Ipotesi sul finanziamento pubblico ai partiti Piero Ignazi e Eugenio Pizzimenti



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Ipotesi sul finanziamento pubblico ai partiti Piero Ignazi e Eugenio Pizzimenti Premettiamo che il finanziamento pubblico ai partiti esiste in tutti i paesi europei ad eccezione della Svizzera (e in misura molto limitata in Gran Bretagna). Le vicende recenti e passate di malversazione dei fondi pubblici destinati ai partiti e la dimensione ipertrofica raggiunta dagli stanziamenti dello stato hanno creato una ondata di insofferenza e di rigetto nei confronti del sostegno dello stato all attività dei partiti. Dopo la riforma del luglio 2012, ricca di buoni spunti benché incompleta soprattutto nella parte dei controlli e delle sanzioni, oggi la proposta governativa rincorre il massimalismo grillino e di altri loro imitatori. In queste pagine vogliamo fornire un contributo alla riflessione sul finanziamento pubblico e sulle possibili buone pratiche da adottare. Nei paesi europei è possibile individuare un elevato grado di omogeneità negli schemi di finanziamento adottati, sia per quanto riguarda le procedure per l accesso e la distribuzione del finanziamento pubblico (sia esso diretto o indiretto) sia per quanto riguarda la tipologia di intervento (finanziamento della attività ordinaria e rimborso elettorale). I vari tipi di finanziamento pubblico adottati nelle democrazie consolidate possono essere distinti sulla base della loro destinazione e per questo si parla di finanziamento diretto e indiretto. Il finanziamento diretto è finalizzato al sostegno delle attività dell organizzazione del partito (contributi per l attività ordinaria) e delle rappresentanze istituzionali (rimborsi elettorali e contributi ai gruppi parlamentari). Questa modalità prevede l elargizione di fondi sulla base di alcuni criteri di corrispondenza a requisiti di democraticità o legalità (registrazione e validazione di democraticità degli statuti, ecc.) ed a livelli di adesione popolare (soglie minime di voti o di radicamento territoriale da raggiungere). Sia i contributi dello stato che le donazioni private devono essere ripartiti in maniera equa tra organi centrali e organi periferici dei partiti. Pur lasciando

alcuni margini di elasticità ai singoli partiti vanno comunque definite delle linee guida per cui almeno 1/3 dei fondi devono essere assegnati alle unità locali (regionali o cittadine) dei partiti. Il finanziamento indiretto assume varie modalità e può essere distinto in tre grandi categorie: (1) agevolazioni, ossia servizi di natura non monetaria attraverso i quali gli Stati sostengono la competizione politica, ad esempio mettendo a disposizione edifici pubblici da adibire a seggi elettorali, fornendo il materiale per l espletamento delle consultazioni; oppure garantendo l accesso gratuito ai mass media, attraverso una regolamentazione del minutaggio per ciascuna forza politica; (2) contributi vincolati, vale a dire trasferimenti di denaro aventi specifiche finalità, come ad esempio il supporto alla stampa di partito o ad associazioni collaterali; (3) incentivi, che consistono generalmente in previsioni normative in materia di deducibilità fiscale, di esenzione fiscale, di credito. A differenza del DDL recentemente presentato dal governo italiano che esclude qualsiasi forma di finanziamento diretto, incentrandosi unicamente su forme di finanziamento indiretto e di finanziamento plutocratico (le donazioni private) la presente proposta intende allineare l Italia ai regimi di finanziamento presenti in Europa, optando per un sistema più articolato. Più nello specifico, si intende proporre un sistema basato su tre pilastri: 1) Accessibilità vincolata; 2) Proporzionalità delle contribuzioni pubbliche; 3) Efficacia ed effettività del sistema dei controlli 1) Per quanto riguarda il criterio dell accessibilità vincolata, l obiettivo della presente proposta è di subordinare l accesso alle contribuzioni pubbliche a specifiche pre-condizioni.

