SIMON BECKETT LA CHIMICA DELLA MORTE Traduzione di Andrea Silvestri I LIBRI DI SIMON BECKETT
Titolo originale The Chemistry of Death ISBN 978-88-452-7953-9 2006 by Simon Beckett First published by Bantam Press, a division of Transworld Publishers, London, 2006 2006/2015 Bompiani/RCS Libri S.p.A. Via Angelo Rizzoli 8-20132 Milano IV edizione Tascabili Bompani luglio 2015 I edizione I libri di Simon Beckett
A Hilary
1 Il corpo umano inizia a decomporsi quattro minuti dopo la morte. Quello che è stato l involucro della vita subisce adesso la metamorfosi finale. Comincia a digerire se stesso. Le cellule si decompongono a partire dall interno. I tessuti si trasformano in liquidi, quindi in gas. Non più animato, il corpo diventa un banchetto immobile per altri organismi. Prima i batteri, poi gli insetti. Mosche. Le uova vengono deposte e, poco dopo si schiudono. Le larve si alimentano di quel brodo ricco e nutriente, avanti di emigrare. Abbandonano il corpo in buon ordine, incolonnandosi in un corteo disciplinato, invariabilmente diretto a sud. A volte a sud-est o a sud-ovest mai a nord, comunque. Nessuno sa per quale motivo. A questo punto, le proteine dei muscoli si sono ormai disgregate, producendo una potente miscela chimica. Letale per la vegetazione, quel composto uccide l erba man mano che le larve strisciano su di essa, come un mortifero cordone ombelicale che si allunga nella direzione da cui sono venute. Nelle condizioni ideali vale a dire, calde e secche, e senza pioggia si può estendere per alcuni metri, originando una processione danzante di grassi vermi gialli. È uno spettacolo davvero inusuale e, per le 7
persone curiose, cosa c è di più naturale e affascinante che seguire il fenomeno sino alla sua origine? E fu proprio così che i fratelli Yates trovarono quel che rimaneva di Sally Palmer. Neil e Sam si imbatterono nella colonna di vermi nei pressi di Farnham Wood, nel punto in cui il bosco confina con la palude. Era la seconda settimana di luglio, e sembrava che quell estate anomala durasse già da un eternità. L ininterrotta canicola aveva prosciugato i colori degli alberi e si era accanita sul suolo fino a renderlo compatto come un osso. I ragazzi erano diretti a Willow Hole, uno stagno circondato da un canneto che fungeva da piscina per gli abitanti della zona. Lì si sarebbero incontrati con alcuni amici, e avrebbero passato il pomeriggio domenicale tuffandosi nella tiepida acqua verde da un albero che si protendeva sulla pozza. Almeno così credevano. Mi sembrava di vederli annoiati e indolenti, intontiti dal caldo, insofferenti. Neil, che con i suoi undici anni tre più del fratello cammina davanti a Sam, quasi volesse dimostrargli la propria impazienza. Impugna un bastone, con il quale colpisce i fusti e i rami cui passa accanto. Sam arranca dietro di lui e, di tanto in tanto, tira su con il naso. Non per un raffreddore estivo, bensì per la febbre da fieno che gli arrossa anche gli occhi. Un blando antistaminico gli farebbe bene ma ancora non lo sa. D estate, si ritrova sempre alle prese con il naso che cola. È l ombra del fratello maggiore, e cammina a testa bassa, ecco perché è lui, e non Neil, a notare la processione di vermi. Si ferma a esaminarla prima di gridare al fratello di tornare indietro. Neil si dimostra restio ma, a quanto pare, Sam ha davvero scoperto qualcosa. Cerca di ostentare 8
indifferenza, benché l ondeggiante processione di larve stuzzichi tremendamente la sua curiosità. Entrambi si chinano sui vermi, scostandosi i capelli scuri dai volti somiglianti e arricciando il naso per l odore d ammoniaca. E sebbene in seguito nessuno dei due sarebbe riuscito a ricordare a chi fosse venuta l idea di scoprire da dove arrivasse quel corteo, secondo me la decisione fu di Neil. Dopo aver mancato di notare i vermi, doveva essere ansioso di riaffermare la propria autorità. E così è il fratello più anziano a fare il primo passo, dirigendosi verso i ciuffi giallognoli d erba palustre da cui provengono le larve, lasciando a Sam soltanto la scelta di seguirlo. Avvicinandosi percepirono il fetore? Probabile. Doveva essere abbastanza forte da penetrare persino nelle narici occluse di Sam. E verosimilmente capirono anche di cosa si trattava: non erano ragazzini di città e avevano dimestichezza con il ciclo della vita e della morte. Pure le mosche il cui sonnacchioso ronzio sembrava riempire la calura dovettero allertarli. Ma il corpo che scoprirono non era come si aspettavano quello di una pecora o di un daino, oppure di un cane. Nuda, e tuttavia irriconoscibile nella luce del sole, Sally Palmer brulicava di un attività frenetica, di un infestazione formicolante che ribolliva sotto la pelle e si riversava fuori dalla bocca e dal naso, oltre che da altri orifizi del corpo, assai meno familiari ai due fratelli. I vermi che traboccavano dal cadavere si riunivano sul terreno, prima di strisciare via lungo quella scia che adesso si allungava alle spalle dei fratelli Yates. Non credo che abbia molta importanza stabilire chi sia scattato per primo, tuttavia penso che sia stato Neil. Come al solito, Sam deve aver seguito l esempio del fratel- 9
