Scuole dell infanzia e discriminazione: la circolare Moratti e la rinnovata dimensione del diritto all istruzione. di Fulvio Cortese *



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Scuole dell infanzia e discriminazione: la circolare Moratti e la rinnovata dimensione del diritto all istruzione di Fulvio Cortese * La nota e recente ordinanza cautelare con la quale il Tribunale di Milano (Sezione I Civile, Giudice Unico Dott. C. Marangoni, 11 febbraio 2008: http://www.asgi.it/index.php?page=nws.home&idint=cn08021104&mode=detail &imm=) ha dichiarato il carattere discriminatorio della circolare Moratti in tema di definizione dei criteri per l accesso alle scuole dell infanzia per i residenti nel Comune di Milano (circolare 17 dicembre 2007, n.20) costituisce un interessante occasione di riflessione per tornare a discutere di istituti e di discipline di delicata e controversa applicazione. Essa, infatti, offre la possibilità di affrontare nuovamente il peculiare modus operandi con il quale i giudici ordinari affermano la propria giurisdizione ex art. 44, comma 1, del d.lgs. n.286/1998, e individuano, in concreto, i presupposti in base ai quali riconoscere tutela al diritto a non essere discriminati. Ciò facendo, peraltro, è anche possibile apprezzare le modalità con le quali i medesimi giudici interpretano il contenuto delle garanzie riconducibili alla titolarità di taluni diritti sociali, quale quello all istruzione, la cui materiale estensione è strutturalmente soggetta all evoluzione progressiva dell ordinamento scolastico. La fattispecie concreta sulla quale si è pronunciato il giudice civile è abbastanza semplice e lineare. Un immigrata extracomunitaria in attesa di conoscere l esito di un giudizio ex art. 31, comma 4, del d.lgs. n.286/1998 cit. (ossia del giudizio di fronte al Tribunale dei minori per l ottenimento, da parte del genitore, di un peculiare permesso di soggiorno «per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano») propone il rimedio previsto dall art. 44 poc anzi ricordato, lamentando, con riguardo alla figlia minore, l effetto discriminatorio della menzionata circolare. Essa, ai fini dell individuazione della graduatoria dei soggetti ammissibili alle scuole dell infanzia, prevedendo la postergazione, rispetto ai cittadini italiani, dei minori extracomunitari i cui genitori non siano in grado di presentare il proprio permesso di soggiorno entro una data prestabilita (il 29 febbraio 2008), tratterebbe in modo irragionevolmente diverso soggetti ammessi dalla legge al godimento di pari diritti e finirebbe per condizionare la possibilità di accedere alla scuola dell infanzia da parte dei minori stessi all eventuale situazione di irregolarità dei loro genitori ed alla conseguente impossibilità, per gli stessi, di essere considerati come residenti nel territorio comunale in cui il servizio in questione viene offerto. Di fronte a questa vicenda, il Tribunale di Milano ha utilizzato il seguente schema argomentativo: - la giurisdizione del giudice ordinario si spiega per il fatto che, nel giudizio ex art. 44 cit., colui che propone l azione esercita un diritto soggettivo, «posto che a fondamento del ricorso è stata posta la violazione ( ) di un diritto fondamentale della persona, quale quello al riconoscimento della pari dignità sociale e della non discriminazione»;

- il carattere primario ed incomprimibile di simile posizione soggettiva non può mettersi in discussione, anche a fronte di un attività amministrativa di qualsivoglia natura, poiché è basato sul riconoscimento a tutti dei diritti inviolabili dell uomo ex artt. 2 e 3 Cost., nonché sull art. 2 del d.lgs. n.286/1998, che tale riconoscimento garantisce espressamente anche agli immigrati extracomunitari; - simile qualificazione giuridica è altresì confermata dall art. 43 del d.lgs. n.286/1998 cit., per il quale «costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l ascendenza o l origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica». Premessa tale cornice, nel caso concreto si trattava di capire se l accesso alla scuola dell infanzia fosse effettivamente qualificabile come oggetto di un diritto che, al pari di quelli richiamati dalla disposizione da ultimo riprodotta, non sopportano forme indebite di discriminazione: il giudice si è quindi impegnato nella ricerca di una fonte normativa che suffragasse questa lettura. Giova subito osservare, in proposito, che il Tribunale di Milano, nell iter motivazionale che lo conduce ad individuare effettivamente la definizione del diritto all accesso alla scuola dell infanzia nell ambito di un più ampio e fondamentale diritto all educazione, ex artt. 2 e 3 Cost., come già anticipato, nonché ex art. 28 della Convenzione sui diritti dell infanzia, ratificata dall Italia con legge 27 maggio 1991, n.176, ha poggiato la pietra angolare della decisione sulla base dell interpretazione dell art. 38, comma 1, del d.lgs. n.268/1998 cit., che estende a tutti i minori stranieri presenti sul territorio della Repubblica le disposizioni sul rispetto dell obbligo scolastico e, in generale, in materia «di diritto all'istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica». Questo punto esige attenzione, soprattutto per la circostanza che l art. 28 della Convenzione sui diritti dell infanzia non consente, di per sé, di garantire al giudice la possibilità di considerare alla stregua di un diritto insuscettibile di qualsivoglia discriminazione la pretesa circa la possibilità di accesso alla scuola dell infanzia. Il comma 1 di quest ultimo articolo, infatti, non afferma l esistenza specifica di una simile posizione soggettiva. Da un lato esso si limita a richiamare genericamente l impegno degli Stati sottoscrittori a riconoscere «il diritto del fanciullo all educazione», dall altro esso precisa che, «al fine di garantire l esercizio di tale diritto in misura sempre maggiore e in base all uguaglianza delle possibilità», gli Stati medesimi sono obbligati a mettere in pratica delle azioni rivolte a soddisfare il diritto all istruzione in senso tecnico, con particolare riferimento all obbligatorietà ed alla gratuità dell insegnamento primario ovvero alla piena accessibilità e fruibilità dell insegnamento secondario e superiore. Il dettaglio di tali azioni è posto, anzi, con una certa attenzione; per il perseguimento degli scopi della Convenzione, infatti, gli Stati sono destinatari di una serie di obblighi determinati: «a) rendono l insegnamento primario