In primo luogo, in linea con quanto avviene a livello Comunitario per l accesso ai fondi pubblici da parte degli Europartiti e delle Fondazioni Politiche (Reg. CE 2004/2003; Reg. CE 1524/2007), possono accedere al finanziamento soltanto i partiti o i movimenti dotati di uno statuto e di norme regolamentari interne che rispettino le linee-guida fissate da uno statuto generale dei partiti, che garantisca i principi della democrazia e del pluralismo interno e che fissi un sistema di controlli sul rispetto effettivo, da parte dei partiti, di tali principi. Gli statuti dovranno essere depositati presso la Commissione Studi e Regolamenti della Corte Costituzionale, che dovrà operare un controllo di legittimità sul loro dettato, rinviando i successivi controlli a un apposito collegio di garanti, nominato dalla Presidenza della Repubblica. In secondo luogo, possono accedere ai contributi pubblici soltanto quei partiti e quei movimenti che, al momento delle elezioni politiche, presentino propri candidati in almeno 3/4 delle circoscrizioni elettorali fatte salve le formazioni rappresentative di minoranze linguistiche e superino una soglia di sbarramento pari all 1%. Si tratta di un criterio elettorale che, da un lato, punta a non favorire i soli partiti che ottengono una rappresentanza parlamentare; e, dall altro attraverso il vincolo della copertura geografica mira a evitare una eccessiva dispersione delle risorse pubbliche tra liste prive di un minimo radicamento sul territorio nazionale. 2) Il secondo pilastro, ossia la proporzionalità delle contribuzioni pubbliche, informa l intero regime del finanziamento che si intende qui proporre. Appare infatti necessario prevenire il ripetersi del cortocircuito creatosi intorno ai rimborsi elettorali (così come disciplinati a partire dalla L. 515/93 e ss.) e al modo in cui essi hanno finito per costituire un vero e proprio finanziamento diretto su base annuale a favore dei partiti e dei movimenti politici, tradendo lo spirito del Referendum del 1993. A differenza del DDL presentato dal governo, attraverso la presente proposta si intende re-introdurre per legge un tetto massimo ai rimborsi elettorali che non devono superare i 30 milioni complessivi per ogni elezione: Camera, Senato ( finchè esistente in questa forma),regioni (ma tutte insieme le 20 regioni) e Parlamento europeo. I 30 milioni vanno ripartiti in una quota fissa per ciascun partito e una quota variabile sulla base dei voti ottenuti. Entrambe la quote sono però rimborsate soltanto per le spese

effettivamente sostenute e debitamente documentate e rendicontate, una volta certificata e riconosciuta la loro ammissibilità da parte della Corte dei Conti. (Qualora l'ammontare delle risorse disponibili eccedesse quello delle spese ammesse a contributo, si costituirebbe un fondo per l accantonamento-base da integrare in occasione delle successive tornate elettorali, senza mai superare il massimale fissato.) Oltre al rimborso delle spese effettive sostenute, i partiti e i movimenti politici ammessi alle contribuzioni pubbliche riceveranno un cofinanziamento, il cui ammontare sarà collegato alla quota di finanziamento autoprodotto, ossia alla loro capacità estrattiva autonoma. Si tratta di una prassi in uso in Germania e in Francia, che in Italia era stata introdotta dalla L. 96/2012, ma non è stata recepita dal nuovo DDL. In questo caso va fissato un tetto massimo di risorse disponibili ai partiti stabilendo un rapporto di 1:2 tra cofinanziamento e spese autoprodotte. In generale, il finanziamento autoprodotto si compone delle seguenti voci: quote del tesseramento; donazioni private; campagne di raccolta fondi. Obiettivo di questa misura è favorire e stimolare l attività dei partiti e dei movimenti politici sul territorio attraverso un coinvolgimento diretto dei cittadini ma anche di incentivare l ideazione e lo sviluppo di nuove forme di partecipazione politica. In questo contesto vanno inserite norme che, analogamente a quanto previsto per la destinazione del finanziamento pubblico tra sedi nazionali e articolazioni periferiche, preveda che i proventi del fund raising, di qualunque tipo esso sia, venga ripartito in maniera proporzionale tra i vari livelli organizzativi del partito, con una percentuale preferenziale per il "partito nel territorio". 3) Il terzo pilastro riguarda un sistema di controlli, non soltanto di conformità ma sostanziale, esercitato da una Commissione di Controllo di nomina non partitica o da una sezione della Corte dei Conti, approntate per vigilare sulla regolarità dei flussi delle risorse in entrata, con particolare riferimento alle donazioni da parte dei privati. Questo campo necessita di ulteriori e maggiori specificazioni affinché non si ripeta più, come nel passato, l assurdo per cui i controllori erano anche i controllati. Le sanzioni per il non ottemperamento dei limiti di spesa posti della legge deve costituire la chiave di volta per rendere più responsabili e più sobri i partiti. L assenza sia di tetti di spesa vincolanti che

