Senecio a cura di Emilio Piccolo e Letizia Lanza

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Senecio a cura di Emilio Piccolo e Letizia Lanza Vico Acitillo 124 - Poetry Wave

Vico Acitillo 124 - Poetry Wave www.vicoacitillo.it mc7980@mclink.it Napoli, 2006 La manipolazione e/o la riproduzione (totale o parziale) e/o la diffusione telematica di quest opera sono consentite a singoli o comunque a soggetti non costituiti come imprese di carattere editoriale, cinematografico o radio-televisivo.

Saffo riemersa dalle acque della memoria * di Franco Montanari Scavate nelle biblioteche : l esortazione di Bruno Snell, uno degli spiriti magni degli studi sul mondo antico del secolo scorso, è ben nota ai filologi classici e ogni tanto torna a colpire nel segno. Anche le biblioteche e le collezioni riservano sorprese e offrono novità quanto i nuovi scavi archeologici, così amati dai mass media. Esse custodiscono libri da secoli non letti o quantomeno non abbastanza studiati: sono luoghi di scoperte. In verità, abbiamo più di quanto conosciamo, siamo più ricchi di quanto crediamo. Lo scalpore che ha suscitato fuori dalle mura degli studiosi eruditi il recente ritrovamento di due testi di Saffo fa notizia soprattutto per la grandezza del personaggio implicato. Ma, per quanto clamoroso, si tratta solo di un esempio: abbiamo bisogno di ricercatori esperti, che sappiano portare alla luce per noi ciò che talvolta abbiamo a portata di mano senza saperlo. Quando Saffo, vissuta fra il VII e il VI sec. a. C., cantava i suoi componimenti, non da molto tempo nel mondo greco si era prodotta la rivoluzione tecnologica che aveva introdotto quella scrittura alfabetica poi evolutasi fino al greco che siamo abituati a leggere oggi. In quell epoca comunque gli esemplari scritti erano ancora cosa rara, la poesia veniva soprattutto ascoltata nelle occasioni pubbliche e private di esecuzione. Solo con il V secolo a. C. e sempre più in seguito (cioè in età ellenistica e imperiale) proliferò la produzione di copie manoscritte e divenne relativamente consueto leggere la letteratura e possedere un libro. Moltissimi capolavori, però, non superarono il Medio Evo bizantino. Per questo di tante opere conosciamo solo frammenti sparsi, qualche volta un po più estesi, talvolta minuscoli, restituiti da brandelli di papiro oppure grazie a citazioni in altri autori: queste opere non si trovano (o non si sono ancora trovate) nei manoscritti medioevali. Oltre ai manoscritti delle biblioteche, una miniera di tesori ancora ignorati sono dunque le collezioni di frammenti di papiro o pergamena risalenti a prima dell età bizantina, collocabili fra il III secolo a. C. (rarissimi sono quelli del IV secolo) e il VII-VIII secolo d. C. Provenienti da vari scavi archeologici, migliaia di pezzi piccoli e grandi hanno costituito importanti collezioni, presso le quali studiosi agguerriti lavorano a decifrare i reperti e scoprirne i segreti: a Oxford, Londra, Berlino, Colonia, Vienna, Ann Arbor (Michigan) e in molte altre città; e in Italia all Istituto Papirologico Vitelli di Firenze, all Officina dei Papiri Ercolanesi di Napoli, all Università Statale di Milano. Per dare un idea, negli scavi condotti nella località egiziana di * Cfr. Il manifesto, 29 settembre 2005 [ndr].

