Prima domanda di riflessione AIUTARE I POVERI A CRESCERE NELLA LORO DIGNITA Lavoro preliminare per la formazione regionale In che modo il progetto\ servizio in cui lavori aiuta i poveri a crescere nella loro dignità? Come concretamente esprimiamo una solidarietà vissuta come reciprocità: - non solo ti do ciò di cui hai bisogno, ma accolgo ciò che tu mi puoi dare -? In che modo ci facciamo evangelizzare dai più poveri? Aiutare i poveri a crescere nella loro dignità passa prima di tutto dalla modalità di relazione che teniamo nei loro confronti: spendere tempo per le persone, ascoltarle, accompagnarle mettendole al centro e cercando di far uscire le sue potenzialità. Questo metodo richiede un attenzione personalizzata, la capacità di avere un approccio evangelico verso le persone prendendosene cura e accogliendole senza giudicare e infine la disponibilità a fermarsi, aspettare tempi diversi dai nostri, perdere tempo. Accompagnare verso l autonomia richiede di lasciare le persone libere di fare le proprie scelte, anche se non le condividiamo, richiede inoltre di affidare ruoli\compiti\responsabilità alle persone per aiutarle a darsi un senso a vedersi valorizzati nelle proprie qualità\competenze. Siamo chiamati non a risolvere problemi ma a dare occasioni alle persone, fornire loro degli strumenti. I poveri ci evangelizzano in diversi modi; prima di tutto per farsi evangelizzare dai poveri, bisogna mettersi in relazione, e facilitano questa relazione i momenti informali e conviviali in cui conoscersi e riconoscersi solo come persone. I poveri ci evangelizzano alla pazienza e ci disarmano con alcune piccole attenzioni che non ci saremmo aspettati. Veniamo evangelizzati nel metterci in discussione, nel capire che anche le nostre proposte\progetti non sono perfetti, nel realizzare che non sempre le cose vanno come vorremmo e che non abbiamo sempre la possibilità di scegliere. Aiutare i poveri a trovare al bellezza, anche nelle cose più tristi, come ci invita a fare il Papa aiuta anche noi operatori, ci evangelizza nel riconoscere la presenza del Signore anche nelle situazioni più dolorose Nei percorsi di accoglienza ci sono tante storie di persone che da accolte si sono fatte accoglienti: è il caso di Giuseppe o Ernest che da accolti che erano sono diventati figure di adulti accoglienti, o il caso di persone che mentre erano accolte in un appartamento andavano a fare accoglienza in un'altra struttura. Nella stessa direzione va il servizio del primo gruppo di profughi accolti che sta svolgendo un ruolo importante nel facilitare l accoglienza del secondo gruppo, non solo con la lingua ma anche con tante piccole attenzioni; alcuni di loro si sono prestati a far visita ai senza dimora la notte di Natale insieme ai volontari dell unità di strada e qualcuno ha condiviso la sua giacca con un senza dimora, senza farsi tante domande. CARITAS DIOCESANA
Incentivare le pratiche di restituzione dignitosa che valorizzano le competenze e fanno sentire più soggetti e meno oggetti. A volte ci sostituiamo ai poveri, o abbiamo la tentazione di decidere per loro, come si può fare a cambiare impostazione? Come allenarsi a riconoscere ciò che i poveri possono mettere a disposizione? CARITAS DIOCESANA
Seconda domanda di riflessione In che modo educo/formo/ accompagno i volontari e gli operatori che incontro nel mio lavoro e sul territorio (Caritas diocesana, Associazione, Caritas parrocchiali, altre realtà ecclesiali ) a crescere in questa promozione della dignità dei poveri? Il centro della questione è aiutare i volontari a capire che i poveri nonostante le difficoltà rimangono protagonisti della loro vita e sono depositari di risorse che devono mettere in campo. Seppur difficile bisogna aiutare i volontari a rimanere nell ottica della proposta e non dell imposizione o peggio del ricatto. Il primo modo per trasmettere questa modalità di relazione è quello di organizzare incontri\percorsi personali e di gruppo di orientamento e di formazione per aiutare a capire il perché di certe scelte operate da Caritas (es. tessera mensa). È inoltre importante accompagnare i volontari perché se è vero che all inizio c è la fase dell innamoramento (ah che bello aiutare i poveri ) poi subentra la fatica. A volte riteniamo utile mettere alla porta i volontari, accompagnandoli a prendersi momenti di sospensione dal servizio per riflettere sul proprio operare e sul rafforzamento dell autonomia delle persone accolte. Rispetto alle relazioni con i servizi sociali ed il privato sociale potrebbe essere utile condividere