Community news - Approfondimenti Il nuovo Senato nascerà a tappe: completo nel 2020 (Ansa) - Una volta approvata la riforma costituzionale la nuova Camera dei deputati potrà essere eletta in base alle nuove norme, ma non sarà così per il nuovo Senato. L'articolo 2 del disegno di legge Boschi, quello che fissa la composizione del Senato, rinvia ad una legge ordinaria la decisione sulle caratteristiche specifiche del modello elettorale con cui verranno eletti i futuri senatori. Nel testo approvato dalla Camera questa legge avrebbe dovuto essere fatta entro sei mesi dalla data di svolgimento delle prossime elezioni politiche. Questo diceva la versione originale di una delle norme transitorie del ddl Boschi. La notizia dell'ultima ora è che maggioranza e minoranza Pd hanno trovato l'accordo sul fatto che la legge di attuazione dell'articolo 2 sia approvata prima della fine di questa legislatura. È una buona notizia. Non c'è motivo per cui tale legge non possa essere fatta subito dopo l'approvazione della riforma costituzionale e comunque prima delle prossime elezioni politiche. Il vero problema però era, ed è, un altro. Anche se questa legge sarà fatta subito non sarà possibile utilizzarla per l'elezione del nuovo Senato. Come è noto, saranno i consigli regionali a eleggere i futuri senatori. Perché questo possa avvenire sulla base dei principi previsti dalla costituzione riformata non solo occorre che sia fatta la legge di attuazione dell'art.2, ma occorre anche che si svolgano nuove elezioni regionali. Questo è tanto più vero dopo la modifica dell'art. 2 con l'introduzione dell'emendamento Finocchiaro con cui si vorrebbe vincolare l'elezione dei futuri senatori alle «scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri». Ma come si fa senza che i cittadini siano chiamati a votare in tutte le regioni? La conseguenza logica è che si dovrebbero azzerare tutti i consigli regionali per poter procedere all'elezione del nuovo Senato secondo le nuove regole. Una cosa politicamente impossibile. Quindi, pur approvando entro il termine della legislatura la legge di attuazione dell'articolo 2 serve comunque una norma transitoria per l'elezione del primo Senato della nuova era. Nel testo in discussione alla Camera questa norma transitoria c'è. Nella prima fase di applicazione della riforma costituzionale i senatori saranno eletti dai consigli regionali in carica. Sarà una elezione del tutto indiretta. È comprensibile che alla minoranza del Pd questa norma non piaccia. Dopo essersi tanto battuta perché l'art. 2 preveda un qualche ruolo degli elettori nella scelta dei futuri senatori non è facile accettare che il primo Senato della nuova era sia un organo interamente scelto dagli attuali consigli regionali. Per questo chiedeva che, in occasione della prima elezione della Camera, i cittadini fossero chiamati a scegliere anche i membri del Senato tra i consiglieri in carica. In questo modo non sarebbe stato necessario sciogliere i consigli regionali, ma si sarebbe realizzata una vera e propria elezione diretta del Senato, che però non è quello che dice l'articolo 2. Certo, nella sua nuova formulazione non è del tutto chiaro quale sarà il ruolo dei consigli e quello degli elettori nella elezione del nuovo Senato. Ma si può certamente escludere che l'emendamento Finocchiaro - sul quale si basa l'accordo tra Renzi e la minoranza del partito democratico - arrivi al punto da cancellare il ruolo dei consigli regionali. E qui sta la seconda buona notizia. Pare che la minoranza Pd abbia rinunciato alla richiesta di elezione diretta del primo Senato, richiesta che Renzi non poteva accettare.