Ossirinco gli inglesi B. P. Grenfell e A. S. Hunt tra la fine dell Ottocento e gli inizi del Novecento raccolsero oltre centomila pezzi (ma nessuno conosce il numero esatto, molte scatole non sono mai state riaperte dopo il trasporto in Inghilterra), oggi per lo più conservati a Oxford: ne sono stati pubblicati meno di cinquemila. Ogni tanto il caso o piuttosto la competenza e il fiuto di uno studioso fanno trovare ciò che in effetti era stato trovato da tempo, ma era rimasto sconosciuto. Di recente è appunto accaduto (in due modi diversi, come vedremo) per alcuni versi della grande poetessa greca Saffo, uno dei miti della poesia di ogni tempo, della quale rimangono solo scarsi frammenti: poco, assai poco rispetto a tutta la sua produzione poetica. Eppure la bellezza dei suoi versi non ha mai cessato e non cessa di suscitare l ammirazione meravigliata, assieme al fascino romantico di una personalità di cui non sappiamo molto e intorno alla quale le leggende fiorirono già nel mondo antico. Chi ne leggeva l opera in nove libri, la chiamava decima Musa; Strabone in età augustea la definì una meraviglia con la quale nessuno poteva rivaleggiare. Essendo pochissimo ciò che è rimasto, la riconquista di ogni suo frustulo è preziosa, un dono della ricerca: Saffo non giocava a dadi con le parole, le disponeva con divina semplicità nel metro variegato dei suoi versi. L amore era il suo tema preferito, almeno nei versi selezionati dal tempo. Eros che scioglie le membra di nuovo mi tormenta, / è una bestia dolceamara che non posso vincere, Eros mi ha sconvolto il cuore, / come una ventata giù dal monte si abbatte sulle querce, Per alcuni un esercito di cavalieri, per altri di fanti, / per altri una flotta di navi è la cosa più bella / sulla terra nera: per me invece è ciò che si ama. Nelle edizioni critiche, i frammenti sono numerati fino a oltre 260: molti però sono testimonianze che non offrono neppure una parola originale; solo una sessantina contengono almeno un verso intero e solo una ventina un intera strofe; pochissimi sono i componimenti che possiamo leggere in una forma abbastanza estesa o vicina alla completezza per poterne apprezzare anche la struttura poetica. Una di questi è la famosa Ode della gelosia, caratterizzata dalla rappresentazione di un momento di grande pathos e dalla descrizione dei sintomi fisici di un sentimento devastante. Saffo è gelosa di un uomo che siede accanto alla fanciulla da lei amata, la guarda e la ascolta parlare. Sembra a me che pari agli dei / sia l uomo che di fronte a te / siede e vicino mentre dolce parli / ti ascolta / e sorridi amabile. Questo a me / il cuore nel petto sconvolge.... La maggior parte dei papiri deriva da cumuli di immondizia che hanno preservato al loro interno libri e documenti buttati via, altri derivano dal reimpiego di carta riciclata per diversi scopi. Per

esempio, dal riempitivo per imbottire un animale imbalsamato viene con ogni probabilità il papiro del I secolo a. C., acquistato dalla Compagnia di San Paolo e destinato al Museo Egizio di Torino, di cui si attende ora l edizione. Vi è stato identificato un ampio brano perduto del geografo Artemidoro di Efeso (I secolo a. C.). Nel copiare il testo sono stati lasciati ampi spazi, solo uno dei quali è occupato da una carta geografica: forse altre carte dovevano essere disegnate negli altri spazi vuoti. Il verso presenta bellissimi disegni di animali esotici e mitologici, oltre a parti del corpo umano: un repertorio di grande interesse anche per gli storici dell arte. Le mummie egiziane venivano ricoperte da uno strato protettivo di carta pressata, detto cartonnage, talvolta decorato. Presso vari musei si trovano cartonnages che attendono di essere sciolti per dividere e recuperare gli strati pressati: un lavoro difficoltoso, eseguito con tecniche appositamente studiate. Qualche anno fa, l Università Statale di Milano acquistò, grazie a un contributo della Cariplo, un grosso frammento di rotolo di papiro estratto appunto da un cartonnage di mummia. Ne uscirono diverse colonne di epigrammi del poeta ellenistico Posidippo, pubblicati da Guido Bastianini a Firenze e da Claudio Gallazzi a Milano: in un colpo solo, il numero dei versi conosciuti di questo poeta fu raddoppiato. Per Saffo non abbiamo avuto una simile abbondanza, ma nessuno può dire se qualcosa di analogo non accadrà in futuro. Bruno Snell si rammaricava spesso del fatto che, se un evento così felice si fosse dato, non avrebbe vissuto abbastanza per vederlo: l angoscia di molti studiosi è sapere che qualcosa certamente accadrà prima o poi, e forse non potranno esserci. Presso la collezione dei Papiri di Colonia (dove alcuni anni fa venne rinvenuto un nuovo pezzo del poeta lirico Archiloco, del VII secolo a. C.) è stato decifrato un frammento (anch esso da un cartonnage di mummia), che è risultato appartenere a una copia del III secolo a. C. delle poesie di Saffo: è il più antico testimone dell opera della poetessa greca. Pubblicato nel 2004 dagli studiosi tedeschi R. W. Daniel e M. Gronewald, il nuovo papiro contiene resti di tre componimenti. Quello centrale, definito carme della vecchiaia, era già in parte noto da un altro papiro (della fine del II secolo d. C., dunque ben più tardo) e l unione dei due frammenti permette di capire che abbiamo un carme completo di dodici versi, in sei strofe di due versi ciascuna, adesso ricostruibile quasi per intero (mancano alcune sillabe iniziali dei primi quattro versi). Nei mesi successivi alla pubblicazione, si sono rapidamente susseguiti molti interventi di studiosi per interpretare il carme e tentare il restauro delle lacune. La traduzione che segue si basa sul testo costituito dal filologo inglese Martin L. West: gli inizi dei primi quattro versi sono congetturali: Voi, fanciulle, i bei doni delle Muse dal seno di viola / cercate e la lira armoniosa che accompagna il canto. / A me il corpo un tempo tenero ormai la vecchiaia / ha colpito, i capelli da neri sono diventati bianchi, / il mio animo si è fatto pesante, non reggono le ginocchia / che prima danzavano leggere come quelle dei

