Il Fulcro del Problema: il Prelevamento



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CIRCOLARE SETTIMANALE N. 2 DICEMBRE 2013 ACCERTAMENTI BANCARI E COSTI OCCULTI ACCERTAMENTI BANCARI E COSTI OCCULTI: QUANDO SONO RICONOSCIUTI La tematica del riconoscimento dei costi occulti in sede di accertamento è particolarmente delicata. Se non sembrano sussistere dubbi nel caso di utilizzo di un accertamento induttivo puro, ossia quelli da art.39, co.2 DPR n.600/73, ben più complessa è la situazione laddove l ufficio accertatore faccia ricorso a un accertamento analitico o analitico induttivo. Il problema è ancora più sentito soprattutto nel caso delle indagini finanziarie, dove la portata presuntiva a vantaggio del fisco è strabordante. Nel presente contributo si cercherà di fare il punto della situazione soprattutto alla luce della giurisprudenza della Corte di Cassazione, anche recente, rimarcando però alcuni principi fondamentali che meritano di essere evidenziati in sede contenziosa, nell auspicio di una futura valorizzazione da parte della giurisprudenza. Il Fulcro del Problema: il Prelevamento La situazione più complessa emerge soprattutto nel caso di contestazione afferente presunti prelievi non giustificati. Quali sono i limiti dell azione di accertamento e quali le cautele che il contribuente può invocare? La corposa circolare n.32/e/06, emanata in materia di indagini finanziarie, evidenzia come, per esplicita previsione normativa: i predetti ricavi e compensi (ossia i ricavi e compensi derivanti dai controlli finanziari di cui all art.32 DPR n.600/73 n.d.a.) sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt.38, 39, 40 e 41 dello stesso decreto; ciò significa che essi assumono, a seconda della metodologia e tipologia di accertamento prescelta, distinta valenza nell ambito della determinazione della pretesa tributaria, anche in funzione dell ammissibilità e delle modalità del riconoscimento dei componenti negativi. Il punto di domanda che si pone riguarda la legittimità dell operato di alcuni uffici che in maniera automatica e semplicistica ritengono che i prelevamenti non giustificati siano considerati maggiori ricavi o compensi anche nell ambito dell accertamento analitico. La disposizione normativa sembra consentire tale assioma e così anche parte della giurisprudenza, ma in sincerità chi scrive ritiene che debba essere sempre valorizzato l art.53 della Costituzione, baluardo invalicabile a difesa della giusta tassazione. In altri termini, se l accertamento in tal modo costruito conduce a risultati reddituali spropositati, si ritiene che una valida difesa debba anzitutto eccepire la necessità di un interpretazione costituzionalmente orientata e successivamente contrastare la tesi del fisco, dall accertamento utilizzato, magari in maniera acritica e penalizzante per il contribuente, al merito della vicenda, cercando di dimostrare in ogni modo la giustificabilità dei prelevamenti contestati. L auspicio è di poter incontrare un collegio giudicante saggio come quello della CTR Campania, che nella recente sentenza n.336/32/13, pronunciata in data 27 settembre 2013, con deposito avvenuto in data 4 ottobre 2013, ha affermato come: ( ) ritiene il collegio che l esiguità delle somme di cui non è dimostrata la ragione di entrata non consenta di accedere all esperimento dei meccanismi presuntivi utilizzati dall ente accertatore, vi ostano la lettera e lo spirito dell art.32, comma 1, n. 2, DPR n.600/73, oltre all art.42 stesso DPR e lo sbarramento costituzionale di cui all art.53 della Carta fondamentale. Ufficio di Milano Corso Vittorio Emanuele II, 30 20122 Milano Ufficio di Torino Corso Galileo Ferraris, 121 10128 Torino Pagina 1 di 6

Ovviamente, insieme alle considerazioni di legittimità è sempre opportuno soddisfare l onere probatorio con i mezzi a disposizione, pur se non condivisi da parte degli organi accertatori. In materia di prelevamenti, a esempio, si registrano interessanti pronunce da parte di diverse commissioni di merito, che riconoscono l adeguata difesa anche a seguito dell indicazione del destinatario del prelevamento: in tale direzione esplicativa è la sentenza n.158/12/07 della CTP di Bologna, laddove in maniera inequivocabile si legge: Per quanto riguarda le operazioni dì prelievo, si è detto che la prova della loro irrilevanza ai fini reddituali può essere fornita o attraverso la registrazione in contabilità ovvero mediante l