lo maggiore, cercando di mantenere il ritmo di una corsa che li condusse prima a casa, e poi al posto di polizia. E infine da me. Oltre a un blando sedativo, diedi a Sam un antistaminico per alleviare i sintomi del raffreddore da fieno. A quel punto, però non era l unico ad avere gli occhi rossi. Anche Neil appariva profondamente scosso dalla scoperta del cadavere di Sally Palmer, benché mostrasse di aver già cominciato a recuperare la giovanile padronanza di sé. Quindi fu lui, e non Sam, a raccontarmi l accaduto, iniziando a stemperare la crudezza del ricordo in una forma più tollerabile, in una storia da narrare e rinarrare. E, più tardi, quando i tragici eventi di quell estate eccezionalmente calda ebbero seguito il proprio corso, Neil avrebbe continuato a raccontare i particolari della vicenda per anni, giacché la sua scoperta poteva essere considerata l inizio di tutto. In realtà, non era così. Semplicemente, fino ad allora, non ci eravamo mai resi conto di ciò che si nascondeva in mezzo a noi. 10
2 Ero arrivato a Manham tre anni prima, nel tardo pomeriggio di un marzo piovoso. Alla stazione ferroviaria poco più che una minuscola banchina piazzata in mezzo al nulla mi ero trovato di fronte a un panorama sferzato dalla pioggia, che sembrava privo sia di vita umana sia di contorni definiti. Con la valigia in mano, rimasi a osservare il paesaggio circostante, senza quasi accorgermi della pioggia che mi sgocciolava lungo la parte posteriore del colletto. Tutt intorno si stendevano piatte lande acquitrinose e paludi, una topografia piana che si allungava fino all orizzonte, interrotta soltanto da alcune macchie d alberi ancora spogli. Era la prima volta che arrivavo nei Broads, il mio primo assaggio del Norfolk. Mi risultò straordinariamente estraneo. Contemplai quegli ampi spazi, inspirai l aria umida e fredda, e sentii che, dentro di me, in modo quasi impercettibile, qualcosa cominciava a placarsi. Per quanto inospitale, quel posto non era Londra e ciò mi bastava. Non c era nessuno ad attendermi. Non avevo preso accordi perché mi accogliessero alla stazione. I miei piani non arrivavano così lontano. Avevo venduto l auto, insieme a tutto il resto, senza preoccuparmi di come avrei 11
potuto raggiungere il paese. Non ero ancora molto lucido, a quel tempo. E, anche se ci avessi pensato, con la saccenteria del cittadino, avrei dato per scontato di trovare un taxi, un negozio insomma, qualcosa. Ma non c era alcun posteggio di auto pubbliche, e neppure una cabina telefonica. Per un attimo, mi pentii di aver regalato il cellulare; poi sollevai la valigia e mi diressi verso la strada. Arrivato lì, mi trovai davanti all alternativa se andare a destra o a sinistra. Senza alcuna esitazione né un fondato motivo, scelsi la sinistra. Dopo qualche centinaio di metri, raggiunsi un incrocio con uno sbiadito cartello stradale in legno. Era inclinato, e sembrava indicare un punto sotterraneo, nelle profondità di quel suolo umido. Comunque, mi confermò che avanzavo nella direzione giusta. Quando arrivai in paese, l ultima luce del giorno stava svanendo. Mentre camminavo, mi superarono un paio d auto, ma senza fermarsi. Oltre a queste rapide presenze, identificai i primi segni di vita nelle poche fattorie che sorgevano lontano dalla strada, e ben distanziate l una dall altra. Poi, nella semioscurità, davanti a me vidi il campanile di una chiesa: per metà, mi sembrò sepolto in un campo. Adesso c era un marciapiede, stretto e scivoloso per la pioggia, ma pur sempre migliore del ciglio erboso prospiciente le siepi di cespugli su cui avevo camminato da quando mi ero allontanato dalla stazione. Al termine di una curva sulla strada scorsi il paese, praticamente invisibile fino al momento in cui non te lo ritrovavi di fronte quasi per caso. Non era esattamente una visione da cartolina: troppo popoloso, troppo disordinato per accordarsi all idea tipica del villaggio rurale inglese. La periferia era formata da 12