cerbiatti, / spesso cedo al lamento. Ma cosa si può fare? / L essere umano non può sfuggire la vecchiaia. / Un tempo Titono, raccontano, Aurora braccia di rosa / per amore lo trasportò con sè ai confini del mondo / quando era bello e giovane. Ma anche lui raggiunse / col tempo la grigia vecchiaia, pur avendo una sposa immortale. Se nell ode della gelosia si esprimevano i sintomi della passione amorosa, qui Saffo descrive i segni della senilità (anche in altri frammenti si parla dell avanzare dell età), il cui ineluttabile sopraggiungere è evocato anche rammentando il mito di Titono, che Aurora volle immortale ma non potè preservare da un progressivo terribile invecchiamento. La poetessa si rivolge al gruppo di fanciulle che componevano il suo tiaso. Si trattava di una comunità femminile, che accoglieva ragazze di estrazione aristocratica, in un clima di condivisione e solidarietà interna confrontabile con quello delle consorterie maschili su base politico-ideologica. Era dedita al culto di Afrodite e delle Muse e il suo scopo primario era impartire alle fanciulle una educazione elevata e raffinata. Non c è dubbio che un aspetto di tale vita comunitaria, con un evidente significato pedagogico, fosse rappresentato dall iniziazione erotica e dalla pratica omosessuale: da qui è derivato il termine moderno per indicare l omosessualità femminile. Uno degli scopi principali era la preparazione delle giovani donne alla vita adulta, coniugale e familiare, con un bagaglio di conoscenze adatte a una signora aristocratica. Il ruolo di Saffo, appartenente a una famiglia illustre del luogo, doveva essere quello di una autorità morale, culturale e religiosa: in genere le si attribuisce una funzione di sacerdotessa e di maestra di arti, di raffinatezza e di vita. Scavano gli studiosi anche fuori dalle collezioni di papiri e l arte della filologia fa scoprire tesori sconosciuti studiando sui libri da tempo stampati, sui frammenti da tempo conosciuti. La seconda novità su Saffo si deve al grecista Franco Ferrari, che è riuscito (lo studio è di imminente pubblicazione) a combinare alcuni frammenti noti da anni e a ricostruire una parte considerevole di una poesia. Uno dei componimenti più noti e meglio conservati di Saffo è la celebre preghiera ad Afrodite che apriva la raccolta delle sue opere nell edizione alessandrina. Non potendo riportarla tutta, ci limitiamo alle prime due strofe: Immortale Afrodite, trono variopinto, / figlia di Zeus, tessitrice d inganni, ti prego, / non prostrare con ansie e tormenti / l animo mio, o veneranda, / ma vieni da me, se mai altre volte / la mia voce udendo da lontano / mi hai ascoltata, hai lasciato la casa del padre / e sei venuta, d oro / un carro aggiogando.... Ora sappiamo che anche nel IV libro (forse in apertura?) c era una analoga ode ad Afrodite: la ricostruzione di Ferrari ne mette insieme 24 versi, dai quali si riesce a evincere la struttura del carme, benché in genere essi siano piuttosto frammentari (solo otto sono ricostruibili