maggiormente la nostra identità e le nostre modalità di operare per una maggiore conoscenza reciproca utile ai progetti di aiuto. Come Caritas Diocesana stiamo mettendo in campo diversi strumenti di accompagnamento: come ad esempio il periodo di tirocinio presso il CDA diocesano, la presenza di un tutor di zona per ogni CDA parrocchiale, l accompagnamento nella gestione di singoli casi nelle situazioni multiproblematiche, la divisione del territorio diocesano in zone affidate ad un equipe multisettoriale chiamata a far visita e alla conoscenza diretta della situazione delle singole UP. Diversi settori o opere segno portano avanti momenti di confronto fra i volontari o fra i volontari e gli operatori in modo da sviscerare le questioni e confrontarsi sulle problematiche: è questo il caso di Nuovamente, o dei vari progetti di accoglienza (invernale, Maria di Magdala, Profughi, siriani ) Con modalità diverse da situazione a situazione ma tutti con il medesimo fine. Nella stessa direzione va poi il lavoro del laboratorio diocesano per l accoglienza. Rinforzare la formazione delle comunità al servizio per favorire l impegno e il rinnovarsi dei volontari e soprattutto per favorire l assunzione di responsabilità di tutta la comunità verso i poveri. Quando ci si accorge che i volontari non vanno in questa direzione come fare a bilanciare accompagnamento e correzione fraterna? CARITAS DIOCESANA
Terza domanda di riflessione In che modo educhiamo la nostra Chiesa locale a diventare Casa Comune per tutti valorizzando la presenza dei più poveri visti come dono e risorsa per le nostre comunità? La prospettiva da tenere ce la fornisce chiaramente Papa Francesco nel suo discorso all UNITALSI: Per favorire il reale inserimento dei malati nella comunità cristiana e suscitare in loro un forte senso di appartenenza, è necessaria una pastorale inclusiva nelle parrocchie e nelle associazioni. Si tratta di valorizzare realmente la presenza e la testimonianza delle persone fragili e sofferenti, non solo come destinatari dell'opera evangelizzatrice, ma come soggetti attivi di questa stessa azione apostolica. I poveri e i malati sono una ricchezza per la Chiesa". Tuttavia per arrivare a questa dimensione evangelica è necessario prima un intenso lavoro di animazione delle comunità che dia loro responsabilità e possibilità d impegno rispetto ad alcune problematiche sociali (es rifugiati o senza fissa dimora). È necessario coinvolgere le comunità senza imporre decisioni calate dall alto favorendo però la nascita di piccoli segni di accoglienza o piccole opere segno che siano occasioni d incontro e di relazione con i più poveri, in quanto la valorizzazione passa dall incontro. Questa modalità però non esime dal rischi della delega ai solo operatori Caritas né da quello dell autoreferenzialità degli stessi. È importante allora accompagnare la comunità in un percorso che la porti a vivere l accoglienza e l attenzione ai poveri non come fatto straordinario ma pratica quotidiana. Inoltre per favorire il reale inserimento dei poveri è necessario usare la fantasia della carità. Ci sono diverse esperienze che vanno in questa direzione o almeno ci provano: Rifugiato protetto a casa mia, l accoglienza delle famiglie siriane, dove il luogo di accoglienza è una casa uguale alle altre, in cui sono attivate delle famiglie e non i soliti volontari Caritas. Per quanto riguarda l accoglienza profughi in ogni parrocchia dove si inserisce una micro accoglienza viene creata un equipe che coinvolge anche volontari dei luoghi in cui i profughi si integreranno come ad esempio l oratorio. Vanno in questa direzione anche le esperienze di socialità e convivialità con le persone accompagnate sia all interno dei percorsi di accoglienza invernale che con persone seguite dai CDA: laboratori, mercatini, visita famiglia, laboratorio sartoria Ci sono anche casi di persone che, dopo diversi progetti di accoglienza sul medesimo territorio (accoglienza invernale, poi rifugiato a casa mia, poi accoglienza in famiglia), sono stati presi in carico dalla parrocchia che li ha accompagnati in un percorso personale culminato nell inserimento lavorativo e sociale. CARITAS DIOCESANA
Intensificare le relazioni dirette con le parrocchie e l animazione\formazione delle stesse. Mischiarsi di più con i poveri, che presuppone volontà da parte di entrambi (comunità e poveri) Rimane forse più presente come tendenza il considerare i poveri oggetti\destinatari di aiuto più che soggetti di una relazione paritaria. Come superare questa deformazione? CARITAS DIOCESANA