PARTE SECONDA INDIRIZZI E CONTENUTI DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE

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PARTE SECONDA INDIRIZZI E CONTENUTI DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE 4. - Il quadro normativo di riferimento 4.1. - La legge statale 157/92 II piano faunistico-venatorio rappresenta, nella legislazione vigente, lo strumento di governo del territorio agro-silvo-pastorale. E' previsto, in prima istanza, dalla legge statale 11 febbraio 1992, n. 157, la quale all art.10 ne specifica e caratterizza gli obiettivi. La pianificazione, che deve riguardare tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale, è finalizzata ai seguenti punti-bersaglio: a) per quanto riguarda le specie carnivore: - conservazione delle effettive capacità riproduttive controllo in relazione alla funzione di contenimento naturale delle altre specie; b) per quanto riguarda le altre specie: - conseguimento delta densità ottimale - conservazione attraverso: 1 ) riqualificazione delle risorse ambientali 2) regolamentazione del prelievo venatorio. II processo di pianificazione coinvolge, a diverso livello, le regioni e le province chiamate, ciascuna in ordine alle rispettive competenze, a dotarsi del rispettivo piano. Il legislatore statale pone, quale fondamentale condizione per la pianificazione, la destinazione differenziata del territorio. Tale scelta, a ben vedere, appare coerente con gli obbiettivi dichiarati della legge 157. Il provvedimento in questione, in effetti, come già in qualche modo si può cogliere dal titolo ("Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio"), persegue finalità diverse, volendo esso per un verso predisporre un apparato di tutela della fauna selvatica vivente in stato di libertà sul territorio, diversamente organizzato secondo le specie oggetto di attenzione e, per altro verso, regolamentare attraverso una minuta serie di disposizioni l'esercizio dell'attività venatoria. Gli obiettivi appena delineati hanno quindi determinato il legislatore statale ad individuare nella destinazione differenziata del territorio l'articolazione di base volta a conseguire efficaci risultati di gestione nel contesto di una politica ambientale rispettosa di molteplici esigenze. Tale destinazione comporta, sul territorio la presenza di figure ed istituti a diversa vocazione, ognuno tipizzato da propria specificità.

In ordine a quanto previsto dall'art, 10/3 della 1. 157/92 il territorio agro-silvopastorale: - - per una quota dal 20 al 30 per cento deve essere destinato a protezione della fauna selvatica. Per il territorio ricadente in Zona Alpi tale quota si colloca dal 10 al 20 per cento; - per una quota fino al 15% può essere destinato alla caccia riservata alla gestione privata ed ai centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale; - per la rimanente quota (determinata, dunque, in via residuale) deve essere destinato alla gestione programmata della caccia, secondo le modalità stabilite dall'art. 14 della stessa legge. L anzidetta suddivisione rappresenta un vero e proprio strumento di riforma che ha caratterizzato la legge 157 nei confronti di tutte le precedenti normative venatorie: per la prima volta, infatti, è stato abolito il c.d. territorio libero, che la legge 968/77, ad esempio, comunque riconosceva e garantiva in qualche misura. Nell attuale realtà non esiste più terreno libero : il territorio disponibile per l attività venatoria è destinato per intero alla gestione programmata della caccia. L'art. 10/7 della legge statale dispone che le province debbano redigere piani faunistico-venatori, articolandoli per comprensori omogenei. Questo articolo costituisce dunque il riferimento specifico al ruolo assunto dall Ente Provincia nella pianificazione dell assetto faunistico venatorio territoriale. La stessa Provincia interviene pertanto attivamente nella elaborazione del piano che ridisegna la geografia degli istituti venatori, secondo i criteri ed i parametri fissati dalla legge nazionale. Il comma successivo dell art.10 precisa infatti che i piani di cui al comma 7 devono comprendere, tra l'altro: - le oasi di protezione - le zone di ripopolamento e cattura - i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale - i centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale - le zone (e i periodi) per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani - i criteri per la determinazione dei risarcimenti in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole ed alle opere approntate sui fondi vincolati ai fini di oasi, zone di ripopolamento e cattura e centri di riproduzione allo stato naturale - i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle oasi e nelle zone di ripopolamento e cattura - l'identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi.