indicazione del beneficiario. Qui occorre prestare attenzione: la norma stabilisce l alternatività della prova contraria che deve fornire il contribuente; in altri termini: il contribuente o fornisce la prova della indicazione in contabilità del prelievo (e allora la questione probatoria si chiude) ovvero, in mancanza della registrazione contabile, il contribuente può indicare le generalità dei beneficiario. A questo proposito si deve tenere conto che, in tema di prelievi, il meccanismo presuntivo prelievi = compensi viene vinto alla semplice condizione che il contribuente si limiti a fornire le generalità del beneficiario della somma. In altre parole, la prova contraria idonea per vincere la presunzione è qui rappresentatala dalla mera indicazione del nominativo dell accipiens. La norma è inequivocabile: basta l indicazione del beneficiario: e null altro. Se il contribuente indica tra i percettori di reddito un famigliare, un parente o un amico (o un amica), ha adempiuto, e con successo, all onere probatorio che su di lui gravava; la norma, infatti, è chiara: per superare la presunzione, nel caso di mancata indicazione nelle scritture contabili, è sufficiente la mera indicazione del percettore delle somme. A questo punto, l onere probatorio si sposta sull ufficio. Se l ufficio ritiene che la circostanza non sia vera, potrà invitare il percettore e chiedergli conto delle ragioni o del titolo dell erogazione della somma da parte del contribuente; potrà chiedergli, anche, dl fornire la documentazione della dazione del denaro, le modalità esecutive della stessa, eccetera. Insomma, una volta che il contribuente abbia comunicato le generalità del percettore delle somme da lui erogate, l ufficio è onerato di provare che non corrisponde a verità quanto dichiarato dal contribuente; e se l ufficio non riesce a dimostrare che il contribuente ha detto il falso (il che potrebbe accadere, ad esempio, se il contribuente Tizio indica come beneficiario di una certa somma pagata brevi manu, ad esempio, un amica; l amica, tuttavia, invitata dall ufficio a confermare la circostanza, la nega, riferendo di non avere mai ricevuto denaro da Tizio), il Giudice dovrà annullare la pretesa tributaria ( ). In definitiva, questa sembra l unica interpretazione costituzionalmente accettabile: stiamo, infatti, discutendo di somme di denaro che provengono da una lecita fonte di reddito e che sono già state sottoposte e regolare imposizione e che formano oggetto di una spesa da parte del contribuente: il che deve indurre ad estrema cautela nel considerare compensi ricchezza già tassata, perché, altrimenti, si determinerebbe un inaccettabile vulnus al principio della capacità contributiva. La stessa Amministrazione finanziaria si rende conto dell impervia sostenibilità in giudizio di questa presunzione, e provvede ad annacquarla invitando gli uffici periferici alla cautela: si ritiene opportuno che gli uffici procedenti, sotto il profilo operativo, si astengano da una valutazione degli elementi acquisiti - non solo dei conti correnti ma di qualsiasi altro rapporto od operazione oggi suscettibili di indagine - particolarmente rigida o formale, tale da trascurare le eventuali dimostrazioni, anche di natura presuntiva, che trattasi di spese non aventi rilevanza fiscale sia per la loro esiguità, sia per la loro occasionalità e, comunque, per la loro coerenza con il tenore di vita rapportato al volume di affari dichiarato. La sentenza richiamata è certamente importante, evidenziando l importanza di un accertamento in linea con i principi della Costituzione. Si pensi, semplicemente, a una situazione in cui il contribuente ha versamenti non giustificati per 100mila e prelievi non giustificati per 80mila. Nulla vieta all Ufficio di dichiarare l espletamento di un accertamento analitico per 180mila, senza riconoscimento di costi occulti e anzi addirittura potendo contestare la presunzione di acquisti a nero per l importo di 80mila. Se ciò è vero, è evidente che il risultato reddituale che ne deriva è a dir poco bizzarro. Circolare Settimanale Pagina 2 di 6