Il nuovo Senato sarà dunque scelto in prima battuta dai consigli regionali in carica. Questo vuol dire che per avere un Senato interamente eletto con le nuove regole ci vorrà tempo. Tanto tempo quanto occorre perché tutte le regioni tornino a votare alla scadenza naturale della loro legislatura (si veda tabella in pagina). Per un paio di anni dopo la elezione della nuova Camera, se questa ci sarà nel 2018, avremo un Senato la cui composizione sarà il risultato del mix tra le nuove regole previste dalla futura legge di attuazione dell'articolo 2 e la norma transitoria contenuta nel disegno di legge Boschi in discussione in questi giorni. In altre parole, il nuovo Senato verrà eletto un pezzo per volta. Sarà completato nel 2020. La cosa interessante sarà vedere come sarà eletto. Quale sarà il ruolo dei consigli e quello degli elettori? Ma per scoprirlo dobbiamo aspettare l'approvazione della legge di attuazione dell'articolo 2 e, a seguire, le leggi regionali che dovranno recepire le regole fissate nella legge nazionale. Gli esami non finiscono mai. Riforme costituzionali: le novità, dal Senato al Titolo V Alla Camera via libera a marzo 2015 l primo passo parlamentare della riforma costituzionale risale all'aprile del 2014, quando il governo presentò al Senato il disegno di legge As 1429 con «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione». Quattro mesi dopo, l'8 agosto 2014, il primo via libera di palazzo Madama, con l'approvazione del disegno di legge Boschi in prima lettura, con modificazioni, seguita dalla trasmissione alla Camera dei deputati. Alla Camera, l'avvio della prima lettura del ddl Boschi in commissione Affari Costituzionali risale all'11 settembre 2014. Dalla metà di dicembre, il testo licenziato dalla commissione (Ac 2613-A) è stato quindi esaminato dall'assemblea di Montecitorio, che ha concluso l'esame degli articoli e degli emendamenti del disegno di legge costituzionale il 14 febbraio di quest'anno, esprimendo il voto finale il 10 marzo scorso. Da marzo, il disegno di legge Boschi (ora As 1429-B) è passato nuovamente all'esame del Senato in terza lettura, secondo quanto previsto dall'articolo 138 della Costituzione in tema di revisione costituzionale, dal momento che la Camera ha introdotto alcune modifiche al testo licenziato nel primo passaggio a Palazzo Madama. La commissione Affari costituzionali non ha concluso l'esame del testo, che il 17 settembre, previo via libera dalla conferenza dei capigruppo, è approdato direttamente in Aula senza mandato al relatore. Palazzo Madama cambia ruolo Con la riforma Boschi, il Senato cesserà di avere un ruolo paritario a quello della Camera nella relazione fiduciaria con il Governo. Per alcune funzioni attribuite a palazzo Madama rimarrà comunque una relazione istituzionale con l'esecutivo: ciò vale per le funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica e tra questi ultimi e l'unione europea, per la valutazione delle politiche pubbliche e dell'attività delle pubbliche amministrazioni, per la verifica dell'attuazione delle leggi dello Stato nonché per l'espressione dei pareri sulle nomine di competenza del Governo. Superato il bicameralismo perfetto La riforma costituzionale prevede il superamento del bicameralismo perfetto, ma il Nuovo Senato, ovvero la Camera rappresentativa delle istituzioni territoriali, continuerà a partecipare al procedimento legislativo in modo nuovo. L'esame dei progetti di legge sarà avviato sempre dalla
Camera dei deputati, che, dopo la prima lettura, trasmette al Senato il testo risultante dall'esame svolto. Il Senato sarà autonomo nella scelta di procedere all'esame dei progetti di legge: infatti, l'esame da parte del Senato è eventuale, in quanto esso ne può deliberare lo svolgimento, entro un termine di dieci giorni, a richiesta di un terzo dei componenti. Una volta effettuata tale deliberazione, l'esame può concludersi con l'approvazione di proposte di modifiche, che la Camera dei deputati potrà valutare se accogliere o meno in sede di approvazione definitiva. È prevista però una procedura rafforzata nelle leggi che intervengono per tutelare l'interesse nazionale in materie di competenza regionale: la Camera può modificare le proposte del Senato ma con maggioranza assoluta. Il nuovo Senato concorre inoltre a valutare le politiche pubbliche e l'aula del Senato ha ripristinato il potere, per la futura Camera