L'art. 10/10 demanda alle regioni di attuare la pianificazione faunistico-venatoria mediante il coordinamento dei piani provinciali secondo criteri di omogeneità e congruenza, con possibilità di intervento nell'ipotesi di inadempimento delle province in ordine ai rispettivi piani. In questo quadro di riferimento è stata promulgata la legge regionale del Veneto del 9 dicembre 1993, n. 50 Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio" nonché la legge regionale 27 giugno 1996, n. 17 "Piano faunistico-venatorio regionale (1996-2001)". 4.2 - La legge regionale 9.12.1993, n.50 La L.R.50/93 dedica l'art.8 alla pianificazione faunistico-venatoria regionale e l'art.9 ai piani faunistico-venatori provinciali. L'art. 8 contiene tre importanti criteri utili in sede di pianificazione. Infatti: 1. Indica i dati ISTAT quale strumento di determinazione del territorio agro-silvopastorale, 2. specifica che il territorio di cui al precedente punto ricomprende l'ambito lagunare e vallivo, le zone umide, gli incolti produttivi ed improduttivi, le zone montane d'alta quota, 3. chiarisce che nella nozione di territorio agro-silvo-pastorale non devono essere ricompresi le rocce nude ed i ghiacciai nelle zone montane d'alta quota. Corredato, ai sensi dell art. 8/2, del relativo regolamento di attuazione e da idonea cartografia, il piano regionale ha validità quinquennale ed attua la pianificazione mediante il coordinamento e, ove necessario, l adeguamento dei piani provinciali ai fini della tutela degli interessi ambientali e di ogni altro interesse regionale. L'art.9 riguarda, come sopra rilevato, la pianificazione a livello provinciale. Anche i piani faunistico-venatori provinciali hanno, per evidenti ragioni di coordinamento ed armonizzazione, durata quinquennale e devono prevedere una serie di figure ed istituti. L art. 9/2 richiama in maniera pressoché pedissequa l'elenco degli istituti individuati dall'art.10/8 della legge 157/92, integrandolo pero con le seguenti previsioni: - l identificazione dei valichi montani fissati dalle rotte di migrazione dell'avifauna; - i programmi di miglioramento ambientale volti a favorire la riproduzione naturale e la sosta della fauna selvatica con possibilità di ricomprendervi progetti di valorizzazione del territorio presentati da singoli proprietari o conduttori di fondi ex art. 23/4 della L.157/92; le iniziative di ripristino di biotopi distrutti e creazione di biotopi; - i programmi di immissione di fauna selvatica.

4.3 - La legge regionale 27.06.1996, n.17 La legge regionale 27.06.1996, n.17 Piano faunistico-venatorio regionale (1996-2001), ha approvato il Piano faunistico venatorio regionale, stabilendo la validità quinquennale dello stesso (art. 2/1). Tale validità è stata più volte prorogata. Da ultimo, con legge regionale n.11 del 4.04.2003, il termine è stato fissato al 31.10.2003. La L.R. 17/96, peraltro, non può interessare, per sua stessa natura, i nuovi piani faunisticovenatori provinciali che andranno a disporre per la gestione del territorio nel prossimo quinquennio e che, soggetti alle norme della legge 50/93, andranno perciò raccordati con la pianificazione regionale attraverso le previsioni pertinenti. Una citazione particolare è opportuna per quanto riguarda l aspetto specifico della tutela delle specie a priorità di conservazione. 4.4 - riferimenti legislativi a tutela delle specie a priorità di conservazione. 4.4.1 - Legge 157/92 La legge 157 ha recepito l impostazione scientifica della gestione del patrimonio faunistico, introducendo il concetto di caccia programmata. La fauna viene considerata con un approccio conservazionistico e, già all art.1, comma 1, la legge sancisce che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell interesse della comunità nazionale ed internazionale, quindi antepone all esercizio dell attività venatoria la conservazione della fauna selvatica omeoterma e considera la caccia come elemento partecipativo a quest obbiettivo. Obbiettivi della legge 157 sono, quindi, la conservazione di tutte le specie di Vertebrati omeotermi, da quelle oggetto di tutela (art.2, comma 1), a quelle particolarmente protette (art.2, comma 1, lett.a e b), a quelle cacciabili (art.18). 4.4.2 - Direttiva 79/409/CEE L obbiettivo della Direttiva 79/409/CEE Uccelli é la conservazione di tutte le specie di Uccelli selvatici europei. Essa si applica agli Uccelli stessi, alle loro uova, nidi ed habitat. Gli allegati della Direttiva riportano liste di Uccelli aventi diversi gradi di tutela o di possibilità di sfruttamento da parte dell uomo. Allegato I: specie protette ed i cui habitat di vita devono essere tutelati. Allegato 11/1: specie che possono essere oggetto di prelievo. Allegato 11/2: specie che possono essere oggetto di prelievo in alcuni Stati. Allegato 111/1: specie che possono essere oggetto di prelievo e commercio. Allegato 111/2: specie che possono essere oggetto di prelievo e commercio con approvazione dell Unione Europea.