In campo redditometrico, a esempio, se su di un conto simile si manifesta l incremento del risparmio accumulato nella misura di 20mila, è questo l importo reddituale rilevante: insomma, una notevole differenza che non può essere giustificata semplicemente in nome dell intestazione formale dell accertamento. Sul fronte probatorio, comunque, appaiono utili dei semplici suggerimenti. Conservare copia degli assegni emessi o quantomeno delle matrici, conservare la documentazione di spesa rilevante abbinata a qualche prelevamento particolare e, laddove possibile, farsi rilasciare anche la dichiarazione del percettore di aver ricevuto un determinato importo: si pensi a una badante, pagata in contanti ogni fine mese. Il relativo prelevamento sarà validamente giustificato documentando l assunzione della badante avvenuta regolarmente, il pagamento dei contributi e la dichiarazione sostitutiva rilasciata dalla stessa. La Situazione Giurisprudenziale Sul tema della Costituzionalità della normativa in materia di indagini finanziarie si è espressa la Corte Costituzionale con la sentenza n.225/05, in cui si è affermata la necessità che, per rendere equa la pretesa fiscale anche nella ricostruzione dell imponibile con metodo induttivo, occorre sempre tener conto non solo dei maggiori ricavi, ma anche della incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, sempre detratti dall ammontare dei prelievi non giustificati: Va premesso che l assunto del rimettente, relativo alla indeducibilità delle componenti negative dal maggior reddito d impresa accertato in base alla norma impugnata, non solo è apodittico, ma risulta altresì smentito dalla più recente giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in caso di accertamento induttivo, si deve tenere conto - in ossequio al principio di capacità contributiva - non solo dei maggiori ricavi ma anche della incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall ammontare dei prelievi non giustificati. Così interpretata, la norma si sottrae alla censura di violazione dell art. 53 della Costituzione, risolvendosi, quanto alla destinazione dei prelievi non risultanti dalle scritture contabili, in una presunzione di ricavi iuris tantum suscettibile, cioè, di prova contraria attraverso la indicazione del beneficiario dei prelievi. Una presunzione siffatta non appare, poi, lesiva del canone di ragionevolezza di cui all art. 3 della Costituzione, non essendo manifestamente arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari effettuati da un imprenditore siano stati destinati all esercizio dell attività d impresa e siano, quindi, in definitiva, detratti i relativi costi, considerati in termini di reddito imponibile. Ovviamente, il citato articolo 53 della Costituzione deve essere coniugato con le diverse tipologie di accertamento esperibili, a loro volta collegati alle tipologie di evasione riscontrate, oltre che a valutare con attenzione la portata di specifiche disposizioni fiscali. In forza di questo principio, le conclusioni che sono derivate sono sostanzialmente due: 1. per gli accertamenti induttivi i costi occulti devono essere sempre riconosciuti; 2. negli altri accertamenti è necessario verificare le relative disposizioni fiscali applicabili (e, aggiunge chi scrive, la violazione dell art.53 della Costituzione se comunque le risultanze reddituali di un applicazione acritica della norma sono spropositate). L Impatto Concreto Estremizzando il concetto, il primo compito da svolgere è analizzare le modalità accertative. Sul fronte dell art.39 DPR n.600/73, in materia di redditi d impresa in estrema sintesi può dirsi che le prime due tipologie di accertamento (analitico e analitico induttivo), tendenzialmente rivolte alla ricostruzione dei ricavi, fanno riferimento ai dati contabili del contribuente. In sostanza, sulla base dei dati contabili, avviene la ricostruzione dei ricavi, o in maniera analitica (a esempio, il riscontro della mancata dichiarazione di alcune fatture di vendita), oppure in forza delle presunzioni qualificate (solitamente, ricostruzione basata su medie ponderate tratte dal riscontro dell effettivo ricarico praticato in riferimento a un campione significativo dell attività svolta). Circolare Settimanale Pagina 3 di 6