obbligatorio e gratuito per tutti; b) incoraggiano l organizzazione di varie forme di insegnamento secondario sia generale che professionale, che saranno aperte e accessibili a ogni fanciullo, e adottano misure adeguate come la gratuità dell insegnamento e l offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità; c) garantiscono a tutti l accesso all insegnamento superiore con ogni mezzo appropriato, in funzione delle capacità di ognuno; d) fanno in modo che l informazione e l orientamento scolastico e professionale siano aperte e accessibili a ogni fanciullo; e) adottano misure per promuovere la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono della scuola» (si veda, in questi termini, proprio il comma 1 dell art. 28 cit.). L esistenza di un vero e proprio diritto ad accedere ad attività educative diverse da quelle propriamente tipiche del servizio di istruzione viene pertanto declinata dal succitato art. 38 del d.lgs. n.286/1998, che, come si è già visto, riconosce l applicabilità, in favore di tutti gli immigrati, della disciplina in tema di scuola, istruzione e, per l appunto, «servizi educativi»: per il giudice ordinario, il riferimento a quest ultima locuzione «riconosce al minore una serie di diritti più ampi che completano il più generale aspetto educativo di cui il diritto all istruzione è parte, ma non in sé esaustiva che non può non concernere tutti i minori, anche al di fuori della specifica fascia d età dell obbligo scolastico ed in particolare nella fascia dell infanzia». Tuttavia, prima di valorizzare quest ultimo profilo, e di considerare, quindi, l accesso alla scuola dell infanzia come un interesse che dev essere riconosciuto, in condizioni di parità con i cittadini italiani, anche ai minori immigrati, ai quali l ordinamento positivo garantisce comunque l accesso ai servizi educativi, il Tribunale di Milano evidenzia come la stessa garanzia del diritto di istruzione in senso stretto debba considerarsi comprensiva del suddetto interesse: «La scuola dell infanzia, pur non obbligatoria e non indirizzata direttamente all istruzione del minore in senso stretto, è comunque pienamente inserita nell ambito del più complessivo sistema scolastico nazionale». A tale conclusione il giudice giunge sulla scorta dell analisi delle più recenti evoluzioni della disciplina normativa dell ordinamento scolastico e dei diversi cicli nei quali oggi si articola il «Sistema educativo di istruzione e di formazione», così come delineato dalla legge 28 marzo 2003, n.53, meglio nota come Legge Moratti, nonché dal d.lgs. 19 febbraio 2004, n.59, recante «Definizione delle norme generali relative alla scuola dell infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53». Da un lato, l art. 2 della legge n.53/2003, comma 1, lett. d), precisa che «il sistema educativo di istruzione e di formazione si articola nella scuola dell infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell istruzione e della formazione professionale». Dall altro lato, poi, l art. 1, comma 1, del d.lgs. n.59/2004 stabilisce, tra l altro, che, «nel rispetto della primaria responsabilità educativa dei genitori», la scuola dell infanzia «contribuisce alla formazione integrale delle bambine e dei bambini e, nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza il profilo educativo e la continuità educativa con il complesso dei servizi all'infanzia e con la scuola primaria».