Questi allegati sono stati modificati ed aggiornati dalle successive Direttive 85/411/CEE, 91/244/CEE, 97/49/CE. Le aree di maggiore importanza per le specie di cui all allegato I sono state designate dall Unione Europea come Zone Speciali di Conservazione (ZPS). 4.4.3 - Direttiva 92/43/CEE L obbiettivo della Direttiva 92/43/CEE Habitat, è la salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo. Questa Direttiva prevede di adottare misure volte a garantire il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario. Gli allegati della Direttiva riportano liste di habitat e specie animali e vegetali per le quali si prevedono diverse azioni di conservazione e diversi gradi di tutela. Allegato I: habitat naturali di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione. Allegato II: specie di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione. Allegato III: criteri di selezione dei siti che presentano caratteristiche idonee per essere designati zone speciali di conservazione. Allegato IV: specie di interesse comunitario, la cui conservazione richiede una protezione rigorosa. Questi allegati sono stati modificati ed aggiornati dalla successiva Direttiva 97/62/CE. Le aree di maggiore importanza per la conservazione degli habitat di cui all allegato I e delle specie vegetali ed animali di cui all allegato II sono stati proposti all Unione Europea come Siti di Interesse Comunitario (SIC). I SIC dovranno essere valutati dalle competenti commissioni dell Unione Europea per la successiva designazione a Zone Speciali di Conservazione (ZSC). Le ZSC e le ZPS costituiranno il sistema delle aree protette europee, la cosiddetta Rete Natura 2000. 4.4.4 - Convenzione di Berna La Convenzione internazionale di Berna è relativa alla conservazione della natura e dell ambiente naturale in Europa. E stata adottata nel 1979 ed è stata ratificata dal nostro paese nel 1981, con la Legge n. 503. Obbiettivo della Convenzione di Berna è la conservazione della flora e della fauna selvatiche e dei loro habitat naturali, con particolare riferimento alle specie minacciate di estinzione e vulnerabili.

Tra gli allegati della Convenzione sono presenti due liste di specie animali. Allegato Il: specie strettamente protette (comprendente tutte le specie delle quali è vietata qualsiasi forma di gestione o sfruttamento); Allegato III: specie protette (comprendente tutte le specie per le quali è possibile attuare forme di gestione e sfruttamento compatibile). La Convenzione di Berna è ormai da considerarsi obsoleta per quanto riguarda gli elenchi delle specie riportati dagli allegati, poiché è in gran parte superata dagli elenchi delle Direttive CEE. 4.4.5 - Convenzione di Bonn La Convenzione di Bonn riguarda la conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica. Essa è stata firmata nel 1979 ed adottata dall Unione Europea nel 1982. Obbiettivo della Convenzione è la realizzazione di azioni internazionali per la conservazione delle specie migratrici, attraverso il mantenimento degli habitat e dei siti di sosta, riproduzione, svernamento. Devono essere attuate tutte le misure per assicurare uno stato di conservazione favorevole delle specie migratrici, tenendo conto di dinamica di popolazione, consistenza, area di distribuzione, conservazione degli habitat adatti. Allegato I: specie da sottoporre ad assoluta tutela. Allegato Il: specie che necessitano, per il perseguimento degli obiettivi di conservazione della Convenzione, la stipula di accordi tra diversi stati interessati dagli spostamenti delle specie medesime.