Generalmente non si è in presenza di evasione fondata sui componenti negativi, che risultano fatturati e correttamente dedotti, bensì ottenuta mediante una sottofatturazione o una mancata fatturazione: in termini oltremodo pratici, i costi, salvo che non siano inerenti, restano invariati mentre sono i risultati conseguiti a essere incrementati. In tale direzione si rimarca l anomalia di applicare, in sede di accertamento analitico e in maniera acritica, l equazione ricavi = prelevamenti, laddove ciò conduca ad accertamenti abnormi e irrazionali. Situazione diversa si ottiene, invece, nell accertamento induttivo. In tale evenienza l abbandono delle risultanze contabili e il ricorso a metodi di ricostruzione dei componenti positivi secondo modalità varie e, spesso, esterne al soggetto sottoposto a controllo (si pensi alle medie di settore), comporta altresì la necessità di dover riconoscere dei componenti negativi minimi indispensabili per l ottenimento dei risultati ricostruiti. Sulla base di tali considerazioni è possibile comprendere la suddivisione di massima, di seguito analizzata, che prassi e giurisprudenza hanno concretizzato in ordine a costi occulti: in sede di accertamento analitico o analitico/ induttivo, avendo l Amministrazione finanziaria osservato e ritenute valide le scritture contabili, non si concretizzano problematiche di costi occulti, salvo il caso specifico di idonea documentazione giustificatrice secondo quanto disposto dall art.109 co.4 Tuir, a breve commentato; diversamente, negli accertamenti induttivi puri, essendo assente o comunque ritenuto non attendibile l impianto contabile del contribuente e attesa una ricostruzione dei ricavi formalizzata appunto sulla base di elementi extra-contabili, deve riconoscere la potenziale incidenza dei costi necessari allo svolgimento dell attività, alla luce dei richiamati principi costituzionali. Nel Caso di Accertamento Analitico L articolo 109, comma 4 Tuir stabilisce che: le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati a Conto economico. Lo stesso comma 4 però, nell ultimo periodo, dispone come: le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al conto economico concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi. Combinando le diverse statuizioni e conclusioni, deriva che in caso di accertamento analitico o analitico induttivo, per avere il riconoscimento dei c.d. costi occulti, non essendo in presenza di annotazioni contabili, il problema è verificare se ricorrano gli elementi certi e precisi. In merito, si segnala anzitutto, nella prassi amministrativa, quanto precisato dal Ministero delle Finanze con la circolare n. 271/97 al paragrafo 3, intitolato Accertamento del reddito d impresa in presenza di costi non contabilizzati laddove chiaramente si legge: Con riferimento, infine, ai costi non contabilizzati presi a base per la ricostruzione dei ricavi, il problema, sorto in vigenza dell art.74 del DPR n.597/73, appare superato in seguito alla disciplina della materia dettata dall art.75, co.4 Tuir ( ) Inoltre, dalla data di entrata in vigore del DPR n.695/96 che prevede all art.5 l abrogazione del co.6 dell art.75 del testo unico delle imposte sui redditi, i costi afferenti i maggiori ricavi accertati sono deducibili anche se non registrati o registrati irregolarmente nelle apposite scritture contabili previste ai fini delle imposte sui redditi. Ma il principale è più rilevante intervento dell Agenzia delle Entrate è contenuto nella circolare n.32/e/06 (paragrafo 5.5), emanata con riferimento alle procedura delle indagini finanziarie, laddove, in riferimento agli accertamenti analitici o analitico-induttivi, è stato precisato che l ufficio procedente può operare un possibile riconoscimento di componenti negativi soltanto se è fornita da parte del contribuente prova certa: Naturalmente, qualora il contribuente abbia giustificato nel corso del contraddittorio le movimentazioni finanziarie effettuate, non opera la presunzione a livello legale e quindi, in linea di massima, non si configura un parallelo problema di deducibilità di costi. Tuttavia, qualora a fronte di un prelevamento il contribuente indichi come beneficiario un fornitore di cui non ha provveduto a rilevare nei registri contabili le relative operazioni di acquisto, ma di cui fornisce successivamente, in via extracontabile, documentazione probante, l ufficio procedente dovrà invece riconoscere detto costo in coerenza con i criteri della ricostruzione analitico-induttiva del reddito ai sensi della citata lettera d). Circolare Settimanale Pagina 4 di 6

