in Luca un significativo ruolo cristologico. Essendo strettamente legato con il messaggio sulla risurrezione e sull innalzamento, il titolo indica l autorità che Gesù esercita a partire dall ascensione 47. Insegnando «le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo», Paolo spiega quindi ai pagani la presente funzione salvifica del Risorto e il suo futuro compito di giudice universale 48. La signoria di Cristo è il compimento del piano salvifico di Dio, di cui fa parte la missione universale verso i pagani, anch essa preannunciata nella Scrit- 45. Niente impedisce infatti che fra i pa ntaß si potessero trovare anche dei giudei; cf. Dupont, «La conclusion des Actes», 377-380; R.C. Tannehill, «Rejection by Jews and Turning to Gentiles: The Pattern of Paul s Mission in Acts», in J.B. Tyson (ed.), Luke-Acts and the Jewish People. Eight Critical Perspectives, Minneapolis 1988, 83-101. Fino alla fine degli Atti l annuncio evangelico è sempre rivolto «dapprima» (prw ton: 3,26; 13,46; 26,20) ai giudei. Ora Israele perde l onore di precedenza ma non il diritto all ascolto. Nonostante tutto, la discussione con i giudei resta aperta; cf. B.-J. Koet, «Paul in Rome (Acts 28,16-31): A Farewell to Judaism?», Bijdragen 48 (1987) 397-415 = Five Studies, 119-139. Vedi inoltre H. Van de Sandt, «Acts 28,28; no salvation for the people of Israel? An answer in the perspective of the LXX», ETL 70 (1994) 341-358. 46. Vedi però quanto dice già Pietro nel suo primo discorso agli ebrei dopo la pentecoste: «Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontano, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro» (At 2,39). Nel linguaggio metaforico della Bibbia, makra n indica i pagani: Is 49,1; 57,19; Zc 6,15; At 22,21; Ef 2,13. Anche il figlio prodigo, dopo essere partito per un paese «lontano» (Lc 15,13), al ritorno fu visto dal padre, «quando era ancora lontano» (v. 20). I due figli della parabola lucana sono rappresentanti dell intera umanità, dei giudei (il maggiore) e dei pagani (il minore). Entrambi hanno lo stesso diritto di stare nella casa paterna (= il regno di Dio). Tutti gli uomini formano quindi la famiglia di Dio, il quale «non è lontano» da nessuno (At 17,27-28); per queste riflessioni vedi Pokorný, Theologie, 57-59.164.173.194. 47. Cf. A. George, Études sur l oeuvre de Luc (SB), Paris 1978, 237-255. 48. E proprio questo il senso dell aggiunta esplicativa di una variante del codice D: «dicendo che è lui il Cristo Gesù, Figlio di Dio, per il quale il mondo intero sarà giudicato»; si tratta di una vera e propria interpretazione teologica del passo lucano.

IL DISEGNO DI DIO E L ANNUNCIO DEL REGNO 95 tura. La confessione di Gesù Signore assicura adesso, per chiunque crede, il perdono e la salvezza (cf. At 10,36.42; 13,39; 16,31). Quando Paolo «annuncia» ai romani il regno di Dio, parla quindi del piano di Dio nei confronti dei pagani. Mentre l indurimento dei giudei non costituisce necessariamente una premessa alla missione tra i pagani (benché storicamente il rifiuto del vangelo da parte dei giudei abbia dato un impulso alla missione dei pagani), di certo l annuncio della salvezza ai pagani è visto teologicamente da Luca come un evento incluso nel disegno di Dio 49. Anche ad essi Dio ha mandato la parola della salvezza da accogliere mediante la fede nel Risorto. Come nel v. 23, anche nel v. 31 la frase «le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo» ha perciò la funzione di precisare il contenuto dell annuncio universale del regno. La missione evangelizzatrice della chiesa costituisce la fase attuale del piano salvifico di Dio. Questo piano è oggetto dell «annuncio del regno di Dio» e viene ora, alla fine degli Atti, svelato ai pagani. A Roma è giunto quindi lo stesso annuncio che era centrale nella predicazione di Gesù (Lc 4,43-44; 8,1; 9,11), dei Dodici e dei discepoli inviati da lui in missione (Lc 9,2; 10,1-11), degli apostoli ai quali il Risorto ha parlato del