Sicché, per il Tribunale di Milano, è la stessa disciplina italiana dell istruzione a porre «esplicitamente» la scuola dell infanzia «in diretta connessione funzionale alla scuola dell obbligo», in tal modo «rientrando a pieno titolo nel più complesso sistema dell istruzione scolastica ancorché la scelta se usufruirne o meno sia lasciata alla decisione dei genitori». L accesso alla scuola dell infanzia, quindi, non può non essere trattato alla stressa stregua dell accesso alle altre scuole facenti parte del sistema di istruzione, ossia alle scuole sia primaria sia secondaria, con conseguente applicabilità, pertanto, dell art. 45 del d.p.r. 31 agosto 1999, n.394 (che detta norme regolamentari di attuazione del d.lgs. n.286/1998), il quale dispone che i «minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani». Questa conclusione è particolarmente importante, soprattutto per il fatto che, se da un lato è vero che il minore irregolare, senza permesso di soggiorno, non può considerarsi a tutti gli effetti un cittadino residente di un determinato Comune, con tutto ciò che ne consegue in termini di godimento di determinati servizi, è altrettanto vero, però, che, nel caso di specie, e nel prisma delle garanzie offerte dal riconoscimento positivo del diritto all istruzione (o, meglio, di una sua rinnovata e peculiare dimensione), i figli, per così dire, non possono pagare alcuna pena per le colpe dei padri, e pertanto l applicazione della disciplina sulle iscrizioni anagrafiche, di competenza locale, non deve costituire un ostacolo. Il ragionamento riprodotto nella motivazione dell ordinanza del Tribunale di Milano è molto chiaro: «In tale prospettiva non risulterebbe rilevante il fatto che il minore, pur avendone pieno titolo, in concreto non sia (formalmente) titolare di permesso di soggiorno in quanto evidentemente tale omissione non potrebbe essere ad esso addebitabile al punto da compromettere l esercizio dei diritti ad esso spettanti mentre il requisito della residenza ben potrebbe essere valutato in fatto, richiedendosi dunque che il minore abbia in concreto al propria dimora abituale nell ambito del territorio comunale». Simile lettura evidenzia un interessante risultato delle più recenti evoluzioni del sistema scolastico italiano, ossia la possibilità di considerare l accesso alla scuola dell infanzia come oggetto del diritto all istruzione. Ed è singolare, peraltro, che tale ricostruzione sia dovuta proprio alla Legge Moratti, ossia proprio alla riforma promossa per iniziativa del Ministro che ora, in qualità di Sindaco del Comune di Milano, sembra promuovere una diversa, più tradizionale e restrittiva concezione del diritto all istruzione. Non si dimentichi, in proposito, che, coerentemente con l idea che anche la scuola dell infanzia partecipi alla struttura organizzativa del servizio di istruzione in senso lato e che ciò costituisca conseguenza necessaria di un correlato ampliamento del contenuto del diritto sociale all istruzione, il d.lgs. n.59/2004 non si preoccupa soltanto, per l appunto, di determinare le «norme generali» (ex art. 117, comma 2, lett. n Cost.) su questo tipo di istruzione; tale decreto si propone anche di fissare, nell Allegato A, le «Indicazioni Nazionali Piani di studio Scuola dell Infanzia», le quali, a loro volta, sono espressamente definite (ex art. 117, comma 2, lett m. Cost.) come «livelli essenziali di prestazione a cui tutte le Scuole dell Infanzia del Sistema Nazionale di Istruzione sono tenute per

garantire il diritto personale, sociale e civile all istruzione e alla formazione di qualità». La stessa Amministrazione dell istruzione, nelle recenti «Indicazioni per il curricolo della scuola dell infanzia e del primo ciclo di istruzione», allegate al d.m. 31 luglio 2007, chiarisce, coerentemente con quanto da ultimo riprodotto, che la scuola dell infanzia costituisce oggi «un sistema pubblico integrato in evoluzione, che rispetta le scelte educative delle famiglie e realizza il senso nazionale e universale del diritto all istruzione». Se quanto finora riferito risulta corretto, pare opportuno, proprio a fronte delle acquisizioni raggiunte, evidenziare alcuni rilievi di carattere generale: - il caso così affrontato dal Tribunale di Milano conferma l esistenza significativa e diffusa di un fisiologico rinnovamento del contenuto di taluni diritti garantiti dalla Carta costituzionale, quale il diritto all istruzione; - l implementazione progressiva della disciplina di situazioni soggettive che, in questa stessa prospettiva, conoscono un riconoscimento testuale e formale tale da renderle potenziale oggetto di diritti fondamentali e incomprimibili avviene sia in forza dell influenza riconducibile a quanto stabilito da fonti sopranazionali sia in ragione delle modalità con le quali il legislatore nazionale esercita la propria discrezionalità, eventualmente ampliando il campo di riferimento delle tutele di volta in volta offerte dall ordinamento costituzionale; - nel caso dei diritti sociali, come per l appunto avviene anche nella fattispecie considerata, l operazione di ampliamento disciplinare svolta dal legislatore statale finisce spesso per coinvolgere l azione amministrativa di diversi poteri pubblici, sicché, anche indipendentemente dalle funzioni chiaramente spettanti a ciascuno di essi, il rinnovato statuto giuridico di talune posizioni soggettive finisce inevitabilmente per esigere una risposta coerente e coordinata, pena il rischio di soluzioni irragionevolmente discriminatorie. * Università di Trento