FRONTIERE La situazione dei curdi verso nuovi equilibri Riccardo Redaelli Dalle spartizioni del 1918 fino alle due guerre del Golfo e alle rivolte più recenti, il popolo curdo ha attraversato le vicende storiche dell area mediorientale. Oggi diviso fra Turchia, Siria, Iraq e Iran, tenta la via di difficili compromessi geopolitici. Sono pochi i popoli la cui storia viene raccontata e percepita in modo così divergente come i curdi: una nazione privata del suo diritto a una patria, secondo certe versioni; secondo altre, un insieme rissoso di tribù, i cui leader hanno usato la retorica del nazionalismo per giustificare la loro brama di potere. Fra i due estremi troviamo eventi che possono aiutarci a giudicare. Riccardo Redaelli, professore associato, insegna Geopolitica e Storia e istituzioni del mondo musulmano presso la Facoltà di Scienze politiche e sociali dell Università Cattolica del Sacro Cuore. È direttore scientifi co del Centro studi internazionale di Geopolitica (Cestingeo) di Valenza. Editorialista del quotidiano «Avvenire», ha pubblicato, fra l altro, il volume L Iran contemporaneo (2009). Attualmente divisi fra diversi Stati mediorientali (Turchia, Siria, Iraq, Iran), i curdi si considerano fra le maggiori vittime degli accordi di pace seguiti alla fine del primo conflitto mondiale. Si dice spesso che la comunità internazionale stia ancora pagando gli errori del 1918, quando le ambizioni coloniali di Francia e Gran Bretagna scomposero i territori dell Impero ottomano con logiche eurocentriche e senza porre attenzione ai popoli che li abitavano, piegando le aspirazioni nazionaliste di questi ultimi ai loro interessi. Per qualche tempo, i leader curdi sperarono che la Società delle Nazioni avrebbe finito per favorire la creazione di uno Stato curdo indipendente, ma già nel 1922 appariva chiaro come questo sogno fosse infranto: la nascita della Siria e dell Iraq, infatti, frammentava ulteriormente questa popolazione. Particolarmente grave da una prospettiva curda furono due decisioni: la prima, legare il wilayet (l unità amministrativa ottomana) di Vita e Pensiero 1 2013 29
VITA E PENSIERO Riccardo Redaelli Mosul a quelli di Baghdad e Bassora per dar vita all Iraq; la seconda, incorporare le regioni orientali dell Anatolia, abitate in maggioranza da curdi, all interno dei confini della Turchia. Forti minoranze curde vennero così inglobate in due nuovi Stati nazionali, uno turco e uno arabo, nei quali questa popolazione non si riconosceva, creando le premesse per una conflittualità che non si è mai sopita. Il tentativo allora più determinato per resistere agli appetiti coloniali europei e al crescente nazionalismo turco fu quello dello shaykh Mahmud Barzinji, nominato alla fine della guerra quale governatore di Mosul. Questi, consapevole dell aspra contesa tra Londra e Istanbul per il controllo della regione, cercò di sfruttarla a proprio vantaggio, per ottenere benefici da entrambe, per ampliare le proprie capacità di manovra e, in ultima istanza, per dar vita a un potentato locale indipendente. Ovviamente, tale posizione non poteva essere tollerata da Londra che, una volta venuta a conoscenza della dichiarazione di indipendenza pronunciata dallo sceicco nel 1919, intervenne direttamente per ripristinare la propria autorità nell area. I problemi di convivenza sono stati molto forti soprattutto in Turchia e Iraq, minori in Siria e in Iran, Paesi ove i rapporti della minoranza curda con il potere centrale sono stati meno violenti, non fosse altro per la minore consistenza demografica di questa minoranza. In Turchia, al contrario, le rivolte dei curdi hanno attraversato tutto il XX secolo, tanto che il Kurdistan turco è stato un area interdetta agli stranieri fra il 1925 e il 1965. Nel 1983, Ankara impose il coprifuoco nella regione, in risposta ai sempre più violenti attacchi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), l organizzazione più militante e radicale fra quelle curde, guidata dal noto leader