di puntuali interventi di censura e repressione in caso di un loro superamento ha consentito fin qui l ipertrofia delle spese incontrollate, inevitabilmente foriere di malversazioni e corrutele. Oltre a questi tre pilastri sui quali poggiare un nuovo sistema di finanziamento ai partiti, va qui sottolineata l importanza di forme di finanziamento indiretto, sulla scorta delle esperienze europee. Tra queste: l accesso gratuito ai mass-media ovunque in Europa una delle principali agevolazioni concesse ai partiti che dovrà essere calmierato secondo criteri che garantiscano la rappresentatività dei partiti e dei movimenti politici, attraverso una regolamentazione rigorosa dei criteri di accesso e del minutaggio; la concessione gratuita di spazi pubblici per l affissione dei manifesti elettorali (come in Belgio, Francia, Germania, Olanda, Spagna); sconti sulle spedizioni postali (come in Belgio, Svezia, Spagna, Irlanda, Regno Unito); concessione gratuita di luoghi pubblici (come in Francia, Spagna, Regno Unito). Infine prendendo spunto dalla normativa dell UE (Regolamento CE 2004/2003) e da quanto adottato in Austria e Germania, va considerata anche l erogazione di contributi pubblici a istituzioni affiliate ai partiti, contributi vincolati a scopi specifici (ricerca, formazione, gioventù: Austria, Germania, Olanda fino al 1999) o al finanziamento di particolari attività rivolte a incrementare la partecipazione dei cittadini (è il caso delle norme sulla partecipazione femminile). Va invece escluso ogni tipo di finanziamento per la stampa di partito, o per emittenti televisive e/o canali tematici di proprietà dei partiti. Allo stesso modo, contrariamente all impostazione del DDL governativo, vanno scartate forme di tax credit dei contribuenti a favore dei partiti. Gli incentivi pubblici sotto forma di benefici fiscali o di contribuzioni volontarie attraverso detrazioni dalle imposte sul reddito non sono né efficaci sotto il profilo degli effetti che essi si propongono di ottenere (come testimoniato dal clamoroso fallimento della L. 2/1997, che aveva introdotto la possibilità per i contribuenti di donare, attraverso il 4x1000, parte del reddito ai partiti e ai movimenti politici), né convenienti per le casse dello Stato.

Il finanziamento privato è un tema che in Italia non ha mai infiammato il dibattito contrariamente a quanto accaduto in altri paesi. Fatte salve le restrizioni sui contributi da parte di società partecipate dal pubblico per una quota pari almeno al 20% e le donazioni non approvate formalmente dai CdA d impresa e/o non messe a bilancio, vanno fissati dei limiti ben precisi relativamente all ammontare e alla periodicità delle donazioni private, (ad esempio un massimo di 25.000 euro per anno) sia da parte di singoli donor sia da parte di organizzazioni no profit; le medesime limitazioni dovrebbero inoltre riguardare le donazioni dall estero e i prestiti ricevuti dai partiti da parte di soggetti privati. Inoltre, qualsiasi forma di donazione anonima dovrebbe essere vietata.