Da tale posizione discende, in estrema sintesi, che: senza l indicazione del beneficiario, il prelevamento, nell accertamento analitico, può essere considerato ricavo. In tale direzione molto è rimesso al buon senso dell Ufficio accertatore, registrandosi in Italia atteggiamenti vari, imperniati o meno al buon senso. Vi sono uffici che accertano sic et simpliciter (si pensi alla somma di versamenti pari a 100mila e prelevamenti pari a 80mila, con un presunto reddito di 180mila), altri che si limitano ad accertare i versamenti senza riconoscere i costi, ossia con reddito di 100mila, altri ancora che addirittura effettuano ricostruzioni analitiche induttive che conducono a differenti risultati. Ma in assenza di indicazioni, i costi occulti non sono attribuiti, trattandosi di accertamento analitico; con l indicazione del beneficiario, si possono ottenere due ulteriori conseguenze: in primo luogo, come evidenziato dalla circolare n. 32/E/06, non opera la presunzione a livello legale ; dunque il prelevamento non forma ricavo; in secondo luogo, in presenza di documentazione probante collegata all indicazione del beneficiario, si ottiene anche il riconoscimento del costo. Sul piano giurisprudenziale, questa impostazione è stata condivisa dalla Corte di Cassazione in diverse occasioni. Ad esempio, nella sentenza n.18016/05, si evidenzia che circa l esistenza e la deducibilità dei costi l onere della prova dell esistenza, dell inerenza e della loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi, incombe al contribuente. Ma nella medesima direzione si muovono le sentenze n.19003/05 e n.4225/05, nonché successivamente le sentenze n.7787/08 (in riferimento alle imprese minori), n.28795/08 e n.5490/09, laddove si afferma costantemente il principio secondo cui l onere della prova per la deduzione dei componenti negativi extracontabili incombe sul contribuente, che è tenuto a provare l esistenza e l inerenza degli stessi secondo le regole proprie del reddito d impresa. Inoltre, l esistenza di costi occulti non può essere addotta mediante delle presunzioni semplici, asserendo semplicemente che a ricavi occulti corrispondono di norma costi occulti, ma solo fornendo la prova di fatti concreti, come a esempio l esibizione di fatture di costi regolarmente sostenuti ma non registrati. Al riguardo, sono particolari alcune pronunce della medesima Corte di Cassazione, quali a esempio la sentenza n.26837/07 (e nella stessa direzione si è espressa la sentenza n.7787/08), secondo cui i costi, per essere deducibili pur prescindendo da una contabilizzazione regolare, devono comunque essere obbiettivamente determinabili e soprattutto certi, requisito, questo, che non sembra ricavarsi dagli appunti di un brogliaccio in cui non siano neanche precisate le causali. Ed ancora, è importante la sentenza della Corte di Cassazione n.767/11, laddove, tra l altro, non sono stati riconosciuti costi occulti, ancorché gli stessi fossero implicitamente attestati dagli stessi verificatori tra le violazioni riscontrate (nel caso, infatti, si addebita un presunto acquisto a nero ), proprio in considerazione del fatto che trattasi, nel caso di specie, di un accertamento analitico ex art.39, co.1 DPR n.600/73. Pertanto, in tale tipologia di accertamento è confermato l assunto che per il riconoscimento dei costi occulti è necessaria la presentazione di idonea documentazione probante volta a dimostrare il sostenimento degli stessi. Infine, merita di essere segnalata la recente sentenza della Cassazione n.37131/13 secondo cui l eventuale presenza di irregolarità contabili, anche macroscopiche, non è una condizione sufficiente per far ritenere non rilevanti i costi a nero, laddove gli stessi siano documentati, ad esempio, da fatture d acquisto e ciò a prescindere dalla mancata contabilizzazione degli stessi e dall assenza di spiegazioni circa la non avvenuta contabilizzazione. Infatti, nel valutare i costi a nero, il giudice di merito ( ) ha l onere di procedere ad una disamina analitica dei documenti dai quali essi sono fatti derivare ( ). Pertanto, a prescindere dalle motivazioni di fondo che hanno condotto il contribuente a non avere atteggiamenti contabili virtuosi, compito preciso del giudice è di valutare i documenti esibiti: se dagli stessi emergono elementi certi e precisi circa la sussistenza dei costi, gli stessi devono essere inevitabilmente riconosciuti. Circolare Settimanale Pagina 5 di 6