curdo Abdullah Ocalan, rinchiuso da molti anni nelle prigioni turche ma ancora punto di riferimento per gli attivisti. Se negli anni Novanta si assistette a una riduzione delle tensioni con Ankara, nello scorso decennio complice l invasione anglo-americana dell Iraq e la creazione di un governo regionale curdo estremamente indipendente si è avuta una momentanea ripresa degli scontri tra le forze armate turche e i miliziani del Pkk. Anche in Iraq i rapporti fra centro arabo e periferia curda sono stati caratterizzati da tensioni e scontri sanguinosi tra le forze armate irachene e i peshmerga (le milizie curde), tanto durante la fase monarchica (fino al 1958), quanto durante la repubblica. Ma è stato durante la feroce dittatura di Saddam Husayn che le tensioni con Baghdad sono 30
1 2013 culminate in ripetute e brutali repressioni. Tristemente famoso, l attacco con armi chimiche al villaggio di Halabija durante la campagna militare Anfal uno degli atti più raccapriccianti di un dittatore nefando durante le fasi finali del conflitto fra Iran e Iraq (1980-1988). Solo dopo la sconfitta di Saddam nella guerra del Golfo del 1991 per la liberazione del Kuwait il Kurdistan iracheno ha goduto di una relativa autonomia, protetto dalla creazione di una no fly zone che impediva a Baghdad di operare militarmente nella regione. Ma è proprio in questa fase che riemersero con prepotenza i limiti dell identità curda come fattore di aggregazione politica. Una frammentazione strutturale Infatti, se si abbraccia una prospettiva storica di maggior respiro, emerge come i curdi, sia pure caratterizzati da una rilevante alterità etno-linguistica rispetto ai maggiori gruppi dell area, siano stati tradizionalmente caratterizzati da profonde divisioni interne. Nei secoli precedenti, in assenza di un centro di gravità proto-nazionale, i principali attori curdi avevano finito con l essere risucchiati (e separati) dalla rivalità tra Impero ottomano e persiano e con il dar vita a un tessuto sociale fortemente frammentato e diviso tra dinastie locali basate nelle principali città, agha (capi tribali) e shaykh (in questo contesto, guide di ordini religiosi) in costante competizione tra loro. La forte struttura gerarchica verticale, spesso definita di tipo feudale, della società tribale curda ha sempre rappresentato un ostacolo fortissimo all elaborazione di un discorso politico curdo orizzontale, che attraversasse e prescindesse dalle fedeltà al proprio lignaggio e alla propria sezione tribale. Non a caso, la letteratura contemporanea generalmente sostiene l impossibilità di identificare un nazionalismo comune a tutti i venticinque milioni di curdi; esistono piuttosto discorsi nazionalisti molto più frammentati che nascondono la tradizionale riottosità dei capi tribali di questa etnia nel riconoscere ogni superiore potere esterno. Una pluralità di nazionalismi che ha finito per accentuare le contrapposizioni intra-curde. In effetti, questa perdurante conflittualità interna ha costituito una costante della storia curda ed è stata alla base delle traversie di questa comunità, come dimostrato dalle vicende del Kurdistan iracheno successive al 1991. Nell ottobre di quell anno, infatti, Saddam fu FRONTIERE 31
VITA E PENSIERO costretto a ritirare tutte le sue truppe dalla regione curda, portando alla nascita del Krg (governo regionale del Kurdistan), dominato dai due partiti rivali: il Partito democratico curdo (Kdp) guidato dalla famiglia dei Barzani, che dominava la parte occidentale della regione, e l Unione patriottica del Kurdistan (Puk), con a capo Jalal Talabani, legato alla cittadina di Sulaimaniyya nella zona orientale, vicino ai confini iraniani. Per i curdi sembrò trattarsi di una vittoria epocale, che inaugurava una fase nuova, il primo passo per dare finalmente al Kurdistan iracheno stabilità e benessere. Al contrario, le rivalità fra Kdp e Puk vennero accresciute dall autonomia conquistata: nel nuovo governo regionale curdo, ogni ministro era in