delle autonomie, di esercitare funzioni di raccordo tra l'unione europea, lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Infine concorre a esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l'attuazione delle leggi dello Stato. Bicameralismo perfetto limitato La funzione legislativa esercitata collettivamente dalle due Camere resterà solo per alcune leggi espressamente indicate, quali le leggi di revisione costituzionale e quelle costituzionali, nonché alcune leggi aventi un contenuto proprio, del tutto tipico, per le quali l'intervento del Senato trova uno specifico fondamento nella sua natura e nella sua composizione. Come le leggi elettorali dei Comuni, dell'ordinamento di Roma Capitale e delle leggi di autorizzazione dei Trattati Ue. Il Senato conserva l'attività conoscitiva Il Senato potrà svolgere attività conoscitive e formulare osservazioni su ciascun progetto di atto normativo o documento all'esame della Camera, cui potrà anche chiedere alla Camera di procedere all'esame di un disegno di legge. In tal caso, la Camera è tenuta a pronunciarsi entro sei mesi dalla data della deliberazione del Senato. Spetta al Nuovo Senato anche il potere di inchiesta, ma circoscritto alle materie di pubblico interesse concernenti le autonomie territoriali. Come cambia la composizione del Senato Il ddl Boschi prefigura il Nuovo Senato come un organo elettivo di secondo grado, composto, al massimo, da cento membri: 95 eletti dagli organi territoriali e cinque nominati dal presidente della Repubblica (questi ultimi in carica per sette anni, non rinnovabili). Sulla composizione della futura Camera delle autonomie si è registrato lo scontro più acceso all'interno del Pd: alla fine la soluzione trovata, approvata con un emendamento a firma Finocchiaro-Zanda-Schifani- Zoeller, è stata la modifica al comma 5 dell'articolo 2 del ddl che prevede che a Palazzo Madama siederanno 74 consiglieri regionali (eletti dai Consigli regionali ma designati dai cittadini che, alle elezioni regionali, sceglieranno quali dei consiglieri regionali dovranno andare a comporre il Senato) e 21 sindaci, uno per ogni regione. Le modalità di attribuzione dei seggi e dei elezione dei membri del Senato sono regolate con legge approvata da entrambe le Camere. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due. La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti. La riforma aggiorna lo status di senatore I membri del Senato rappresentano le istituzioni territoriali e i membri della Camera dei deputati rappresentano la Nazione. Al pari dei deputati, i senatori hanno il potere d'iniziativa legislativa ed esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato. Essi godranno della medesima insindacabilità per le opinioni espresse e per i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni, nonché 3
delle stesse garanzie e del relativo regime di autorizzazione, previsti dal vigente articolo 68 della Costituzione. Nessuna indennità per i nuovi senatori Ai membri del Senato non spetterà alcuna indennità per l'esercizio del mandato ma mantengono quella che spetta loro in quanto sindaci o membri del Consiglio regionale. L'indennità di un consigliere regionale non potrà superare quella attribuita ai sindaci dei comuni capoluogo di Regione. Resta l'indennità per i senatori a vita. Corsia veloce per i ddl segnalati dal governo Tra le novità di rilievo introdotte nel procedimento legislativo spicca l'istituto del voto a data certa, che assicura una corsia preferenziale ai disegni di legge del governo. In pratica, l'esecutivo può chiedere alla Camera dei deputati che un disegno di legge essenziale per l'attuazione del suo programma sia iscritto con priorità all'ordine del giorno e sottoposto a votazione entro 70 giorni. Sono escluse dalla procedura veloce le leggi bicamerali, le leggi elettorali, le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, e le leggi che richiedono maggioranze qualificate. Decreti legge, cambia il procedimento Cambia anche il procedimento di conversione dei decreti-legge. A regime, il Senato disporrà l'esame dei relativi disegni di legge entro trenta giorni dalla loro presentazione alla Camera e le proposte di modificazione potranno essere deliberate entro dieci giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge di conversione da parte della Camera dei deputati, che deve avvenire non oltre quaranta giorni dalla