Nel Caso di Accertamento Induttivo La citata circolare n.32/e/06 riveste un ruolo fondamentale in riferimento al ricorso all accertamento induttivo puro posto in essere in applicazione del secondo comma dell art.39 DPR n.600/73. Come precisato, tale accertamento è esperibile nei tassativi casi previsti dalla norma ed è di solito avviato in assenza della dichiarazione o della contabilità (a esempio, quando la contabilità è andata distrutta a seguito di furto o incendio), oppure (caso frequente) quando le violazioni riscontrate sono talmente gravi e ripetute dal far ritenere totalmente inattendibile la contabilità. In tale circostanza, l Amministrazione finanziaria ha precisato, in sostanza, che la limitazione dell art.109 co.4 Tuir non è applicabile, proprio in quanto la rideterminazione del reddito può prescindere dalle scritture contabili: Pertanto, in caso di ricostruzione del reddito d impresa sulla base del predetto metodo, l ufficio non può non tenere conto, soprattutto in assenza di documentazione certa, di un incidenza percentuale di costi presunti a fronte dei maggiori ricavi accertati; regola che, ovviamente, vale anche se in tutto o in parte i maggiori ricavi siano stati assunti tramite indagini bancarie. È appena il caso di ribadire che tale riconoscimento resta escluso ai fini Iva poiché nel meccanismo di tale tributo la base imponibile è costituita dall insieme dei soli corrispettivi dovuti al cedente o al prestatore (Cassazione n.7973/01). In tale tipologia di accertamento, dunque, è necessario considerare nel computo i componenti negativi per loro natura indispensabili allo svolgimento di una attività commerciale, pena la violazione del principio di capacità contributiva sopra richiamato. Ciò anche nella fattispecie di assenza di dichiarazione valida-mente presentata. Infatti, il riconoscimento di costi deve essere livellato - anche in misura percentualistica - in ragione dei maggiori ricavi accertati. Circa il riconoscimento dei costi, diverse sono le possibilità riscontrate in alcuni casi concreti e vanno dall applicazione delle medie di settore (a esempio, si riscontra una redditività del 30% con, pertanto, riconoscimento dei costi nella misura del 70% dei ricavi rideterminati), ai dati dichiarati dal contribuente in anni contigui a quello accertato, fino a giungere a una ricostruzione di massima dei costi del contribuente, non dovendo trascurare le particolari ipotesi in cui trovasi il soggetto sottoposto a controllo, quali lo start-up, eventuali ristrutturazioni o crisi del mercato e cercando di effettuare un analisi dell attività posta concretamente in essere dal contribuente, considerando, a esempio, l utilizzo di beni strumentali che si trovavano nella disponibilità dell imprenditore (immobili, autovetture, autocarri eccetera), i relativi oneri di gestione e la necessità o meno di acquistare merci, materie prime o semilavorati al fine di realizzare l attività produttiva. Sul fronte degli accertamenti induttivi, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, nel passato, si è espressa sulle stesse posizioni dell Amministrazione finanziaria (a esempio, le sentenze della Cassazione n.640/01 e n.19062/03), ritenendo necessario, nel caso di accertamento induttivo, il riconoscimento dei componenti negativi. Infatti, nella massima della sentenza n.19602/03 si legge: la rettifica di essa da parte dell amministrazione finanziaria, a mezzo di accertamento induttivo, deve essere effettuata mediante ricostruzione, anche in via analitica, di tutte le voci che hanno determinato il reddito imponibile, ovvero prendendo in considerazione tutte le componenti infedelmente dichiarate, sia che esso giovi all amministrazione consentendo il recupero a tassazione di porzioni di reddito sottratte all imposizione, sia che giovi al contribuente, determinando un abbattimento della base imponibile e del relativo tributo. Un fulmine a ciel sereno invece è stata la sentenza della medesima Corte di Cassazione n.23783/10, che ha totalmente ribaltato le conclusioni prece-denti, soprattutto se si considerano gli elementi che hanno caratterizzato la vicenda, tutti utili per il riconoscimento di costi occulti, essendosi in presenza di un accertamento induttivo puro ex art.39, co.2 DPR n.600/73 e del riconoscimento di costi da parte delle precedenti commissioni di merito al fine di evitare, nel caso concreto, la violazione dell art.53 della Costituzione, per non configurare una realtà diversa da quella effettiva. Non è dato comprendere il per-ché di una simile decisione, fortunatamente unica, dato che l assunto dovrebbe essere pacifico proprio in considerazione della sentenza n.225/05 della Corte Costituzionale: in presenza di un accertamento induttivo, i costi occulti devono essere riconosciuti. Circolare Settimanale Pagina 6 di 6