qualche modo controllato da un vice-ministro dell altro partito, creando così un sistema di contrappesi pletorico e inefficiente. In più si erano create sostanzialmente due province semi-autonome, quella di Erbil, ove comandava il Kdp, e quella di Sulaimaniyya, sotto il controllo del Puk. Vi erano poi le rivalità personali fra Barzani e Talabani, oltre alle differenze sociopolitiche, con il Puk schierato su posizioni più progressiste e moderne, mentre il Kdp era ancorato a dinamiche più marcatamente tribali. Da queste premesse scaturì ben presto un conflitto fra le due fazioni che causò migliaia di morti e spinse i due contendenti a richiedere l aiuto dello stesso Saddam pur di sconfiggere il nemico interno. Solo le pressioni internazionali e il ruolo di garanti giocato direttamente dagli Stati Uniti permisero una composizione della guerra civile fra i curdi iracheni. Retorica nazionalista e realtà geoeconomica Riccardo Redaelli L invasione anglo-americana dell Iraq nel 2003 e la conseguente caduta del sistema di potere di Saddam hanno rappresentato un significativo momento di svolta. Il Krg, da enclave autonoma mal tollerata, è divenuto uno dei attori politici più influenti. Spalleggiati dagli Stati Uniti, i curdi hanno imposto agli arabo-iracheni una costituzione fortemente federale, che lascia un enorme sia pur confusa e poco definita autonomia al governo regionale di Erbil. Per di più, anche a livello di governo centrale, i curdi hanno ottenuto una forte rappresentanza: secondo una regola non scritta, ma per il momento scrupolosamente osservata, la presidenza della repubblica (carica sostanzialmente onorifica) spetta a un curdo, mentre anche le altre principali 32
1 2013 cariche istituzionali prevedono tre vice, uno per gli sciiti, uno per i sunniti, uno per i curdi. Jalal Talabani è divenuto il presidente della repubblica, spianando la strada a Barzani quale presidente del Krg. La rivalità fra Kdp e Puk è stata ulteriormente sterilizzata con la creazione di un cartello elettorale che ha permesso la spartizione di ogni carica regionale: una pratica che se ha garantito la pace interna, non ha certo favorito la riduzione della rampante corruzione, enfatizzata dai meccanismi di solidarietà tribali. Il fattore più interessante, tuttavia, è stata la trasformazione relativamente rapida dei rapporti con la Turchia e dello stesso discorso nazionalista curdo. Ankara, all inizio della disastrosa avventura irachena anglo-americana, guardava con molto sospetto al Krg, temendo che quella quasi-indipendenza di cui godeva potesse spingere i curdi della Turchia orientale a una nuova campagna separatista. E, in effetti, qualche segnale in questo senso vi è stato nell ultimo decennio, con la ripresa di scontri fra peshmerga del Pkk e le forze armate turche. Tuttavia, il Krg si è rivelato uno dei mercati più promettenti per le aziende turche, che si sono riversate in massa per fornire servizi, costruire impianti e infrastrutture. I crescenti scambi economici, uniti al peggioramento dei rapporti fra il governo centrale sciita di Baghdad e quello di Erdogan, hanno lentamente mutato il quadro di riferimento: Ankara e il governo regionale di Erbil hanno via via scoperto di avere molti più interessi in comune di quanto sospettassero. Entrambi volevano frenare le interferenze iraniane, entrambi non tolleravano la radicalità delle azioni delle milizie del Pkk (tanto che il Krg ha sempre permesso il bombardamento da parte dell aviazione turca di campi Pkk nei propri territori); entrambi, infine hanno realizzato la reciproca importanza economica ed energetica. Da qui un mutuo allentamento della tensione e una riduzione della retorica nazionalista. Ma il discorso nazionalista curdo sta mutando anche in Turchia e per una pluralità di fattori. Innanzitutto, vi è stata una certa evoluzione del sistema politico di Ankara, meno tetragono nel difendere ossessivamente l unità nazionale da ogni possibile minaccia di pluralismo identitario. Un lento processo di evoluzione che ha favorito l emergere di posizioni meno radicali anche fra i curdi di Turchia. Ma il dato forse più significativo è stata l evoluzione del pensiero di Ocalan, durante gli anni di prigionia nelle carceri turche. Il leader del Pkk sembra aver rinunciato all idea di uno Stato nazionale curdo indipen- FRONTIERE 33