regno di Dio per quaranta giorni (At 1,3) e infine di Paolo che «il Signore Gesù» ha scelto per portare il suo «nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele» (At 9,15.17; 19,8; 20,25; 28,23.31). Gesù proclamava la «vicinanza» del regno di Dio (Mc 1,15//Mt 4,17; Lc 10,9//Mt 10,7; Lc 10,11; 21,31), ossia come chiarisce Luca l inizio del compimento storico del disegno di Dio previsto nella Scrittura. I discepoli, a loro volta, illuminati dal Signore (Lc 8,10; 24,45; At 1,3; cf. anche Lc 7,20-22), hanno cominciato a diffondere l «annuncio del regno di Dio», rendendo testimonianza della realizzazione in Cristo e negli eventi successivi alla sua glorificazione delle promesse divine. Sulla scia degli apostoli, i primi a testimoniare che Dio ha risuscitato Gesù dai morti (At 2,32; 3,15), e di Stefano, il primo a dare una testimonianza della propria vita per la fede in Cristo Gesù (At 7,54-60), la buona novella del regno di Dio e del Signore Gesù è stata portata verso il mondo intero, ai giudei e ai pagani, grazie all attività missionaria di Filippo (At 8,12) e soprattutto di Paolo (At 19,8; 20,25; 28,23.31) 49. Wolter, «Reich Gottes», 560: «Es ist vielmehr genau dieser Sachverhalt, in dessen Nichtbegreifen sich die Verstockung Israels dokumentiert, daß nämlich das mit der Basileia einhergehende Heil den e qnh in gleicher Weise wie Israel gesandt ist (vgl. Parallelität von aópesta lh in Lk 4.43 und Apg 28.28) und jene mit Israel damit heilgeschichtlich gleichgestellt sind».

96 L. D. CHRUPCAŁA Luca teologo narratore vedeva in atto nella sua chiesa l annuncio del regno e la testimonianza delle cose riguardanti Gesù Cristo Signore. Nel suo mirabile racconto in due libri ne ha voluto descrivere l inizio e il primo sviluppo. La chiesa e tutti i cristiani sono ora incaricati a portare a tutti e ovunque lo stesso «annuncio del regno di Dio»: la salvezza, promessa da Dio e compiuta in Gesù Cristo, è una realtà ormai presente e operante nel mondo, anche se è tuttora protesa verso il compimento definitivo del disegno universale di Dio. * * * E bello constatare l attualità della visione teologica di Luca. La chiesa del nostro secolo dimostra di avere piena coscienza del mandato di «annunciare il regno di Dio» e lo compie con entusiasmo e impegno. Riflettendo su se stessa e sulla propria natura una riflessione propiziata soprattutto dalla grazia del concilio Vaticano II essa ha compreso in una luce nuova il messaggio evangelico del regno di Dio e il dovere di renderne testimonianza. Sa di aver ricevuto da Gesù «la missione di annunziare e di instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di Dio, e di questo regno costituisce in terra il germe e l inizio» (Lumen gentium 5) 50. Per questa missione senza confini di tempo e di spazio i cristiani sono invitati a confrontarsi sempre con la visione teologica di Luca che presenta il regno di Dio e la persona di Gesù Cristo come due aspetti dell unico mistero della salvezza. Poiché, come ha autorevolmente affermato papa Giovanni Paolo II, «è sull annunzio di Gesù Cristo, con cui il regno si identifica, che è concentrata la predicazione della chiesa primitiva. Come allora, anche oggi bisogna unire l annunzio del regno di Dio (il contenuto del kèrygma di Gesù) e la proclamazione dell evento Gesù Cristo (che è il kèrygma degli apostoli). I due annunzi si completano e si illuminano a vicenda» (Redemptoris missio 16). Lesław D. Chrupcała Studium Theologicum Jerosolymitanum 50. Si veda J.-G. Pagé, «L Église, intermédiaire entre le Royaume et le Monde», LavalThPh 23 (1967) 197-243; J. Dupuis, «L Église, le Règne et les Autres», in J. Doré - Chr. Theobald (éd.), Penser la foi. Recherches en théologie aujourd hui. Mélanges offerts à Joseph Moingt, Paris 1993, 327-349; L.D. Chrupcała, «La chiesa e il regno di Dio. Il rapporto definito nella Lumen gentium», Ant 69 (1994) 213-230; Il regno opera della Trinità, cap. IV (in particolare pp. 183-190).