presentazione. La riforma costituzionale stabilisce anche limiti di materia, divieti di contenuto e precisi vincoli per la decretazione d'urgenza, la cui portata si estende anche alla legge di conversione del decreto, traducendosi quindi in limite non solo per il governo, ma anche per l'attività emendativa parlamentare. Stato-Regioni, aggiornato il riparto delle competenze La riforma costituzionale disegnata dal ddl Boschi modifica la ripartizione di competenze tra Stato e Regioni fissate dall'articolo 117 della Costituzione (frutto della riforma del 2001) recependo anche l'orientamento espresso dalla giurisprudenza costituzionale in occasione dei conflitti interpretativi che hanno contrapposto in molte occasioni lo Stato alle Regioni. A regime, lo Stato sarà responsabile esclusivo del coordinamento della finanza pubblica, di alcune politiche, come le politiche attive del lavoro, della promozione della concorrenza e della disciplina dell'ambiente e delle infrastrutture strategiche. Parallelamente all'ampliamento delle competenze dello Stato, viene soppressa la competenza legislativa concorrente attualmente ripartita tra Stato e Regioni, mentre resta ferma la clausola di residualità che attribuisce alle Regioni la competenza legislativa in materie non riservate alla competenza esclusiva dello Stato indicate in via esemplificativa. Addio al Cnel e alle Province Il Ddl Boschi prevede anche l'abrogazione integrale dell'articolo 99 della Costituzione e quindi la soppressione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (Cnel). Un commissario straordinario si occuperà della sua liquidazione e della riallocazione del personale presso la Corte dei Conti. Sparisce dalla Carta anche ogni riferimento alle Province come enti di cui si compone la Repubblica, e con titolarità di funzioni amministrative proprie
Nuove regole per eleggere il capo dello Stato Un'altra modifica alla Carta costituzionale riguarda elezione del Capo dello Stato: se ne occuperà il Parlamento in seduta comune, senza l'integrazione della composizione con delegati regionali. Cambiano anche i quorum per l'elezione: dal quarto scrutinio sarà sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei componenti e, dal settimo, la maggioranza dei tre quinti dei votanti. Nel secondo passaggio al Senato la norma, dopo un confronto serrato, è stata confermata nella versione già approvata dalla Camera. Clausola di salvaguardia per l'interesse nazionale La riforma introduce anche una specifica clausola di salvaguardia (nel nuovo quarto comma dell'articolo 117 Costituzione) a tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica o dell'interesse nazionale. In altre parole, in caso di una minaccia a questo principio, una legge dello Stato potrà regolare anche in materie di competenza legislativa regionale. Il nuovo articolo 116 della Costituzione consente anche l'attribuzione di forme di autonomia differenziate alle Regioni a statuto ordinario nel cui bilancio vi sia equilibrio tra entrate e spese. Referendum, quorum più basso con almeno 800mila firme Le firme necessarie per la richiesta di referendum restano 500mila, con il quorum di partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto. Nel caso in cui le firme raccolte dai promotori per la proposta di referendum siano almeno 800mila il quorum di partecipazione si abbassa alla maggioranza dei votanti dell'ultima tornata elettorale. Spazio al referendum propositivo Si introduce nell'ordinamento l'istituto del referendum propositivo e d'indirizzo, la cui disciplina è rinviata ad una legge. Per le leggi di iniziativa popolare il requisito di 50mila firme, necessarie per la presentazione è elevato a 150mila, ma si prevede al tempo stesso una garanzia per la conclusione del loro esame parlamentare. Come saranno eletti i giudici della Consulta Con un emendamento della maggioranza approvato dall'aula, l'unico varato quasi all'unanimità, all'articolo 37 del ddl Boschi, è stato deciso di ripristinare le modalità di elezione dei giudici della Corte costituzionale stabilite in prima lettura dal Senato e poi modificate alla Camera: cinque giudici restano di nomina del presidente della Repubblica, cinque dalle supreme magistrature ordinarie e amministrative, tre saranno scelti dalla Camera e due dal Senato. (Fonte: Il Sole 24 ore) Badenerstrasse 18, 8953 Dietikon Telefon 0041 44 740 1517 / 076 5711945 www.pd- svizzera.ch 5