VITA E PENSIERO Riccardo Redaelli dente un modello che egli definisce come datato e anacronistico in favore di un confederalismo democratico, che preveda il fiorire di comunità locali di autogoverno all interno dello Stato turco. Il modello di Stato nazionale non funziona per il popolo curdo, sembra dire Ocalan, proprio per la persistenza del modello tribale che produce continue frizioni centro-periferia, così come spinte centrifughe a ogni livello di aggregazione politica. La parte meno militante e più politica del Pkk si sta ponendo inoltre non solo come un partito di rappresentanza etnica, ma cerca di sottolineare la propria caratura politica trans-identitaria di partito riformista radicale, evolutosi dalle proprie radici marxiste, per offrire una piattaforma politica che tuteli tutti i ceti più vulnerabili e i lavoratori della Turchia. Il partito diverrebbe così antitetico non solo ai nazionalisti e ai circoli militari favorevoli alla repressione militare delle istanze curde, ma anche ai partiti conservatori turchi e agli altri movimenti curdi, rimasti ancorati alle ristrette logiche del tribalismo. Un evoluzione che il governo di Erdogan sembra aver notato, avviando trattative non ufficiali con il Pkk per una soluzione politica del problema curdo. Questa lettura permette di contestualizzare meglio anche il brutale omicidio di tre importanti attiviste del Pkk a Parigi nel gennaio 2013: una mossa compiuta da chi (vuoi nel campo dei curdi radicali, vuoi fra gli ambienti turchi maggiormente nazionalisti) si oppone a questo dialogo per far aumentare nuovamente la tensione fra le parti. Anche la (presunta) primavera araba del 2011 sta influendo sulla situazione dei curdi. La Turchia di Erdogan si è mossa sostenendo con forza il cambiamento, proponendosi anzi come un modello di governo islamico moderato e competente. Dopo lo scoppio della guerra civile in Siria, Ankara si è esposta nettamente a favore dei rivoltosi e contro il crudele regime di Bashar al-asad, ritrovandosi nuovamente con un problema curdo. La minoranza presente in Siria ha infatti profittato della guerra civile fra gli arabi di Siria per riguadagnare una larga autonomia, in cambio di una loro neutralità. Una posizione sempre più difficile da mantenere in vista di un cambio di regime. Dovesse cadere il regime di al-asad, quale futuro aspetta i curdi siriani (molto meno potenti e organizzati di quelli iracheni e molto meno numerosi di quelli turchi)? Potranno sperare in una soluzione all irachena, con la creazione di un governo regionale anche in Siria, cercheranno 34
1 2013 un improbabile unione con il Krg di Erbil avviando una pericolosa scomposizione dei confini del 1918 o finiranno per essere occupati dalle milizie islamiste arabo-sunnite? La prudenza del governo regionale di Erbil, al di là dei proclami a uso interno, mostra quanto sia stretta e scivolosa la strada della rivendicazione nazionalista curda. In fondo, per i curdi iracheni, la situazione attuale per quanto precari siano i rapporti con gli arabo-sciiti e gli arabo-sunniti presenta molti aspetti positivi: un autonomia politica ed economica che sconfina quasi nell indipendenza, un economia in crescita che permette l arricchimento sfacciato del ceto politico, ottimi rapporti internazionali e un netto miglioramento di quelli con la Turchia. Perché rischiare tutto ciò per inseguire un sogno di indipendenza di tutti i popoli curdi che non solo sembra irrealistico, ma che potrebbe deteriorare quanto finora raggiunto, obbligandoli per di più a rinegoziare i rapporti di forza interni? I confini del 1918, per quanto ingiusti, non stanno più così stretti. FRONTIERE 35