congetturalmente per intero). La forma è ancora quella della preghiera e nella prima parte le due odi vanno in parallelo: invocazione alla dea e richiesta di esaudire il proprio desiderio, col richiamo a un precedente aiuto; invito a venire presso colei che la prega, qui lasciando la propria sede nell isola di Cipro (là lasciando la casa del padre Zeus). La situazione però è molto differente: se nell ode del libro I Saffo chiedeva ad Afrodite che una ragazza amata ricambiasse il suo amore, qui la poetessa desidera punire una donna nemica, che presumibilmente creava problemi e contrasti all interno del tiaso, con l esibizione indiscreta di una ricchezza senza buon gusto. La dea risponde che esaudirà il suo desiderio e il componimento prosegue: Ti ama, Saffo, e per te, applicate al carro le ruote, / la veneranda regina di Cipro subito andò a pregare Zeus / e un grande dono il figlio di Crono acconsentì a concederti: / tutti quelli che il Sole splendente avvolge con i suoi raggi / ovunque la tua fama (raggiunga).... Punita l arrogante Andromeda, Afrodite e Zeus conferiscono a Saffo la giusta fama, che deve raggiungere tutti coloro che sono illuminati dai raggi del sole. Il grande dono della gloria ricompensa la poetessa per la sua venerazione degli dei e per la sublime offerta dei suoi versi immortali. Noi agli dei facciamo voti perché la ricerca ci porti in dono altri versi perduti. Notizia Di lei Alceo cantò il riso di miele. Sulla vita di Saffo non siamo informati in modo paragonabile alla sua fama. Come per altri poeti arcaici, le notizie provengono essenzialmente dalla sua stessa opera (con le difficoltà che questo comporta per il problematico rapporto fra convenzionalità poetica e rispecchiamento biografico) o da testimonianze assai sospette di invenzione leggendaria già antica. Nacque a Ereso, nell isola di Lesbo, intorno al 640 a. C. (per altri intorno al 650); non abbiamo idea della data di morte. Il padre Scamandronimo morì quando era ancora bambina; la madre si chiamava Cleis. Ben presto si trasferì nella città principale dell isola, Mitilene, e andò sposa al facoltoso Cercila, dal quale ebbe la figlia Cleis. Con il maggiore dei tre fratelli, Carasso, ci furono dissapori: costui esercitava una fiorente attività commerciale e pare si fosse innamorato di una etera tracia, che avrebbe portato con sè e riscattato, malgrado la disapprovazione della famiglia. Il fratello minore, Larico, svolse la funzione di coppiere nel pritaneo (l edificio pubblico riservato ai cittadini benemeriti dello stato, che potevano prendervi i pasti a spese della comunità). Di un terzo fratello, di nome Eurigio, non sappiamo quasi nulla. Quanto la poesia di Alceo (l altro grande lirico di Lesbo, suo contemporaneo) è legata all attualità politica, tanto quella di Saffo (almeno per quanto ne conosciamo) è parca di riferimenti ai rivolgimenti in atto allora nella società aristocratico-feudale. La famiglia vi era senza dubbio

coinvolta: c è notizia di un esilio decennale in Sicilia intorno all anno 600, causato con ogni probabilità dalle lotte politiche che segnarono Mitilene in quel periodo. Altre notizie tramandate sembrano volte a desumere dalla poesia l immagine stereotipata di una donna appassionata nell amore omoerotico e persino nemica degli uomini. Certo è impossibile sapere se qualcuno dei rapporti amorosi evocati nei versi rimasti avesse corrispondenza nella realtà, ma il sentimento è cantato con una intensità difficilmente eguagliabile. Questo non impedì la nascita della leggenda secondo cui si sarebbe uccisa gettandosi dalla rupe di Leucade a causa dell amore infelice per il giovane marinaio Faone. L aspetto fisico della poetessa sarebbe stato sgradevole (viso non bello, statura piccola): anche su questo però rimane il dubbio dell invenzione già antica. In un frammento Alceo la apostrofa Chioma di viole, veneranda Saffo dal riso di miele : e non è mancata l ipotesi che fra i due fosse sbocciata una relazione. Nella filologia moderna, i frammenti di Saffo sono spesso editi con quelli di Alceo. Hanno segnato una svolta le edizioni di E. Lobel e D. L. Page, Poetarum Lesbiorum Fragmenta, Oxford 1955, e di Carlo Gallavotti, Saffo e Alceo, Napoli 1957. Oggi vale come riferimento quella di Eva-Maria Voigt, Sappho et Alcaeus, Amsterdam 1971. Un commento importante è quello del tedesco Max Treu, Sappho, Monaco 1954.